Papa Francesco ai rabbini: dialogo e giustizia edificano la pace

Questa mattina papa Francesco ha incontrato una delegazione della Conference of European Rabbis, che riunisce circa 700 rabbini ortodossi in tutta Europa, salutandoli personalmente, ma non leggendo loro il discorso, in quanto non stava bene di salute. Nel discorso consegnato papa Francesco ha ribadito la condanna all’antisemitismo con la preoccupazione a ciò che sta avvenendo in Terra Santa:
“Il primo pensiero e la preghiera vanno però soprattutto a quanto accaduto nelle ultime settimane. Ancora una volta la violenza e la guerra sono divampate in quella Terra che, benedetta dall’Altissimo, sembra continuamente avversata dalle bassezze dell’odio e dal rumore funesto delle armi. E preoccupa il diffondersi di manifestazioni antisemite, che fermamente condanno”.
Il discorso del papa è un invito a guardare al ‘giudice tra le genti’, come è affermato dal profeta Isaia: “In questo tempo di distruzione noi credenti siamo chiamati, per tutti e prima di tutti, a costruire la fraternità e ad aprire vie di riconciliazione, in nome dell’Onnipotente che, come dice un altro profeta, ha ‘progetti di pace e non di sventura’. Non le armi, non il terrorismo, non la guerra, ma la compassione, la giustizia e il dialogo sono i mezzi adeguati per edificare la pace”.
Nel discorso il papa ha incentrato la riflessione sull’arte del dialogo: “L’essere umano, che ha una natura sociale e ritrova sé stesso a contatto con gli altri, si realizza nella trama delle relazioni sociali. In tal senso non è solo capace di dialogo, ma è egli stesso dialogo. Sospeso tra Cielo e terra, solo in dialogo con l’Oltre che lo trascende e con l’altro che ne accompagna i passi, può comprendersi e maturare”.
Per il papa il dialogo è ‘attraverso la parola’: “La Parola dell’Altissimo è la lampada che illumina i sentieri della vita: essa orienta i nostri passi proprio alla ricerca del prossimo, all’accoglienza, alla pazienza; non certo al brusco impeto della vendetta e alla follia dell’odio bellico. Quanto è dunque importante, per noi credenti, essere testimoni di dialogo!”
Questo è valido soprattutto nel dialogo ebraico-cristiano: “Se applichiamo queste constatazioni al dialogo ebraico-cristiano, possiamo dire che ci avviciniamo gli uni agli altri attraverso l’incontro, l’ascolto e lo scambio fraterno, riconoscendoci servi e discepoli di quella Parola divina, alveo vitale nel quale germogliano le nostre parole. Così che, per diventare edificatori di pace, siamo chiamati a essere costruttori di dialogo. Non solo con le nostre forze e con le nostre capacità, ma con l’aiuto dell’Onnipotente”.
Infatti il dialogo con l’ebraismo è molto importante per il cristianesimo: “Il dialogo con l’ebraismo è di particolare importanza per noi cristiani, perché abbiamo radici ebraiche. Gesù è nato e vissuto da ebreo; Egli stesso è il primo garante dell’eredità ebraica all’interno del cristianesimo e noi, che siamo di Cristo, abbiamo bisogno di voi, cari fratelli, abbiamo bisogno dell’ebraismo per comprendere meglio noi stessi. Perciò è importante che il dialogo ebraico-cristiano mantenga viva la dimensione teologica, mentre continua ad affrontare questioni sociali, culturali e politiche”.
Ed ha ripercorso i punti di incontro tra le due religioni: “Le nostre tradizioni religiose sono strettamente connesse: non sono due credo tra loro estranei, sviluppatisi indipendentemente in spazi separati e senza influenzarsi a vicenda.
Papa Giovanni Paolo II, durante la sua visita nella Sinagoga di Roma, osservò che la religione ebraica non è estrinseca, ‘ma in un certo qual modo, è intrinseca alla nostra religione’. Vi chiamò ‘nostri fratelli prediletti’, ‘nostri fratelli maggiori’. Si potrebbe dunque dire che il nostro, più che un dialogo interreligioso, è un dialogo familiare”.
Per questo le due religioni devono testimoniare la pace: “Cari fratelli, siamo legati gli uni agli altri davanti all’unico Dio; insieme siamo chiamati a testimoniare con il nostro dialogo la sua parola e con la nostra condotta la sua pace. Il Signore della storia e della vita ci dia coraggio e pazienza per farlo. Shalom!”
In seguito ha incontrato la ‘Fraternità Apostolica della Misericordia’ di Gela, che compie 25 anni, e compie 10 anni una delle sue opere di Misericordia, la ‘Piccola Casa di Misericordia’, da cui è sorta anche la cooperativa ‘Raphael’, chiedendo loro di continuare quest’opera di carità:
“Vi incoraggio a continuare tutto questo. E al tempo stesso voglio anche invitarvi a coltivare e rafforzare sempre più il fondamento che fin dall’inizio ha dato solidità e forza a tutta la vostra opera: la spiritualità della Misericordia e dell’Unico Pane”.
E’ un invito a mostrare il ‘volto del Padre’, che è tenerezza: “Essa vi vuole umili discepoli del Cristo Eucaristico e rivelatori con Lui del volto del Padre, proprio come ha raccomandato san Giovanni Paolo II, ai cui insegnamenti vi ispirate.
Rivelare, nel servizio e nel dono di voi stessi, la tenerezza del volto del Padre: cari fratelli e sorelle, nelle tante occupazioni in cui ogni giorno vi spendete, non dimenticate mai che questo è il senso ultimo del vostro agire e la vostra primaria vocazione. Imitate Dio che è vicino, compassionevole e tenero; siate anche voi vicini alla gente, compassionevoli, con tanta compassione e con tenerezza. Ci vuole tenerezza nella Chiesa”.
E’ un invito ad imitare l’umiltà di santa Faustina Kowalska: “Fate tutto con un solo desiderio: che le persone che vi incontrano giungano a conoscere Lui. Cercate, nel fare il bene, di scomparire, con umiltà, perché in ciò che fate appaia il Signore solo e tutti arrivino a Lui.
Santa Faustina Kowalska, altra ispiratrice della vostra opera, diceva che un’anima umile influisce sulla sorte del mondo intero, e questo perché l’umiltà rende vicini a Dio e ai fratelli, capaci di una carità delicata, discreta e silenziosa che fa nobile il dare, facile il ricevere e naturale il condividere”.
(Foto: Santa Sede)