Una bambina di 13 anni eroe dell’anno. Sta curando una malattia genetica con le staminali adulte
L’eroe pontificio dell’anno si chiama Elizabeth Lobato, ed è una ragazzina di quasi 14 anni che sta combattendo con successo la sua malattia. Sin da quando era piccola, le è stata diagnostica una osteogenesi imperfetta. In pratica, aveva un difetto genetico che rendeva fragilissime le ossa, tanto che si rompevano almeno ogni due settimane. Elizabeth si è sottoposta ad un trattamento con cellule staminali adulte. E la terapia ha avuto così tanto successo che da quel momento in poi è cresciuta, e – ha raccontato la madre, Mary – “finalmente può trascorrere del tempo con i bambini senza la nostra presenza, o può andare in giro senza che noi genitori possiamo avere paura”.
Il premio le è stato consegnato al secondo congresso internazionale organizzato dalla Fondazione Stem for Life e il Pontificio Consiglio della Cultura, che si è tenuto in Vaticano dall’11 al 13 aprile. Il congresso puntava a superare il divario tra staminali embrionali e staminali adulte. Perché solo queste ultime hanno dato dei risultati concreti in termini di ricerca scientifica. Così concreti che lo scorso anno il Nobel per la Medicina è andato a John Gurdon e Shinya Yamanaka.
Le staminali sono delle cellule “primitive” in grado di specializzarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo. Di queste, le staminali embrionali sono sempre state spacciate come “le migliori”. Migliori senz’altro – veniva detto – delle staminali del cordone ombelicale e di quelle adulte, sicuramente meno versatili delle embrionali. Si è creato così un mito. Che ha portato a ingenti fondi destinati alla ricerca di quel tipo di staminali, e dunque alla creazione di un’area di interessi vasta. In nome della scienza, e della possibilità di curare le malattie, si mettevano da parte i problemi etici che venivano posti dalle staminali embrionali. In primis, il fatto che venissero da un embrione, destinato così a non nascere mai. Ma sono le staminali “etiche” ad aver dato i maggiori risultati di tipo scientifico.
“Vedrete – ha detto il cardinal Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, aprendo il congresso – che questa ricerca sta lasciando tracce positive non solo nella vita dei pazienti ma anche dei loro familiari”.
Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha sottolineato che “la materia dell’uso terapeutico delle cellule staminali adulte, è una sfida difficile con ricadute economiche, cliniche ed etiche. E oggi i problemi che vedo come insormontabili sono quelli relativi alle staminali embrionali”.
E Robin Smith, presidente della Fondazione Stem for Life, ha voluto sottolineare che ormai “sembra che l’intero mondo si è risvegliato di fronte alla semplice realtà che le terapie con le staminali adulte possono accompagnare verso una nuova era di salute e guarigione”.
Ha partecipato alla conferenza anche John Gurdon. Gurdon ha vinto insieme a Shinya Yamanaka il premio Nobel per la Medicina lo scorso anno, per aver dimostrato che le cellule adulte possono essere anche esse pluripotenti come le staminali embrionali.
Gurdon ha sottolineato che tutte le cellule staminali fanno due “figlie”, una che vive e muore e una che crea un’altra cellula staminale. Ha specificato che – contrariamente a quanto riportato spesso – il trasferimento nucleico non può ancora essere replicato oggi negli umani e dunque la clonazione umana non è ancora possibile.
Gurdon ha poi mostrato un video di cellule della pelle prese da una scimmia che sono state riprogrammate fino a diventare cellule del miocardio. L’approccio più ovvio – ha detto – è quello di trapiantare queste cellule in una scimmia ferita, anche se poi si dovrebbero armonizzare i battiti cardiaci, problema che in futuro “potrebbe essere risolto”.
Gurdon ha una visione: che ci sia un giorno, in futuro, in cui grazie alle staminali una malattia possa essere replicata in provetta e nuove medicine possano essere testate prima che queste siano sperimentate nei pazienti. In questo modo – sottolinea – si risparmierebbero milioni di dollari e tempo prima di mettere in commercio nuovi medicinali.
Certo, il dibattito ha subito una robusta sterzata proprio nel momento in cui il comitato del Nobel ha deciso di premiare Gurdon e Yamanaka.
Partendo dalle ricerche di Gurdon – il quale ha dimostrato studiando una rana che il DNA delle cellule adulte contiene tutte le informazioni necessarie per trasformarle in qualunque tipo dicellula – Yamanaka ha dimostrato che delle cellule della pelle di topi possono essere riprogrammate e diventare immature.
Il Nobel a Yamanaka dice che si possono fare le stesse cose che si fanno con le staminali embrionali partendo dalle staminali adulte. Quanto questo cambierà la prospettiva sulla ricerca, portandola su campi che non sono eticamente contestabili, è tutto da vedere.