Vangeli festivi
XXVI Domenica Tempo Ordinario: Dio ama tutti! Vivere è amare, diffondere il bene!
Gesù invita a stimare il bene da qualunque parte esso provenga. Il vangelo è contro ogni meschinità di spirito, apre il cuore al generoso soccorso, la mente al rispetto degli altri. Gli Apostoli, ancora ingenui, dicono a Gesù: abbiamo visto un tale non dei nostri che scacciava i demoni nel nome tuo e glielo abbiamo proibito; gli Apostoli forse si aspettavano una lode da Gesù ma questi deplora la loro iniziativa dicendo: ‘non c’è nessuno che faccia un miracolo nel nome mio e subito parla male di me’ ed afferma: ‘chi non è contro di noi è per noi’.
L’uomo spesso è esclusivista e manicheo; Dio invece è il padre di tutti e anche noi in ogni uomo siamo chiamati a riconoscere il volto stesso di Gesù senza richiedere certificato di Battesimo; la tentazione porta spesso a dividere e suddividere gli altri in caste chiuse; la Chiesa in nome di Dio nulla rigetta di quello che trova di valido, di bello, di vero negli altri. Dio vuole tutti salvi e in ognuno c’è sempre un anelito alla verità, alla ricerca di Dio.
Lo Spirito santo soffia sempre dove e quando vuole: non esistono privilegiati ed esclusi, anzi Gesù si presenta come il buon Pastore che cerca la pecorella smarrita. Nella storia della Chiesa i Padri (filosofi e teologi) rivalutarono anche la filosofia antica e quanto proveniva dal paganesimo, sicuri che la verità è unica e quanti cercano la verità e si sforzano di perseguirla sono solo da ammirare. La mente umana è sempre limitata e circoscritta, non riesce a cogliere la verità nella sua interezza perchè la Verità è Dio; da qui la necessità della rivelazione operata da Gesù perchè solo la verità ci rende liberi.
Il seme della parola di Dio si deve diffondere e quanti sono nella verità non devono essere gelosi quando lo Spirito Santo coinvolge anche gli altri: nè gelosi nè dare scandalo. Il cristiano deve essere l’uomo del dialogo, sempre pronto ad ascoltare gli altri e riconoscere il bene che c’è in ciascuno. Non esistono buoni e cattivi, Dio ha creato l’uomo con la sua capacità di conoscere e amare. Compito del discepolo di Gesù è apprezzare l’uomo, creato ad immagine di Dio, e i talenti e i carismi che lo stesso Dio ha conferito ad ognuno di essi.
Non estinguere mai l’azione dello Spirito santo che opera negli altri fratelli; collaborare anzi con l’esempio, la predicazione, l’annuncio della verità di Dio. Da qui la parole di Gesù: guai a chi darà scandalo a quanti non sono consolidati nella verità di Dio. Il termine ‘scandalo’ nel linguaggio biblico ha due significati fondamentali: inciampo e ostacolo: lo scandalo porta sempre fuori strada e conduce solo al peccato e alla geenna eterna (inferno); scandalo è anche ostacolo o muro che impedisce di andare avanti, di crescere nella fede e nell’amore e, come conseguenza, chiude la porta del Regno dei cieli.
Da qui le parole drastiche di Gesù riguardo a chi dà scandalo: ‘E’ meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare’. Guai, dirà Gesù, al mondo per gli scandali. Se ti è cara un’amicizia che mette in pericolo la tua fede, troncala! Il cristianesimo non è una religione per i pavidi, per i deboli, per i poveri di spirito ma è la religione dei forti: vincere un avversario è una cosa che alletta; vincere se stesso è da eroe: sei chiamato ad essere un vero eroe per il Regno dei cieli.
Finché rimani un indeciso, non sarai mai un vero cristiano, vero discepolo di Cristo Gesù che è salito a Gerusalemme ed è morto in croce per salvare l’uomo. Vivere nella luce di Cristo, realizzare il messaggio di amore offerto da Cristo Gesù non significa rinunciare a vivere ma liberarsi dalle ombre; non è rinnegare la propria intelligenza, la volontà, l’azione, l’abilità ma accumulare ed accrescere le vere ricchezze che ci accompagnano nell’eternità.
L’umiltà del servizio rimane la via valida indicata da Cristo Gesù per essere nel mondo lievito buono che fa fermentare l’umanità e la fraternità. Forse è il momento di porci una domanda: che cosa concretamente Gesù vuole che io tagli nella mia vita perchè contrasta con il Vangelo? La Santissima Vergine Immacolata, madre nostra cara, ci aiuti ad essere sempre accoglienti verso gli altri e vigilanti su noi stessi.
XXV domenica del Tempo Ordinario: autorità come servizio
Nel brano del Vangelo mentre si descrive il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, itinerario non solo geografico ma spirituale, Gesù per la seconda volta annuncia ai suoi discepoli la imminente Pasqua di passione, morte e risurrezione. La rivelazione che Gesù fa ai suoi discepoli è la via inattesa attraverso la quale egli realizzerà la sua missione salvifica ‘quando sarò innalzato tra la terra e il cielo io attirerò tutto a me’; discorso assai duro che gli apostoli cercano di sviare pensando ad un altro tipo di regno che Gesù sarebbe venuto ad instaurare e discutono tra di loro sul ruolo futuro di ciascuno di essi in questo nuovo regno.
Gesù parla di passione e morte, i dodici discutono invece chi dovrà occupare il primo posto in questo regno. Gesù si pone così ad una distanza abissale dai suoi discepoli: ‘se uno vuole essere il primo sia il servo’, e, come se ciò non bastasse, aggiunge ‘sia servo di tutti’ e con l’immagine del bambino evidenzia loro le virtù proprie del discepolo di Cristo: fiducia e umiltà. Propone un bambino come modello del credente. Il bambino non conosce né filosofia né teologia; è il più disarmato ed indifeso ma conosce bene la fiducia e si abbandona sicuro tra le braccia del papà o della mamma.
In questo Regno che Cristo dovrà instaurare il valore di una persona non dipende dal ruolo che ricopre ma si misura sul servizio che rende: non su quello che si ha, ma su quello che si dà. Vuoi primeggiare?, comincia a servire. La nostra fedeltà al Signore si misura dalla nostra disponibilità a servire. I discepoli mostrano di non essere ancora preparati a recepire questo messaggio rivoluzionario che parla di spirito di rinuncia e di sacrificio. Ecco perchè, laddove Gesù parla della sua passione e morte, essi appaiono presi da altri pensieri: chi sarà il primo nel regno di Gesù?, quali compiti, onori, governo avrà ciascuno di noi?
Due logiche, due processi mentali (quello di Gesù e quello degli apostoli) diametralmente opposti. Arrivati a destinazione e fermatisi, questa volta è Gesù ad interrogarli: di che cosa parlavate lungo la strada?, quale l’oggetto del vostro conversare? Domande che sono un richiamo, un rimprovero, un volere evidenziare ai suoi che stavano viaggiando su aree diametralmente opposte. E Gesù scende al pratico, al concreto: prende un bambino e dice ai suoi discepoli: se non diventate come questo bimbo non entrerete nel regno dei cieli.
Nasce spontanea una domanda: è un male volere primeggiare, sforzarsi di essere il primo? Certamente è un desiderio innato in ciascuno di noi emulare gli altri; adoperarsi a sviluppare il proprio essere, le proprie capacità, i doni e i talenti ricevuti da Dio per assestarsi ai primi posti. Questo è proprio della natura umana ed è voluto da Dio. Gesù non è contrario quando l’uomo cerca di realizzare i desideri innati, né allo sforzo di arrivare al primo posto; ciò che invece cambia è la motivazione: essere il primo per meglio aiutare gli altri e se stesso, questa è la vera grandezza.
Il Vangelo ci ricorda l’episodio di quella donna, la madre dei figli di Zebedeo, che prega Gesù onde i suoi figli possano sedere nel regno uno a destra, l’altro a sinistra: povera donna, non sapeva ciò che stava chiedendo. Gli apostoli, credendo imminente l’inaugurazione del regno, si candidano per i primi posti. La risposta di Gesù è di tutt’altro tenore: prende un bambino, lo mette in mezzo ed abbracciandolo dice: chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me.
‘Voi mi chiamate, dirà Gesù, signore e maestro ed io vi ho lavato i piedi; vi ho dato l’esempio: come ho fatto io , fate voi’, ecco la vera grandezza. La vera grandezza o autorità non consiste nel primeggiare, nello spadroneggiare sugli altri, nell’affermare se stessi e rendere schiavi o sottomessi gli altri; ma vera grandezza è mettere a fuoco i talenti ricevuti da Dio a beneficio di chi è meno dotato. Si ha così un rovesciamento dal concetto di autorità, del potere, del governo. Governare è servire; servire è amare come Gesù che ha dato la vita, è morto in croce per salvare l’uomo e riconciliare il cielo e la terra.
Amico che ascolti, se sei discepolo di Cristo devi persuaderti che il tuo lavoro, la tua intelligenza, il tuo cuore non è per te ma è per gli altri; ogni autorità è una paternità ed essere padre significa amore e sacrificio. L’autorità, diceva uno scrittore, non è una poltrona ma un timone; non è un titolo di nobiltà ma di responsabilità; non è un bastone ma una croce.
E’ necessario allora rivedere il programma della vita: se vuoi essere felice devi diventare come il bambino, che è felice solo tra le braccia del papà o della mamma; è necessario ridestare il “fanciullo che dorme dentro ciascuno di noi”, riamare la bontà e l’innocenza ed ancora una volta rivolgersi a Dio invocando: “Padre nostro che sei nei cieli”. La Vergine Maria ci aiuti a comprendere che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
XXIV Domenica del Tempo Ordinario: Gesù, Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo!
Il brano del Vangelo ci offre la vera dimensione spirituale e sacramentale del Cristo. Essere discepoli del Cristo faceva sognare fama e potere, regno e possibilità di diventare i veri protagonisti dell’era nuova annunziata dai profeti e segnata dalla liberazione della Palestina. Basta pensare ai due discepoli di Emmaus che se ne andavano tristi, dopo la passione e morte di Gesù, perchè le attese sembravano a loro ormai svanite nel nulla. Gesù non vuole nè illudere nè deludere; un giorno lungo il cammino pone ai Dodici una duplice domanda: quale opinione si è formata la gente di Me?; Voi cosa pensate di me?
La prima domanda riguarda l’opinione della gente; la risposta è molteplice tutti pensano che sei un inviato da Dio, un profeta come uno dei più grandi profeti. Alla seconda domanda risponde Pietro a nome di tutti: ‘Tu sei il Cristo, il Messia atteso’ non perciò solo un profeta. Gesù impone severamente ai presenti di non parlare di Lui a nessuno perchè non era ancora il tempo; per adempiere la sua missione era necessario affrontare la violenza dei capi del popolo, morire in croce e poi risorgere.
Dal dialogo tra Gesù e i suoi discepoli emerge la vera immagine messianica di Cristo che aveva spinto gli stessi Apostoli a lasciare tutto per seguirlo. Oggi Gesù potrebbe rivolgere a ciascuno di noi la stessa domanda: Tu chi dici che io sia? o Chi sono Io per te? Ognuno di noi è chiamato a rispondere.
Siamo suoi veri discepoli se in noi c’è umiltà e amore; Gesù ci ricorda che per essere suoi veri discepoli è necessario rinnegare se stessi: ‘chi vorrà salvare la propria vita, la perderà’ la felicità vera la troveremo quando l’amore vero ci sorprende e ci cambia riscoprendo la nostra missione di fratelli tra di noi e di figli di Dio, tanto da invocare Dio dicendo: ‘Padre nostro che sei nei cieli’.
Gesù non è solamente quel Messia dolce, arrendevole, buono con tutti dinanzi al quale i ciechi vedono, i muti parlano, i morti risuscitano e con cinque pani e pochi pesci sfama una moltitudine di 5.000 persone; Egli è il Messia che dà la vita per salvare gli uomini, Egli dovrà morire in croce e risuscitare il terzo giorno per realizzare il regno di Dio: regno di giustizia e di amore.
Egli è il ‘servo sofferente’ che insegna a tutti: ‘Chi vuole essere mio discepolo prenda la croce e mi segua’. Le idee errate portano anche ad un Gesù ‘superstar’, affascinante, grandioso ma sempre uomo in mezzo agli uomini; è necessario invece pensare a Gesù alla maniera di Dio e non secondo gli uomini.
La vera fede prepara il discepolo ad essere un vero discepolo di Cristo risorto perchè vero Dio e vero uomo. Da qui il rimprovero di Gesù a Pietro, che vorrebbe distorglielo dalla sua missione: ‘Vai dietro a me, Satana, tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini’. Seguire Cristo è facile se vogliamo vedere Gesù solo quando accarezza i bambini o compie prodigi; è difficile se vogliamo coglierlo in tutta la sua missione salvifica.
E’ difficile ma non impossibile: la prima radicale vittoria che Gesù impone è quella su se stessi: vincere la superbia, l’orgoglio, sconfiggere le false attese perchè trionfi l’amore. Per realizzare il progetto messianico c’è una sola strada: ascoltare Cristo ed innestarsi a Lui con il Battesimo. Questo avvenimento di grazia cancella tutte le divisioni etnico-religiose, le discriminazioni dovute alle diverse condizioni sociali, alla razza, al sesso: ‘Non c’è più giudeo nè greco, nè schiavo nè libero, nè uomo nè donna perchè tutti siamo uno in Cristo Gesù’.
Gesù ha realizzato questa unità con il sacrificio della croce, morendo in croce ‘per radunare insieme nell’unità i suoi figli dispersi’. La vergine Maria, madre di Gesù e nostra, che ha vissuto la fede seguendo il suo Figlio Gesù, aiuti anche noi a camminare sulla strada tracciata da Cristo Gesù amando Dio e i Fratelli.
‘Effatà, apriti’: Gesù e il sordomuto
L’episodio del Vangelo è assai semplice e pregno di insegnamenti. Riporta la guarigione operata da Gesù in favore di un sordomuto. Davanti alla sofferenza che affligge l’uomo, Gesù si commuove e rivela la sua grande misericordia. Alcune persone avevano condotto davanti a Gesù un sordomuto pregandolo di imporle le mani e guarirlo. Gesù lo prende in disparte, lontano dalla folla, gli tocca con un dito la bocca e gli orecchi e dice: ‘Effatà, cioè apriti’ e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della lingua e sentiva e parlava correttamente.
La buona Notizia che Gesù evidenzia e rivela alla folla è la sua divinità. Egli è uomo ed anche Dio, reso visibile agli occhi di tutti. Come aveva predetto il profeta Isaia, Egli a ragione dice “agli smarriti di cuore: coraggio, non temete; ecco il vostro Dio”. Un miracolo che ha lo sfondo catechistico e battesimale. Gesù restituisce a quell’uomo il dono di sentire e parlare, la sua vera dignità di persona umana.
Gesù premia la fede di chi è ricorso a Lui; Egli non è un guaritore che si aggira tra la folla per farsi pubblicità, ma è Dio che si aggira tra la folla con un programma di azione ben preciso: aprire le porte del regno dei cieli. Così un giorno davanti ad un paralitico, relegato da venti anni in un letto, dirà: ‘amico, ti sono rimessi i peccati’. Gli Scribi e i Farisei presenti alle parole di Gesù erano rimasti trasecolati perchè solo Dio può rimettere i peccati.
Gesù leggendo i loro pensieri interviene dicendo: cosa è più facile dire al paralitico: ‘Ti sono rimessi i peccati? oppure alzati, prendi il tuo lettuccio e vai a casa?’ Due cose che solo Dio può fare e che evidenziano la sua potenza divina. Gesù conclude dicendo al paralitico: ‘Alzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua’. In forza del nostro Battesimo anche noi ci siamo innestati a Cristo e preghiamo Dio dicendo: ‘Padre nostro, che sei nei cieli’. Gesù ancora oggi ripete a noi. ‘Effata!’: aprite gli orecchi per ascoltare la parola di Dio, la Verità di Dio che vi fa liberi e vi restituisce l’abito bianco, l’abito della purezza.
E’ necessario però avere fede, una Fede viva in Dio come quella di Abramo o come quella di Maria che disse il suo ‘sì’ all’Angelo e il Verbo si fece carne.. Il Battesimo apre la via alla comunione con Cristo Gesù che conferisce la vita, la vera vita; il Battesimo è infetti quel dono mirabile di Dio, che deve essere accolto e vissuto; il dono dell’amicizia che implica da parte nostra un ‘sì’ alla vita ed un ‘no’ a quanto non è compatibile con l’amicizia con Dio.
Il nostro ‘no’ deve essere articolato con la rinuncia a satana e l’adesione a Cristo Salvatore, morto e risorto e sempre presente nella Eucaristia sotto l’apparenza del pane e del vino. Un Dio sempre presente nella nostra vita che segna la strada da percorrere e conferisce gli aiuti necessari per vivere la comunione con Dio e i fratelli.
Un ‘sì’ che si esprime concretamente con l’osservanza dei comandamenti. ‘Effata’, cioè apriti, e sii uomo, abbandona l’uomo vecchio; inizia il tuo nuovo cammino nella Fede e nell’Amore. La Vergine Maria, sempre aperta all’ascolto della parola di Dio, ci aiuti ogni giorno ad ascoltare suo Figlio nel Vangelo e a camminare sulla giusta strada.
XXII Domenica Tempo Ordinario: religione vera è la ‘Parola’ scevra da ipocrisia!
La Religione, dal verbo ‘religo’ indica il legame tra l’uomo e Dio. Tale legame può essere naturale o soprannaturale; è naturale se è frutto dell’intelligenza umana e si identifica con la coscienza che è la voce di Dio in noi; è soprannaturale se proviene direttamente da Dio attraverso la rivelazione. Il termine ‘Parola’ o ‘Verbum’ indica il Verbo eterno o la Verità di Dio comunicata all’uomo. E’ la verità che proviene dal cielo ed arriva al cuore dell’uomo; è la verità voluta da Cristo Gesù, quella che ci rende veramente liberi, ci fa essere uomini veri senza ipocrisia.
Chi ha fede e crede in Dio sa bene che è proprio così che Dio vuole essere riamato e servito: ‘E’ meglio, diceva Ignazio d’Antiochia, essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo’. ‘E’ meglio, scrive Papa Francesco, essere atei che cristiani ipocriti: il vero cristiano proclama e garantisce sempre la dignità di ogni essere umano’. Purtroppo lungo i secoli l’insegnamento divino dagli uomini è stato travisato perché imbevuto da ipocrisia. Contro questa ipocrisia si leva Gesù nel Vangelo di oggi e ne evidenzia i tratti essenziali.
‘Accogliete con docilità, scrive l’apostolo Giacomo, la Parola di dio che è stata seminata in voi’, evidenziando che la parola di Dio è la verità che ci rende liberi, è l’insegnamento che mira alla conversione del cuore. Gesù ha parole chiare contro ogni ipocrisia farisaica che finiva con lo svalutare l’insegnamento di Dio privilegiando le tradizioni degli uomini.
I precetti farisaici riducevano la religione ed una serie di riti esteriori, cerimonie, prescrizioni legali, circostanze esteriori in sé e per sé buoni, importanti ed apprezzabili agli occhi degli uomini ma non miravano alla conversione del cuore, si fermavano solo alla pura esteriorità e non andavano mai all’essenziale voluta da Dio: umiltà e fede, amore verso Dio e i fratelli. Da qui il rimprovero di Gesù nel vangelo contro il fariseismo e la pura esteriorità dell’atto religioso: non è l’esterno che conta davanti a Dio ma soprattutto l’interno, il cuore.
Dal di dentro, infatti, dal cuore dell’uomo escono i propositi di ogni male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, maltrattamenti, invidia, calunnia, superbia e stoltezza; non preoccuparti, dice perciò Gesù, di quello che metti in bocca (se è puro o impuro), preoccupati invece di quello che esce dalla bocca perché proviene dal cuore: se il tuo cuore è pulito, da esso verranno fuori solo azioni sagge all’insegna dell’umiltà, dolcezza, perdono, amore.
Odio ed amore nascono dal cuore dell’uomo. Se vuoi cambiare la società, cambia il tuo cuore; se vuoi operare una vera riforma comincia con il riformare te stesso. La Nuova Evangelizzazione tende a creare e diffondere un cristianesimo maturo e responsabile, che non porta ad essere schiavi delle tradizioni delle genti. Verso Dio bisogna muovere il passo con umiltà e amore.
Religione vera ed autentica è quella che coinvolge l’uomo nella totalità del suo essere e ci pone a contatto con Dio, ci collega a lui tramite i canali offerti dalla stessa divinità: coscienza e ragione, la rivelazione dell’Antico e Nuovo Testamento. La legge divina non mira mai a schiavizzare o mortificare l’uomo, ma promuove sempre e solo la dignità della persona umana.
Gesù non annulla né disprezza la legge di Mosè; Egli è contro il legalismo, ma è per la legge; per una legge che abbraccia tutti i comandamenti anche quelli minimi. La legge di Dio era e rimane santa, questa legge però resta inefficace sino a quando il cuore dell’uomo resta succube del peccato Gesù ha sanato il male facendo dell’uomo una nuova creatura, capace di rispondere agli appelli del Signore. Dio vuole il cuore sempre puro perché è da esso che scaturiscono pensieri ed azione buone. La specialità del cristianesimo: chi adora Dio deve adorarlo in spirito e verità.
XXI Domenica Tempo Ordinario: Signore, tu hai parole di vita eterna!
Il Vangelo descrive la reazione della folla e di alcuni discepoli di Gesù al discorso a Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani: ‘Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane avrà la vita eterna’. La folla rispose a Gesù. ‘Questo linguaggio è duro’; cioè incomprensibile, inaccettabile! Chi può intenderlo? La risposta di Gesù è assai ferma: ‘Questo vi scandalizza? Allora se vedeste il figlio dell’uomo salire là dov’era prima?’
Per la folla il linguaggio è duro sia per l’intelligenza, che non riesce a cogliere il grande mistero dell’Eucaristia; sia per la volontà del popolo che non intendeva accogliere Gesù come Figlio di Dio. Gesù non cambia anzi ribadisce: il mio corpo è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda. L’Eucaristia è il grande mistero dell’amore di Dio: un amore incommensurabile, vero, gratuito e l’uomo, dinnanzi ad esso, non può rimanere passivo; il monologo deve diventare dialogo o, come si dice: amore con amore si paga.
L’uomo è chiamato a dare una risposta; è necessario operare una scelta: o accettare la proposta divina o andare via. Il Vangelo evidenzia che molti andarono via, Gesù non si scompone anzi dice ai dodici: se volete, potete andare via anche voi. Nella vita ogni uomo , ricco o povero, ignorante o dotto, è chiamato nella vita a fare la sua scelta nel nome di Dio; come Cristo Gesù ha amato la Chiesa dando la vita per essa, così nella famiglia lo sposa per la sposa e viceversa; sono scelte fondamentali.
La vita non è e non può essere uno scherzo; è quanto di bello, di nobile Dio ha realizzato prima con la creazione, poi con la redenzione operata da Gesù, che è morto in croce per salvarci, ed ha istituito l’Eucaristia come cibo e nutrimento dell’anima per la vita eterna.
Accettare la proposta di Gesù è entusiasmante per chi ha fede. Gesù conosce bene l’esigenza del cuore umano, la debolezza dell’uomo e perciò il bisogno di una scelta generosa, di un ‘sì’ che coinvolga il credere e l’operare, l’intelligenza e la volontà. Da qui le parole di Gesù agli apostoli: scegliete! Volete restare e rimanere con me o andarvene? I dodici rimasero e Pietro, a nome di tutti, disse. ‘Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna’.
Anche se il discorso di Gesù appare duro, non ammette eccezioni, gli Apostoli hanno operato la propria scelta. Il tema della scelta oggi interpella ciascuno di noi: essere cristiani comporta il diritto di invocare Dio ‘Padre nostro’; se Dio è padre, è necessario per noi vivere da figli, da fratelli tra di noi: non c’è alternativa. Non si può piegare un ginocchio davanti a Dio e l’altro davanti a Satana, al denaro, al gretto egoismo, al mero piacere per il piacere.
A Cafarnao i Discepoli scelsero Cristo ; noi, comunità cristiana, davanti all’Eucaristia dobbiamo operare la nostra scelta e rimanere fedeli alla scelta operata. Nella nostra scelta non può coesistere il doppio giuoco: nessuno può servire due padroni; con Dio non c’è compromesso, né doppio giuoco; Dio è Padre, che ti ama, e amore con amore si ripaga. Dio un giorno ci dirà: rendi conto della tua vita: cosa hai fatto della tua intelligenza? Della tua volontà? Dei carismi ricevuti e dei talenti a te affidati?
Come verdi il processo ci sarà e sarà inevitabile. Non importa quello che dice la gente, o l’amico, o l’ammiratore; Gesù non giudica per sentito dire ma sarà la mia, la tua coscienza a dover rispondere. Amico che ascolti o leggi, è necessario essere uomini ricolmi di fede e di umiltà, come Maria, e con l’apostolo Pietro dire: ‘Signore, tu solo hai parole di vita eterna! Ma tu, Signore, sostieni sempre la mia fede’.
XX Domenica Tempo Ordinario: tutti invitati al grande banchetto della vita!
Il tema della Liturgia è chiaro sin dalla prima lettura: ‘La Sapienza ha imbandito la tavola: venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato’. Il tema del banchetto è presente attraverso i suoi elementi costitutivi: il pane e il vino; mangiare e bere. Il sacramento dell’Eucaristia si rifà sempre alla cena pasquale degli ebrei durante la quale Gesù istituì l’Eucaristia utilizzando i mezzi a disposizioni: pane e vino ed ordinò ai suoi Apostoli. ‘Fate questo in memoria di me’. Nella Messa celebrata sono riunite due mense: quella della Parola e quella del Pene e Vino.
La lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica. Cristo Gesù si dà a noi in due modi; ascoltando la sua Parola ‘non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’: le folle che andavano dietro a Gesù per ascoltarlo dimenticavano persino di andare a casa per mangiare. Nell’ultima cena poi Gesù istituisce l’Eucaristia: segno visibile di nutrimento per l’anima: prendete e mangiate, questo è il mio corpo.
A questo banchetto siamo invitati tutti, senza alcuna discriminazione, è un banchetto in cui regna solo l’amore, la fratellanza, l’accoglienza: è l’immagine del regno di Dio creato per la salvezza di tutti. La Messa è il convito della salvezza a cui tutti siamo invitati. Partecipare a questo banchetto non è opzionale ma indispensabile per la salvezza eterna. Chi si astiene dal partecipare volontariamente e senza motivo agisce in disaccordo con la parola e la volontà di Cristo.
Dalla parola di Dio e dall’Eucaristia il credete riceve nutrimento e vita. L’Eucaristia, come vedi, è un mistero che noi accettiamo con gratitudine e gioia come un miracolo d’amore, come dono incomparabile e prezioso. Un dono concreto e fisico da fare ripugnanza a quanti ascoltano e non hanno fede e, perciò, replicano. ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’ Chi ha fede in Dio, accetta il suo messaggio di amore: ‘Io sono il pane vivo disceso dal cielo’, mangiando il quale si ha la vita eterna; è il nutrimento dell’anima che vuole vivere secondo Dio.
Gesù spiega inoltre che questo pane è la sua carne offerta in sacrificio di redenzione; è il frutto dell’amore di Dio verso l’uomo per il quale Gesù muore in croce offrendo la sua vita in riscatto per tutti. Un dono visibile: il suo corpo sacrificato; il corpo di Gesù, che riceviamo nella Eucaristia, è l’espressone chiara della sua personalità, della sua relazione con gli altri. Cristo infatti si è manifestato agli uomini nella carne e il popolo ha riconosciuto Gesù nel suo corpo e da questo si sono sentiti accolti, ascoltati, perdonati.
Gesù con il suo corpo rivela la sua divinità e la sua umanità. ‘Sono il pane vivo disceso dal cielo: il mio corpo è vero cibo, il mio sangue vera bevanda’. Questa parola è dura, dissero alcuni e se ne andarono; Gesù, rivolto ai suoi discepoli, disse: se volete, potete andare via anche voi, ma l’apostolo Pietro rispose: ‘Signore, tu hai parole di vita eterna’.
Tutto ciò che si dice della personalità di Gesù nel Vangelo è presente nell’Eucaristia: è lo stesso Gesù che attraverso l’Eucaristia nutre quanti credono in Lui. Per chi non crede nessuna prova è sufficiente; per chi crede l’Eucaristia è la vita di Cristo in noi e riceverla significa condurre uno stile di vita contrassegnata dalla sua presenza. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno.
Da non dimenticare che Gesù nell’ultima cena, prima di celebrare l’Eucaristia, lava i piedi agli Apostoli; bisogna essere puliti, prima di ricevere questo pane, sia nel corpo che nell’anima. Per questo la Liturgia inizia sempre chiedendo perdono a Dio dei peccati.
Tota pulchra es, Maria
Maria è proclamata da Elisabetta beata perché ha creduto in ciò che il Signore le ha detto per mezzo dell’Angelo. La festa di oggi ci fa prendere era coscienza i quello che è l’uomo e i fine ultimo per il quale Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’uomo non è stato creato per la morte ma per la vita. L’uomo costituito essenzialmente da anima e corpo, di spirito e materia, è un essere libero e responsabile; alla fine della sua esperienza terrena dovrà ricevere un premio o un castigo.
Dico l’uomo: non il suo corpo o la sua anima ; da qui la necessità metafisica della risurrezione della carne. Posta la nostra fede nella vita eterna, si rende necessaria, a filo di logica, la risurrezione. Gesù ci rivela questo mistero laddove dice: ‘Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, vivrà in eterno’. La risurrezione della carne, difficile umanamente a pensarsi, trova la prima reale attuazione nella risurrezione di Gesù, che ha aperto a noi le porte del regno dei cieli; dopo Gesù si ha avuto, grazie a Dio, l’assunzione al cielo, anima e corpo, della Santissima Vergine, madre di Dio e nostra, della quale oggi celebriamo la festività.
Se Cristo Gesù è risorto anima e corpo, anche Maria perché Immacolata sin dalla sua concezione, ha seguito la sorte di Cristo Signore. Nella festività di oggi Maria ci invita a guardare il cielo perché come Cristo Gesù, vincitore della morte, è risorto; come Lei, Maria è stata assunta in cielo anima corpo, cos’ anche noi risusciteremo anima e corpo: è verità di fede!
Il Vangelo oggi ci presenta l’episodio della visita di Maria ad Elisabetta, che era sterile ed è divenuta madre ed aspetta un bambino anche se anziana; era stato l’Angelo e rivelare questa realtà a Maria: ‘Tua cugina, Elisabetta, la donna che tutti chiamano sterile, è al sesto mesi di gravidanza. Nulla è impossibile a Dio’.
Al saluto di Maria, Elisabetta, ricolma di Spirto Santo, l’accoglie esclamando: ‘Benedetta sei tu tra tutte le donne, benedetto il frutto del tuo grembo; a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?’ Maria inneggia subito alla grandezza di Dio e alla sua misericordia: ‘Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente’. L’umiltà è il segreto della grandezza di Maria; la sua umiltà ha attirato lo sguardo di Dio.
L’occhio umano ricerca subito la grandezza e si lascia abbagliare da ciò che è appariscente; l’occhio di Dio guarda invece il cuore ed è incantato solo dall’umiltà. Umiltà viene da humus= terra; per arrivare in alto, bisogna restare bassi, in terra. Il segreto del successo di Maria sta nel riconoscersi piccola, bisognosa dell’aiuto di Dio. Giustamente il poeta Dante definisce Maria. ‘umile ed alta più che creatura’.
Maria diventa la primizia dell’umanità redenta da Cristo Gesù: come Gesù, vero uomo e vero Dio, è risorto; come Maria è stata assunta in cielo anima corpo perché ‘Immacolata’, così anche noi, incorporati a Cristo con il battesimo, aspettiamo la risurrezione della carne, risorgeremo. Questa vittoria sulla morte ha come radice la fede, che è accettare e seguire Cristo risorto, ubbidire alla sua parola.
Maria assunta in cielo ci indica la meta ultima del nostro pellegrinaggio terreno; ci ricorda che il nostro essere (spirito, anima, corpo) è destinato alla pienezza della vita: come Cristo è risorto, anche noi risorgeremo. Questo è il messaggio della festa di oggi. Nel cuore del mese che gli antichi chiamavano ‘ferragosto = feriae Augusti’, noi celebriamo l’assunzione di Maria anima e corpo in cielo; la stessa realtà toccherà tutti noi nel giorno della risurrezione della carne.
La festa di oggi è veramente la festa della Chiesa; la festa della Madre è sempre la gioia dei figli e Maria ci addita il cielo come vera nostra patria. A Lei ci rivolgiamo supplici: ‘Rivolgi a noi, madre, gli occhi tuoi misericordiosi’.
XIX Domenica Tempo Ordinario: Io sono il pane vivo disceso dal cielo
Il brano del Vangelo focalizza tre temi, al centro c’è l’azione salvifica di Cristo Gesù; nessuno si può salvare se non per mezzo di Cristo; la nostra fede in Lui è un dono speciale di Dio all’uomo che Egli ha creato a sua immagine e somiglianza. Dio non dimentica mai l’uomo e si rivolge a lui donando Gesù, vero uomo e vero Dio. Accettare Cristo, dono di Dio, significa avere la vita eterna: ‘a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio’.
Mosè aveva impetrato la manna dal cielo con la preghiera; Elia nel deserto fu sfamato da Dio con la focaccia inviata con un angelo; Gesù non è venuto per portarci un dono dal cielo ma Egli stesso è il vero dono del Padre: dono riservato a quanti, innestati a Cristo Gesù con il battesimo, vivono la grazia di Dio con fede e amore. Avere fede in Lui, accoglierlo è l’unica cosa necessaria; è l’unica via da percorrere. Nel viaggio della vita Gesù ci offre se stesso, dono del Padre; vero pane del viaggio per arrivare alla grande meta.
‘Io sono i pane vivo disceso dal cielo’ è la grande rivelazione che Gesù offre alla sua Chiesa; Gesù ci invita a bandire dalla vita tutto ciò che viola la carità (odio, egoismo, sopraffazione) e ci indica la via da seguire: essere disponibili ed aiutare il prossimo per riscattarsi da tutte le ingiustizie sofferte. Ci sentiamo deboli? Alimentiamo allora la nostra anima con Gesù che è ‘il pane vivo disceso dal cielo’.
Gli ebrei avevano mangiato i cinque pani moltiplicati , erano rimasti affascinati e volevano farlo re; Gesù li smonta e li spinge in altra direzione: procuratevi il cibo che dura per la vita eterna; poi continua: ‘Io sono il pane della vita’ dono di Dio all’uomo. Gesù vuole che tale verità venga da tutti conosciuta perché a tutti sia offerta la salvezza. La salvezza infatti è la risultante di due componenti: una divina, l’altra umana; Gesù è il dono del Padre, ma è altresì necessario l’assenso dell’uomo, l’accoglimento libero e responsabile di questo dono mirabile.
Credere in Cristo non è un fatto teorico, una adesione concettuale, ma significa accettare Cristo con fede e amore. L’adesione a Gesù non si ferma ad una fede astratta o all’amore teorico ma giunge ala comunione perfetta con il sacramento dell’Eucaristia. Questa è il cibo per l’uomo in pellegrinaggio verso la casa del Padre, cibo prefigurato dalla manna del deserto .
‘Io sono il pane della vita’: queste parole di Gesù risvegliano in noi stupore e gioia per il dono dell’Eucaristia; nel Vangelo la gente rimane scandalizzata, si strappa le vesti dicendo: questo Gesù noi lo conosciamo, è il figlio di Maria, del fabbro Giuseppe, come può dire: sono ill pane disceso dal cielo? Ed io e tu, amico che ascolti, ci scandalizziamo? Gesù è sempre quell’uomo dinanzi al quale ‘i ciechi vedono, i muti parlano, i morti risuscitano’, Egli è veramente il Figlio di Dio che ci ha salvati; colui che ha aperto per noi le porte del regno dei cieli: nell’Eucaristia ci è dato il pegno della gloria futura.
Nel sacrificio eucaristico, nella celebrazione della Messa si perpetua in forma incruenta il sacrificio di Gesù in croce per la salvezza di tutti gli uomini. Il grande sant’Agostino, filosofo e teologo, evidenzia anche l’aspetto sociale dell’Eucaristia: come diversi chicchi di grano formano l’unico pane, come diversi acini di uva danno vita all’unico vino che, consacrati sono l’Eucaristia, così è necessario uscire dalla propria individualità per riscoprirsi fratelli e sorelle alimentati dallo stesso pane celeste. Gesù è veramente il pane della vita; la Madonna, la Vergine Maria nel cui seno il Verbo si fece carne, ci aiuti a crescere e a nutrire sempre la nostra anima di questo pane vivo disceso del cielo.
XVIII Domenica Tempo Ordinario: Gesù Eucaristia: il vero pane che dà la vita eterna
Dopo l’evento della moltiplicazione dei pani operata da Gesù, la folla avrebbe voluto proclamarlo re, ma Gesù si sottrasse. Ritrovatosi in seguito tra la folla, Gesù invita ed esorta la folla a “procurarsi non il cibo che perisce ma quello che dura per la vita eterna e che l Figlio dell’uomo darà”. L’opposizione è chiara tra il cibo che perisce e quello che dura per la vita eterna. Il popolo ebreo per 40 anni nel deserto era stato alimentato con la manna che cadeva dal cielo; ora Gesù davanti alla folla affamata provvide con la moltiplicazione dei pani.
Ma sia la manna del deserto sia il pane moltiplicato era un cibo che nutriva solo il corpo; Gesù ora guida il popolo a comprendere che l’uomo nella sua integralità non ha bisogno solo del cibo materiale, che lo mangi e poi torni ad avere fame, ma necessita di un cibo che nutre lo spirito. Nutrimento essenziale dello spirito è la “fede”: credere in Dio ed amarlo è il fine supremo della fede; la fede non è frutto della fatica dell’uomo, ma è opera divina perché è grazia di Dio.
L’uomo spesso si sofferma alle cose materiali: al cibo che nutre il corpo, alla manna o al pane che si acquista con il lavoro. Gesù invece va oltre ed invita: “datevi da fare non per il cibo he non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna; Il cibo che Gesù è venuto a portarci. La fede, il credere in Gesù, figlio di Dio; nutrire lo spirito, l’anima con l’Eucaristia, che è Gesù, pane vivo disceso dal cielo, il cibo che sazia veramente il nostro spirito ed apre alla vita eterna.
I Maestri ebrei insegnavano che il Messia avrebbe, come Mosè, dato al nuovo popolo la manna miracolosa (Michea 7, 15); la manna, evidenzia Gesù, non era il vero pane celeste; è Gesù che dà il suo corpo e il suo sangue come vero cibo dell’anima: chi mangia questo pane avrà la vita eterna: ‘Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame; chi crede in me non avrà più sete’. E’ necessario nutrire il corpo, ma è più urgente nutrire l’anima destinata alla vita eterna. La fede in Gesù è vera luce; è un fidarsi di Dio e della sua parola che trascende la regione umana.
Questa fede troviamo in Maria che, all’annuncio dell’Angelo, davanti al mistero dell’incarnazione del Verbo eterno risponde: ‘Eccomi, sono la serva del Signore; sia fatto di me secondo la tua parola’. Fede grande quella di Maria, fede sofferta che la rende beata. Il cristiano è chiamato ad abbandonarsi in Dio come il bimbo tra le braccia della mamma, sicuro di trovare in lei il vero difensore. La fede è sempre l’incontro tra Dio e l’uomo; con essa Dio realizza il piano di salvezza.
La fede è vero dono di Dio a cui deve rispondere la decisione dell’uomo. Allora si è vincitori. Il Vangelo evidenzia l’episodio dei quella donna, non ebrea, che invoca la grazia per la figlia; Gesù risponde: non è bene che il pane dei figli venga buttato ai cani; ma quella donna, dalla fede vera e profonda, non si arrende e risponde: hai ragione, Signore, ma i cagnolini hanno diritto alle briciole che cadono dalla mensa. Gesù conclude: vai donna, tua figlia è salva perché grande è la tua fede. La fede è guardare Cristo, attaccarsi a Lui, conformarsi alla sua vita, al suo messaggio di salvezza.
La fede in Cristo esige una conversione profonda e definitiva che dà origine ad una particolare sensibilità e ad un giudizio nuovo ; la fede procura all’anima una manna nuova, straordinaria perché apre i nostri occhi al dono dell’Eucaristia: ‘Venite a me, dice Gesù, siete stanchi, affaticati, oppressi, io vi ristorerò, prendete e mangiate: questo è il mio corpo, questo è il calice della nuova alleanza tra Dio e l’uomo’.
Nell’Eucaristia scopriamo il pane che alimenta concretamente il nostro passaggio dell’uomo vecchio all’uomo nuovo creato nella giustizia e nella santità. E’ necessario perciò chiedersi: perché si cerca Dio? La risposta valida è una sola. Per instaurare una storia di amore con Gesù non a nostro uso e consumo, per risolvere i nostri problemi ma per la gloria di Dio che è nostro creatore e padre. La Madonna, la Vergine Santissima nostra madre, ci aiuti a rispondere con amore all’amore di Dio.