Etica

Le persone con disabilità intellettiva e noi. Riflessioni e proposte operative dall’Ordine di Malta

Un documento ufficiale e condiviso con due obiettivi ben precisi: affrontare, in un’ottica cristiana le questioni salienti di natura morale, pastorale e teologica sull’assistenza e la cura delle persone con disabilità intellettive ed evolutive; e predisporre linee guida operative per famiglie e assistenti sociali, da unire a raccomandazioni per i servizi di sanità pubblici e privati e le istituzioni di cura pastorale. E’ stato questo l’obiettivo del 6° Colloquium mondiale dell’Associazione Internazionale dei Bioeticisti Cattolici (IACB), promossa dall’Ordine di Malta, svoltasi in questi giorni a Rocca di Papa, alle porte della Capitale. Al Colloquium, dal tema “Sostenere e assistere le persone con disabilità intellettive e le loro famiglie: riflessioni etiche e raccomandazioni operative” hanno preso parte sessanta esperti mondiali di bioetica, che hanno anche incontrato il Gran Maestro dell’Ordine Fra’ Matthew Festing, mentre una delegazione dei convegnisti è stata salutata da Papa Francesco nel corso dell’udienza generale di mercoledì 12 giugno.

Humanae Vitae da Paolo VI a Giovanni Paolo I

“Il gravissimo dovere di trasmettere la vita umana, per il quale gli sposi sono liberi e responsabili collaboratori di Dio creatore, è sempre stato per essi fonte di grandi gioie, le quali, tuttavia, sono talvolta accompagnate da non poche difficoltà e angustie. In tutti i tempi l’adempimento di questo dovere ha posto alla coscienza dei coniugi seri problemi, ma col recente evolversi della società, si sono prodotti mutamenti tali da far sorgere nuove questioni, che la chiesa non può ignorare, trattandosi di materia che tanto da vicino tocca la vita e la felicità degli uomini… Si assiste anche a un mutamento, oltre che nel modo di considerare la persona della donna e il suo posto nella società, anche nel valore da attribuire all’amore coniugale nel matrimonio, e nell’apprezzamento da dare al significato degli atti coniugali in relazione con questo amore. Infine, questo soprattutto si deve considerare, che l’uomo ha compiuto progressi stupendi nel dominio e nell’organizzazione razionale delle forze della natura, così che si sforza di estendere questo dominio al suo stesso essere globale; al corpo, alla vita psichica, alla vita sociale, e perfino alle leggi che regolano la trasmissione della vita”. Così scriveva papa Paolo VI nell’enciclica ‘Humanae Vitae’: parole che sono riecheggiate nel magistero pastorale di Albino Luciani, quando è stato vescovo di Vittorio Veneto fino al 1969.

La Chiesa: le staminali adulte sono una speranza non illusoria

Nature, una delle più antiche riviste scientifiche esistenti, forse in assoluto quella considerata di maggior prestigio nell’ambito della comunità scientifica internazionale, nei giorni scorsi ha ‘messo sotto accusa’ la Santa Sede per avere organizzato la seconda conferenza internazionale vaticana sulle cellule staminali adulte, dal titolo ‘Medicina rigenerativa: cambiamento fondamentale nella scienza e nella cultura’, tenutasi dall’11 al 13 aprile scorsi, per “aver messo in piedi uno spettacolo senza vergogna, sfruttando la disperazione dei disabili e dei malati terminali e inducendo false speranze di guarigione”.

Una bambina di 13 anni eroe dell’anno. Sta curando una malattia genetica con le staminali adulte

L’eroe pontificio dell’anno si chiama Elizabeth Lobato, ed è una ragazzina di quasi 14 anni che sta combattendo con successo la sua malattia. Sin da quando era piccola, le è stata diagnostica una osteogenesi imperfetta. In pratica, aveva un difetto genetico che rendeva fragilissime le ossa, tanto che si rompevano almeno ogni due settimane. Elizabeth si è sottoposta ad un trattamento con cellule staminali adulte. E la terapia ha avuto così tanto successo che da quel momento in poi è cresciuta, e – ha raccontato la madre, Mary – “finalmente può trascorrere del tempo con i bambini senza la nostra presenza, o può andare in giro senza che noi genitori possiamo avere paura”.

Un sorriso che conquista: una mamma decide di non abortire vedendo l’ecografia

Non è affatto facile decidere di portare avanti una gravidanza quando i medici, a malincuore, ti dicono che la creatura che stai per partorire non potrà né camminare né parlare, e che una grave malformazione al cervello la costringerà ad aver bisogno di assistenza 24 ore su 24! Nonostante tutto, ignorando la “soluzione” abortista proposta da alcuni medici del Birmingham Children’s Hospital, una giovane mamma anglosassone, Katyia Rowe, – insieme al marito Shane Johnson – ha deciso di far nascere il piccolo Luciano. “Era il mio dovere di madre – rivela Katyia – Meritava di vivere. Nonostante tutto quello che mi veniva detto avevo in mente solo lui era una gioia da guardare”. Attraverso un’ecografia tridimensionale, infatti, Katyia e Shane hanno potuto osservare il sorriso del proprio bambino, e grazie a quell’immagine e a quel particolare sorriso la giovane coppia ha deciso di non interrompere la gravidanza.

Ecologia umana: l’embrione non è brevettabile

Una denuncia di Greenpeace ha portato alla sentenza della Corte Europea che sancisce che non ci possono essere profitti dalla distruzione di embrioni umani. La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che non si può brevettare nessuna procedura che comporti la distruzione di un embrione umano. È invece possibile brevettare procedimenti che coinvolgono embrioni umani se risultano di una qualche utilità per l’embrione stesso. Ad esempio una diagnosi o una cura. La sentenza della Corte di Giustizia Europea apre ora nuovi scenari. Dove andranno a finire tutte le ricerche già finanziate sugli embrioni umani? E in che modo i Paesi europei con una legislazione più libera riguardo la sperimentazione scientifica faranno fronte alle conseguenze della sentenza?  Già c’è chi parla di leggi cuscinetto, in maniera tale da aggirare le norme europee. Ma la vera particolarità è che la sentenza della Corte Europea viene da una denuncia di Greenpeace all’ufficio brevetti tedesco.

 

Prima di cambiare sesso una donna chiede di congelare i suoi ovuli

Una donna decide di cambiare sesso e prima di diventare un uomo chiede al direttore del Policlinico di Bari di poter congelare i suoi ovuli per una eventuale e futura gravidanza. “Mi è stato chiesto – conferma su ‘Repubblica’ il professor Luigi Selvaggi, direttore della prima clinica di ostetricia e ginecologia – da una donna che vuole conservare le proprie cellule (ovociti e un pezzo di ovaie) per il futuro, sottoporrò il caso al Comitato etico del Policlinico e, sinceramente, spero che mi autorizzi”. E’ una richiesta che in Italia – diversamente da altre Nazioni “più evolute” [Sic!] dove non esistono limiti sulla fecondazione eterologa – non ha ancora avuto precedenti. Favorevole alla liceità di questa particolare iniziativa è il professor Orlando Todarello, direttore dell’Unità operativa complessa di psichiatria e counseling a cui la donna si è rivolta per diventare uomo: “Poter disporre di una banca dei gameti è grande cosa perché consente a queste persone di non rinunciare definitivamente ad avere dei figli. Prima di utilizzare dei gameti, bisogna pensarci bene, ma l’importante è non precludersi questa possibilità, è un atto civile”. Ma non c’è da sorprendersi di nulla. Altrettanto singolare, infatti, risulta l’iniziativa che ultimamente circola su internet (il luogo più adatto per pubblicizzare e promuovere efficacemente e senza costi aggiuntivi qualsiasi tipo di progetto) e che invita le donne a congelare una scorta di ovuli da utilizzare in futuro.

Comunicare scienza, comunicare vita

‘Comunicare scienza, comunicare vita’ è il titolo del convegno che si svolgerà dal 4 al 5 maggio a Roma, organizzato dall’associazione ‘Scienza&Vita’, con lo scopo non solo di studiare nuove tecniche, ma soprattutto approfondire una ‘nuova’ visione antropologica della vita e dell’uomo. Il convegno sarà aperto dalla lectio magistralis di mons. Domenico Pompili, Direttore dell’Ufficio nazionale delle Comunicazioni Sociali della Cei, a cui seguirà una tavola rotonda sulla comunicazione. Il giorno successivo il convegno continuerà con la relazione di mons. Dario E. Viganò, presidente della fondazione dell’Ente dello Spettacolo, sul tema: ‘Comunicare con il cinema’. Quindi il tema del convegno intende rimettere al centro dell’agire politico le problematiche giuridiche ed etiche legate al grande tema della vita.

EllaOne: la pillola dei cinque giorni dopo

La “EllaOne” non è, purtroppo, la marca di una nuova bibita ma l’ultimo ritrovato medico-scientifico approvato dall’Agenzia italiana del farmaco lo scorso novembre. Si tratta, infatti, di una compressa – un contraccettivo denominato “pillola dei cinque giorni dopo” – che già dalla prossima settimana potrà essere venduto nelle farmacie italiane dietro presentazione di una ricetta medica non ripetibile. Il medico, prima di prescrivere il farmaco, è tenuto a verificare l’assenza di una gravidanza preesistente attraverso l’esito negativo di un test a base di beta Hcg, test che la donna può effettuare anche con un semplice stick sulle urine reperibile nelle farmacie. Gli esperti tengono a precisare che non si tratta di un farmaco abortivo ma di un anticoncezionale d’emergenza, un principio attivo che agisce con tempi più lunghi rispetto alla già disponibile pillola del giorno dopo; e nel caso in cui la pillola venisse presa a fecondazione già avvenuta – dicono – non funzionerebbe! La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ribadito come la contraccezione di emergenza eviti il concepimento. Lo scorso anno Lucio Romano, ginecologo e copresidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita, in una nota spiegava che “con il definitivo via libera alla ‘pillola dei cinque giorni dopo’ assistiamo all’ultimo atto di una progressiva banalizzazione dell’aborto.

E se ci vietassero di mangiare per legge? Un cortometraggio nato dalla vicenda di Eluana

Cosa succederebbe se a un certo punto tutti decidessero che la tua vita è solo quella di un vegetale, e che è meglio che smettano di darti da mangiare, così almeno non vivi più quella che tutti definiscono una non vita? Benjamin Lorenzo, un giovane regista spagnolo di 30 anni, se lo è chiesto quando ha pensato alla storia di Eluana Englaro.

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