Le opinioni
Il dopo-Inizio Pontificato di Leone XIV: il ‘ritorno’ dell’amore alla Chiesa e al Papa da parte del Popolo di Dio

Domani mattina, V domenica di Pasqua, Leone XIV celebrerà sul sagrato della Basilica di San Pietro a partire dalle 10 la Santa Messa per l’Inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma. Molti i patriarchi, cardinali, sacerdoti e diaconi che concelebreranno assieme al Santo Padre, alla presenza di rappresentanti della politica e delle istituzioni di tutto il mondo, oltre a leader di diverse fedi e religioni e circa 250mila fedeli attesi.
La celebrazione solenne sarà anche l’occasione per indicare le linee programmatiche del Pontificato di Papa Prevost che, la prossima settimana, “prenderà possesso” della Basiliche Papali di San Paolo Fuori le Mura (martedì 20 maggio, alle ore 17.00) e di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore (domenica 25 maggio, ore 17.00 e 19.00). Sabato 31 maggio, infine, nel giorno in cui la Chiesa festeggia la Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, Leone XIV celebrerà alle 10 la Messa nella Basilica di San Pietro durante la quale ordinerà alcuni sacerdoti.
I desideri di comunione e di fervente amore al vicario di Cristo, come stiamo vedendo in questi giorni, stanno crescendo nel Popolo di Dio e, da molti sacerdoti e laici, sono accolti come un dono di Dio che ciascuno dovrebbe saper apprezzare. L’amore verso il Papa, infatti, è indissolubile da quello alla Chiesa e, se deperisce o decade l’uno, deperisce o decade anche l’altro, come la storia e l’esperienza insegnano. Il passare del tempo, soprattutto, non contribuisce in tanti fedeli ad alimentare e a far fruttificare i semi dell’amore alla Chiesa e al Papa sparsi da Dio nella loro anima nel momento del battesimo, dell’ordinazione o degli altri “momenti forti” del cammino di Fede.
Nel post-Concilio, poi, sono abbondate opere teologiche sedicenti “originali” che, presentate come base per il necessario percorso del rinnovamento ecclesiologico dello scorso secolo, hanno progressivamente inaridito la devozione al Papa e alla Chiesa di parte della “élite” cattolica e/o ecclesiale e, di conseguenza dello stesso Popolo di Dio.
Con questo non vogliamo affermare che all’origine di tale involuzione ci sia stato il Concilio Vaticano II, ma sicuramente quello che ci è stato spacciato come ‘spirito del Concilio’, riflesso in tanti libri di teologia prodotti nella serena quiete di una scrivania, ha allontanato la pastorale da quei temi e strumenti che in passato hanno aiutato a far incidere la Fede nella vita concreta.
Per esempio la necessità che la fede porti ad accettare che Cristo ha stabilito la dimensione istituzionale (sacramenti, gerarchia, ecc.), come mezzo di salvezza, strumento di una mediazione di grazia. La Chiesa, quindi, «è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Costituzione Dogmatica Lumen gentium, n. 1).
L’amore alla Chiesa e al Papa che appare in crescita nelle tante manifestazioni di gioia e riconoscenza per l’elezione del nuovo Pontefice appaiono certamente una incoraggiante testimonianza di ripresa in molti dell’amore alla Chiesa e al Vicario di Cristo. I sentimenti e le manifestazioni cui assistiamo, però, non sono garanzia di frutti duraturi. Spetta a noi Popolo di Dio, inteso come sacerdoti e laici, l’impegno di alimentare e approfondire questi “segni” così da provare a suscitare la fede in opera, ovvero un cammino pieno di carità e attenzioni nel cuore di nostri amici, familiari, colleghi, conoscenti etc..
L’amore alla Chiesa e al Romano Pontefice, quindi, non solo dovrebbero ritornare ad essere oggetto di trattato e pubblicazioni di carattere apologetico, ma anche di iniziative culturali e sociali che possano alimentare questa “apertura di credito” di una società, come quella occidentale, che risulta chiaramente per molti aspetti post-cristiana ma non anti-cristiana. Come fare? Anzitutto astenendosi dall’opinionismo diffuso su come o cosa un Pontefice dovrebbe fare per esercitare la sua missione universale. Sarebbe invece il caso, dai pulpiti come negli uffici oppure nei media cattolici, di condividere la gioia personale di servire la Chiesa così come la Chiesa desidera essere servita.
Nelle più semplici ed elementari affermazioni come nei comportamenti o negli scritti, può essere infatti espressa senza clericalismo e secondo le forme contemporanee della comunicazione pubblica la ricchezza secolare della fede della Chiesa. Ai fedeli, in definitiva, anderebbe testimoniato e riproposto un insegnamento indispensabile. Ovvero che il mondo nel quale siamo immersi, non è qualcosa di occasionale dal quale difendersi o ‘far fronte’, bensì la materia della personale ricerca di santità e il modo specifico del comune sforzo per l’edificazione del bene comune.
La prima manifestazione dell’amore per la Chiesa e per il Papa consisterà allora nel cercare di abbellire le nostre case, le nostre comunità ecclesiali o professionali etc. con le virtù di cui, ciascuno di noi-figli di Dio, siamo in grado di compiere il lavoro ed i doveri ordinari di ogni giorno. Questo è, in definitiva, il presupposto per la ri-umanizzazione della società anche nel XXI secolo: non è possibile essere pienamente cristiano e cattolico senza un profondo amore per la Chiesa e per il Papa.
Tutta la condotta cristiana deve lasciarsi impregnare di un amoroso sentire cum Ecclesia, traduzione visibile dell’unione feconda dei tralci con la Vite, Cristo (cfr. Gv 15,5). E, come criterio immediato di questa vita di comunione, il cristiano guarda al Vescovo di Roma, il fondamento dell’amore alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo.
La famiglia non ce la fa più!

“In occasione della Giornata internazionale della famiglia istituita dall’Onu, il Forum delle associazioni familiari rinnova l’appello a riconoscere fattivamente il valore della famiglia come nucleo fondamentale della nostra società, cardine della coesione e della solidarietà tra generazioni. La famiglia è una risorsa per tutti senza la quale non c’è futuro”: lo ha sottolineato il presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, Adriano Bordignon, in occasione della Giornata internazionale della famiglia istituita dall’Onu che ricorre oggi.
Ed ha ricordato che per l’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite, la famiglia è il ‘fondamentale gruppo sociale e l’ambiente naturale per lo sviluppo e il benessere di tutti i suoi membri, in particolare i bambini’: “Molti Paesi, nelle proprie leggi fondamentali, mettono al centro della società la famiglia dedicandole alcuni articoli molto importanti e densi di grandi obiettivi morali e sostanziali, tuttavia, in un gran numero di essi le famiglie si trovano spesso ad essere prive degli adeguati supporti per educare i più piccoli, sostenere i più fragili, supportare la crescita economica, culturale, sanitaria e lavorativa dei componenti.
Le sfide epocali che stanno attraversando la società e trasformando le famiglie chiedono uno sforzo supplementare fatto di investimenti di risorse, progetti e pensieri. Amareggia un mondo che, attraversato da oltre 60 conflitti, sceglie di spendere ancora per armamenti che distruggono vite, culture ed intere società, invece che investire per rilanciare la natalità e per la funzionalità delle famiglie”.
Quindi è necessario dare un adeguato supporto alle giovani coppie che vogliono ‘costruire’ una famiglia: “La spesa per la famiglia non può essere considerata un costo ma un investimento strategico per il benessere e la sostenibilità del nostro tessuto sociale. Investire sulla natalità non è solo una scelta valoriale: è una necessità economica. Senza nuove nascite, viene meno la base stessa su cui poggia il nostro sistema di welfare, si indebolisce il mercato del lavoro, crollano la competitività e la produttività e si mette a rischio la tenuta delle pensioni e dei servizi pubblici essenziali”.
Ed ecco la richiesta al governo italiano di “un potenziamento dell’Assegno unico universale, un rafforzamento dei congedi parentali e un’estensione dei servizi educativi, sanitari e di prossimità sui territori, affinché ogni famiglia possa contare su un ambiente favorevole in cui crescere figli e prendersi cura dei propri cari. Ma tutto questo non basta se non si accompagna a una vera e propria azione culturale: serve restituire alla famiglia il suo ruolo centrale nel dibattito pubblico, nei media, nella scuola, superando stereotipi e marginalizzazioni”.
Infatti secondo una ricerca dell’IREF dedicata al reddito delle famiglie italiane, sulla base di dati rigorosamente anonimi forniti dal Caf Acli di circa 550.000 nuclei familiari riferiti a 5 anni fiscali consecutivi (2020-2024) il reddito delle famiglie si sta ‘sgretolando’ con uno scivolamento del ceto medio, ben il 10%, e quindi di coloro che hanno anche un lavoro, verso la povertà:
“La crisi non solo ha eroso i redditi, ma ha anche allargato la forbice tra le aree del Paese e tra le fasce sociali. Rischiamo che alcuni pilastri fondamentali del nostro Stato, come la salute, non siano più un diritto ma una scelta. Servono politiche strutturali che riescano ad aumentare il valore reale dei salari e poi bisogna garantire tutela dell’esercizio dei diritti fondamentali”.
Lo studio, intitolato ‘Sempre meno ceto medio’, mette in luce le crescenti disuguaglianze territoriali e la contrazione della fascia intermedia della popolazione, come ha sottolineato Lidia Borzì, delegata per la Famiglia e gli Stili di vita delle Acli: “Il Panel Redditi Acli (PRA) che abbiamo costruito in questi anni, con la pandemia ancora in corso, segue oltre 549.000 famiglie italiane, parliamo di numeri veri e non di campioni, con un raffronto reale lungo cinque anni fiscali che ci offrono davvero una delle immagini più dettagliate disponibili sullo stato dei redditi reali nel nostro Paese. Questo impoverimento del ceto medico rischia anche di influenzare i dati già drammatici, sulla denatalità.”
La ricerca ha messo in evidenza una serie di diseguaglianze e di squilibri che si sono accentuati negli ultimi anni: le famiglie residenti nelle grandi città dichiarano redditi medi superiori del 17% rispetto a quelle delle aree interne. Il gap può arrivare ad oltre € 9.000 annui tra i nuclei familiari più ricchi a seconda dell’area geografica.
Quindi, anche considerando differenti composizioni familiari, con diversi livelli di impegno nel mercato del lavoro e carichi non si appiana il gap reddituale tra città e territori marginali. L’unica comunanza che si riscontra è nei redditi molto bassi, rispetto ai quali la geografia non fa purtroppo grande differenza.
Dalla ricerca è emerso che tra il 2020 e il 2024, la percentuale di famiglie appartenenti al ceto medio è scesa dal 59,6% al 54,9%; in particolare, oltre 55.000 famiglie sono passate dal ceto medio al ceto inferiore. In sostanza il 10% delle famiglie del panel è passata dal ceto medio al ceto inferiore mentre solo lo 0,8% è riuscito a salire al ceto superiore.
Profili teologici e scientifici dello ‘sguardo dell’anima e della ragione’: da occhi di ombra ad occhi di fede

Nell’A.T. è relazionato a Jahvè, nel N.T. a Gesù immagine di Dio( 2Cor 4,4) non copia, ma conformità all’originale, vero uomo compiuto, Adamo è un abbozzo, infatti ha sconquassato il suo “essere ad immagine di Dio”, pertanto Gesù è il vero alter ego di Dio (c’è differenza fra “essere ad immagine” ed “essere immagine”).
E’ Gesù che libera l’uomo dal peccato affinchè si realizzi il disegno divino secondo il quale: “l’uomo è predestinato a diventare immagine di Cristo, cioè immagine del Figlio suo”(Rm 8,29), infatti la teologia pasquale dell’incarnazione e della redenzione non è semplicemente “riparativa” (ma ha effetti soteriologici ed escatologici), quindi il peccato non necessiterebbe l’incarnazione di Cristo, la quale sarebbe avvenuta lo stesso, anche senza il peccato originale di Adamo.
La salvezza (soteriologia) implica sotto il profilo antropologico la compiutezza dell’uomo in tutti i suoi aspetti, compresa la relazione con l’altro, costituente il ‘locus teologicus’ che genera la comunione, cioè Chiesa, luogo della comunione-relazione.
Pertanto, occorre esaminare gli sviluppi storico-teologici:
1-Patristica (si fonda sul platonismo, l’uomo non è immagine di Dio, lo è soltanto in e per Cristo, l’ unico mediatore fra l’uomo e Dio);
2-la Tradizione asiatico-antiochena( Vescovo Ireneo: unico modello dell’uomo creato a sua immagine e somiglianza è il Verbo incarnato); 3-la Scuola Alessandrina (Origene fa invece riferimento al Verbo preesistente-Logos- immagine invisibile, immagine dell’immagine);
3-il Concilio II(GSn.10- 22:è Cristo incarnato che spiega Adamo,la sequela di Cristo restituisce all’uomo la somiglianza divina, il cristiano diviene sua immagine, realizzazione disegno divino).
L’Antropologia ruota intorno a 4 strutture, cioè la relazionalità dell’uomo con Dio, con l’altro/se stesso, col mondo e con le forme della libertà;
a)situata (in base ai contesti familiari,religiosi);
b)teologale ( in base al tipo di rapporto vissuto con Dio);
c)definitiva (in base al proprio progetto di vita: vocazione coniugale/presbiterale; fedeltà morale);
d) inglobante ( dimensione che include tutti gli ambiti della vita che gli esseri umani non devono trascurare: i propri sensi, per esempio la vista; sociali, per esempio la solidarietà; economici, per esempio il lavoro onesto; umanistici, per esempio lo sguardo concreto verso la SS. Trinità che assiste i fedeli; storici, per esempio lo studio delle epoche in cui abbiamo ottenuto evoluzioni per la pacifica crescita globale del mondo).
Infatti concordo con il famoso aforisma “ Gli occhi sono in grado di raccontare le emozioni, gli stati d’animo ( la sensibilità religiosa) e i sentimenti di una persona. Attraverso loro è possibile entrare in comunicazione con un’altra persona senza bisogno delle parole”.
La psicologia e varie ricerche scientifiche hanno effettivamente sottolineato l’importanza del contatto visivo nella comunicazione umana, rivelando come gli occhi possano essere strumenti espressivi potenti nel trasmettere emozioni e stati d’animo. Questi studi hanno dimostrato che lo “sguardo” non è solo una componente essenziale della comunicazione non verbale, ma svolge anche un ruolo cruciale nel creare connessioni affettive e comunicative tra le persone.
Ritengo utile, conseguentemente, una sintetica disamina della c.d. “ psicologia degli occhi “. Com’ è noto gli studiosi sottolineano che gli occhi inoltre possono rivelare anche la sincerità o l’inganno. Secondo la saggezza popolare, infatti, se le parole possono in qualche modo celare la verità, “gli occhi non mentono mai“.
Jeffrey Walczyk, psicologo alla Louisiana Tech University, ha studiato i comportamenti oculari durante la menzogna, scoprendo che non esistono movimenti particolari associati alla menzogna; al contrario, gli occhi possono rimanere insolitamente immobili a causa dell’aumentato carico cognitivo necessario per formulare una menzogna.
Le ricerche di Stephanie Cacioppo (Università di Chicago) e di Omri Gillath (Università del Kansas) hanno invece esplorato il ruolo degli occhi nelle dinamiche amorose e di seduzione, evidenziando come gli sguardi e le direzioni dello sguardo possano segnalare interesse romantico o sessuale, e come la focalizzazione sul viso possa essere collegata alla ricerca di tratti desiderabili in un partner sentimentale.
Anche Luigi Pirandello, celebre scrittore e drammaturgo italiano premio Nobel, ha toccato questo tema.‘Gli occhi sono lo specchio dell’anima […], cela i tuoi se non vuoi che ne scopra i segreti.’
Una conferma dal paradigma di Tania Singer
In una ricerca condotta nel 2004, sono stati esplorati due distinti stili cognitivi e il loro impatto sulla risposta emotiva, basandosi sul paradigma proposto dalla neuroscienziata Tania Singer. Questo paradigma si concentra sull’analisi delle reazioni neurali e psicologiche alle emozioni altrui, contribuendo alla comprensione dei meccanismi cerebrali che regolano l’empatia.
Gli stili cognitivi esaminati erano:-Hot: Generativo di emozioni, caratterizzato da una maggiore risposta emotiva e coinvolgimento empatico- Cold: Più analitico e sistematizzatore, con una tendenza a focalizzarsi sui dettagli e un minor coinvolgimento emotivo.
Gli esperti spiegano ”Cosa comunicano gli occhi“. Gli occhi sono spesso descritti come finestre sull’anima, capaci di veicolare un’ampia gamma di emozioni e di comunicare senza parole. Possono raccontare storie profonde, affermare la sicurezza o tradire la timidezza. Per esempio:
• Abbassare lo sguardo può indicare imbarazzo o paura, una sorta di rifugio in momenti di incertezza. Tale gesto può variare a seconda delle persone e dei contesti, essendo a volte situazionale (legato al contesto specifico); altre cronico (causato dall’indole della persona).
• Un contatto visivo diretto e prolungato, d’altra parte, può esprimere sfida o, paradossalmente, nascondere timidezza e imbarazzo dietro una facciata di sicurezza.
• L’accompagnare lo sguardo con un respiro calmo e un leggero inclinare della testa può segnalare interesse e attenzione, rivelando una connessione con l’interlocutore. Inversamente, uno sguardo evasivo può suggerire tensione o essere un modo per attenuare un’emozione intensa ma nascosta.
• Sbattere frequentemente le palpebre può segnalare la necessità di vedere più chiaramente, sia in senso fisico che metaforico.
• Guardare lontano, verso l’orizzonte, può essere un modo per prendere distanza dalla situazione attuale, come un tentativo di sfuggire da una conversazione difficile.
• I movimenti rapidi degli occhi, infine, possono indicare una mente agile e vivace, attiva e attenta anche in apparenza distratta.
Maimone: ‘Francesco, il Papa della Verità Storica, della Pace, del Dialogo Interreligioso e dell’Umanità sofferente’

“Sublime è stato l’impegno di Papa Francesco, il quale, nel corso del suo pontificato, ha rimarcato che Cristo è venuto al mondo per portare la salvezza ai poveri, ai miseri, agli ultimi della terra. Papa Francesco ha dimostrato che ritornare al Cristianesimo delle origini, alle parole e all’esempio di Gesù deve essere il fine primario del Cattolicesimo odierno. Nel 1200 Francesco D’Assisi ha sentito l’esigenza di ‘restaurare’ la Chiesa di allora, nel senso di ricondurla sul suo sentiero autentico, dopo aver constatato che essa aveva intrapreso un percorso che l’allontanava dai principi espressamente cristiani e dal tessere un incontro tra Dio e l’uomo.
Papa Francesco, che noi amiamo definire ‘Il Papa della Pace’ e della ‘Verità Storica’ ha vissuto la stessa esigenza di Francesco di Assisi e ha voluto intraprendere un percorso di ‘restaurazione’ della Chiesa attuale, affinché essa ponga la sua attenzione sugli ultimi, su coloro che vivono ai margini della società, su coloro che soffrono a causa dell’esclusione e del razzismo , su coloro che sono vittime di pregiudizi ed ingiustizie sociali, politiche ed economiche”, ha dichiarato il giornalista e scrittore Biagio Maimone, Coordinatore Nazionale per l’Italia della Rete Mondiale dei Turismo Religioso e Direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui Presidente è Monsignor Yoannis Lazhi Gaid, già Segretario personale di Sua Santità Papa Francesco, il quale ha aggiunto:
“Interprete del suo tempo, di cui ha constatato le fragilità e le aspirazioni, come il Santo di Assisi, Papa Francesco si è prefisso l’intento di ‘restaurare’ la Chiesa odierna, non certamente per renderla diversa, ma per aprirla verso l’infinito, quell’infinito a cui aspira l’umanità errante, in cerca di una legge, di una patria accogliente, di un mondo senza conflitti, senza discriminazioni razziali, odi internazionali ed intestini presenti nei singoli Stati.
Papa Francesco si è fatto promotore di un cambiamento straordinario, davvero senza pari, al fine di regalare alle donne, agli uomini e ai bambini un mondo più accogliente in cui viva la pace, la verità e la giustizia che trascende quella terrena, che egli definisce ‘Giustizia fondata sulla Misericordia’.
Occorre far vivere non certo la giustizia terrena con le sue ombre, la sua faziosità, che ci inquieta e rattrista, le sue contraddizioni, i suoi limiti morali, addirittura con le sue piccinerie rispetto alla verità, ma quella giustizia che fa appello all’ indefettibile misericordia divina, che è l’identità stessa di Dio, ossia l’Amore assoluto, che tutti include nel suo disegno di amore e di vita. La strada da intraprendere per abbattere la povertà è, dunque, l’amore!
E’ l’amore nella sua espressione più elevata che è la misericordia, il cuore stesso di Dio, il suo Amore senza ‘se’ e senza ‘ma’, senza confini, che non crea scarti e rifiuti umani, che fa vivere realmente l’equità sociale. Papa Francesco si è prefisso audacemente l’intento di rappresentare la Chiesa che si prende cura delle ferite dell’essere umano e si impegna per sanarle, come vuole Gesù e come aveva rimarcato il Santo di Assisi.
Il modo per farlo che Papa Francesco ha indicato è l’impegno pratico, concreto, che noi abbiamo definito ‘la Poesia della Fede’, in quanto l’impegno concreto per migliorare la condizione umana è un atto creativo legato alla fede. Francesco ha dimostrato che la fede non può che esprimersi nella realtà pratica al fine di plasmarla e renderla aderente ai bisogni umani: essa non è un sentimento astratto e non può esserlo per sua intrinseca natura, Gesù lo testimonia. Alla luce di tale intuizione per Francesco realizzare la pace ha significato, innanzitutto, realizzare la fratellanza umana, nel suo significato evangelico più profondo.
‘Fratellanza Umana-Pace’ è considerato nel Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ un binomio indissolubile. Il suo esempio storico è stato Francesco d’Assisi, il quale ha chiamato tutte le creature fratelli e sorelle, sorretto da un forte sentimento di amore cristiano che considera uguali tutti gli esseri viventi. Papa Francesco, avvinto dalla testimonianza evangelica di Francesco d’Assisi, ha voluto riproporre la sua grandiosa magnificenza in quanto espressione di autentica fede in Dio. Così ha dato corso al discorso sulla pace, che egli lega ad un nuovo concetto di giustizia.
Ne scaturisce un altro binomio indissolubile, che è il binomio ‘Pace-Giustizia’, da cui dovrà sgorgare uno scenario di trasformazioni sociali, economiche, giuridiche, umanitarie e spirituali davvero sorprendenti. Papa Francesco ha interpellato le nostre coscienze quando ha sottolineato che la giustizia vera, senza difetti, che va oltre il giudizio soggettivo, oltre le faziosità che conducono ai conflitti, è solo quella fondata sulla misericordia.
Se non vive la giustizia che guarda alla giustizia divina, che si fonda sulla misericordia, che nasce da un cuore in cui vive un amore illimitato, non vi sarà la vera pace, ma solo barlumi di pace, solo barlumi di giustizia sociale, effimeri e senza risultati duraturi, non vi sarà l’emancipazione dalla rozzezza umana che porta alle guerre sanguinarie e fratricide, non vi sarà l’equità sociale, ma povertà e solo povertà, non vi sarà la piena cittadinanza, ma esclusione e solo esclusione, non vi sarà il rispetto della dignità umana dei bambini, dei fragili, delle donne, degli anziani, di coloro che vivono come reietti, ma la loro esclusione e solo la loro esclusione sociale.
Papa Francesco ha testimoniato, inoltre, che la Chiesa Cattolica ha bisogno di collaborare con le altre religioni per poter realizzare l’antico e attuale sogno di giustizia e di amore dell’essere umano, in quanto sa che, da sola, senza le altre religioni e il loro senso spirituale, la sua immensa aspirazione alla parità sarà difficile da realizzare. Papa Francesco ha dimostrato, inoltre, che rendere universale il messaggio cristiano implica creare il dialogo con le altre religioni ed il mondo intero.
Creare il dialogo significa cogliere il nesso sacro tra le varie religioni, costituito dall’essere tutte sorrette dall’intento di far vivere il piano spirituale della vita al fine di umanizzare la realtà umana e sconfiggere quei mali che ancora la umiliano. La Chiesa di Francesco si prefigge di essere la Chiesa evangelica, pur vivendo nel terzo millennio, relazionandosi e parlando agli uomini del terzo millennio con lo stesso autentico ed incisivo linguaggio del Cristianesimo delle origini.
La Chiesa deve diventare la Chiesa che Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di essere, al fine di creare e diffondere nell’universo l’amore per ogni creatura, come anche Francesco d’Assisi aveva rimarcato con il suo esempio luminoso. La Chiesa che si ispira ai valori del Vangelo ridà dignità ai poveri, agli indifesi, alle donne, ai bambini, a chi è fragile, a coloro che sono considerati ‘ultimi’, perché poveri e diseredati di ogni bene, non solo materiale, ma anche ricadente nella sfera etica. ‘Siamo tutti fratelli!’, ha rimarcato tenacemente Papa Francesco.
Occorre divulgare tale verità: questo è il senso profondo del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, che vuole l’apertura verso l’infinito , oltre la chiusura del finito che umilia certezze e meravigliose verità, che limita l’amore, donandolo ad alcuni e negandolo ad altri, che riconosce la dignità a pochi negandola a molti, perché i poveri sono ancora molti e molti sono i reietti. Perché è vero che il processo di umanizzazione della vita non si è compiuto in modo tale da rendere dignitosa la vita per tutti, ma solo per pochi.
Coloro che credono nella dignità umana, siano essi religiosi, siano essi laici, devono mettersi in cammino e costruire nuovi diritti e nuove opportunità di vera esistenza per i tanti fragili del mondo. L’appello è universale, reso più incisivo dal dialogo interreligioso, che dovrà far vivere la più sublime tra le verità, ossia che siamo tutti uguali. Siamo tutti uguali: è una verità che discende da Dio ha sottolineato vigorosamente Papa Francesco. Ciò non basta, occorre allargare gli orizzonti, tenere conto del corso della storia dopo Cristo. San Francesco di ciò è stato maestro. Papa Francesco ha sposato il modo di leggere il Vangelo di San Francesco ed è andato oltre.
Infatti, il suo disegno evangelico è stato includere senza fine, come ha fatto Gesù. Includere significa includere anche le altre religioni. Ed includere anche le altre religioni è l’aspetto dirompente del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ in quanto rimanda ad un progetto di pace universale che si lega ad un progetto di giustizia universale, non la giustizia umana, ma quella che nasce dalla misericordia che definisce e connota l’identità stessa di Dio, che unica può condurre alla pace, in quanto essa introduce sul sentiero della fratellanza umana, rendendo tutti fratelli.
La pace è il fine ultimo del suddetto Documento. Finché vi saranno divisioni, non vi sarà la pace: è stata questa l’intuizione più evangelica di Papa Francesco. Papa Francesco è diventato in tal modo ‘Il Papa della Storia’, il Papa che ha voluto dimostrare che la verità evangelica, che si è rivelata nella storia, alla storia rivela incessantemente la sua verità, che in essa deve vivere per costituire il legame con Dio, senza mai reciderlo, proprio in quanto, attraversando la storia umana, l’uomo raggiunge il cielo di Dio.
Per tale motivo Papa Francesco ha sottoscritto il Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, con cui si è prefisso di instaurare il dialogo interreligioso. La fratellanza umana non può lasciare nessuno fuori da sé, tantomeno le altre religioni. “Riempire tutto di fratellanza”, come ha sottolineato Papa Francesco, significa creare le fondamenta certe della pace e dell’equità sociale. Far esprimere ognuno, ma anche fare in modo che la propria espressione sia al servizio di tutti: è questo il dialogo, è questa la ragione del dialogo.
Papa Francesco, infine, ha chiamato l’Oriente e l’Occidente ad essere protagonisti di una nuova cultura della vita attraverso il dialogo. Egli ha voluto dimostrare che il crollo di molte certezze costituisce un’opportunità meravigliosa, in quanto induce a cercare aiuto, a chiedere agli altri cosa fare per ricostruire gli argini di un mondo costruito su false certezze. Il Cristianesimo ha insegnato che il crollo di tante effimere certezze dimostra che l’unica verità che resta e non crolla è l’Amore.
L’ha compreso il Poverello di Assisi. L’ ha compreso Papa Francesco. Il Santo di Assisi chiama tutti fratelli e sorelle perché ha capito cosa significa amare. Papa Francesco ha compreso anch’egli cosa significhi amare e ha voluto proseguire, sulle orme del Santo di Assisi, il suo cammino su quel percorso di fratellanza che fa dire all’altro: Tu sei mio fratello ed io ti voglio bene!”
Maimone ha concluso: “Grazie alle attività dell’Associazione, ho richiamato, mediante la comunicazione, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso e il dialogo interculturale, la pace e la solidarietà, che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed ammalati dell’Egitto. L’Associazione è stata fondata in seguito alla sottoscrizione del Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune” da parte di Sua Santità Papa Francesco e da parte del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in data 4 febbraio 2019..
Il suddetto Documento ha dato vita a numerosi frutti, tra i quali la realizzazione della Casa della Famiglia Abramitica, edificata nella città di Abu Dhabi, che è uno tra i progetti più rilevanti in quanto pone le basi del dialogo interreligioso creando uno spazio fisico, un territorio comune su cui sono stati edificati tre luoghi di culto diversi (una Chiesa, una Sinagoga e una Moschea), posti l’uno accanto all’altro, in ciascuno dei quali si praticano religioni diverse, le quali si interfacciano reciprocamente per dialogare su ogni tema della vita religiosa ed umana.
Gli altri progetti che ho seguito sono stati l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, che è stato inaugurato il 5 maggio 2024 nella città Il Cairo, le Cliniche Mobili itineranti, l’Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù del Cairo’, che è il primo Ospedale del Papa fuori dall’Italia, la ‘Scuola della Fratellanza Umana’ per le persone portatrici di disabilità, la ‘Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana’, denominata ‘Fratello’, che offre pasti gratuiti alle famiglie bisognose egiziane”.
Il volontariato crea competenze: occorre riconoscerle

“In un periodo storico segnato (e spesso sconvolto) da profondi cambiamenti sociali, economici, politici e culturali, nel nostro Paese il ruolo del volontariato si conferma essenziale non solo per rispondere a bisogni delle persone e delle comunità, sopperendo in molti casi alle lacune del nostro sistema di welfare, ma anche per generare nuovi legami sociali e attivare processi di cittadinanza attiva, contrastando in questo modo la diffusione, soprattutto tra i più giovani, di forme di solitudine, paura e diffidenza verso l’altro”.
Questo è l’inizio dell’indagine ‘NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato’ promossa da Forum Terzo Settore e Caritas Italiana, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre, che nasce dalla convinzione condivisa che non solo il volontariato ha il merito di contribuire in maniera consistente a indirizzare la nostra società verso maggiore inclusione, solidarietà e giustizia sociale, ma rappresenta anche un importante contesto formativo, capace di generare saperi, abilità e atteggiamenti che sono sempre più centrali per affrontare le sfide di oggi.
La ricerca ‘NOI+’ ha coinvolto circa 10.000 volontari in tutta Italia, in cui oltre il 50% dei rispondenti mette in campo, spesso o sempre nelle proprie attività di volontariato, le 11 tipologie di competenze trasversali (le cosiddette ‘soft skills’) indicate. Le competenze più agite sono quelle sociali (92,5%), che attengono all’empatia, alla capacità di comunicare in modo efficace e collaborare, seguite con l’86,9% dalla competenza di ‘apprendere ad apprendere’ (intesa come capacità di imparare e sviluppare pensiero critico durante tutte le fasi della vita) e dalle competenze personali (come la capacità di gestire le proprie emozioni e di affrontare i cambiamenti) all’85%.
Supera l’80% anche la competenza di cittadinanza, ovvero la capacità di agire da cittadini responsabili e partecipare pienamente alla vita civica e sociale. Di contro, le ‘soft skills’ meno agite sono quelle manageriali e di leadership con il 43,4% del campione che ha risposto di utilizzarle qualche volta o mai, la competenza imprenditoriale al 42% e le competenze legate alla gestione del cambiamento con il 39,3%. L’indagine ‘NOI+’ rileva un divario di genere: in 9 tipologie di competenze su 11 sono le donne a prevalere, con una differenza che supera i dieci punti percentuali nelle competenze interculturali (+12,4% rispetto agli uomini) e in materia di consapevolezza ed espressione culturali (+10,7%).
Fanno eccezione le competenze manageriali e di leadership e la competenza digitale. Per quanto riguarda la distribuzione per età, le competenze personali e sociali sono più presenti nei volontari tra i 18 e i 30 anni, mentre la capacità di apprendere è tipicamente associata ai 30-45enni. Le competenze di cittadinanza sono invece più riconosciute tra i 45-65enni.
In merito alle motivazioni che spingono i rispondenti a svolgere attività di volontariato emerge, oltre al contributo alla comunità (87,6%), altre motivazioni che includono l’arricchimento professionale (32,1%), la fede nella causa del gruppo (31,7%) e la volontà di rispondere ai bisogni urgenti della società (26,7%). Oltre la metà dei volontari (53,8%) ritiene che il proprio impegno abbia un forte impatto nel modificare la realtà, ad esempio rendendo migliori la cultura, gli stili relazionali, i modelli sociali ed anche l’organizzazione dei servizi. Inoltre, più del 75% afferma che fare volontariato ha cambiato profondamente il proprio modo di pensare, specialmente tra i giovani adulti.
Tra i giovani volontari con età fino a 30 anni, assumono valori molto maggiori la possibilità di esplorare i propri punti di forza e mettersi alla prova (+18,2%) e l’opportunità di arricchimento professionale (+17,4%), mentre è percepita con meno intensità l’urgenza di far fronte ai bisogni (-10,6%). I giovani volontari, inoltre, sono maggiormente convinti, rispetto alla media, che fare volontariato contribuisca a cambiare la realtà (+6,5%) e che il volontariato cambi il loro modo di pensare (+4,6%).
Don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, ha sottolineato che “le competenze dei volontari coniugate con le loro motivazioni sono la forza del volontariato stesso e una risorsa importante per tutta la società. I volontari non solo sono spesso capaci di operare bene, ma sono anche consapevoli di ciò che può far crescere la società in umanità e nella prospettiva del bene comune. Dare piena attuazione alle normative che promuovono lo sviluppo del servizio volontario va a beneficio di tutti, a cominciare dalle pubbliche istituzioni più vicine ai cittadini”.
Infatti dalla ricerca è emerso una chiara azione per sconfiggere l’individualismo: “Dalla ricerca emerge come i volontari siano animati dal desiderio di fare qualcosa per la propria comunità. Di fronte all’individualismo che ci circonda, un dato assai confortante. Essi, i volontari e le volontarie, sono anche consapevoli di dare con il loro impegno un contributo efficace al cambiamento in meglio della società nel suo complesso. Un cambiamento che parte dalla loro stessa crescita personale. Anche questo ci parla del volontariato (e dei volontari) come una delle risorse più preziose del nostro paese”.
Mentre Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore, ha specificato le competenze del volontario: “Queste competenze trasversali sono sempre più fondamentali nei luoghi di lavoro, nelle relazioni interpersonali e di comunità e per la costruzione di cittadinanza attiva. Il loro riconoscimento è al centro di una sfida per la crescita del capitale umano e sociale. Il Terzo settore è stato pioniere di questo percorso nell’ambito del Servizio civile universale ma è tempo di compiere ulteriori passi in avanti, seguendo la strada indicata anche dall’Unione europea.
Occorre dunque realizzare quanto già disposto dal Codice del Terzo Settore sul riconoscimento delle competenze dei volontari, dando seguito al decreto del 2024 sull’individuazione, validazione e certificazione delle competenze. L’obiettivo è un sistema strutturato, omogeneo su tutto il territorio nazionale, che valorizzi nel concreto quanto acquisito dai volontari nella loro esperienza, facendo leva sul ruolo chiave degli Enti di Terzo Settore. Questo rafforzerà la cultura del volontariato nel nostro Paese, soprattutto tra i più giovani, e favorirà l’apprendimento delle persone rispondendo ai loro bisogni di crescita personale e professionale”.
(Foto: Caritas)
Profili teologici e scientifici dello ‘sguardo dell’anima e della ragione’: da occhi di ombra ad occhi di fede

Sono sicuro che molti si chiederanno perché ho elaborato questo testo, la risposta è semplice in quanto l’ho maturato nella mia memoria visiva, avendo perduto per un certo periodo ( da Dicembre 2024 a Marzo 2025) l’efficienza dei miei 2 occhi e pertanto ho preferito tenerli spesso chiusi, usando gli altri sensi, ma in 3 mesi ( ho subìto 2 interventi a Palermo, durante i quali sono apparsi in ciascuno per 20 minuti variegati, luminosi arcobaleni, ad opera del bravo oculista Dr. Giuseppe Giunchiglia, con la collaborazione del suo brillante staff, in particolare con l’ottima anestesista dr.ssa G. Piscopo, con terapia a casa per 3 mesi di 750 “gocce” anche a base di cortisone, grazie al mio amico fraterno Alessandro Mineo, eccellente tecnico oftalmico con elevata sensibilità religiosa, marito di una mia ex impiegata della Corte dei conti signora N.S. che anni fa con grande fede ebbero la Grazia di un “miracolo” di cui si occupò anche la TV) ho potuto “rivedere” moltissimi ricordi della mia vita, assistito amorevolmente da mia moglie Marcella, dalle preghiere del nostro fraterno amico Rev.mo Padre Salvatore Lazzara (attuale v. Parroco del Santuario Basilica della Madonna di Altavilla Milicia-Palermo, per 25 anni, fino all’anno scorso, colonnello cappellano dell’Arma dei Carabinieri e delle FF.AA. in giro per le basi militari e le sedi cultuali anche delle altre Religioni esistenti in tutto il il mondo) e dai contatti telefonici dei nostri figli (lontani) e dei nostri parenti più affettuosi in 1 mia chat.
Nel contempo ho ascoltato musica classica, Bibbia ed approfondendo testi scientifici audioparlati ( il mio amico frate rev.mo sacerdote Padre Paolino Saia mi ha scritto: “IMPARA IL PIÙ POSSIBILE :Vivi orientato verso l’eternità, cercando di studiare e apprendere cose utili e vantaggiose per te e per il tuo prossimo. Quando cessiamo di imparare e di progredire, cominciamo realmente a morire. Impara più che puoi, in tutti i rami del sapere, per illuminare il tuo spirito al massimo.
Approfitta di tutti i minuti che hai per imparare, per aumentare le tue conoscenze” :principio costituente il fondamento del mio c.v. aggiornato al 2008 https://mail.google.com/mail/u/1?ui=2&ik=aba35fb2ca&attid=0.1&permmsgid=msg-a:r4535232235745738886&th=195ae15fc852637f&view=att&disp=safe&realattid=195ae15b797b30a19491&zw ) che mi hanno indotto a concepire questo articolo su cui gradirei ricevere le vostre opinioni in base alla vostra scienza e coscienza.
Preliminarmente sottolineo, sul piano spirituale, che diversi sono i riferimenti che troviamo anche nel Vangelo in ordine allo “sguardo” di Gesù: alza gli occhi al cielo, guarda attorno la folla, guarda i campi, gli alberi – ma anzitutto guarda gli uomini. Il suo sguardo (che mi ha sempre seguito durante le mie 2 operazioni chirurgiche) penetra le persone fino nel profondo del cuore “ Se anche i nostri sguardi girano attorno, non trovando accoglienza da parte di nessuno – non siamo da soli. Cerchiamo lo sguardo di Gesù, diamogli l’accoglienza nel nostro cuore. Ritrovando e accogliendo il suo sguardo non potremo mai essere feriti da nessuno. Come scrisse il maestro Eckhart: “L’occhio con cui io vedo Dio è lo stesso occhio con cui Dio vede me”. (cfr.
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.interris.it/intervento/sguardo-dio/&ved=2ahUKEwiYwPW9_IaMAxVVg_0HHRG7Ax4QFnoECBMQAw&usg=AOvVaw0WZMC7PiVcRNIOfzPAedvN )
Pertanto, a tal proposito, sottolineo (dalla mia recensione dei libri di Testo della STB San Luca ev. di Palermo, cfr. https://gloria.tv/post/x29DBQkVEucp2HQfiHkc9omvQ ) che la Bibbia presenta 2 brani riguardanti i nostri occhi (che soltanto con la vista efficiente possono essere letti e meditati) attinenti alla creazione: Gen. 1,1-2,4a (di fonte sacerdotale “P”) e Gen.2,4b-3,24 ( di fonte Javista”J”, più antica), essi si distanziano di 3 secoli. Nel primo Dio crea parlando, lo stile ha una cadenza ritmica, si nota un crescendo: tutto è bello e buono ed al 6° giorno con l’uomo e la donna è assai bello e buono; il racconto è articolato in 7 giorni, ci sono norme relative al culto, vertice è il sabato, giorno di riposo, viene rimossa l’idolatria verso sole e luna, che attraverso i nostri occhi ( interiori ed esteriori) sono mostrati come lampadari fatti da Dio, introduce la benedizione per gli esseri viventi.
Nell’altro Dio è un giardiniere che pianta, il genere letterario è il mito (esprime il senso). Gli ebrei non conoscevano il globo, la terra corrispondeva alla “Mezzaluna fertile” (i testi di riferimento si collocano fra il IX ed il VI sec. A.C,) dalla cui configurazione derivano insegnamenti su “Dio creatore, datore della vita e della vista , sul posto che l’uomo ha nel mondo, sulla pari dignità uomo-donna, sul combattimento dell’idolatria”.Esso spiega le ragioni dell’esistenza della sofferenza, fatica e morte, considerato che ciò che Dio crea è buono. L’uomo è creato da solo, ma anche la donna (considerato il torpore di Adamo), in ogni uomo c’è l’umanità intera, è irripetibile; il termine “adam” significa uomo e si collega alla sua origine “adamah”, cioè terra, infatti ha la medesima radice; inoltre la corrispondenza uomo-donna (capacità di stare l’uno di fronte all’altro) è espressa con termini aventi anch’essi la stessa radice “is e issah”.
La donna porta alla luce l’uomo, ma ha avuto origine dall’uomo (equilibrio), è il peccato (sempre contro Dio e contro l’uomo, è la scelta fra due parole, quella di Dio e quella del serpente) che provocò gli squilibri nella relazione, lo stesso avvenne nel fratricidio, esso genera diseguaglianze (ricchi e poveri) e disordini non rientranti nel progetto di Dio, confermato anche dalla fonte sacerdotale: “l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio” per cui il suo fondamento risiede nella creazione. Infatti i termini usati sono “selem”(immagine) nell’accezione di statua (eretta da un re per raffigurare la sua autorità su territori conquistati) e
“De mut”(somiglianza) identificato con una capacità razionale immanente (possibilità di conoscere e di vedere con gli occhi il bene ed il male). Confrontando le altre religioni antiche il termine selem evoca il concetto di “rappresentante o alter ego di Dio”, per cui l’uomo ha un potere regale su tutto il creato, ciò viene confermato dal Salmo 8 il quale afferma che “l’uomo è stato fatto come un “elohim”(nome di Dio al plurale), per tale ragione esercita un potere vicario sulla creazione, è al servizio del creato, è il tu della creazione ed il tu di Dio (è al centro, un medium, è in relazione).
Etica Sgr: quasi il 90% dei clienti si dichiara soddisfatto dei fondi e li consiglierebbe

“Mentre molti player finanziari, come asset manager e istituti bancari, rivedono gli impegni sulla sostenibilità, i clienti ci spingono a proseguire sulla strada della finanza etica, dalla quale non si torna indietro”: in un contesto di mercato in cui molti player finanziari, come asset manager e istituti bancari, stanno rivedendo i propri impegni sulla sostenibilità, Etica Sgr rafforza la propria missione nel settore degli investimenti responsabili.
Un impegno che trova conferma nei risultati dell’ultima indagine di mercato condotta con BVA Doxa: quasi il 90% dei clienti si dichiara soddisfatto dei prodotti di investimento di Etica Sgr e li consiglierebbe. Etica Sgr ha condotto, in collaborazione con BVA Doxa, una nuova indagine di mercato sulla finanza etica e sostenibile. L’obiettivo è stato quello di comprendere le percezioni del mercato di prodotti sostenibili e le aspettative future, con un focus sulla riconoscibilità e sulle caratteristiche distintive dei propri prodotti.
La ricerca, svolta nel corso del 2024, ha coinvolto un ampio campione di intervistati, suddivisi tra investitori retail, partner commerciali (banker e consulenti finanziari) e investitori istituzionali. In particolare, sono state svolte interviste raccolte tramite un web mailing (CAWI- Computer Assisted Web Interviewing) ad una rappresentanza di investitori retail, composta da un campione di clienti di Etica Sgr e uno di investitori italiani, mentre gli investitori istituzionali e i partner commerciali sono stati coinvolti con interviste qualitative one to one in profondità. Complessivamente, considerando tutti i target, sono state condotte 2.268 interviste.
La finanza sostenibile è un settore che ha conosciuto negli ultimi anni una crescita importante per volumi e diffusione, tuttavia la ricerca mette in luce il dilagare di un crescente scetticismo, che sembrerebbe aver indebolito la credibilità di questi prodotti e delle Società di gestione che li propongono. Se, da un lato, permangono preoccupazioni legate al rischio di greenwashing e alla trasparenza dei criteri di selezione degli investimenti, dall’altro gli investimenti sostenibili e responsabili sono concepiti come strumenti utili ai fini di diversificazione ed in prospettiva i collocatori e i clienti istituzionali prevedono che questo segmento di mercato continuerà a crescere.
Per quanto riguarda l’interesse nei vari ambiti ESG (ambiente, sociale e governance), gli investitori istituzionali prevedono una crescente attenzione alla governance, vista come garanzia di solidità aziendale, mentre l’ambito ambientale, più visibile e misurabile rispetto alla sfera sociale, continuerà a mantenere un ruolo centrale.
Il segmento retail mostra una conoscenza ancora limitata degli investimenti sostenibili, ma tra i clienti di Etica Sgr emerge una maggiore consapevolezza e un orientamento più convinto verso questa tipologia di investimenti.
I clienti di Etica Sgr riconoscono nella società un player che si distingue per il suo impegno autentico nella sostenibilità, adottando criteri rigorosi nelle scelte di investimento e producendo rendicontazioni di qualità sull’impatto ESG. Nella scelta di un prodotto di investimento, per i clienti di Etica Sgr risultano, infatti, fondamentali la chiarezza delle informazioni, la reputazione della società, il rischio e la sostenibilità.
Nel mercato retail, il marchio Etica Sgr continua a guadagnare riconoscibilità. Un investitore su quattro conosce o ha sentito nominare il brand, dato in aumento rispetto a quanto registrato nella precedente indagine del 2021. Anche la soddisfazione della clientela si conferma elevata: l’88% degli intervistati si dichiara soddisfatto dei fondi sottoscritti, in linea con i risultati della precedente indagine. Inoltre, l’87% dei clienti consiglierebbe Etica Sgr e quasi il 70% si è dichiarato intenzionato ad aumentare la quota dei propri investimenti in Etica Sgr.
Dai collocatori Etica Sgr è riconosciuta come pioniera in questo mercato ed è percepita come autentica, credibile e coerente nella sua mission dalla maggior parte degli intervistati. Il rigore è un elemento distintivo e apprezzato, non solo nella selezione dei titoli, ma anche nel monitoraggio delle aziende e nell’engagement:
“Questi risultati confermano il ruolo di Etica Sgr come punto di riferimento nella finanza etica e come player di mercato serio, autentico e rigoroso” dichiara Luca Mattiazzi, Direttore Generale di Etica Sgr “Questo approccio ci distingue nel panorama italiano e ci ha permesso di costruire una relazione di fiducia con i nostri clienti e con gli operatori del settore. In questa delicata fase storica, segnata dalla corsa al riarmo, anche nucleare, e dall’abbandono degli impegni per il clima e l’ambiente da parte di molte istituzioni, questo alto livello di soddisfazione rappresenta per noi una conferma importante: la strada intrapresa è quella giusta.
Continueremo a percorrerla con determinazione, mettendo al centro la tutela del pianeta, i diritti umani e la promozione della pace, rafforzando al contempo l’offerta di prodotti di finanza etica, in linea con il nuovo piano strategico”.
Fondazione Kon e Rondine lanciano l’ ‘Impresa di Pace’: nel numero speciale di Forbes Italia il racconto delle 32 aziende che hanno raccolto la sfida

La pace passa anche attraverso le aziende? E’ possibile guidare un’impresa facendo del dialogo e dei valori un terreno fondante sul quale costruire un approccio diverso all’economia? Lo assicurano i protagonisti del mondo imprenditoriale italiano, che già fanno di questo approccio una scelta di vita e di affari.
La pace si costruisce anche attraverso l’impresa. Questa la sfida lanciata da Francesco Ferragina, presidente della Fondazione Kon e di KON Group SpA ambassador di Rondine che condividendo i fondamenti del suo Metodo per la trasformazione del conflitto ha raccolto esperienze di valore di 32 aziende di diversi settori e dimensioni che, con il loro operato, dimostrano come il dialogo e la collaborazione possano tradursi in una vera e propria strategia di crescita e impatto sociale: esempi concreti di imprese che hanno scelto di essere protagoniste di questa rivoluzione, condividendo le loro esperienze e best practice in un’ottica di crescita collettiva. Un racconto a più voci accolto dal numero speciale che Forbes Italia in uscita oggi 10 aprile ha dedicato a un tema inedito e rivoluzionario: l’Impresa di Pace.
Questo numero speciale di Forbes Italia “non si limita a presentare una teoria – come anticipa Alessandro Rossi, Direttore editoriale, Forbes Italia nel suo editoriale – ma sviluppa un concetto che prende forma attraverso quattro articoli distinti e complementari, che gettano luce su un’idea capace di trasformare profondamente il nostro modo di intendere l’impresa, il conflitto, il valore economico e un nuovo modo di pensare la pace in un’epoca di grandi cambiamenti.
Introduce il volume l’articolo di Francesco Ferragina, Presidente della Fondazione Kon che, insieme al Vice-Presidente e al Consigliere delegato della stessa, ha contribuito alla realizzazione di questo numero. La Fondazione nasce dal desiderio di donare l’esperienza e le competenze tecniche dei professionisti della KON S.p.A. a beneficio di organizzazioni del Terzo Settore, permettendo lo scambio tra servizi e saperi e, soprattutto, offrendo tempo e risorse per generare un cambiamento sociale concreto.
“L’impresa è una comunità che interagisce con il mondo esterno e, per questo, ha il potenziale di influenzare profondamente il tessuto sociale – afferma Ferragina nel suo intervento. – Se vogliamo costruire un futuro sostenibile, dobbiamo diffondere la consapevolezza che Impresa e Pace sono due concetti strettamente connessi”. Il ruolo dell’impresa di pace diventa dunque cruciale, integrando obiettivi economici con valori etici e sociali per generare un impatto positivo e duraturo nelle comunità in cui opera.
L’iniziativa parte da una consapevolezza chiara: l’impresa non è solo un motore economico, ma anche un laboratorio di relazioni umane, un luogo in cui si può generare fiducia, innovazione e coesione sociale. Questa l’idea alla base dell’intervento di Franco Vaccari, Fondatore e Presidente di Rondine, che da oltre trent’anni forma leader provenienti da contesti di guerra, ‘nemici’ tra loro, promuovendo il Metodo Rondine per la trasformazione creativa dei conflitti: un metodo fondato sull’ascolto e sulla valorizzazione delle differenze che viene così applicato anche all’ecosistema aziendale, trasformando le imprese in veri e propri ‘habitat della fiducia’, dove il conflitto da ostacolo diventa risorsa per il cambiamento e la crescita condivisa.
Nel suo intervento, Vaccari delinea il profilo dell’ ‘imprenditore di pace’: un leader consapevole che sceglie di costruire la propria azienda come spazio generativo di fiducia, trasformando la gestione delle relazioni e dei conflitti in una leva strategica per il successo: “La pace non è assenza di guerra, ma un processo attivo che si realizza attraverso azioni quotidiane – scrive Vaccari –. Le imprese hanno il potere di rendere la pace un’esperienza viva e tangibile, radicata nel tessuto sociale ed economico”.
Una visione sostanziata dal contributo di Stefano Zamagni, economista di riferimento per l’economia civile il quale evidenzia nell’impresa di pace la capacità di rispondere alle esigenze di un’economia che guarda al futuro in una prospettiva di sviluppo sostenibile e umano, in cui profitto e bene comune non solo non si escludono, ma si sostengono a vicenda.
L’ultimo contributo quello di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per i problemi sociali e del lavoro, che affronta il tema della responsabilità della costruzione della pace e ricordando come l’enciclica Fratelli tutti, individui nell’attività degli imprenditori “una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti” definisce la pace come “frutto della capacità di pensarsi comunità di destino”.
Un progetto che ha ricevuto anche la benedizione del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che pure in un momento così difficile per la salute del Santo Padre, ha trovato il tempo di ricevere il gruppo degli ideatori del progetto e dedicare un pensiero alle Imprese di Pace.
Il percorso tracciato da Rondine si inserisce perfettamente nell’alveo dell’Economy of Francesco, l’iniziativa lanciata da Papa Francesco per promuovere un modello economico più giusto e sostenibile. L’”imprenditore di pace” diventa così il protagonista di un cambiamento necessario, un catalizzatore di innovazione che unisce etica e profitto per costruire un mondo più equo.
La collaborazione tra Rondine e Kon Group ha già portato a iniziative concrete, come l’inserimento del Premio “Imprese di Pace” all’interno dei Sustainability Awards, evento annuale che si svolge presso Borsa Italiana e premia le aziende più virtuose nel campo della sostenibilità. Quest’anno, per la prima volta, verrà riconosciuto il ruolo di quelle imprese che fanno della pace un valore fondante del proprio operato, adottando strategie e modelli di governance ispirati alla cultura del dialogo e della responsabilità sociale.
L’invito lanciato da Fondazione Kon e Rondine è chiaro: esplorare e approfondire il concetto di Impresa di Pace, affinché sempre più aziende possano accogliere questa sfida epocale e adottare l’approccio rivoluzionario di Rondine per contribuire attivamente a un futuro di pace e prosperità per tutti.
Si desidera ringraziare tutte le imprese che hanno deciso di mettersi in gioco per avviare un cambiamento rilevante:
ABOCA Massimo Mercati
ALMA Carla Casini
AUTOMHA Franco Togni
BANCA INVESTIS Stefano Vecchi
BARACLIT Luca Bernardini
BRUNELLO CUCINELLI Brunello Cucinelli
COMERIO Riccardo Comerio
EPTA Marco Nocivelli
EUSIDER Maria Anghileri
Cartotecnica FAVINI srl Eugenio Eger
GILARDONI Marco Gilardoni
GRAZIANO RICAMI Graziano Giordani
GREENENERGY Angelo Bruscino
GUNA Alessandro Pizzoccaro
I.CO.P. Piero Petrucco
ITALCER Graziano Verdi
ITALPREZIOSI Ivana Ciabatti
LUNELLI FERRARI SPUMANTI Matteo Lunelli
MELY’S MAGLIERIA Marco Sanarelli
OPEN-ES Stefano Fasani
SAPIO Maurizio Colombo
SAVIOLA Alessandro Saviola
SBS Sandro Storti
SESA S.p.A. Paola Castellacci
SODAI Marzia Chiesa
STARHOTELS Elisabetta Fabri
TAMPIERI Davide Tampieri
TRANSITALIA Luigi D’Auria
URBANI TARTUFI Olga Urbani
VENTIVE Roberto Sfoglietta
VGV Fabrizio Vicari
YAMAMAY Barbara Cimmino
La Carità guarda sempre avanti: il racconto di un’Assemblea che lascia il segno

Per la prima volta dopo decenni, l’Assemblea Interregionale Piemonte e Valle d’Aosta della Società di San Vincenzo De Paoli ha cambiato casa. Sabato 5 aprile, l’incontro non si è svolto tra i pini di Villa Lascaris, a Pianezza, ma tra le cime ancora imbiancate della Valle d’Aosta, nel suggestivo Priorato di Saint-Pierre. Eppure, lo spirito vincenziano, quello autentico, ha viaggiato con noi. Anzi, ha trovato nuova linfa proprio nel cammino.
Una scelta non casuale. Da quest’anno, infatti, l’Assemblea si fa itinerante: un modo per calarsi (letteralmente) nei territori dove la nostra azione prende vita ogni giorno. Perché il carisma vincenziano non è statico, ma si muove, visita, raggiunge. Come insegna la visita a domicilio, che da sempre è il cuore pulsante del nostro servizio. E come ci ricorda papa Francesco, siamo una Chiesa in uscita. Ora più che mai.
L’edizione 2025, rinnovata nella formula e potenziata nei contenuti, ha registrato oltre cento presenze. Una risposta che parla chiaro: c’era sete di confronto, voglia di tornare a guardarsi negli occhi, fame di storie vere.
Storie come quella di Pier Giorgio Frassati, che proprio a Saint-Pierre ha inaugurato il suo tour attraverso la mostra itinerante a lui dedicata. Otto pannelli, immagini che colpiscono al cuore, documenti rari, come quel biglietto scarabocchiato sul letto di morte: ‘Le iniezioni sono di Converso. La polizza è di Sappa, rinnovala tu a mio nome’. Un gesto piccolo, immenso, che racconta di un giovane già santo nello spirito, che anche morente pensava a ‘quei poveri’ affidati a lui dalla Società di San Vincenzo De Paoli.
Ad aprire l’Assemblea il Vescovo di Aosta e Presidente della Conferenza Episcopale Piemontese Mons. Franco Lovignana, che ha benedetto la mostra ed ha partecipato all’inaugurazione ufficiale. Nel suo discorso il Vescovo ha sottolineato come proprio il carisma che deriva dai fondatori della Società di San Vincenzo De Paoli caratterizzi la particolare vocazione a prendersi cura di chi soffre con un particolare slancio di prossimità. Mons. Lovignana si è poi soffermato sulla funzione della presenza Vincenziana nel territorio incitando soci e volontari a rinnovare costantemente il proprio impegno al servizio degli ultimi nella speranza.
Un concetto ripreso anche da Paola Da Ros, Presidente della Federazione Nazionale Italiana, che ha riportato al centro l’essenza della nostra missione: non solo aiuti economici, ma ascolto, accompagnamento, promozione della persona. Solo così l’intervento diventa risolutivo, solo così costruiamo ponti solidi. La Presidente ha parlato anche di una San Vincenzo dal respiro internazionale, con un ruolo consultivo all’ONU, progetti nei cinque continenti, e una rete pronta a sostenere ogni volontario, ovunque operi.
Tra i momenti più toccanti, l’intervento di Antonella Caldart, Responsabile del Settore Carcere e Devianza, che ha presentato l’impegno della San Vincenzo nel mondo delle carceri. Dalla XVIII edizione del Premio Carlo Castelli ai nuovi progetti che coinvolgono scuole e società civile, fino agli accordi con il Ministero della Giustizia per offrire lavori di pubblica utilità agli ammessi alla prova. Perché la Carità, quella vera, non dimentica nessuno. E sa guardare oltre la colpa, per riscoprire la persona.
Rossana Ruggiero, intervistata dalla collega Genny Perron, ha portato le parole e le immagini forti del suo fotolibro ‘I Volti della povertà in Carcere’, editrice EDB, realizzato con Matteo Pernaselci, fotografo. Insieme a lei è intervenuto don Nicola Corigliano, cappellano del carcere di Aosta, e altri operatori del settore. Storie dure, sì. Ma vere. E proprio per questo capaci di scuotere e farci agire.
Anche suor Carmela Busia ed Alessandro Ginotta, organizzatore dell’evento e Caporedattore della Rivista ‘Le Conferenze di Ozanam’ hanno offerto qualche riflessione su Pier Giorgio Frassati, condividendo aneddoti e testimonianze che lo rendono ancora oggi modello di carità concreta e gioiosa. Un ‘santo con gli scarponi’ direbbe qualcuno. Noi preferiamo “il santo dei giovani”, o, come lo definì san Giovanni Paolo II, ‘l’uomo delle otto beatitudini’. Ma soprattutto, un vincenziano fino alla fine.
Il Coordinatore Interregionale Federico Violo ha dato voce a un intervento appassionato, richiamando tutti noi a non fermarci, a continuare ad agire, a sognare la pace e lavorare per costruirla, un gesto alla volta. “Ricordiamo lo sguardo rivolto alla bellezza ed alla trascendenza della natura e del Creato seguendo l’esempio e la vivificante testimonianza di San Giovanni Paolo II. Camminiamo un passo dopo l’altro, verso gli altri o, come direbbe Pier Giorgio Frassati, verso l’Alto”, ha concluso Federico Violo”.
Arturo Castellani, Presidente del Consiglio Centrale di Aosta e padrone di casa, ha lanciato un invito forte ai volontari valdostani: serve un impegno che superi i confini della parrocchia, che si faccia rete, progetto, sistema. Solo così possiamo offrire risposte vere ai bisogni di oggi. La giornata si è arricchita anche di un prezioso momento spirituale guidato da padre Giovanni Burdese, nostro Consigliere Spirituale: “Con l’enciclica ‘Dilexit Nos’ ci ha condotti nel cuore del volontariato cristiano, quello che nasce dall’amore ricevuto e si fa amore donato”.
La giornata, che non si è limitata a raccontare ciò che siamo, ha tracciato con chiarezza ciò che vogliamo diventare. Perché la Carità, quella vera, guarda sempre avanti. E non si ferma mai. In conclusione è stata celebrata la Santa Messa.
(Foto: Società San Vincenzo de’ Paoli)
Cei per la giornata dell’Università Cattolica: ‘Università, laboratorio di speranza’

“Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé…Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza”: inizia con uno spunto della lettera della bolla giubilare di papa Francesco, ‘Spes non confundit’, il messaggio dei vescovi italiani, intitolato ‘Università: laboratorio di speranza’, in occasione della 101 giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore che si celebrerà domenica 4 maggio.
Nel messaggio i vescovi sottolineano la necessità della speranza: “Di speranza, infatti, abbiamo particolarmente bisogno di fronte a scenari incerti e, per alcuni versi, davvero drammatici. Ci preoccupano il quadro politico ed economico gravato da tensioni e incertezze, i conflitti che non sembrano trovare via di soluzione, i ritardi nell’attuazione di uno sviluppo sostenibile in grado di custodire la casa comune e di sviluppare accoglienza e solidarietà di fronte ai crescenti flussi migratori. Sono solo alcune delle situazioni dentro cui si gioca la vita di ciascuno, spesso segnata da non minori preoccupazioni personali e sociali legate alla fragilità delle relazioni familiari e ai rapporti intergenerazionali, alla precarietà nel campo del lavoro e alle incertezze rispetto al futuro”.
E l’Università Cattolica è chiamata a dar ragione della speranza: “Non servono speranze effimere e illusorie, purtroppo ampiamente veicolate da una cultura che privilegia le banalità ed esalta l’apparenza, ma visioni di ampio respiro e prospettive solide… Il tema scelto, ‘Università, laboratorio di speranza’, pone in evidenza come in un contesto così difficile il mondo accademico sia chiamato a farsi interprete dell’anelito alla speranza che è proprio delle nuove generazioni… L’Università Cattolica del Sacro Cuore, alla luce della sua storia e della sua peculiare missione, è chiamata a farsi interprete coraggiosa e creativa di questo invito, rafforzando e ampliando il suo impegno a servizio della formazione umana, professionale e spirituale degli universitari”.
Riflettendo sull’enciclica ‘Dilexit nos’ i vescovi ribadiscono le ‘ragioni’ del cuore: “Il primo luogo dove la speranza può essere coltivata e deve crescere è il cuore dell’essere umano. Non a caso l’Ateneo è stato affidato dai fondatori alla custodia del Sacro Cuore. Dobbiamo riscoprire il significato profondo e sempre attuale di questa dedicazione che oggi risalta in modo ancora più fulgido grazie alla Lettera enciclica di papa Francesco ‘Dilexit nos’ dedicata proprio al valore spirituale, culturale e sociale del Cuore di Cristo… Cercando la verità attraverso tutte le vie del sapere e ponendo sempre al centro dell’attività accademica l’attenzione alla dignità di ogni essere umano, l’Università Cattolica continua ad offrire il suo peculiare contributo alla formazione di personalità che siano in grado di dare senso compiuto alla propria esistenza e di mettersi con competenza e generosità a servizio del bene comune”.
Però per essere ‘faro di speranza’ è necessario che l’università attui processi di innovazione: “Per dare piena attuazione a questa ‘impresa educativa’ l’Ateneo dei cattolici italiani deve affrontare anche importanti processi di innovazione e di ampliamento in tutti gli ambiti: dall’offerta formativa ai nuovi campi di ricerca fino agli orizzonti sempre più vasti di quella che viene definita ‘terza missione’, ovvero tutte le attività con cui l’Università interagisce con la società”.
Infine una particolare attenzione da parte dell’Università Cattolica al continente africano: “I già numerosi progetti di collaborazione a livello accademico, culturale e sociale, troveranno così ancora più organicità e potranno rappresentare un ulteriore ‘volano di speranza’ per un Continente, tanto martoriato quanto ricco di risorse e potenzialità. L’Ateneo assume così un volto ancora più solidale nell’esplicitazione di quella terza missione che a ben vedere è l’anima vera e il principio ispiratore delle altre due: la didattica e la ricerca”.
Per questo è necessario che l’Università Cattolica diventi sempre più ‘laboratorio di speranza’: “Per essere all’altezza di queste grandi sfide l’Ateneo non può che essere sempre più un ‘laboratorio di speranza’ misurandosi con i grandi cambiamenti in atto, soprattutto sul versante della ricerca scientifica e tecnologica, delle innovazioni legate all’intelligenza artificiale e delle grandi questioni sociali affinché, contro la spinta al riarmo e alla contrapposizione tra le nazioni, si sviluppino relazioni giuste, fraterne e pacifiche”.
(Foto: Università Cattolica)