Le opinioni

Eraldo Affinati: la scuola è chiamata ad integrare per incontrare la ‘vita’ degli studenti

La scuola è iniziata dopo l’approvazione, nello scorso luglio, alla Camera dei Deputati del decreto legge ‘Scuola’, che ha introdotto importanti novità per quest’anno scolastico 2024/2025, tra le quali il potenziamento del sostegno agli alunni con disabilità, l’inclusione degli studenti stranieri e l’impegno per garantire l’organico docente. Quindi particolare attenzione è dedicata agli studenti di origini straniere, per i quali saranno attivati corsi di italiano obbligatori con docenti dedicati, come ha sottolineato il ministro il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara:

“La lingua è un requisito fondamentale per una vera inclusione. Il nostro obiettivo è una scuola sempre più inclusiva e con standard qualitativi sempre più alti; una scuola in cui siano valorizzati e promossi i talenti di ogni giovane, indipendentemente dalle condizioni di partenza”.

Per capire con quali difficoltà è iniziato questo nuovo anno scolastico abbiamo contattato  Eraldo Affinati, scrittore (ultimo libro ‘Le città del mondo’) ed insegnante, fondatore della ‘Penny Wirton’, scuola gratuita di italiano per immigrati: “Gli anni scolastici sono come il fiume che scorre: l’acqua sembra uguale a quella appena passata, ma in realtà è sempre nuova perché i ragazzi sono diversi e anche le combinazioni nelle classi fra compagni e docenti cambiano.

In queste ultime stagioni stiamo assistendo ad una progressiva mutazione del corpo insegnanti che si sta, seppur lentamente, ringiovanendo. Questo, che rappresenta una buona cosa, ripropone il tema della necessaria formazione in itinere, anche pensando alla rivoluzione digitale che va sostenuta ma anche guidata. Da una parte dobbiamo favorire l’innovazione tecnologica, dall’altra ripristinare le gerarchie di valore all’interno della Rete”.

Dal 2025 classi con un tetto di studenti immigrati ed insegnanti di sostegno: è la strada per integrare meglio?

“La presenza di insegnanti di sostegno linguistico che possano sostenere e accelerare l’inserimento dei ragazzi non italofoni neo-arrivati la considero positiva. Tutto dipenderà però da come sarà realizzata questa azione: ci dovrà essere un coordinamento nei consigli di classe con la creazione di percorsi individualizzati e opportune modifiche ai criteri di valutazione. Ciò passa anche attraverso un lavoro da fare nella testa dei docenti. Quanto al tetto di studenti immigrati, in certe zone del Paese sarà impossibile attuarlo: anche qui l’autonomia dei singoli istituti risulterà decisiva”.

In quale modo la scuola può incontrare la ‘vita’ degli studenti?

“Se la scuola resta un luogo separato dalla vita degli studenti, rischia di trasformarsi in uno spazio specialistico dove si fanno cose astruse e ci si annoia. Troppo spesso gli adolescenti, soprattutto, spendono le loro migliori energie nel pomeriggio, andando al risparmio la mattina. Dovremmo invertire tale tendenza, facendo in modo che per loro la scuola diventi l’intensificazione della vita. Per farlo dovremmo assicurare la continuità didattica. Ed invece anche quest’anno inizieremo con troppi supplenti che a Natale saranno costretti a andar via”.

La scuola è capace di generare la responsabilità nei giovani?

“In certe scuole sì, in altre meno. Non si possono fare discorsi generali e onnicomprensivi. Certo è che tutti i grandi educatori del Novecento, da John Dewey a Maria Montessori, da Alberto Manzi a don Lorenzo Milani, fino a John Partrick Carroll-Abbing, nelle loro pur sostanziali differenze, convergevano su un punto: rendere protagonisti i ragazzi, facendoli uscire da una condizione di pura sudditanza. Al centro ci dovrebbe sempre essere la qualità della relazione educativa: quello che accade in aula non riguarda solo i diretti interessati”.  

La scuola è in grado di contrastare la povertà educativa?

“Spesso ci si lamenta che questo non accade, ma io non sarei così pessimista. In certe regioni italiane gli istituti scolastici sono gli unici punti di riferimento sociale; lo abbiamo visto durante la pandemia. Tuttavia dobbiamo lavorare ancora più a fondo per ricostruire la spezzata alleanza fra scuola e famiglie; soltanto così potremo raggiungere la dimensione del villaggio educativo di cui ha parlato papa Francesco”.

Allora, la scuola ‘Penny Wirton’ può essere un ‘modello’ per quella italiana?

“Più che un modello, direi un stimolo. La nostra impostazione didattica, basata sul rapporto uno ad uno, fra docente e studente, ci consente di superare ogni ansia del risultato. Abbiamo già un rapporto strutturale con la scuola pubblica. Noi infatti insegniamo gratuitamente la lingua italiana agli immigrati: possiamo farlo grazie ai giovani dei Pcto (percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), cioè quegli studenti delle medie superiori che formiamo quali piccoli docenti dei loro coetanei immigrati. Quando questi ragazzi, dopo aver fatto un’esperienza con noi, tornano nelle loro classi della mattina, possono trasformarsi in testimoni di una nuova scuola. Oggi esistono più di 60 postazioni didattiche in ogni parte d’Italia che si ispirano al nostro stile educativo: firmano un patto d’intesa e, nel rispetto della loro autonomia giuridica e amministrativa, entrano a far parte della rete Penny Wirton”.

Come far emergere la ricchezza dell’ ‘altro’ in modo da arricchire la nostra società?

“L’immigrato non va né criminalizzato, né idealizzato. Va conosciuto. Per farlo noi dobbiamo giocare a carte scoperte, senza rinunciare a ciò che siamo, anzi affermandolo, entrando in azione. Questo vale per ogni rapporto umano. Se noi riuscissimo ad assumere la responsabilità dello sguardo altrui, come dovrebbe fare ogni docente tutte le volte che entra in aula, potremmo contribuire, nel nostro piccolo, al miglioramento dell’umanità. Senza illusioni palingenetiche.

Sapendo che ogni generazione è chiamata a ricominciare da capo e non dobbiamo dare mai niente per scontato. Forse il segreto della Penny Wirton è che non abbiamo nessuna connotazione, nessun colore speciale nella nostra maglietta: mettiamo insieme persone molto diverse le une dalle altre che, se fossero chiamate intorno a un tavolo a discutere di un qualsiasi argomento, magari litigherebbero, tuttavia si riconoscono nell’azione a fondo perduto che noi proponiamo”.

(Foto: Penny Wirton)

Cittadinanzattiva: scuole poco accessibili ai disabili

Da settembre 2023 sono stati 69 i crolli che hanno interessato le scuole, numero mai raggiunto negli ultimi 7 anni: di questi28 si sono verificati nelle regioni del Sud e nelle Isole, così come in quelle del Nord (40,5%), 13 nelle regioni del Centro (19%). In molti casi eventi preannunciati da segnali visibili ma sottovalutati. Sempre elevato il numero degli edifici scolastici che non possiede il certificato di agibilità (59,16%) né quello di prevenzione incendi (57,68%); senza collaudo statico il 41,50% (i dati fanno riferimento al 2022, ultimi resi disponibili sull’Anagrafe dell’edilizia scolastica).

Sono i dati emersi dall’indagine di Cittadinanzattiva, presenti nel XXII Rapporto sulla sicurezza a scuola, come ha spiegato Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva: “Piccoli passi in avanti (ma ancora insufficienti se si considera che, su 40.133 edifici scolastici, 2.876 sono collocati in zona a rischio 1 e 14.467 in zona a rischio 2) si riscontrano rispetto agli interventi di adeguamento e miglioramento sismici: poco più del 3% ha avuto interventi di questo tipo, e l’11,4% è stato progettato secondo la normativa antisismica.

Lo stesso è accaduto con la ristrutturazione, sostituzione/ricostruzione, messa in sicurezza, adeguamento o miglioramento sismico e riqualificazione energetica degli edifici; le risorse ammontano ad € 4.399.000.000, quasi € 500.000.000 in più rispetto ad € 3.900.000.000 iniziali, ma che serviranno per sistemare meno edifici rispetto a quelle previsti inizialmente. Palestre e mense sono previste, ma molto al di sotto del fabbisogno effettivo. Siamo molto preoccupati per la riduzione degli interventi, soprattutto sui nidi, che non riusciranno a colmare i gap esistenti nei territori che più ne necessitano né a raggiungere gli obiettivi europei, ancora più lontani”.

In merito allo stato manutentivo degli edifici, circa il 64% dei 361 docenti intervistati da Cittadinanzattiva rileva la presenza di fenomeni dovuti alla inadeguata o assente manutenzione, prime fra tutte infiltrazioni di acqua (40,1%), distacchi di intonaco (38,7%), tracce di umidità (38,2%). La metà degli intervistati (50,8%) ha segnalato situazioni di inadeguatezza rispetto alla sicurezza e ha riscontrato un intervento a seguito della propria segnalazione.

Riguardo alle prove di emergenza ben il 92% dichiara di aver partecipato mentre l’8% sostiene che non siano state effettuate. In prevalenza le prove hanno riguardato l’incendio (79%) e il rischio sismico (70%), mentre l’alluvione ed il rischio vulcanico restano fanalino di coda (rispettivamente 5% e 1%), nonostante la frequenza crescente dei fenomeni disastrosi provocati dalle alluvioni e dal cambiamento climatico.

Il rapporto ha sottolineato che si investe poco su palestre, mense, spazi verdi e sugli impianti di condizionamento e ventilazione: “Ad oggi, questi ultimi sono troppo pochi, appena nel 6% (3.967) delle sedi scolastiche. La regione Marche è la più virtuosa (26,4%), seguita da Sardegna (15,7%) e Veneto (9,7%); in fondo il Lazio con appena l’1,6% di scuole che ne è dotato. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha subìto tagli rilevanti per quanto riguarda gli asili nido: il Piano prevedeva una spesa di € 4.600.000.000 per 264.480 nuovi posti ma, dopo la revisione del Governo, la cifra è scesa ad € .3.245.000.000 per 150.480 posti; stessa cosa per la costruzione di nuove scuole, da 195 a 166. La causa principale di questa revisione è stata motivata con l’aumento dei costi di costruzione”.

E come ogni anno Cittadinanzattiva, attraverso la rassegna stampa locale, ha segnalato gli episodi di

distacchi di intonaco, crolli di soffitti, controsoffitti, solai, tetti; ma anche di finestre, muri di

recinzione ed alberi caduti all’interno degli edifici scolastici o in prossimità di essi: quest’anno quelli avvenuti tra settembre 2023 e settembre 2024 sono stati 69, (numero mai raggiunto negli ultimi 7 anni), di cui 28 nelle regioni del Sud e nelle Isole (40,5%) e stesso numero in quelle del Nord (40,5%), 13 nelle regioni del Centro (19%): “Tali episodi hanno provocato il ferimento di 9 studenti e studentesse, 3 docenti, 2 collaboratori scolastici, 1 educatrice, 4 operai oltre che danni agli ambienti e agli arredi, interruzione della didattica, provocando ingenti disagi e paura agli studenti e alle loro famiglie”.

Inoltre nell’anno scolastico 2022/23 sono 311.201 gli alunni con disabilità (4,4%), in aumento rispetto al precedente in cui erano 290.089. Solo il 40%delle scuole risulta accessibile per gli studenti con disabilità motoria. La situazione è ancora più grave per gli alunni con disabilità sensoriali, per i quali le segnalazioni visive sono presenti nel 17% delle scuole mentre mappe a rilievo e percorsi tattili sono presenti nell’1,2%.

Aumentano anche gli studenti con cittadinanza non italiana, anche neanche negli asili nidi, tantoché nello scorso anno scolastico sono stati 869.336 gli studenti (su 7.194.400) con cittadinanza non italiana (12%), in aumento rispetto all’anno precedente: “La presenza di studenti con cittadinanza non italiana è ormai un fatto strutturale che impone la revisione della legge sulla cittadinanza per dare pieno riconoscimento a bambini/e, ragazzi/e che nascono o arrivano da piccoli nel nostro Paese.

E’ straordinario il numero di firme che in pochi giorni si è riusciti a raggiungere per il referendum abrogativo, che Cittadinanzattiva sostiene sin dall’inizio per proseguire un impegno che nasce con la nostra campagna Obiettivo cittadinanza.. Invitiamo i cittadini che ancora non hanno firmato, a farlo in queste ore per superare il traguardo delle 500.000 firme entro il 30 settembre. Ce lo chiedono gli italiani giovani e meno giovani che da anni sono nel nostro Paese e studiano e vivono accanto ai nostri ragazzi e ragazze”.

Infine è possibile partecipare a ‘Scatti di sicurezza’, un contest fotografico promosso da Cittadinanzattiva e rivolto a tutte le scuole di ogni ordine e grado. Il tema è la sicurezza strutturale ed interna degli edifici scolastici e tutto ciò che è legato alla prevenzione e alla gestione dei rischi naturali presenti sui propri territori. L’obiettivo è quello di coinvolgere direttamente gli studenti, in piccoli gruppi o classi, sul tema rappresentandolo attraverso foto di denuncia, corredate da slogan – messaggio, di situazioni di insicurezza mai risolte o anche di situazioni positive che evidenzino una buona pratica messa in atto, o attività di prevenzione, realizzate a scuola o sul territorio circostante.

E’ possibile inviare una o più fotografie e slogan al seguente indirizzo di posta elettronica: scuola@cittadinanzattiva.it entro e non oltre il 28 Febbraio 2025, compilando l’apposita documentazione scaricabile dal sito www.cittadinanzattiva.it. Le foto vincitrici verranno premiate in occasione della XIX edizione del Premio Scafidi ad aprile 2025.

A Roma patto di collaborazione per il rilancio del quartiere San Basilio con l’Istituto ‘Zaveria Cassia’

Un Patto di Collaborazione per il rilancio del quartiere San Basilio a Roma. L’iniziativa, promossa dall’Istituto Comprensivo Paritario “Zaveria Cassia” gestito dalla cooperativa Kairos, ha lo scopo di favorire la collaborazione tra cittadini, istituzioni e organizzazioni locali per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani di questo popoloso territorio nel settore nord-orientale della Capitale.

Questo Patto, in vista dell’avvio di un percorso finalizzato alla sua formalizzazione, sarà lanciato venerdì 4 ottobre dall’Istituto “Zaveria Cassia”, quale ente proponente, dal Municipio IV, rappresentato da Annarita Leobruni, vicepresidente e assessore alla Scuola, e dalla rete delle scuole del IV Municipio, con la presenza del coordinatore, il dirigente scolastico prof. Paolo Lozzi. L’iniziativa sarà presentata nel corso del convegno organizzato da Kairos dal titolo “New deal in educational contest: dalla pedagogia del ‘900 alle avanguardie educative”, sempre presso lo “Zaveria Cassia” (via Corridonia 40, ore 14:30).  

Questo Patto di Collaborazione segue il modello già proposto in altre realtà dall’associazione Laboratorio per la Sussidiarietà (Labsus) e dal prof. Gregorio Arena, già docente di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento e presidente emerito di Labsus. In particolare, prevede la promozione di iniziative concrete di amministrazione condivisa, in relazione all’art. 118 della Costituzione, e quindi di inclusione sociale, educazione, cultura e sostenibilità ambientale. L’obiettivo è di valorizzare le risorse locali e migliorare le condizioni sociali ed economiche del quartiere, attraverso la partecipazione attiva dei cittadini e il coinvolgimento delle comunità locali. 

“Il quartiere di San Basilio è caratterizzato da significative sfide legate a difficoltà sociali, economiche e ambientali, come la povertà diffusa, la disoccupazione e il disagio giovanile”, spiega il presidente di Kairos, Alessandro Capponi. “Ciò fa da contrappeso però ad un grande senso di appartenenza al quartiere, alle sue radici, dove da sempre la popolazione vive concrete esperienze di solidarietà sociale e si batte per la lotta dei diritti primari, quali la casa, la sicurezza, il lavoro e la formazione delle giovani generazioni, rendendola un’area con notevoli potenzialità di sviluppo e miglioramento del benessere complessivo.

L’obiettivo del nostro Patto”, sottolinea Capponi, “è di potenziare le risorse educative, culturali e sociali, con lo scopo di fornire opportunità di apprendimento, di sport, di crescita personale e sviluppo professionale soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione, come i giovani, gli anziani, le donne e i nuovi cittadini”.

Diverse realtà hanno già manifestato l’interesse a partecipare al Patto di Collaborazione per San Basilio: Associazione Centro ELIS, Dianova Cooperativa Sociale, Centro Anziani APS, Associazione KORA del Municipio III, Centro Antiviolenza Spazio Donna San Basilio, Protezione Civile Centro Radio Est, Croce Rossa Italiana Municipio IV, Wellness Village, ASD POLAS, IV Distretto Sanitario ASL RM2, Commissariato Polizia San Basilio, ASI, Parrocchia di San Basilio, Gruppo Scout Agesci Rm76, ASD Virtus Pionieri San Basilio, Suore Sacramentine di Bergamo e singoli cittadini attivi nel quartiere.

Il programma del convegno, che si svolgerà dal 3 al 5 ottobre all’Istituto “Zaveria Cassia”, vedrà anche una serie di sessioni formative per il personale docente e amministrativo della cooperativa Kairos, che gestisce attualmente 58 servizi educativi in 44 sedi scolastiche in diverse regioni italiane. Interverranno esperti di levatura nazionale del mondo della scuola e dell’università, come il dirigente scolastico prof. Federico Marchetti, tra i massimi esperti in Italia dell’approccio “Dada – Scuola senza zaino”, e il prof. Roberto Farnè dell’Università di Bologna, caposcuola e massimo esponente in Italia dell’Outdoor Education, già professore ordinario in Didattica generale e oggi docente di Pedagogia del gioco e dello sport.

 (Foto: Kairos)

A Monte Sole per non perdere la memoria della malvagità

“Ogni domenica è la vittoria della luce sulle tenebre, perché viviamo l’amore fino alla fine di Gesù, l’alleanza nuova e eterna che stringe il legame di un amore più forte della morte. Questa domenica di memoria così particolare ci immerge ancora di più nel dolore dell’umanità colpita, delle vittime il cui orrore non cambia. L’amore si trasforma e trasforma. Il male è sempre lo stesso”: così è iniziata l’omelia del presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna nel ricordare le vittime delle stragi di Monte Sole, avvenute tra il 29 settembre ed il 5 ottobre 1944, nel territorio dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno che comprendono le pendici del Monte Sole in provincia di Bologna, dove furono trucidate 1830 persone.

Nell’omelia l’arcivescovo di Bologna ha fatto rivivere con la narrazione quei momenti: “Sentiamo oggi il grido disperato, il pianto, l’odore di sangue e di polvere da sparo, lo scherno dei soldati tedeschi che derubavano i morti e la soddisfazione dei collaboratori fascisti per il nemico eliminato. Il nemico erano bambini, vecchi, donne, inermi. La memoria e il tempo di Dio ci aiutano ad entrare dentro il nostro tempo, ci chiedono di non vivere inconsapevoli come se ci fosse sempre tempo, spensierati o disperati, ossessivamente preoccupati della felicità individuale, del personale benessere a tutti i costi”.

Ed ha ricordato don Giovanni Fornasini ed altre vittime di quella strage: “Chi crede nel Risorto ama la vita e combatte il male, ama, ed ama come Gesù fino alla fine. Gesù ha vinto il male, tutto, anche quello che diventa sistema, ideologia, quello banale dell’istinto e dell’egoismo, quello della pandemia di morte, che colpisce tutti e genera tutti i mali. Ci chiede di vincerlo con Lui, fidandosi del suo amore e amando come Lui. Ci aiuta don Giovanni Fornasini, rimasto qui per amare, perché l’amore per la sua gente fu più forte della paura e anche del consiglio prudente del suo Vescovo.

E’ stato così per Antonietta Benni, maestra, consacrata, che aveva aperto la sua casa per accogliere le famiglie di sfollati che giungevano dalla valle. Antonietta continua a dare una lezione cristiana e umana di perdono ma anche di giustizia più forte della vendetta e, proprio per questo, inflessibile nell’esigerla”.

Purtroppo l’uomo è capace di tanta malvagità: “Chi costruisce la croce e chi inchioda ad essa non è Dio, che anzi ci finisce appeso, ma è l’uomo, vittima e complice di quel mistero di iniquità che acceca tanto che l’odio e la violenza arrivano a togliere il diritto fondamentale di vivere. Gesù è sceso all’inferno per aprirlo, per liberare, per divellere le porte aprendo la via della salvezza, dell’amore più forte della morte, della parola vita e non dell’ultima parola morte. Noi, che crediamo nel Risorto scendiamo con Lui dove c’è sofferenza e morte per portare luce dove ci sono le tenebre”.

Per questo non ci si deve assuefarsi al male: “Ecco, da questo luogo di morte e di vita, di tenebre e di luce scendiamo oggi nelle tante Marzabotto che in realtà non sono solo i singoli drammatici episodi, ma è la guerra stessa che è una grande unica strage, inutile, da ripudiare sempre e per tutti, alla quale mai abituarci”.

E’ stato un invito a ritrovare la pace in Europa: “Alle vittime dobbiamo lo sforzo di cercare con maggiore determinazione la pace, non di rassegnarci pigramente alla guerra e al riarmo e dotarci di strumenti capaci di risolvere i conflitti. E’ proprio vero che se non avvertiamo la realtà del pericolo non potremo superarlo.

Davanti al male Gesù chiede di combatterlo anzitutto cambiando noi stessi, tagliando quello che dà scandalo al prossimo, anche se pensiamo assurdamente che sia esibizione di forza. Se fa male al prossimo fa male anche a noi e scandalizza. Siamo noi a perdere la salvezza, ce ne escludiamo. Tagliamo il male per ritrovare la vita. I Padri fondatori dell’Europa seppero immaginare la pace trasformando i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione, tagliando sovranità per una che univa tutti”.    

Infine ha ringraziato i presidenti della Repubblica italiana e tedesca, che nella mattinata avevano reso omaggio alle vittime: “Per questo è importante la visita dei due Presidenti che onorano assieme le vittime della guerra. E’ la riconciliazione che inizia dalle proprie responsabilità e sconfigge le convinzioni di superiorità, le ostilità mute ma radicate, l’ignoranza che facilmente fa crescere l’odio. Il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere. Le vittime ci chiedono di riconoscere il male come male e rifiutarlo”.

Nel discoro il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ringraziando della presenza il presidente della Repubblica tedesca, ha invitato a non dimenticare: “In queste terre, tra i fiumi Setta e Reno, si compì l’eccidio di civili più grande e spietato tra quelli commessi nel nostro Paese durante la guerra. Queste terre hanno conosciuto il terrorismo delle SS e dei brigatisti neri fascisti. Non c’erano ragioni militari che potessero giustificare tanta crudeltà. Sui pendii di Monte Sole vennero uccisi anche sacerdoti. Don Ubaldo Marchioni era all’altare di Casaglia di Caprara.

Non si trattava soltanto di disprezzo verso la religione. Era ‘la negazione radicale di ogni umanità’, come scrisse Giuseppe Dossetti, capo partigiano, costituente, dirigente politico di primo piano, che lasciò la politica attiva per fondare, proprio a Casaglia, la sua comunità di monaci, per riposare poi, a pochi passi dalla chiesa distrutta, in quel piccolo cimitero divenuto anch’esso teatro di sterminio”.

Marzabotto e Monte Sole sono ‘simboli’ per non dimenticare: “A ottant’anni da quei tragici giorni oggi avvertiamo più nitidamente che Marzabotto e Monte Sole sono simbolo e fondamenta dell’intera Europa, prova del nostro destino comune che, insieme, caro Frank-Walter, nei giorni scorsi, a Berlino come a Bonn e Colonia, abbiamo confermato di volere scegliere.

Quello di un’Europa che non rinuncia, e anzi vuole sviluppare i suoi valori, la sua civiltà, il suo diritto, fondato sul primato della persona. Così contribuiremo a un’Europa di pace, fondata sui valori che qui vennero negati con immane spargimento di sangue. Quell’Europa dei popoli e non della volontà di potenza e di supremazia di ogni Stato. Quella dell’Unione Europea, grande spazio di libertà nel mondo”.

Mentre il presidente della Repubblica tedesca, Frank-Walter Steinmeier, ha espresso la sua difficoltà nel prendere la parola: “A Marzabotto si consumò il più efferato di tutti i crimini commessi da truppe tedesche in Italia durante la seconda guerra mondiale. Signore e Signori, è un cammino difficile venire come Presidente Federale tedesco in questo luogo dell’orrore e parlare a Voi. Ma sono profondamente grato per il Vostro invito, stimate cittadine e stimati cittadini di Marzabotto e dei comuni limitrofi”.

Ed ha chiesto perdono a nome del popolo tedesco: “Cari ospiti, oggi sono qui davanti a Voi come Presidente Federale tedesco e provo solo dolore e vergogna. Mi inchino dinnanzi ai morti. A nome del mio Paese oggi Vi chiedo perdono. Le vittime e Voi, i discendenti e i familiari, avete diritto alla memoria. Nelle Vostre famiglie continuano a vivere il ricordo, il dolore, l’orrore (l’ho appena sentito parlando con alcuni di Voi). Quello che mi avete raccontato mi ha molto commosso”.

Questo è possibile solo attraverso un processo di riconciliazione: “Cari familiari, cari discendenti, che io possa parlare qui oggi è possibile solo perché Voi tutti avete concesso a noi tedeschi la riconciliazione. Che preziosissimo dono! Questa riconciliazione la vivete molto concretamente qui a Marzabotto e nei comuni limitrofi. Nella Vostra Scuola di Pace, in stretto scambio con giovani tedeschi, nel gemellaggio con Brema-Vegesack e nella sua Scuola Internazionale di Pace”.

(Foto: Quirinale)

Per non dimenticare il naufragio di Lampedusa

Dal 2014, i morti e dispersi nel Mediterraneo sono stati in media circa 8 al giorno, pari a oltre 30.300 (secondo i dati di ‘Mediterranean/Missing Migrants Project’), molti dei quali bambini, bambine e adolescenti. In un contesto mondiale sempre più incerto, caratterizzato da guerre, persecuzioni, violenze, povertà estrema, crisi umanitarie, chi fugge per raggiungere un futuro possibile in Europa continua a rischiare la propria vita e quella dei propri figli, in mancanza di vie legali e sicure.

E per l’ong Save the Children, che ricorda oggi il naufragio avvenuto al largo di Lampedusa nel 2013, non è cambiato nulla: “Undici anni dopo il drammatico naufragio del 3 ottobre 2013 davanti alle coste di Lampedusa, in cui morirono 368 persone, purtroppo poche cose sono cambiate. In questi anni si sono susseguite le notizie di imbarcazioni affondate e di persone annegate, tra le quali troppo spesso vi erano bambini e bambine”.

Per scongiurare il ripetersi di tali tragedie, l’Organizzazione non Governativa continua a chiedere l’apertura di canali regolari e sicuri per raggiungere l’Europa e un’assunzione di responsabilità condivisa dell’Italia, degli altri Stati membri dell’Unione Europea e delle istituzioni europee affinché attivino un sistema coordinato e strutturato di ricerca e soccorso in mare per salvare le persone in pericolo, agendo nel rispetto dei principi internazionali e dando prova di quella solidarietà che è valore fondante dell’Unione Europea:

“Con guerre e conflitti che avanzano in maniera estremamente rapida, quella a cui assistiamo con profondo rammarico è una mancanza di impegno nei confronti dei trattati internazionali e del sistema globale di protezione dei rifugiati, richiedenti asilo da parte delle istituzioni europee e degli Stati Membri. L’approccio securitario e l’irrigidimento dei confini non fanno che rendere le condizioni di bambini e adolescenti, e tra loro dei minori stranieri non accompagnati, più precarie e pericolose”. 

Infatti nella scorsa primavera il Parlamento ed il Consiglio europeo hanno approvato il pacchetto di riforme del Patto europeo Asilo e Migrazione, norme che minano il diritto di asilo di minori e famiglie, come ha dichiarato Antonella Inverno, responsabile ‘Ricerca, Analisi e Formazione’ di Save the Children: “L’Unione e gli Stati membri dovrebbero ora concentrarsi sulla sua attuazione con un approccio incentrato sul rispetto dei diritti umani e dei diritti dei minori. Al contrario assistiamo alla stipula di accordi, come quello con l’Albania, che mettono le persone a rischio di detenzione prolungata e automatica, di mancato accesso a procedure di asilo eque e di ritardato sbarco. Le frontiere interne ed esterne dell’Unione Europea sono diventate luoghi di transito pericolosi, dove violenze, soprusi e violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno, così come accade sulle rotte che conducono in Europa”.

Quindi i dati: in quest’anno sono giunte in Italia via mare 48.646 persone rifugiate e migranti, di cui 5.542 minori stranieri non accompagnati; e nel sistema di accoglienza italiano al 31 agosto 2024 risultano presenti 20.039 minori stranieri non accompagnati-Msna, in calo rispetto al 31 agosto 2023, quando ce n’erano 22.599, ma in aumento rispetto allo stesso periodo di rilevazione del 2022 (17.668), secondo il secondo il ‘Cruscotto’ del Ministero dell’Interno aggiornato al 28 settembre.

Così nell’isola è stato realizzato, all’interno dell’hotspot di Contrada Imbriacola, in accordo con il Dipartimento ‘Libertà Civili’ del Ministero dell’Interno e la Prefettura di Agrigento, uno Spazio Sicuro a misura di minori, giovani donne e madri gestito da Save the Children, in partnership con Unicef e in collaborazione con Unhcr e con ‘D.i.Re’, nell’ambito del progetto Leaving Violence. Le attività sono realizzate in cooperazione con la Croce Rossa Italiana, ente gestore dell’hotspot.

Anche il ‘Safe Space’ è uno spazio a misura di minori, adolescenti e donne, volto a fornire supporto anche psicosociale a persone in situazioni di vulnerabilità. Rappresenta un luogo sicuro dove bambini e bambine possono giocare, partecipare alle attività, conoscere i loro diritti, interagire, socializzare, esprimere le loro opinioni, ma anche un luogo focalizzato sul supporto al ruolo genitoriale, sull’identificazione dei minori vulnerabili e delle famiglie che hanno bisogno di ulteriore sostegno.

Ad Assisi per testimoniare la pace

Sabato 21 settembre circa 4.000 persone hanno partecipato alla marcia della pace e della fraternità lunga 4 km da Santa Maria degli Angeli ad Assisi per una mobilitazione contro la guerra e contro il riarmo, come ha raccontato Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace:

“Siamo tantissimi. Tante persone che hanno lo sguardo aperto sul mondo invece di rimirare il proprio ombelico e che si rendono conto del pericolo enorme che sta avanzando… E’ una marcia della Pace tra le più importanti che abbiamo mai realizzato perché il momento è davvero drammatico. Siamo qui a suonare l’allarme, siamo qui per richiamare la nostra società ad aprire gli occhi sulla gravità del momento, dei pericoli che incombono, sulla necessità di reagire”.

Ed ha dato un appuntamento al prossimo anno: la marcia è solo un anticipo di quella del prossimo 12 ottobre 2025 che, finanziata dall’Unione Europea. si preannuncia come la più grande PerugiAssisi. Alla preparazione di questa lavoreranno per un anno, tra gli altri, i 40 giovani che hanno sorretto lo striscione di apertura corteo.

Nella Giornata internazionale della pace, e alla vigilia del Summit del Futuro dell’Onu, si è quindi avviato questo percorso lungo un anno, con un titolo: ‘Immagina’: un programma frutto di una collaborazione tra soggetti con ruoli diversi: il Coordinamento nazionale enti locali pace diritti umani, la Rete delle scuole di pace, la Rete delle Università italiane per la pace, la Rete delle cattedre Unesco italiane e la Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace.

A partecipare alla tavola rotonda ci sono anche il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, quello dell’Arci Walter Massa, Alfio Nicotra dell’Associazione Ong Italiane, Sergio Bassoli di Rete italiana pace e disarmo, Luciano Scalettari presidente di ResQ, il comboniano fratel Antonio Soffientini del comitato promotore Arena di pace e Fondazione Nigrizia, il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo: “E’ emersa da tutti la forte volontà di fare assieme un nuovo passo avanti nell’impegno contro la guerra, su piattaforme e iniziative comuni. Il momento è particolarmente grave”.

Padre Marco Moroni, custode del Sacro Convento, ha salutato i partecipanti con le parole di san Francesco d’Assisi: “Il Signore vi dia la pace… Il cristiano deve dire ‘prima l’altro’. Perché la pace si fa insieme. E con questi presupposti non si potrà dare spazio all’aumento delle spese per le armi e alla risposta militare, ma solo alla diplomazia e al dialogo”.

Mentre p. Enzo Fortunato, direttore della comunicazione della basilica di San Pietro, ha chiesto ai governanti di mettere al primo posto la pace: “Prima di tutto la pace, ma oggi molti governanti preferiscono prima di tutto la guerra, prima di tutto le armi, prima di tutto la morte. Dinanzi a questa deriva siamo chiamati a partire dalle parole di papa Francesco: una nazione che dona il sorriso ai bambini è una nazione che ha futuro.

Ecco perché oggi più che mai ripartire dai più piccoli, dai più fragili significa costruire una società a misura d’uomo. Dinanzi a momenti bui come quelli che stiamo vivendo accendiamo la lampada della pace di Assisi che può orientare il cammino degli uomini di buona volontà”.

Con il ritorno nelle classi scolastiche torna anche la inquietudine adolescenziale

A fine giugno un report della Polizia ha evidenziato che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e febbraio 2024, a Roma sono stati registrati ben 133 casi di aggressione fisica di non lieve entità, denunciati nelle scuole medie superiori: in tutti i casi, gli insegnanti coinvolti hanno dovuto recarsi in ospedale per farsi refertare, come ha riportato il sito ‘OrizzonteScuola’. Analizzando i 133 episodi, emerge un quadro complesso: ben 70 di questi atti di violenza sono stati commessi da studenti.

Partendo da questi dati ad inizio del nuovo anno scolastico abbiamo chiesto una riflessione sul disagio giovanile al prof. Tonino Cantelmi, medico-chirurgo, psichiatria e psicoterapeuta, componente del Comitato Nazionale per la Bioetica e consultore del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: “Milioni di utenti, soprattutto i più giovani, sentono un irrefrenabile desiderio, un bisogno imperante di essere sempre connessi.

Come risulta evidente, anche le relazioni sociali si vedono compromesse da tale dinamica. Sebbene internet possa essere un fantastico strumento per facilitare i contatti con amici e familiari, presenta anche un aspetto negativo, come la creazione e il mantenimento di ‘vincoli liquidi’. Tali vincoli causano una sensazione di vuoto e malessere, provocando un forte impatto sull’autostima, in particolar modo tra gli adolescenti”.

Allora cosa sta avvenendo nei giovani?

“Già prima del Covid, in un libro dal titolo molto evocativo, ‘L’epoca delle passioni tristi’, Miguel Benasayag e Gerard Schmit, denunciavano l’inesorabile e crescente malessere dei nostri figli e la frattura con il mondo adulto. Oggi questa crisi è evidente: da un lato abbiamo ragazzi e adolescenti sempre più rabbiosi, oppositivi, autolesionisti e poveri di empatia e dall’altro abbiamo adulti e genitori adultescenti, cioè incapaci di contenere l’esplosività dei loro figli ed immersi in problemi adolescenziali non risolti. Figli rabbiosi e genitori adultescenti costituiscono un mix micidiale ed a volte incontenibile proprio nell’ambiente scolastico, dove insegnanti coraggiosi cercano di imporre qualche limite e qualche regola, evocando il bisogno di una educazione alla responsabilità”.

Quindi siamo in emergenza educativa?

“Si, da molto tempo. I nostri ragazzi sono esplosivi, rabbiosi e a volte crudeli perché il mondo degli adulti è troppo deludente, inconsistente e insignificativo. In realtà c’è bisogno di adulti coraggiosi capaci di offrirsi come educatori responsabili”.

Gli adolescenti di oggi sono più tristi rispetto a quelli degli anni ‘90?

“Tutto il mondo è più infelice e già da molto tempo: l’OMS ha dichiarato che in questo decennio la depressione sarebbe stata la prima causa di invalidità a livello globale. Purtroppo stiamo costruendo un mondo più ansioso, più depresso e più legato a dipendenze e questo fenomeno non riguarda solo i più giovani, ma anche gli adulti e gli anziani. Le dipendenze da sostanze, da alcol e soprattutto le nuove dipendenze da comportamenti scorretti come per esempio quelle da tecnologia, da gioco d’azzardo, da sesso, da shopping, incatenano l’uomo e lo rendono triste”.

Quanto influiscono le dipendenze (soprattutto quella affettiva) nella mente dei giovani?

“Come è noto, il cervello di un adolescente è sbilanciato a causa dell’immaturità delle aree cerebrali corticali, quelle deputate al ragionamento, alla programmazione, alla riflessione e alla motivazione. Ne consegue una maggiore impulsività e al tempo stesso c’è un bisogno di stimoli più forti per produrre dopamina. Alla fine l’adolescente cerca stimoli sempre più intensi che attivino il sistema del piacere.

La cannabis e le droghe, il gioco d’azzardo nelle sue forme virtuali, la tecnologia e i social, l’alcol, il sesso sono tutti stimoli in grado di agire sul sistema cerebrale della ricompensa e del piacere. Questi eccessi creano un cervello sempre più predisposto alla dipendenza. Qui si vede proprio l’assenza degli adulti, il cui compito sarebbe quello di porre limiti salutari. Ma gli adultescenti non riescono a regolare nemmeno se stessi, figuriamoci i ragazzi”.

I ragazzi capiscono di essere tristi e chiedono aiuto?

“Lo fanno ma non sempre nel modo canonico. La loro richiesta arriva attraverso comportamenti disfunzionali ed a volte nemmeno loro si rendono conto che stanno chiedendo aiuto. Per questo è fondamentale che gli adulti siano capaci di vedere e comprendere i veri bisogni dei ragazzi. Purtroppo però non sempre questo accade perché viviamo in una società in cui ci sono sempre più adulti non autorevoli, compassionevoli e interessati davvero ad aiutare i giovani in un percorso di crescita”.

L’inasprimento delle pene può essere un deterrente?

“Si, se inserito in una globale educazione alla responsabilità. I sistemi educativi attuali sono troppo deresponsabilizzanti: penso a quei genitori che sostengono i figli nelle devastanti occupazioni scolastiche, nostalgici dei tempi passati, quando l’ideologia muoveva passioni. Penso a quei genitori capaci di insultare e denigrare gli insegnanti e persino di aggredirli, sostenendo le irragionevoli richieste dei loro figli. Penso a quei genitori pronti a fare ricorso al TAR per le bocciature o per ogni insuccesso scolastico. Insomma c’è un clima deresponsabilizzante, nel quale poi maturano comportamenti sempre più antisociali ed a volte criminali dei minorenni”.

Allora, in quale modo leggere gli avvenimenti di questi mesi (su tutti la tragedia avvenuta a Pescara), che vedono coinvolti i giovani?

“Come il grande fallimento del mondo adulto, troppo adultescente e incapace di prendersi cura dei giovani”.

In quale modo possono intervenire le Istituzioni (politica, scuola, chiesa)?

“Un patto educativo globale, condiviso e volto all’educazione alla responsabilità, tra agenzie educative e famiglie: ecco ci vuole questo. Ci vuole un patto in ogni territorio che metta intorno ad un tavolo gli adulti impegnati nell’educazione: oratori, scuole, società sportive, associazioni ricreative e famiglie potrebbero costituire in ogni territorio il tavolo per l’educazione”.

(Tratto da Aci Stampa)

Dal Sud Italia una Chiesa attenta alle necessità della gente

“Gioisco pienamente nel Signore, canta il popolo di Cerignola rallegrandosi per la speciale vicinanza di Maria, attraverso questa veneratissima Icona della Madonna di Ripalta. Gioia scaturita da una devozione filiale, sedimentata da secoli tra la nostra gente, popolo che sempre si rigenera in tanti cuori”: lo ha affermato il vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, mons. Fabio Ciollaro, in occasione della festa della Madonna di Ripalta, protettrice della diocesi.

Il Magnificat è il canto della Madre di Dio che gioisce per le meraviglie compiute da Dio, ma è anche il canto della popolazione di Cerignola per tale festa: “Gioisco pienamente nel Signore, canta il popolo di Cerignola rallegrandosi per la speciale vicinanza di Maria, attraverso questa veneratissima Icona della Madonna di Ripalta. Gioia scaturita da una devozione filiale, sedimentata da secoli tra la nostra gente, popolo che sempre si rigenera in tanti cuori”.

Il vescovo gioisce anche per la partecipazione dei giovani alla festa liturgica: “E’ stato così bello l’altra sera, qui in Duomo, durante la Novena-giovani, l’abbraccio pieno di affetto con cui tanti ragazzi hanno circondato questa dolce Immagine. Ed è stata commovente la carezza con cui hanno sfiorato una sua copia i detenuti cerignolani, a cui l’abbiamo recata venerdì mattina nel carcere di Foggia!”

E’ stato un invito a rallegrarsi per le gioie spirituali, ma anche per quelle umane: “Gioisco pienamente nel Signore, afferma la Sacra Scrittura, perché solo in Dio il nostro cuore inquieto può pacificarsi. Gioisco pienamente nel Signore, perché le pure gioie spirituali ci fanno pregustare qualcosa della beatitudine senza fine, che Dio vuole donarci secondo i meriti e ancor più secondo la sua misericordia. Nella vita ci sono anche le gioie umane, grandi o piccole, e tutte vanno accolte con riconoscenza.

Penso alla gioia contagiosa di centinaia di bambini e ragazzi, e dei loro giovani animatori nelle settimane di oratorio estivo in parrocchia, oppure alla gioia degli scout in giro con i loro capi, oppure dei ragazzi più grandi che hanno partecipato ai campi-scuola in varie località, e lodo i nostri sacerdoti che li hanno guidati con dedizione paterna”.

Gioie umane anche nella vita quotidiana di ogni persona: “Allargo però l’orizzonte, e penso anche ad altre gioie che si possono gustare nella vita: ad esempio, le vittorie sportive ottenute con sacrificio e lealtà, i successi nel lavoro o nello studio, la soddisfazione del dovere compiuto, il portare a casa un pane onesto, il tepore della famiglia unita, la gioia del servizio e del vero volontariato, il godimento del silenzio, o della musica che eleva o della natura che incanta, la gioia delle amicizie coltivate e durature, e altre ancora.

Si, nella vita, ci sono anche le semplici gioie che ci danno sollievo nel cammino e ne siamo grati. Eppure, alle gioie umane manca sempre qualcosa. Quell’avverbio pienamente, che abbiamo cantato, resta sempre una meta da raggiungere”.

Nell’omelia mons. Ciollaro ha ricordato anche Hyso Telharai, un ragazzo albanese di 22 anni, arrivato in Italia col sogno di un diploma da geometra e che, per mantenersi, aveva cominciato a lavorare come bracciante nella raccolta dei pomodori nelle campagne foggiane:

“In questi giorni di festa, ad esempio, ci ha accompagnato il ricordo di Hyso Telharai, il ragazzo albanese di ventidue anni, arrivato in Italia col sogno di un diploma da geometra e che, per mantenersi, aveva cominciato a lavorare come bracciante nella raccolta dei pomodori nelle nostre campagne; opponendosi ai soprusi dei caporali, fu massacrato di botte e venticinque anni fa come oggi, 8 settembre, morì in solitudine a Cerignola. E noi ancora non riusciamo ad assicurare dignità e condizioni umane ai lavoratori stagionali di cui abbiamo bisogno, come si sta ripetendo anche quest’anno”.

Ringraziando coloro che hanno preparato il pranzo sociale il vescovo ha espresso un desiderio per il prossimo anno: “E’ un piccolo segno, è vero, ma contiene una speranza. Poiché questo fenomeno è annuale, e dunque prevedibile, come sarebbe bello l’anno prossimo, l’8 settembre, se il cielo ci darà vita, ritrovarci nel giorno della festa patronale e dire in riferimento alle necessità dei braccianti stagionali: ‘Quest’anno è andata molto meglio’.

Si può fare. Unendo le forze e i cuori qui sul posto, e con il concorso degli enti di livello più alto, si può fare! Ed, allora, i titolari delle aziende agricole, la Civica Amministrazione, la Caritas diocesana, le parrocchie, le Forze dell’Ordine, tutti insieme avremo modo di sorridere per i passi in avanti realizzati. E sarà più gioiosa la nostra festa patronale”.

Mentre per la festa patronale dell’arcidiocesi di Brindisi, mons. Giovanni Intini, nel discorso (da molti cittadini giudicato troppo lungo) alla città ha chiesto una maggior partecipazione: “A questo proposito, noi cristiani dobbiamo fare di più, perché alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, si possa lavorare a una corretta relazione tra religione e società, promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e le istituzioni pubbliche, perché illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie ideologiche, possiamo avviare una riflessione comune sui temi legati al rispetto della vita umana, della dignità della persona e dei legittimi diritti di ciascuno al lavoro, alla cura, all’istruzione, a una vita dignitosa”.

Ed ha ricordato alcuni gesti di solidarietà per una maggior partecipazione dei cristiani nella vita cittadina: “Come cristiani vogliamo accrescere il nostro stile di partecipazione per contribuire alla ricostruzione di una genuina appartenenza, premessa indispensabile per riappropriarci del senso di comunità. Mi piace, in questa circostanza, richiamare quelle piccole luci di partecipazione presenti nella nostra città, nate in seno all’esperienza ecclesiale, che con spirito e passione solidale esercitano l’amore politico, nella cura del prossimo;

mi riferisco alla Mensa delle parrocchie solidali, che ogni giorno accoglie per pranzo chi non può permetterselo, a Casa Betania, che da più di venticinque anni cerca di offrire un tetto sicuro, anche se momentaneo, a tanti senza fissa dimora, alla Casa degli aquiloni, che si prende cura di immigrati che cercano una dignitosa integrazione sul territorio, ed a un Gruppo di volontari coordinato dalla Fraternità parrocchiale ‘San Carlo di Gesù’ che, soprattutto nel periodo freddo dell’anno, cercano di offrire assistenza a chi vive per strada”.

Nulla osta per Medjugorje

Ieri è stata pubblicata stamane la nota ‘La Regina della Pace’ del dicastero per la Dottrina della Fede approvata da papa Francesco circa l’esperienza spirituale di Medjugorje, presentata dal prefetto del dicastero per la Dottrina della Fede, card. Víctor Manuel Fernández, dal segretario per la sezione dottrinale del dicastero per la Dottrina della Fede. Mons. Armando Matteo, e dal direttore editoriale del dicastero per la comunicazione, Andrea Tornielli; nel cui testo si può leggere le motivazioni di questa nota:

“Un effetto immediato attorno ai fenomeni di Medjugorje è stato il grande e crescente numero di devoti in tutto il mondo e le numerose persone che vi si recano in pellegrinaggio dalle più variegate provenienze. I frutti positivi si rivelano soprattutto come la promozione di una sana pratica di vita di fede, d’accordo con quanto presente nella tradizione della Chiesa.

Questo, nel contesto di Medjugorje, riguarda sia coloro che erano lontani dalla fede sia coloro che fino a quel momento avevano praticato la fede in modo superficiale. La specificità del luogo consiste in un gran numero di tali frutti: le abbondanti conversioni, il frequente ritorno alla pratica sacramentale, le numerose vocazioni alla vita presbiterale, religiosa e matrimoniale, l’approfondimento della vita di fede, una più intensa pratica della preghiera, molte riconciliazioni tra coniugi e il rinnovamento della vita matrimoniale e familiare. Occorre menzionare che tali esperienze avvengono soprattutto nel contesto del pellegrinaggio ai luoghi degli eventi originari piuttosto che durante gli incontri con i ‘veggenti’ per presenziare alle presunte apparizioni”.

Presentando il testo il card. Fernández ha narrato la posizione degli ultimi tre papi, spiegando in cosa consiste il ‘nihil obstat’: “Riguardo ad un evento spirituale, i fedeli, tramite il nihil obstat, ‘sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione’. Questa determinazione indica che i fedeli possono ricevere uno stimolo positivo per la loro vita cristiana attraverso questa proposta spirituale, e si autorizza pure il culto pubblico, perché ad ogni modo in mezzo ad essa (non a causa dei presunti fenomeni soprannaturali) si sono verificati molti frutti positivi e non si avverte il pericolo che si siano ampiamente diffusi nel Popolo di Dio effetti negativi o rischiosi”.

Il decreto ha evidenziato che la devozione a Medjugorje è molto diffusa nel mondo: “Anche se il decreto viene emanato dal Vescovo locale, in un caso di così tanta diffusione mondiale, il Dicastero è coinvolto in una maniera del tutto speciale. Infatti, al di là dei pellegrinaggi a Medjugorje, la devozione alla Madre di Dio, Regina della Pace, è diffusa in tutto il mondo. In molte nazioni sono sorti tantissimi gruppi di preghiera e devozione mariana, ispirati all’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Da questa ‘spiritualità’ sono nate anche molte opere caritatevoli: “Sono nate anche opere di carità legate a diverse comunità e associazioni, in particolare a quelle che si occupano di orfani, tossicodipendenti, alcolisti, disabili e ragazzi con diverse problematiche. Tutto questo non è solo una spiritualità di gruppi ecclesiali, ma è diventato un fenomeno popolare che non tiene conto tanto dei messaggi o delle discussioni sull’origine soprannaturale. Ciò che attira è la Regina della Pace e la presenza della sua immagine che si trova nei posti più diversi”.

Ed ha spiegato che i messaggi della Madonna ai ragazzi di Medjugorje sono molto importanti: “Questi messaggi sono chiarissimi e da tenere in speciale considerazione. Così sembra che, nell’insieme dei messaggi, si mescolino inviti preziosi che hanno il profumo del Vangelo con i comprensibili desideri dei presunti veggenti che sperano che questi appelli vengano ascoltati affinché il mondo ascolti Cristo e cambi. Ecco perché, nello stesso momento in cui appare l’insistenza schiacciante nell’ascoltare i messaggi, sembra che la Madre del cielo si sia fatta strada dicendo: non soffermatevi su questi messaggi, leggete il Vangelo, non concentratevi tanto su queste cose straordinarie, cercate Cristo che è l’unico Salvatore”.

Ed ha concluso che comunque si continuerà a fare discernimento sulle apparizioni: “Perciò la Vergine non comanda che qualcosa venga comunicato necessariamente o immediatamente; non ci usa come burattini o strumenti morti, lascia sempre spazio a un nostro discernimento responsabile, personale ed ecclesiale, circa la convenienza, l’opportunità, la chiarezza di ciò che può essere trasmesso.

Su Medjugorje, il discernimento del Visitatore misurerà l’opportunità. Ci sono già molti messaggi che ripetono molte volte le stesse esortazioni, e ricordiamoci che, come dice papa Francesco, non è consigliabile essere entusiasti di una Vergine postina. In ogni caso, come ha notato anche il Visitatore, la grande maggioranza di pellegrini non va a Medjugorje per cercare i veggenti e ascoltare i loro messaggi, ma per cercare la forza, la pace interiore, la grazia di essere più santi”.

Mentre mons. Matteo ha ripercorse le tappe di questo percorso ed il direttore editoriale, Tornielli, ha riportato alcuni dati statisstici: “Se si interrogano i motori di ricerca sul web circa le presenze di pellegrini a Medjugorje si trova l’indicazione approssimativa di circa un milione di presenze l’anno. Secondo quanto affermato da monsignor Henryk Hoser, all’epoca visitatore apostolico al santuario di Medjugorje, l’afflusso era, prima della pandemia, di circa tre milioni di pellegrini all’anno, con una concentrazione soprattutto d’estate. Una parte consistente di pellegrini proviene dalla Polonia e dall’Italia, ma si contano presenze da circa 80 Paesi del mondo”.

Ed ecco i dati: “Il primo riguarda il numero delle Comunioni distribuite nella parrocchia e nei luoghi legati all’apparizione, che da gennaio 1985 a giugno 2024 sono state 47.413.740. Mentre per quanto riguarda il numero dei sacerdoti che hanno concelebrato a Medjugorje dal dicembre 1986 al giugno 2024 il numero è di un 1.060.799… Le statistiche vengono costantemente aggiornate: il mese scorso, agosto 2024, le comunioni distribuite sono state 325.000 e il numero dei sacerdoti concelebranti 9.582 (309 al giorno)”.

Interessanti sono anche le motivazioni: “Queste le motivazioni che spingono al pellegrinaggio: per il 38% la ricerca di un conforto spirituale, per il 23% la richiesta di grazie per sé o per altri, per l’11,7 % il ringraziamento per grazie ricevute, fino al 17,7% per una necessità di contatto con il sacro o per il 15% a motivo di un invito. I semplici curiosi sono solo il 5,6%. I pellegrini sono credenti che mettono in cima alle priorità ideali quelle legate all’incontro con i bisogni dell’altro (53,3%) e alla difesa e rispetto della vita in tutte le sue forme (51,4%)”.

Ed infine il ‘cambiamento’ di vita: “La grande maggioranza di quelli che fanno ritorno a Medjugorje segnala un cambiamento di vita. Il 48,8% dichiara che ‘qualcosa’ è cambiato dopo la prima visita e che «molto» è cambiato per un ulteriore 30,4%, fino al cambiamento radicale segnalato dal 14,5% dei casi. L’effetto Medjugorje porta a un aumento di frequenza nella pratica religiosa, ai sacramenti e alla preghiera”.

(Foto: Vatican News)

Maimone: il messaggio cristiano diffuso da papa Francesco con il documento sulla Fratellanza Umana sia veicolo di pace

“Nessuno può uccidere indisturbato, qualsiasi motivo lo animi. Niente giustifica l’odio fratricida. Non vi sono ideali che possono giustificare il massacro di esseri umani, seppur rivolti a fini sublimi. La vita è un dono di Dio. E’ una verità che non può essere compresa dai terroristi, perché offuscati dalla ‘non verità’ rigida, schematica e perentoria, mai pronta al confronto. Assistiamo nuovamente allo sterminio di vite innocenti nei luoghi in cui è nato e vissuto Gesù, in cui Egli ha predicato l’Amore. Una nuova strage di vite innocenti. La storia si ripete? No, è l’odio fratricida che si rinnova e semina morte.

Il pianto di Dio accompagna il pianto di coloro che vedono morire i propri affetti per il folle egoismo legato alla sete di  affermazione politica e, pertanto, per il potere che ne scaturisce. Il fondamentalismo dimostra che è vivo, che vuole governare la vita del popolo islamico. Non accetta confronti con altre concezioni della vita e della religione, non ascolta la voce di nessuno. L’Islam aspira fortemente a dimostrare di non essere fondamentalista ed  afferma vigorosamente di essere aperto al dialogo” ha dichiarato Biagio Maimone, direttore dell’ufficio stampa dell’associazione Bambino Gesù del Cairo Onlus, il cui presidente è mons. Gaid Yoannis Lahzi, già segretario personale di papa Francesco e autore del libro ‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’ che ha ricevuto la benedizione Apostolica del papa, il quale ha aggiunto:

“Una parte dell’islam rimarca di voler  essere fondamentalista, non aperto al confronto con altre religioni, con altre filosofie della vita, con chi vuole un mondo governato dall’amore e non dalla violenza, con chi vuole un mondo governato dallo stato di diritto e non dalla legge che nega la libertà di pensiero, che nega il valore della persona e i suoi diritti fondamentali. Scende la notte sulle terre afflitte e spaventate di Israele e della Palestina, ritorna la barbarie.

Non c’è pace sotto gli ulivi. In qualità di membro dell’Associazione Bambino Gesù del Cairo ho avuto modo di seguire, sotto il profilo giornalistico, l’impegno del Documento ‘Sulla Fratellanza Umana per la Pace  Mondiale e la Convivenza Comune’ e la realizzazione della Casa della Famiglia Abramitica a cui esso ha dato vita, che mi ha consentito di verificare come realmente e fattivamente papa Francesco sia il ‘Papa della Pace’.

Il Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, sottoscritto da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, il 4 febbraio 2019, ad Abu Dhabi, ha sancito un’alleanza tra tre religioni il cui Dio è unico, che sono la religione islamica sunnita, la religione ebraica e la religione cattolica.

E’ sorta la Casa della Famiglia Abramitica in seguito a tale sottoscrizione, che può dirsi un suo frutto prezioso, che racchiude in un unico sito una Moschea, una Chiesa e una Sinagoga, edificate per vivere accanto, nel rispetto reciproco delle proprie differenze religiose.  Essa dimostra come tre religioni diverse, pur mantenendo il loro credo religioso e, pertanto, la propria identità, possano vivere su un unico spazio, ossia su un unico territorio, facendo del dialogo il fulcro della loro coesistenza pacifica.

La Casa della Famiglia Abramitica rappresenta un simbolo di pace, con cui papa Francesco ha voluto dimostrare al mondo intero la coesistenza pacifica delle differenze, le quali hanno la possibilità di interagire, in modo costruttivo, attraverso il dialogo. La Casa della Famiglia Abramitica insegna, altresì, che i territori le cui differenze saranno valorizzate e valorizzabili mediante il dialogo incessante, aprono orizzonti  insospettabili per il miglioramento della condizione umana, sociale e politica dei popoli, in quanto pervasi dalla pace e dall’armonia.

Lo strazio del popolo di Israele e del popolo palestinese, colpiti dal fondamentalismo di Hamas, non impedirà al documento ‘Sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ di diffondere il suo messaggio per le strade del mondo. Non si lascerà certo scoraggiare da chi non sa amare. Odiano il dialogo coloro che hanno fatto del fondamentalismo religioso la ragione della propria affermazione politica. Ma soprattutto essi non hanno compreso cosa significa la parola ‘essere umano’. Nel cuore della persona pulsa un’anima che lo fa essere una creatura divina. In nome di Dio non si può uccidere la sua creatura.

I fondamentalisti dimostrano di  rinnegare la più sublime verità divina. Essi dimostrano di credere unicamente  solo nel potere fine a se stesso. Il Cattolicesimo e il Cristianesimo insegnano che il dialogo costruisce accordi che non moriranno mai perché condivisi pienamente in quanto guidati dal principio dell’amore fraterno. L’idea di sottomettere attraverso la violenza è radicata nelle menti di coloro che sono accecati dall’odio fratricida, dal desiderio di sopraffazione. Il fine non giustifica il mezzo. La logica della violenza ha dominato la storia umana e continua a dominarla. Fino a quando? E’ noto che i dittatori sono soggetti al tribunale della storia. La storia è foriera di verità e giustizia.

Siamo di nuovo di fronte a molteplici conflitti che non creeranno certo ordine, ma solo disordine, in quanto sorretti dalla menzogna e dall’istinto di morte. Dare attuazione concreta all’anelito alla libertà non può significare in alcun modo uccidere la libertà degli altri, ma significa far ricorso agli strumenti del dialogo che le menti veramente evolute sono in grado di realizzare. La libertà è figlia della verità e non della crudeltà che il cieco fondamentalismo fa vivere, chiuso nel buio del pregiudizio. 

Gli insegnamenti del Cristianesimo e del pacifismo costituiscono il vero  cammino da percorrere per ridare dignità ai popoli ai quali essa non è riconosciuta. Nella terra in cui è nato Gesù deve rinascere la pace attraverso l’instaurazione di una relazione fondata sulla fratellanza umana, come chiede, con umiltà e con accorato vigore, il Documento Sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune”.

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