Papa Francesco: i santi indicano la strada per l’unità dei cristiani

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Ad inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani papa Francesco ha ricevuto in udienza la delegazione ecumenica finlandese, che si prepara nel 2030 a celebrare il millenario della morte di Sant’Olav, in occasione della festa di sant’Enrico, che è patrono della Finlandia. Riprendendo il discorso introduttivo del vescovo Åstrand sui santi nel cammino ecumenico papa Francesco ha evidenziato il significato della Chiesa pellegrina:

“In quanto membri della comunità dei battezzati, siamo in cammino e la nostra meta comune è Gesù Cristo. E questa meta non è lontana, non è irraggiungibile, perché il nostro Signore ci è venuto incontro nella sua misericordia, si è fatto vicino nell’Incarnazione e si è fatto Egli stesso la Via, così che possiamo camminare sicuri, in mezzo agli incroci e alle false indicazioni del mondo, spesso bugiardo”.

I santi sono credibili compagni di viaggio: “I santi sono fratelli e sorelle che hanno percorso fino in fondo questa strada e sono arrivati alla meta. Ci accompagnano come testimoni viventi di Cristo nostra Via, Verità e Vita. Ci incoraggiano a rimanere sul sentiero del discepolato anche quando facciamo fatica, quando cadiamo. Come luci accese da Dio, brillano davanti a noi per non farci perdere di vista la meta”.

E, citando alcuni santi nordici, il papa ha ricordato quanto c’è scritto al paragrafo 25 dell’enciclica ‘Ut unum sint’: “Questo fa pensare a ciò che scrisse il papa san Giovanni Paolo II nell’enciclica ‘Ut unum sint’: ‘Vorrei, cito, ricordare quell’incontro di preghiera che mi ha unito, nella stessa basilica di san Pietro, per la celebrazione dei Vespri, con gli Arcivescovi luterani, Primati di Svezia e di Finlandia, in occasione del VI centenario della canonizzazione di Santa Brigida…

Si tratta di un esempio, perché la consapevolezza del dovere di pregare per l’unità è diventata parte integrante della vita della Chiesa’. Se il millenario della morte di Sant’Olav, nel 2030, potrà ispirare e approfondire la nostra preghiera per l’unità, e anche il nostro camminare insieme, questo sarà un dono per l’intero movimento ecumenico”.

Ha concluso l’incontro chiedendo che questa settimana di preghiera sia linfa vitale per l’unità dei cristiani: “Facciamo in modo che questo appuntamento ecumenico non si riduca a un adempimento e che non diventi autoreferenziale: che abbia sempre la linfa vitale dello Spirito Santo e che sia aperto ad accogliere i fratelli più poveri e più dimenticati, e anche coloro che si sentono abbandonati da Dio, che hanno smarrito la strada della fede e della speranza”.

Mentre alla delegazione della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (FIUC) ha consegnato il discorso, in quanto è sempre raffreddato, con l’invito a proseguire nella strada intrapresa: “Avrei da leggere un discorso lungo, ma ho il respiro un po’ affannato; vedete, ancora questo raffreddore che non se ne va! Mi prendo la libertà di consegnare il testo a voi così che lo leggiate. E grazie, grazie tante. Grazie: vorrei ringraziare per questo incontro, per il bene che fanno le università, le nostre università cattoliche: seminare la scienza, la Parola di Dio e l’umanesimo vero”.

E nel discorso ‘consegnato’ il papa ha ricordato che papa Pio XI nel 1924 benedì la prima associazione di 18 Università Cattoliche, nel 1924, mentre 1949 papa Pio XII istituì la Federazione delle Università Cattoliche: “Da queste ‘radici’ emergono due aspetti che vorrei evidenziare: il primo è l’esortazione a lavorare in rete. Oggi esistono nel mondo quasi 2000 Università Cattoliche.

Immaginiamo le potenzialità che potrebbe sviluppare una collaborazione più efficace e più operativa, rafforzando il sistema universitario cattolico. In un tempo di grande frammentazione, dobbiamo avere l’audacia di andare controcorrente, globalizzando la speranza, l’unità e la concordia, al posto dell’indifferenza, delle polarizzazioni e dei conflitti”.

Tale federazione fu istituita a conclusione della Seconda Guerra mondiale ed ancora oggi ci sono conflitti: “Purtroppo, questo centenario lo celebriamo ancora in uno scenario di guerra, la terza guerra mondiale a pezzi. Pertanto è essenziale che le Università Cattoliche siano protagoniste nella costruzione della cultura della pace, nelle sue molteplici dimensioni da affrontare in modo interdisciplinare”.

Nella Costituzione Apostolica ‘Ex corde Ecclesiae’, san Giovanni Paolo II ha affermato che l’Università Cattolica nasce ‘dal cuore della Chiesa’: “In un tempo nel quale anche l’istruzione sta purtroppo diventando un business e grandi fondi economici senza volto investono nelle scuole e nelle università come si fa nella borsa, le istituzioni della Chiesa devono dimostrare di avere una natura diversa e di muoversi secondo un’altra logica.

Un progetto educativo non si basa solo su un programma perfetto, su un’efficiente dotazione di strumenti o su una buona gestione aziendale. Nell’università deve pulsare una passione più grande, si deve vedere una comune ricerca della verità, un orizzonte di senso, e tutto vissuto in una comunità di conoscenza dove la generosità dell’amore, per così dire, si tocca con mano”.

E le Università cattoliche non devono avere paura, citando Miguel De Unamuno: “Un’università che si protegge all’interno delle mura della paura può raggiungere un livello prestigioso, riconosciuto e apprezzato, occupando i primi posti nelle classifiche di produzione accademica… La neutralità è un’illusione. Un’Università Cattolica deve fare delle scelte, delle scelte che riflettano il Vangelo. Deve prendere posizione e dimostrarlo con le sue azioni, in modo limpido; ‘sporcarsi le mani’ evangelicamente nella trasformazione del mondo e al servizio della persona umana”.

Il discorso del papa è stato anche una richiesta di aiuto: “Sì, vi chiedo di aiutare la Chiesa, in questo momento storico, a illuminare le più profonde aspirazioni umane con le ragioni dell’intelligenza e le ‘ragioni della speranza’; di aiutare la Chiesa a condurre senza paura dialoghi sui grandi temi contemporanei.

Aiutateci a tradurre culturalmente, in un linguaggio aperto alle nuove generazioni e ai nuovi tempi, la ricchezza dell’ispirazione cristiana; a identificare le nuove frontiere del pensiero, della scienza e della tecnologia e ad abitarle con equilibrio e saggezza.

Aiutateci a costruire alleanze intergenerazionali e interculturali nella cura della casa comune, in una visione di ecologia integrale, che dia un’effettiva risposta al grido della terra e al grido dei poveri”.

Inoltre il papa ha ricevuto una rappresentanza della popolazione colpita 60 anni fa dalla tragedia del Vajont: “Riflettendo sul disastro del Vajont colpisce un aspetto: a causare la tragedia non furono sbagli di progettazione o di realizzazione della diga, ma il fatto stesso di voler costruire un bacino artificiale nel luogo sbagliato.

E tutto ciò perché? In ultima analisi per aver anteposto la logica del guadagno alla cura dell’uomo e dell’ambiente in cui vive; così che, se la vostra ondata di speranza è mossa dalla fraternità, quell’ondata che portò disperazione era provocata dall’avidità. E l’avidità distrugge, mentre la fraternità costruisce”.

L’incontro è stato concluso con il ricordo dell’ottavo centenario del cantico di san Francesco: “Quest’anno ricorre l’ottavo centenario della composizione del ‘Cantico delle creature’ di san Francesco, Patrono d’Italia. È anche il testo che ha inaugurato la letteratura italiana. In quella magnifica lauda il Poverello di Assisi chiama il sole, la luna, le stelle, il vento, il fuoco ed altri elementi, fratelli e sorelle, e li chiama così perché le creature sono parte di un’unica ‘rete viva di bene’, disposta amorevolmente dal Signore per noi”.

Quindi l’acqua è utile, ma è necessario anche uno sguardo contemplativo per custodire l’ambiente: “Utile e umile, eppure diventata tremenda e distruttiva nel caso del Vajont, oppure inaccessibile per tanti che oggi, nel mondo, soffrono la sete o non hanno acqua potabile.

Abbiamo bisogno dello sguardo contemplativo, dello sguardo rispettoso di San Francesco per riconoscere la bellezza del creato e saper dare alle cose il giusto ordine, per smettere di devastare l’ambiente con logiche mortifere di avidità e collaborare fraternamente allo sviluppo della vita. Voi lo fate, custodendo la memoria e testimoniando come la vita possa risorgere proprio là, dove tutto era stato inghiottito dalla morte”.

(Foto: Santa Sede)

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