Sinodo 2023-2024: primo (parziale) bilancio.
A fine ottobre si è conclusa la prima tappa del Sinodo sulla sinodalità voluto da Papa Francesco. Per ragioni legate all’attualità, ormai non se ne parla più, ma, a ben vedere, mancano pochi mesi all’altra decisiva tappa prevista per il prossimo ottobre. Nei mesi scorsi alcuni autorevoli partecipanti hanno preso la parola e detto la loro. Pensiamo a quanto hanno scritto Piero Coda e Severino Dianich su SettimanaNews, seppure con accenti diversi: il primo entusiasta, il secondo tiepido. Ma oggi, che siamo quasi a metà strada tra le due tappe, cosa resta?
In primo luogo ci sono le persone che vi hanno preso parte che, giustamente, nel silenzio stanno custodendo l’ascolto che in quella sede hanno sperimentato. Lo stesso cardinal Grech ha ammesso, a conclusione del Sinodo, che moli partecipanti sono entrati in assemblea scettici e ne sono usciti spiazzati. Non solo perché prima il processo sinodale non era, di fatto, avviato e, quindi, hanno sperimentato cosa significa “fare” un Sinodo, ma perché le notizie che arrivavano dalla Terra Santa li ha sconvolti.
Inoltre perché i partecipanti vengono da ogni parte del mondo e ascoltare ciò che lo Spirito suscita in altre parti del mondo può e deve lasciare sorpresi; vuol dire a tutti gli effetti uscire dal proprio orticello, mettersi in uscita, come ci invita Papa Francesco.
In secondo luogo rimane un documento che ha cercato di fare sintesi. Come è naturale che sia, ogni sintesi è sempre un po’ imperfetta: qualcosa manca, qualcosa viene lasciato o meglio tralasciato anche involontariamente. Certamente in quel documento la teologia veniva chiamata a svegliarsi, ad attivarsi perché rimodulare la Chiesa in senso sinodale non è operazione semplice. Sotto questo aspetto sembra di vedere la teologia ancora ripiegata su stessa,soprattutto dopo la pubblicazione di “Fiducia supplicans”.
Inoltre in quel documento si auspicava un riforma del Codice di diritto canonico che non mi pare aver preso avvio: ufficialmente non è stata istituita nessuna commissione. C’è da augurarsi che questa riforma prenda seriamente avvio perché il Codice ha di fatto bloccato la visione della Chiesa voluta dal Concilio Vaticano II in strutture tridentine che stentano ad essere superate.
Basti pensare al contrato tra uguale dignità di tutti i fedeli in forza del sacramento del battesimo, di cui tanto si parla nei documenti del Concilio, e il laico suddito, così come viene definito nel Codice. L’imperfezione, pertanto, di quel documento si fa sentire, ma ci sono ancora dei mesi e, soprattutto, la sessione del prossimo ottobre.
Un timido frutto di questa prima tappa sinodale con tutta onestà va detto che c’è stato. Il Dicastero della dottrina della fede ha pubblicato la dichiarazione “Fiducia supplicans” che offre a tutti la possibilità di ricevere una benedizione fuori dal rito, non liturgica. A tutti e, quindi, anche a chi vive una situazione irregolare dal punto di vista morale, se così si può dire.
Lo scalpore per il testo è stato davvero sproporzionato, frutto di una non attenta delicata lettura del testo, ma di una lettura dei titoloni sui giornali. Se questo frutto ha destato scalpore, figuriamoci se nei prossimi mesi dovessero venir pubblicati testi pieni di vere novità! D’altronde chi può dirsi oggettivamente puro, “regolare” di fronte a Dio?
E poi chi non ha chiesto mai una benedizione ad un sacerdote fuori da ogni contesto rituale–liturgico? Tra una prima tappa, già celebrata, e una seconda, da celebrare, il cammino prosegue e il vero attore del Sinodo, lo Spirito Santo, come ha più volte detto Papa Francesco, è all’opera.
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