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Cosa resta dell’ultimo anno di pontificato di papa Francesco: l’intenzione di preghiera per i leader politici

Il prossimo 21 e 22 giugno 2025 si terrà in Vaticano il Giubileo dei Governanti, un appuntamento promosso dal Dicastero per l’Evangelizzazione rivolto a tutti i governanti dei Paesi del mondo che hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede oltre che ai Sindaci ed Amministratori locali.
L’invito ufficiale a questo evento giubilare, trasmesso da monsignor Rino Fisichella in qualità di Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, si inserisce nel cammino in corso del Giubileo 2025, dall’8 maggio guidato dal nuovo Papa Leone XIV. Fra le altre cose il Giubileo dei Governanti costituisce un’occasione preziosa per ricordare e riaffermare pubblicamente il valore dell’impegno politico quale vocazione civile e cristiana.
Il programma della due giorni prevede momenti di riflessione, preghiera e partecipazione comunitaria, culminando nella serata del 21 giugno con il concerto “Armonie di speranza” (piazza Pio XI, ore 20.30), che vedrà l’esibizione di 7 musicisti internazionali, fra i quali tre prestigiosi pianisti come il jazzista statunitense Brad Mehldau, la giovane salentina Beatrice Rana, inserita nella classifica 30 under 30 della rivista “International Piano” e lo svizzero Francesco Piemontesi, Direttore artistico delle Settimane Musicali di Ascona, nel Canton Ticino.
Il Giubileo dei Governanti avrà inizio sabato prossimo, 21 giugno, con l’Udienza concessa dal Santo Padre ai partecipanti alla “Conferenza Interparlamentare sul dialogo tra religioni” (ore 10, Aula delle Benedizioni), udienza che terminerà con il momento forte – dal punto di vista spirituale – del Pellegrinaggio alla Porta Santa di San Pietro (ore 11, ingresso della Basilica). Per quanto riguarda il programma di Domenica 22 giugno, si parte a mezzogiorno con l’Angelus a piazza San Pietro, in settore riservato per i Governanti convenuti, chiudendosi con la Santa Messa celebrata dal Santo Padre nella ‘sua’ Basilica – quale Vescovo di Roma – di San Giovanni in Laterano (ore 17).
Sarebbe prezioso riproporre in queste circostanze propizie a governanti e amministratori pubblici lo straordinario esempio e la testimonianza della vita di politici-Santi come sant’Enrico II, san Luigi IX, san Tommaso Moro e tanti altri. In particolare la figura di san Tommaso Moro (1478-1535) si presta per la sua esemplarità non solo dal punto di vista del “martirio per la verità” ma anche per la sua grandezza di statista. Padre di famiglia, avvocato, umanista e scrittore, Thomas More giunse infatti alle più alte cariche politico-amministrative del Regno d’Inghilterra ma, contro tutto e tutti, seppe sacrificare la sua carriera e poi la vita personale per rimanere fedele alla verità, naturale e cristiana, della politica.
La Chiesa, dopo averlo proclamato Patrono dei politici e degli uomini di governo durante il Grande Giubileo del 2000, lo ricorda nel calendario liturgico proprio il 22 giugno, rimandando alla mente le sue ultime parole prima dell’esecuzione: ‘Muoio come buon servo del Re, ma anzitutto come servo di Dio’. Il suo luminoso esempio sarà rievocato durante il Giubileo dei Governanti?
Per rispondere a questa domanda vista è interessare notare come nell’ultima intervista rilasciata da cardinale ai media vaticani all’indomani della morte di Papa Francesco, l’attuale Pontefice Leone XIV abbia ricordato come nelle udienze settimanali del sabato mattina come prefetto del Dicastero per i Vescovi Bergoglio gli ha raccomandato più volte di ‘non perdere il senso dell’umorismo’, richiamando la nota ‘Preghiera del buonumore’ di san Tommaso Moro.
Allo stesso tempo Papa Francescoin una delle sue ultime intenzioni mensili di preghiera (agosto 2024) ha raccomandato di pregare per i leader politici affinché «siano al servizio della propria gente, lavorando per lo sviluppo umano integrale, lavorando per il bene comune, prendendosi cura di chi ha perso il lavoro e privilegiando i più poveri». È l’immagine della “buona Politica”, quella «con la P maiuscola» aggiungeva il Santo Padre, quella per intenderci che «ascolta la realtà», non la «roba da politicanti», rinchiusa «in grandi edifici con lunghi corridoi».
Bergoglio evocava tale prospettiva nel relativo video promosso dalla Rete mondiale di preghiera, opera pontificia istituita da papa Francesco nel 2018. Tale iniziativa, resa possibile grazie alla collaborazione del Dicastero per la comunicazione, ha prodotto negli ultimi anni del pontificato di Bergoglio testi tradotti in 23 lingue con una copertura stampa in 114 Paesi.
Il direttore internazionale – fino al dicembre 2014 – della Rete mondiale di preghiera, il gesuita Frédéric Fornos, commentando il video di accompagnamento dell’intenzione dell’agosto 2014 ha spiegato il perché pregare per i politici. Anzitutto perché invece di screditarli, è più utile aiutarli «a essere gli uomini e le donne che vorremmo fossero. Perché ci vuole un grande coraggio per essere dove sono e per cercare di vivere in modo integro! Mettono in gioco tutto: il loro tempo, la loro vita familiare, le loro capacità, la loro forza fisica, la loro reputazione» (cit. in Alessandro Di Bussolo, I politici siano al servizio del bene comune attenti a disoccupati e poveri, L’Osservatore Romano, 31 luglio 2024, p. 8).
N.B.: Sullo stesso argomento e dello stesso autore si segnala l’articolo Cosa resta dell’ultimo anno di pontificato di Papa Francesco: la preghiera davanti alla tomba di Re Baldovino del Belgio, pubblicato su Korazym il 24 maggio 2025 (https://www.korazym.org/112776/cosa-resta-dellultimo-anno-di-pontificato-di-papa-francesco-la-preghiera-davanti-alla-tomba-di-re-baldovino-del-belgio/).
Papa Leone XIV invita a crescere in umanità

“In questi giorni il mio pensiero va spesso al popolo ucraino, colpito da nuovi, gravi attacchi contro civili e infrastrutture. Assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera per tutte le vittime, in particolare per i bambini e le famiglie. Rinnovo con forza l’appello a fermare la guerra e a sostenere ogni iniziativa di dialogo e di pace. Chiedo a tutti di unirsi nella preghiera per la pace in Ucraina e ovunque si soffre per la guerra. Dalla Striscia di Gaza si leva sempre più intenso al Cielo il pianto delle mamme e dei papà, che stringono a sé i corpi senza vita dei bambini, e che sono continuamente costretti a spostarsi alla ricerca di un po’ di cibo e di un riparo più sicuro dai bombardamenti. Ai responsabili rinnovo il mio appello: cessate il fuoco, siano liberati tutti gli ostaggi, si rispetti integralmente il diritto umanitario!”: al termine dell’udienza generale odierna, il pensiero di papa Leone XIV è andato al popolo ucraino ed ai bambini uccisi nella Striscia di Gaza.
Mentre nell’udienza generale il papa ha invitato ancora a meditare sulla parabola del samaritano, sottolineando che la vita ‘è fatta di incontri’ con l’invito a sostare davanti a chi è bisognoso: “Oggi vorrei parlarvi di una persona esperta, preparata, un dottore della Legge, che ha bisogno però di cambiare prospettiva, perché è concentrato su sé stesso e non si accorge degli altri. Egli infatti interroga Gesù sul modo in cui si ‘eredita’ la vita eterna, usando un’espressione che la intende come un diritto inequivocabile”.
Però tale parabola è anche un momento di crescita, perché invita alla relazione, che è un cammino: “Ma dietro questa domanda si nasconde forse proprio un bisogno di attenzione: l’unica parola su cui chiede spiegazioni a Gesù è il termine ‘prossimo’, che letteralmente vuol dire colui che è vicino. Per questo Gesù racconta una parabola che è un cammino per trasformare quella domanda, per passare dal chi mi vuole bene? al chi ha voluto bene? La prima è una domanda immatura, la seconda è la domanda dell’adulto che ha compreso il senso della sua vita. La prima domanda è quella che pronunciamo quando ci mettiamo nell’angolo e aspettiamo, la seconda è quella che ci spinge a metterci in cammino”.
Gesù di proposito sceglie una parabola di ‘strada’ per un paragone con la vita: “La parabola che Gesù racconta ha, infatti, come scenario proprio una strada, ed è una strada difficile e impervia, come la vita. E’ la strada percorsa da un uomo che scende da Gerusalemme, la città sul monte, a Gerico, la città sotto il livello del mare. E’ un’immagine che già prelude a ciò che potrebbe succedere: accade infatti che quell’uomo viene assalito, bastonato, derubato e lasciato mezzo morto. E’ l’esperienza che capita quando le situazioni, le persone, a volte persino quelli di cui ci siamo fidati, ci tolgono tutto e ci lasciano in mezzo alla strada”.
Sulla strada si decide ad essere ‘umani’: “La vita però è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo. Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente. Un sacerdote e un levita scendono per quella medesima strada. Sono persone che prestano servizio nel Tempio di Gerusalemme, che abitano nello spazio sacro. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli. Infatti, prima che una questione religiosa, la compassione è una questione di umanità! Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani”.
Per il papa la ‘fretta’ della religiosità impedisce la compassione, che non succede al samaritano: “E’ proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per un altro.
Ma ecco che arriva qualcuno che effettivamente è capace di fermarsi: è un samaritano, uno quindi che appartiene a un popolo disprezzato. Nel suo caso, il testo non precisa la direzione, ma dice solo che era in viaggio. La religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto”.
Quindi la compassione esige gesti concreti, come li compie il samaritano: “La compassione si esprime attraverso gesti concreti. L’evangelista Luca indugia sulle azioni del samaritano, che noi chiamiamo ‘buono’, ma che nel testo è semplicemente una persona: il samaritano si fa vicino, perché se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare; gli fascia le ferite dopo averle pulite con olio e vino; lo carica sulla sua cavalcatura, cioè se ne fa carico, perché si aiuta veramente se si è disposti a sentire il peso del dolore dell’altro; lo porta in un albergo dove spende dei soldi, ‘due denari’, più o meno due giornate di lavoro; e si impegna a tornare ed eventualmente a pagare ancora, perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura.
In conclusione l’invito del papa è quello di una maggior crescita in ‘umanità’: “Cari fratelli e sorelle, quando anche noi saremo capaci di interrompere il nostro viaggio e di avere compassione? Quando avremo capito che quell’uomo ferito lungo la strada rappresenta ognuno di noi. Ed allora la memoria di tutte le volte in cui Gesù si è fermato per prendersi cura di noi ci renderà più capaci di compassione. Preghiamo, dunque, affinché possiamo crescere in umanità, così che le nostre relazioni siano più vere e più ricche di compassione. Chiediamo al Cuore di Cristo la grazia di avere sempre di più i suoi stessi sentimenti”.
(Foto: Santa Sede)
Mons. Pompili: imparare l’arte del dialogo

“Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti, ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. Pietro sta descrivendo la personalità di chi ha una responsabilità verso gli altri e declina tre qualità indispensabili”: ha preso sviluppo dalla lettera dell’apostolo Pietro il discorso di mons. Domenico Pompili alla città in occasione della festa del patrono san Zeno, vissuto nel secolo IV, patrono di Verona e della comunità diocesana.
Nella basilica a lui dedicata il vescovo ha evidenziato i rischi da evitare nella comunicazione politica: “La prima è la libertà e non la costrizione; la seconda è il disinteresse e non il perseguimento di propri interessi; la terza è l’esemplarità e non lo strapotere. Tutto questo si riverbera nel modo di comunicare. A tal proposito mi sembra che due siano ai nostri giorni i rischi da evitare nella comunicazione politica.
Il primo è l’ipocrisia di chi nasconde le sue vere intenzioni, esasperando o sottostimando la realtà. Ad esempio, quando si dà una lettura allarmistica dell’immigrazione piuttosto che interpretarla in modo rigoroso. Oppure quando si sottostima il tema della salute o della cultura. L’altro rischio è la polarizzazione del discorso politico che giunge fino al discredito, all’insinuazione, alla calunnia dell’altro”.
Ed ha diviso la comunicazione autentica da quella non autentica in quanto rileva la ‘qualità’ di una comunità civile: “Comunque la si pensi, ciò che è decisivo è comprendere che la comunicazione decide della qualità di una comunità. Una comunicazione autentica genera coesione. Per contro, una comunicazione inautentica produce caos”.
Lo diceva Dietrich Bonoheffer che ‘occorre saggezza nel dire il vero’: “Le ‘narrazioni’, infatti, non si limitano mai a trasmettere informazioni, ma danno sempre forma ad una comunità… si richiede una “etica del discorso” contro le mistificazioni ideologiche e le condizioni sociali oppressive. Una comunicazione etica non finge di essere neutra: dichiara il proprio punto prospettico; custodisce le differenze, senza ipocrisie; sostiene un conflitto giusto, riportandolo al bene della comunità; è fatta di dialogo e l’esito di un dialogo è sempre imprevisto, prevede una corrispondenza soggettiva tra i pensieri, le parole e le emozioni; stimola e accetta la capacità critica; conosce l’importanza del non detto e dell’indicibile”.
Questa è la sfida decisiva: “Portare avanti una comunicazione autentica, nel pubblico come nel privato, è questione decisiva. Oggi una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla ‘torre di Babele’ in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi”.
Infatti comunicare è trasmettere cultura, come ha detto papa Leone XIV: “La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività, come invita a fare papa Leone XIV, che colpisce il mondo per il suo tratto nitido e discreto”.
Quindi è necessaria una comunicazione capace di ascolto: “Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. San Zeno, il cui eloquio, stando ai suoi scritti, è stato chiaro e delicato, aiuti Verona a reimparare l’arte del dialogo con tutti e su tutto”.
Ed il discorso sulla libertà era stato sviluppato, qualche giorno prima alla commemorazione della scuola cattolica di Castelletto a 75 anni dalla fondazione: “Quante volte abbiamo visto studenti paralizzati davanti alla libertà di scelta? Il ‘peso della libertà’ è reale e dobbiamo preparare i nostri ragazzi ad affrontarlo. La dimensione esistenziale dell’essere umano è quella dell’aut-aut: siamo continuamente chiamati a fare scelte, e ogni scelta esclude altre possibilità.
Educare alla libertà significa anche educare a questa responsabilità. In questo, il messaggio evangelico ci offre una prospettiva preziosa: la libertà autentica non è assenza di legami, ma capacità di far fiorire relazioni feconde, in cui ciascuna vita può essere pienamente sé stessa”.
E’ stato un invito agli educatori ad essere accompagnatori: “Il nostro ruolo: accompagnare senza dominare. Natalia Ginzburg ci offre una risposta illuminante sul nostro ruolo di educatori: dobbiamo essere importanti per coloro che ci sono affidati come studenti e studentesse, ‘e tuttavia non troppo importanti’. E’ un equilibrio delicato: essere presenti senza dominare, offrire una guida senza imporre una direzione, testimoniare che il male è attraversabile ma non pretendere imitazione. La libertà dei nostri giovani non è un nostro prodotto, ma un processo che possiamo solo accompagnare e facilitare”.
E li ha paragonati ad essere ‘giardinieri’: “Come educatori, siamo più simili a dei giardinieri che a dei costruttori: possiamo creare le condizioni favorevoli, ma è la pianta stessa che deve crescere secondo la propria natura… Educare alla libertà e alla speranza implica sempre un rischio. E’ più facile trasmettere certezze che insegnare a navigare nell’incertezza. E’ più comodo imporre regole che aiutare a scoprire principi. E’ più rassicurante controllare che lasciar andare”.
In questo consiste l’educazione alla libertà: “Ma se vogliamo davvero essere educatori autentici, dobbiamo avere il coraggio di affrontare questo rischio. I nostri studenti, come le barche, non sono fatti per restare in porto, ma per navigare in mare aperto. La nostra missione come educatori ispirati al Vangelo è testimoniare che un altro mondo è possibile, anche quando tutto sembra spingere alla rassegnazione. Come nella storia di Nicodemo, tutto può sempre accadere, anche quando il buio della notte sembra inghiottire ogni speranza.
Con la nostra passione educativa ispirata al Vangelo come verità liberante, possiamo offrire ai nostri studenti non un porto sicuro, ma la bussola, le stelle e, soprattutto, il coraggio per intraprendere il viaggio della libertà e della speranza. Un viaggio che, come per ogni gabbiano che si rispetti, non può che essere singolare e inconfondibile”.
(Foto: diocesi di Verona)
Papa Leone XIV ai rappresentanti religiosi per una fraternità di pace

“Con grande gioia rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, Rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure di altre religioni, che avete voluto prendere parte alla celebrazione inaugurale del mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro. Mentre esprimo affetto fraterno a Sua Santità Bartolomeo, a Sua Beatitudine Theofilos III e a Sua Santità Mar Awa III, a ciascuno di voi sono sentitamente grato: la vostra presenza e la vostra preghiera sono per me di grande conforto e incoraggiamento”: con questo saluto papa Leone XIV questa mattina ha ricevuto in udienza i rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali e di altre religioni con l’esortazione ad un impegno comune, libero da condizionamenti ideologici e politici, per la pace nel mondo. Incoraggia il cammino ecumenico, invitandoli a proseguire il dialogo fra ebrei e cristiani ed a fondare ‘sul rispetto reciproco e sulla libertà di coscienza’ le relazioni con i musulmani.
E’ stato un richiamo necessario a continuare il cammino proposto da papa Francesco sulla necessità della fraternità, mosso dallo Spirito Santo: “Uno dei punti forti del pontificato di papa Francesco è stato quello della fraternità universale. Su questo lo Spirito Santo lo ha davvero ‘spinto’ a far avanzare a grandi passi le aperture e le iniziative già intraprese dai pontefici precedenti, soprattutto a partire da san Giovanni XXIII”.
E’ stato un cammino necessario per la valorizzazione dell’incontro con un esplicito richiamo all’enciclica ‘Fratelli tutti’: “Il papa della ‘Fratelli tutti’ ha promosso sia il cammino ecumenico sia il dialogo interreligioso, e lo ha fatto soprattutto coltivando le relazioni interpersonali, in modo tale che, senza nulla togliere ai legami ecclesiali, fosse sempre valorizzato il tratto umano dell’incontro. Dio ci aiuti a fare tesoro della sua testimonianza!”
E non poteva mancare un chiaro richiamo al Concilio niceno: “La mia elezione è avvenuta mentre ricorre il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea. Quel Concilio rappresenta una tappa fondamentale per l’elaborazione del Credo condiviso da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali. Mentre siamo in cammino verso il ristabilimento della piena comunione tra tutti i cristiani, riconosciamo che questa unità non può che essere unità nella fede. In quanto Vescovo di Roma, considero uno dei miei doveri prioritari la ricerca del ristabilimento della piena e visibile comunione tra tutti coloro che professano la medesima fede in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo”.
Ed il Concilio di Nicea è un richiamo a sant’Agostino: “In realtà, quella per l’unità è sempre stata una mia costante preoccupazione, come testimonia il motto che ho scelto per il ministero episcopale: In Illo uno unum, un’espressione di Sant’Agostino di Ippona che ricorda come anche noi, pur essendo molti, ‘in Quell’unico, cioè Cristo, siamo uno’. La nostra comunione si realizza, infatti, nella misura in cui convergiamo nel Signore Gesù. Più siamo fedeli e obbedienti a Lui, più siamo uniti tra di noi. Perciò, come cristiani, siamo tutti chiamati a pregare e lavorare insieme per raggiungere passo dopo passo questa meta, che è e rimane opera dello Spirito Santo”.
Per questo papa Leone XIV proseguirà il cammino intrapreso da papa Francesco: “Consapevole, inoltre, che sinodalità ed ecumenismo sono strettamente collegati, desidero assicurare la mia intenzione di proseguire l’impegno di Papa Francesco nella promozione del carattere sinodale della Chiesa Cattolica e nello sviluppo di forme nuove e concrete per una sempre più intensa sinodalità in campo ecumenico”.
Però questo cammino deve coinvolgere tutti: “Il nostro cammino comune può e deve essere inteso anche in un senso largo, che coinvolge tutti, nello spirito di fraternità umana a cui accennavo sopra. Oggi è tempo di dialogare e di costruire ponti. E pertanto sono lieto e riconoscente per la presenza dei Rappresentanti di altre tradizioni religiose, che condividono la ricerca di Dio e della sua volontà, che è sempre e solo volontà d’amore e di vita per gli uomini e le donne e per tutte le creature”.
E’ un richiamo alla Dichiarazione di Abu Dhabi, sottoscritta nel 2019: “Voi siete stati testimoni dei notevoli sforzi compiuti da papa Francesco in favore del dialogo interreligioso. Attraverso le sue parole e le sue azioni, ha aperto nuove prospettive di incontro, per promuovere ‘la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio’. E ringrazio il Dicastero per il Dialogo Interreligioso per il ruolo essenziale che svolge in questo paziente lavoro di incoraggiamento agli incontri e agli scambi concreti, volti a costruire relazioni basate sulla fratellanza umana”.
Un saluto particolare è stato rivolgo agli ebrei, ricordando ka dichiarazione conciliare ‘Nostra Aetate’: “A motivo delle radici ebraiche del cristianesimo, tutti i cristiani hanno una relazione particolare con l’ebraismo. La Dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate’ sottolinea la grandezza del patrimonio spirituale comune a cristiani ed ebrei, incoraggiando alla mutua conoscenza e stima. Il dialogo teologico tra cristiani ed ebrei rimane sempre importante e mi sta molto a cuore. Anche in questi tempi difficili, segnati da conflitti e malintesi, è necessario continuare con slancio questo nostro dialogo così prezioso”.
Ed un saluto è stato rivolto anche ai mussulmani: “I rapporti tra la Chiesa Cattolica e i musulmani sono stati segnati da un crescente impegno per il dialogo e la fraternità, favorito dalla stima per questi fratelli e sorelle ‘che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini’. Tale approccio, fondato sul rispetto reciproco e sulla libertà di coscienza, rappresenta una solida base per costruire ponti tra le nostre comunità”.
L’incontro è stato concluso da un appello alla pace: “A tutti voi, Rappresentanti delle altre tradizioni religiose, esprimo la mia gratitudine per la vostra partecipazione a questo incontro e per il vostro contributo alla pace. In un mondo ferito dalla violenza e dai conflitti, ognuna delle comunità qui rappresentate reca il proprio apporto di saggezza, di compassione, di impegno per il bene dell’umanità e la salvaguardia della casa comune.
Sono convinto che, se saremo concordi e liberi da condizionamenti ideologici e politici, potremo essere efficaci nel dire ‘no’ alla guerra e ‘sì’ alla pace, ‘no’ alla corsa agli armamenti e ‘sì’ al disarmo, ‘no’ a un’economia che impoverisce i popoli e la Terra e ‘sì’ allo sviluppo integrale. La testimonianza della nostra fraternità, che mi auguro potremo mostrare con gesti efficaci, contribuirà certamente a edificare un mondo più pacifico, come desiderano in cuor loro tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.
(Foto: Santa Sede)
Festa di santa Rita: Cascia celebra la santa degli impossibili

Giovedì 22 maggio Cascia celebra la Festa di Santa Rita, una delle Sante più amate nel mondo, simbolo di perdono, pace e speranza. Un appuntamento spirituale e popolare che ogni anno richiama migliaia di pellegrini da tutto il mondo. A rendere ancora più speciale l’edizione di quest’anno è un ricordo particolarmente significativo: nel 2024 a presiedere il Pontificale fu il Cardinale Robert Prevost, oggi Papa Leone XIV, da sempre profondamente legato alla comunità del monastero di Cascia.
Come ha sottolineato Suor Maria Grazia Cossu, madre badessa del Monastero: “Solo un anno fa l’allora cardinale Prevost era qui con noi per celebrare la festa di Santa Rita, come aveva fatto già in passato da Priore Generale e da Vescovo. È sempre stato molto vicino alla nostra comunità. Per noi è una doppia festa: la Chiesa ha un nuovo successore alla Cattedra di Pietro, e questo Papa viene dalla nostra famiglia Agostiniana. Abbiamo un Papa in famiglia”.
Cresce dunque la speranza di poter accogliere il nuovo Pontefice a Cascia: “Sabato 24 maggio celebreremo il 125° anniversario della canonizzazione di Santa Rita da parte di Leone XIII – ha dichiarato Padre Giustino Casciano, rettore del Santuario di Santa Rita da Cascia. Speriamo, con tutto il cuore, che Papa Leone XIV possa venire proprio in quell’occasione. Sarebbe un evento straordinario per tutta la comunità di Cascia, che attende con trepidazione la visita del primo pontefice agostiniano della storia”.
Martedì 20 maggio verranno presentate le quattro ‘Donne di Rita’, cui verrà assegnato il prestigioso Riconoscimento Internazionale Santa Rita, che dal 1988 dà visibilità e voce a donne che, come la Santa, vivono nella quotidianità valori universali come la pace, il dialogo, la solidarietà, il perdono. Persone comuni ma capaci – spesso nel silenzio – di trasformare la sofferenza in forza, l’ingiustizia in impegno, la fede in speranza concreta per sé e per gli altri. Le figure che, con la loro testimonianza di vita, incarnano i valori della Santa degli impossibili sono: Marina Mari, Suor Rita Giaretta, Yuliia Kurochka e Vittoria Scazzarriello. A condurre l’evento sarà il meteorologo e giornalista TV Colonnello Francesco Laurenzi.
– Marina Mari, Cresciuta nell’Alveare del Monastero di Santa Rita come ‘Apetta’, nel 2003 mentre si recava al lavoro, ha avuto un grave incidente stradale che le ha causato danni psico-fisici permanenti: invece di chiudersi nella sofferenza, Marina ha trovato la forza per donarsi ancora più agli altri. Riceve il riconoscimento internazionale Santa Rita da Cascia 2025 per aver trasformato una profonda sofferenza personale in impegno a servizio degli altri, diventando voce per chi non ha voce, in particolare per le donne e i lavoratori più fragili.
– Suor Rita Giaretta, Originaria del vicentino, vive oggi a Roma, nel quartiere Tuscolano, dove al sesto piano di Casa Magnificat accoglie le donne vittime della tratta, offrendo loro non solo rifugio ma una concreta possibilità di rinascita. Riceve il riconoscimento internazionale Santa Rita da Cascia 2025 per aver donato la propria vita all’accoglienza e al riscatto di queste donne, restituendo loro dignità, libertà e futuro.
– Yuliia Kurochka, ha 47 anni, è cristiana ortodossa, membro della Comunità di Sant’Egidio e rifugiata a Roma dal marzo 2022: riceve il riconoscimento Internazionale Santa Rita 2025 per aver scelto la via della pace e del servizio anche nella tragedia della guerra, aiutando altri rifugiati e diventando artigiana di riconciliazione e speranza credendo nel potere del dialogo e del cuore che non si chiude alla sofferenza altrui.
– Vittoria Scazzarriello, medico di origini tarantine, ha vissuto la malattia del marito con spirito profondamente cristiano, facendo della sua esistenza una testimonianza autentica di amore, sacrificio e fede. Riceve il riconoscimento Internazionale Santa Rita per aver vissuto con amore, forza e fede la prova della malattia del marito, trasformando il dolore in dono e la cura in vocazione.
Giovedì 22 maggio, giorno della Festa liturgica di Santa Rita, il momento più atteso sarà il Solenne Pontificale, in programma alle ore 11.00 presso la Sala della Pace, presieduto da S.E. Cardinale Baldassare Reina, Vicario Generale per la Diocesi di Roma. La celebrazione riunirà pellegrini, religiosi, autorità in un clima di intensa spiritualità e partecipazione. Al termine della celebrazione, seguiranno la tradizionale Supplica a Santa Rita e la Benedizione delle Rose, simbolo del miracolo della fioritura che accompagna la fede dei devoti in tutto il mondo.
La Fondazione Santa Rita da Cascia Ente Filantropico ETS lancia la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi ‘Un gesto di fede, un dono di grazia’ a sostegno del progetto ‘Dopodinoi’, un innovativo modello di cohousing con tecnologie assistive per 12 giovani adulti con disturbi dello spettro autistico. Sarà uno dei primi casi in Italia, una ‘casa del futuro’ per cui si prevedono spazi e arredi interni integrati con la domotica. Un’iniziativa concreta per dare risposta alla più grande preoccupazione delle famiglie: il futuro dei propri figli ‘dopo di noi’.
Chi contribuirà al progetto con una donazione minima di 16 euro riceverà l’anello della Festa di Santa Rita, inciso con la sua rosa simbolo. Per maggiori informazioni festadisantarita.org
Papa Leone XIV al Corpo Diplomatico: pace, giustizia e verità per costruire relazioni

Nel primo incontro con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede papa Leone XIV ha ringraziato il decano degli ambasciatori, George Poulides, ambasciatore di Cipro, per il saluto rivoltogli attraverso l’affermazione: “Il Conclave ha sapientemente donato al mondo una guida spirituale e morale che ha maturato la propria sensibilità in un’esperienza pastorale vissuta a contatto diretto con le sfide del nostro tempo”. Nel ricordo di papa Francesco il decano si è soffermato sulla spiritualità agostiniana del papa, sottolineando che le parole di sant’Agostino ancora oggi sono “la chiave per aprire le porte della pace, capaci per superare le logiche dell’indifferenza e della contrapposizione, per riscoprire la via della compassione come fondamento del vero dialogo tra le nazioni, tra le religioni, tra gli uomini”.
Infatti nel discorso papa Leone XIV ha sottolineato la necessità di essere famiglia di popoli: “Nel nostro dialogo, vorrei che prevalesse sempre il senso di essere una famiglia (la comunità diplomatica rappresenta infatti l’intera famiglia dei popoli), che condivide le gioie ed i dolori della vita e i valori umani e spirituali che la animano. La diplomazia pontificia è, infatti, un’espressione della cattolicità stessa della Chiesa e, nella sua azione diplomatica, la Santa Sede è animata da una urgenza pastorale che la spinge non a cercare privilegi ma ad intensificare la sua missione evangelica a servizio dell’umanità”.
In questo senso ha ricordato il pensiero di papa Francesco, sempre attento al grido dei poveri per combattere l’indifferenza: “Essa combatte ogni indifferenza e richiama continuamente le coscienze, come ha fatto instancabilmente il mio venerato Predecessore, sempre attento al grido dei poveri, dei bisognosi e degli emarginati, come pure alle sfide che contraddistinguono il nostro tempo, dalla salvaguardia del creato all’intelligenza artificiale”.
Nel discorso papa Leone XIV ha illustrato tre parole-chiave, di cui la prima è pace: “La prima parola è pace. Troppe volte la consideriamo una parola ‘negativa’, ossia come mera assenza di guerra e di conflitto, poiché la contrapposizione è parte della natura umana e ci accompagna sempre, spingendoci troppo spesso a vivere in un costante ‘stato di conflitto’: in casa, al lavoro, nella società. La pace allora sembra una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra, poiché, per quanto ci si sforzi, le tensioni sono sempre presenti, un po’ come la brace che cova sotto la cenere, pronta a riaccendersi in ogni momento”.
Ma spesso ci si dimentica che la pace è anche un dono, che Dio dona agli uomini: “Nella prospettiva cristiana (come anche in quella di altre esperienze religiose) la pace è anzitutto un dono: il primo dono di Cristo: ‘Vi do la mia pace’. Essa è però un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che esige anzitutto un lavoro su sé stessi. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi”.
Per questo il papa ritiene necessario il contributo delle religioni alla pace: “In quest’ottica, ritengo fondamentale il contributo che le religioni e il dialogo interreligioso possono svolgere per favorire contesti di pace. Ciò naturalmente esige il pieno rispetto della libertà religiosa in ogni Paese, poiché l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace”.
Riprendendo il pensiero di papa Francesco, papa Leone XIV ha sottolineato la necessità di non produrre più armi: “A partire da questo lavoro, che tutti siamo chiamati a fare, si possono sradicare le premesse di ogni conflitto e di ogni distruttiva volontà di conquista. Ciò esige anche una sincera volontà di dialogo, animata dal desiderio di incontrarsi più che di scontrarsi. In questa prospettiva è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese che potessero insorgere in seno alla Comunità internazionale”.
Però per ottenere la pace occorre praticare la giustizia, ricordando l’enciclica ‘Rerum Novarum’: “Perseguire la pace esige di praticare la giustizia. Come ho già avuto modo di accennare, ho scelto il mio nome pensando anzitutto a Leone XIII, il papa della prima grande enciclica sociale, la ‘Rerum Novarum’. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre peraltro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società”.
Quindi è necessario ‘costruire’ società civili con un investimento sulla famiglia: “E’ compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate. Ciò può essere fatto anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, ‘società piccola ma vera, e anteriore ad ogni civile società’”.
Però essendo anche figlio di immigrati papa Leone XIV ha chiesto tutele per la vita dei migranti: “Inoltre, nessuno può esimersi dal favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato. La mia stessa storia è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato. Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio”.
Ecco che pace e giustizia conducono alla verità: “Non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale, senza verità. Laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici, poiché vengono meno le premesse oggettive e reali della comunicazione”.
Verità che deve andare insieme alla carità: “La verità però non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna. D’altronde, nella prospettiva cristiana, la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo, che vive nella comunità dei credenti. Così la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra. Sono sfide che richiedono l’impegno e la collaborazione di tutti, poiché nessuno può pensare di affrontarle da solo”.
Il papa ha concluso il discorso con un invito alla speranza come tempo di conversione: “E’ un tempo di conversione e di rinnovamento e soprattutto l’occasione per lasciare alle spalle le contese e cominciare un cammino nuovo, animati dalla speranza di poter costruire, lavorando insieme, ciascuno secondo le proprie sensibilità e responsabilità, un mondo in cui ognuno possa realizzare la propria umanità nella verità, nella giustizia e nella pace.
Mi auguro che ciò possa avvenire in tutti i contesti, a partire da quelli più provati come l’Ucraina e la Terra Santa. Vi ringrazio per tutto il lavoro che fate per costruire ponti fra i vostri Paesi e la Santa Sede, e di tutto cuore benedico voi, le vostre famiglie e i vostri popoli”.
(Foto: Santa Sede)
Maimone: ‘Francesco, il Papa della Verità Storica, della Pace, del Dialogo Interreligioso e dell’Umanità sofferente’

“Sublime è stato l’impegno di Papa Francesco, il quale, nel corso del suo pontificato, ha rimarcato che Cristo è venuto al mondo per portare la salvezza ai poveri, ai miseri, agli ultimi della terra. Papa Francesco ha dimostrato che ritornare al Cristianesimo delle origini, alle parole e all’esempio di Gesù deve essere il fine primario del Cattolicesimo odierno. Nel 1200 Francesco D’Assisi ha sentito l’esigenza di ‘restaurare’ la Chiesa di allora, nel senso di ricondurla sul suo sentiero autentico, dopo aver constatato che essa aveva intrapreso un percorso che l’allontanava dai principi espressamente cristiani e dal tessere un incontro tra Dio e l’uomo.
Papa Francesco, che noi amiamo definire ‘Il Papa della Pace’ e della ‘Verità Storica’ ha vissuto la stessa esigenza di Francesco di Assisi e ha voluto intraprendere un percorso di ‘restaurazione’ della Chiesa attuale, affinché essa ponga la sua attenzione sugli ultimi, su coloro che vivono ai margini della società, su coloro che soffrono a causa dell’esclusione e del razzismo , su coloro che sono vittime di pregiudizi ed ingiustizie sociali, politiche ed economiche”, ha dichiarato il giornalista e scrittore Biagio Maimone, Coordinatore Nazionale per l’Italia della Rete Mondiale dei Turismo Religioso e Direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui Presidente è Monsignor Yoannis Lazhi Gaid, già Segretario personale di Sua Santità Papa Francesco, il quale ha aggiunto:
“Interprete del suo tempo, di cui ha constatato le fragilità e le aspirazioni, come il Santo di Assisi, Papa Francesco si è prefisso l’intento di ‘restaurare’ la Chiesa odierna, non certamente per renderla diversa, ma per aprirla verso l’infinito, quell’infinito a cui aspira l’umanità errante, in cerca di una legge, di una patria accogliente, di un mondo senza conflitti, senza discriminazioni razziali, odi internazionali ed intestini presenti nei singoli Stati.
Papa Francesco si è fatto promotore di un cambiamento straordinario, davvero senza pari, al fine di regalare alle donne, agli uomini e ai bambini un mondo più accogliente in cui viva la pace, la verità e la giustizia che trascende quella terrena, che egli definisce ‘Giustizia fondata sulla Misericordia’.
Occorre far vivere non certo la giustizia terrena con le sue ombre, la sua faziosità, che ci inquieta e rattrista, le sue contraddizioni, i suoi limiti morali, addirittura con le sue piccinerie rispetto alla verità, ma quella giustizia che fa appello all’ indefettibile misericordia divina, che è l’identità stessa di Dio, ossia l’Amore assoluto, che tutti include nel suo disegno di amore e di vita. La strada da intraprendere per abbattere la povertà è, dunque, l’amore!
E’ l’amore nella sua espressione più elevata che è la misericordia, il cuore stesso di Dio, il suo Amore senza ‘se’ e senza ‘ma’, senza confini, che non crea scarti e rifiuti umani, che fa vivere realmente l’equità sociale. Papa Francesco si è prefisso audacemente l’intento di rappresentare la Chiesa che si prende cura delle ferite dell’essere umano e si impegna per sanarle, come vuole Gesù e come aveva rimarcato il Santo di Assisi.
Il modo per farlo che Papa Francesco ha indicato è l’impegno pratico, concreto, che noi abbiamo definito ‘la Poesia della Fede’, in quanto l’impegno concreto per migliorare la condizione umana è un atto creativo legato alla fede. Francesco ha dimostrato che la fede non può che esprimersi nella realtà pratica al fine di plasmarla e renderla aderente ai bisogni umani: essa non è un sentimento astratto e non può esserlo per sua intrinseca natura, Gesù lo testimonia. Alla luce di tale intuizione per Francesco realizzare la pace ha significato, innanzitutto, realizzare la fratellanza umana, nel suo significato evangelico più profondo.
‘Fratellanza Umana-Pace’ è considerato nel Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ un binomio indissolubile. Il suo esempio storico è stato Francesco d’Assisi, il quale ha chiamato tutte le creature fratelli e sorelle, sorretto da un forte sentimento di amore cristiano che considera uguali tutti gli esseri viventi. Papa Francesco, avvinto dalla testimonianza evangelica di Francesco d’Assisi, ha voluto riproporre la sua grandiosa magnificenza in quanto espressione di autentica fede in Dio. Così ha dato corso al discorso sulla pace, che egli lega ad un nuovo concetto di giustizia.
Ne scaturisce un altro binomio indissolubile, che è il binomio ‘Pace-Giustizia’, da cui dovrà sgorgare uno scenario di trasformazioni sociali, economiche, giuridiche, umanitarie e spirituali davvero sorprendenti. Papa Francesco ha interpellato le nostre coscienze quando ha sottolineato che la giustizia vera, senza difetti, che va oltre il giudizio soggettivo, oltre le faziosità che conducono ai conflitti, è solo quella fondata sulla misericordia.
Se non vive la giustizia che guarda alla giustizia divina, che si fonda sulla misericordia, che nasce da un cuore in cui vive un amore illimitato, non vi sarà la vera pace, ma solo barlumi di pace, solo barlumi di giustizia sociale, effimeri e senza risultati duraturi, non vi sarà l’emancipazione dalla rozzezza umana che porta alle guerre sanguinarie e fratricide, non vi sarà l’equità sociale, ma povertà e solo povertà, non vi sarà la piena cittadinanza, ma esclusione e solo esclusione, non vi sarà il rispetto della dignità umana dei bambini, dei fragili, delle donne, degli anziani, di coloro che vivono come reietti, ma la loro esclusione e solo la loro esclusione sociale.
Papa Francesco ha testimoniato, inoltre, che la Chiesa Cattolica ha bisogno di collaborare con le altre religioni per poter realizzare l’antico e attuale sogno di giustizia e di amore dell’essere umano, in quanto sa che, da sola, senza le altre religioni e il loro senso spirituale, la sua immensa aspirazione alla parità sarà difficile da realizzare. Papa Francesco ha dimostrato, inoltre, che rendere universale il messaggio cristiano implica creare il dialogo con le altre religioni ed il mondo intero.
Creare il dialogo significa cogliere il nesso sacro tra le varie religioni, costituito dall’essere tutte sorrette dall’intento di far vivere il piano spirituale della vita al fine di umanizzare la realtà umana e sconfiggere quei mali che ancora la umiliano. La Chiesa di Francesco si prefigge di essere la Chiesa evangelica, pur vivendo nel terzo millennio, relazionandosi e parlando agli uomini del terzo millennio con lo stesso autentico ed incisivo linguaggio del Cristianesimo delle origini.
La Chiesa deve diventare la Chiesa che Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di essere, al fine di creare e diffondere nell’universo l’amore per ogni creatura, come anche Francesco d’Assisi aveva rimarcato con il suo esempio luminoso. La Chiesa che si ispira ai valori del Vangelo ridà dignità ai poveri, agli indifesi, alle donne, ai bambini, a chi è fragile, a coloro che sono considerati ‘ultimi’, perché poveri e diseredati di ogni bene, non solo materiale, ma anche ricadente nella sfera etica. ‘Siamo tutti fratelli!’, ha rimarcato tenacemente Papa Francesco.
Occorre divulgare tale verità: questo è il senso profondo del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, che vuole l’apertura verso l’infinito , oltre la chiusura del finito che umilia certezze e meravigliose verità, che limita l’amore, donandolo ad alcuni e negandolo ad altri, che riconosce la dignità a pochi negandola a molti, perché i poveri sono ancora molti e molti sono i reietti. Perché è vero che il processo di umanizzazione della vita non si è compiuto in modo tale da rendere dignitosa la vita per tutti, ma solo per pochi.
Coloro che credono nella dignità umana, siano essi religiosi, siano essi laici, devono mettersi in cammino e costruire nuovi diritti e nuove opportunità di vera esistenza per i tanti fragili del mondo. L’appello è universale, reso più incisivo dal dialogo interreligioso, che dovrà far vivere la più sublime tra le verità, ossia che siamo tutti uguali. Siamo tutti uguali: è una verità che discende da Dio ha sottolineato vigorosamente Papa Francesco. Ciò non basta, occorre allargare gli orizzonti, tenere conto del corso della storia dopo Cristo. San Francesco di ciò è stato maestro. Papa Francesco ha sposato il modo di leggere il Vangelo di San Francesco ed è andato oltre.
Infatti, il suo disegno evangelico è stato includere senza fine, come ha fatto Gesù. Includere significa includere anche le altre religioni. Ed includere anche le altre religioni è l’aspetto dirompente del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’ in quanto rimanda ad un progetto di pace universale che si lega ad un progetto di giustizia universale, non la giustizia umana, ma quella che nasce dalla misericordia che definisce e connota l’identità stessa di Dio, che unica può condurre alla pace, in quanto essa introduce sul sentiero della fratellanza umana, rendendo tutti fratelli.
La pace è il fine ultimo del suddetto Documento. Finché vi saranno divisioni, non vi sarà la pace: è stata questa l’intuizione più evangelica di Papa Francesco. Papa Francesco è diventato in tal modo ‘Il Papa della Storia’, il Papa che ha voluto dimostrare che la verità evangelica, che si è rivelata nella storia, alla storia rivela incessantemente la sua verità, che in essa deve vivere per costituire il legame con Dio, senza mai reciderlo, proprio in quanto, attraversando la storia umana, l’uomo raggiunge il cielo di Dio.
Per tale motivo Papa Francesco ha sottoscritto il Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, con cui si è prefisso di instaurare il dialogo interreligioso. La fratellanza umana non può lasciare nessuno fuori da sé, tantomeno le altre religioni. “Riempire tutto di fratellanza”, come ha sottolineato Papa Francesco, significa creare le fondamenta certe della pace e dell’equità sociale. Far esprimere ognuno, ma anche fare in modo che la propria espressione sia al servizio di tutti: è questo il dialogo, è questa la ragione del dialogo.
Papa Francesco, infine, ha chiamato l’Oriente e l’Occidente ad essere protagonisti di una nuova cultura della vita attraverso il dialogo. Egli ha voluto dimostrare che il crollo di molte certezze costituisce un’opportunità meravigliosa, in quanto induce a cercare aiuto, a chiedere agli altri cosa fare per ricostruire gli argini di un mondo costruito su false certezze. Il Cristianesimo ha insegnato che il crollo di tante effimere certezze dimostra che l’unica verità che resta e non crolla è l’Amore.
L’ha compreso il Poverello di Assisi. L’ ha compreso Papa Francesco. Il Santo di Assisi chiama tutti fratelli e sorelle perché ha capito cosa significa amare. Papa Francesco ha compreso anch’egli cosa significhi amare e ha voluto proseguire, sulle orme del Santo di Assisi, il suo cammino su quel percorso di fratellanza che fa dire all’altro: Tu sei mio fratello ed io ti voglio bene!”
Maimone ha concluso: “Grazie alle attività dell’Associazione, ho richiamato, mediante la comunicazione, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso e il dialogo interculturale, la pace e la solidarietà, che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed ammalati dell’Egitto. L’Associazione è stata fondata in seguito alla sottoscrizione del Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune” da parte di Sua Santità Papa Francesco e da parte del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, in data 4 febbraio 2019..
Il suddetto Documento ha dato vita a numerosi frutti, tra i quali la realizzazione della Casa della Famiglia Abramitica, edificata nella città di Abu Dhabi, che è uno tra i progetti più rilevanti in quanto pone le basi del dialogo interreligioso creando uno spazio fisico, un territorio comune su cui sono stati edificati tre luoghi di culto diversi (una Chiesa, una Sinagoga e una Moschea), posti l’uno accanto all’altro, in ciascuno dei quali si praticano religioni diverse, le quali si interfacciano reciprocamente per dialogare su ogni tema della vita religiosa ed umana.
Gli altri progetti che ho seguito sono stati l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, che è stato inaugurato il 5 maggio 2024 nella città Il Cairo, le Cliniche Mobili itineranti, l’Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù del Cairo’, che è il primo Ospedale del Papa fuori dall’Italia, la ‘Scuola della Fratellanza Umana’ per le persone portatrici di disabilità, la ‘Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana’, denominata ‘Fratello’, che offre pasti gratuiti alle famiglie bisognose egiziane”.
La Reale Accademia Papa Benedetto XV inaugura il secondo anno accademico istituzionale 2025-2026, in occasione del Giubileo Universale della Chiesa Cattolica

In occasione dell’anno del Giubileo Universale della Chiesa Cattolica, domani, oggi alle ore 16, nell’Istituto Santissima Maria Bambina, in Via Paolo VI, 21 – Città del Vaticano, avrà luogo l’inaugurazione del II Anno Istituzionale 2025/26 della ‘Reale Accademia Papa Benedetto XV’, Sodalizio di Collazione Privata delle LL.AA.RR.
I Principi Talluto della Casa Reale Afra di Sant’Agata Vergine e Martire, della quale è Rettore S.A.R. il Principe Nicola Talluto, che si onora di avere quale Patrono Spirituale Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Robert Sarah. L’evento è patrocinato dall’Assemblea Regionale Siciliana, Regione d’origine del Rettore della Reale Accademia.
Nel corso della cerimonia sarà conferito il ‘Premio Internazionale Sant’Agata Vergine e Martire’, che, ogni anno, viene assegnato ad Istituzioni, Enti e Personalità del mondo civile, religioso, militare, della cultura, del giornalismo e dello spettacolo, che si sono adoperate concretamente nella promozione di iniziative atte ad incentivare il dialogo pacifico tra i popoli della terra, al fine di costruire un futuro di pace e fratellanza e che si sono impegnate a realizzare opere umanitarie, filantropiche, sociali e di soccorso a favore dei Paesi in via di sviluppo nelle zone di guerra, nonché nell’aver offerto aiuto reale alle persone più deboli e povere. Il Premio Internazionale di Sant’Agata V.M. rappresenta l’Emblema della Casa Reale.
L’emblema verrà consegnato nelle mani delle personalità scelte per l’edizione 2025 da S.A.R. il Principe Nicola Talluto, dalla Principessa Consorte Rossella Daniela e da Sua Grazia il Duca di Afra Sant’Agata Vergine e Martire, il Maestro Jesus Guillermo Mariotto. Nel contempo sarà conferita la nomina di ‘Presidente Onorario’ della Reale Accademia Papa Benedetto XV a S.E.R. il Vescovo Mons. Antonio Staglianò, Presidente della Pontificia Accademia di Teologia e quella di ‘Responsabile del Dipartimento alle Pari Opportunità della Reale Accademia’ alla Dott.ssa Rossella Erra, presenza costante in molte trasmissioni Rai, in veste di opinionista.
Per l’Edizione 2025 il Premio Internazionale Sant’Agata V.M. è stato assegnato a S.E.R. il Vescovo Mons. Antonio Staglianò, Presidente della Pontificia Accademia di Teologia, Vescovo Emerito di Noto, Comune di Taurianova (RC), già Capitale del libro 2024, nella Persona del Sig. Sindaco Dott. Roy Biasi, all’Ordine dei Ministri degli Infermi Religiosi Camilliani, nella qualità del Superiore Generale Padre Pedro Tramontin, al Presidente Nazionale della Croce Rossa Italiana, Avv. Rosario Maria Gianluca Valastro, a S.E. l’Ambasciatore della Repubblica d’Estonia presso lo Stato Italiano Dott. Lauri Bambus, a S.E. l’Ambasciatore dello Stato di Palestina presso la Santa Sede, Dott. Issah Kassissieh, alla Giornalista e Produttrice Cinematografica Dott.ssa Didi Leoni, al Conduttore di Rai 1, Attore e Regista, Dott. Giuseppe Strabioli, alla Cantante Lirica di fama internazionale Maestra Sandra Pastrana ed alla Fondatrice e Presidente della ADV “Casa Africa”, Dott.ssa Gemma Vecchio.
Interverranno nell’approfondimento della figura di Papa Benedetto XV e del Suo Pontificato Padre P. Koffi Medard Aboue, Consultore dell’Ordine dei Padri Camilliani ed Assistente Internazionale della Famiglia Camilliana Laica, il Prof. Stefano Dominella, Presidente Onorario della Maison Gattinoni e Vicepresidente Sezione Moda e Design di Unindustria, l’Avv. Carlo Delfino, Studioso ed Esperto d’Araldica. Modera il Dott. Cav. Samuele Pulze, Gran Cancelliere della Reale Accademia. Subito dopo gli interventi saranno consegnate le nomine Accademiche ai nuovi membri del Sodalizio Reale.
Tra i Nuovi membri del Senato Accademico vi sono la Dott.ssa Alessandra Canale, conduttrice della Rai Radiotelevisione Italiana, il Dott. Salvatore Diliberto, Ministero della Cultura, Mons.Vittorio Formenti, Prefetto della ‘Fraternitas Mater Dei et Ecclesiae’, il Dott. Gianni Todini, Giornalista, Direttore dell’Agenzia Nazionale di Stampa Askanews, il Dott. Biagio Maimone, Giornalista e Scrittore ed altre eminenti personalità, oltre a tutti coloro che riceveranno il Premio Internazionale Sant’Agata V.M.
In seguito, alle ore 20:30, vi sarà la cena di gala nel Circolo Ufficiali dell’Esercito “PIO IX”, in Via Castro Pretorio, 95, in Roma. Prima di dar corso all’evento saranno osservati due minuti di silenzio, in Suffragio di Sua Santità Papa Francesco.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Rondine per l’inaugurazione di YouTopic Fest 2025

Sarà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad aprire Youtopic Fest, il festival internazionale sul conflitto di Rondine, in programma dal 6 all’8 giugno alla Cittadella della Pace (Arezzo). Il Capo dello Stato ha accolto il nostro invito, mantenendo l’impegno dato ai giovani di Rondine che ospitò al Quirinale nel 2018: sarà proprio lui a inaugurare l’evento venerdì 6 giugno, al termine della marcia ‘In cammino per la pace’ da Arezzo a Rondine, che darà il via ai tre giorni disarmanti di YouTopic e che, tradizionalmente, raccoglie circa cinquemila adesioni tra giovani e adulti, nello stile che ormai si è affermato nel tempo, senza bandiere o simboli di partito, senza barriere, senza esclusioni, ‘non contro ma per’, tutto proteso all’abbraccio dei giovani di Rondine che superano l’odio scaturito dalla guerra, e vivono una esperienza di pace.
La visita del presidente Mattarella e le sue parole si innesteranno soprattutto su due tragedie quotidiane che reclamano soluzione urgente: la guerra in Ucraina e in Medio Oriente. Vissuti dolorosi che Rondine vive ogni giorno con i giovani dei Paesi colpiti, che ostinatamente tessono le relazioni che anticipano quel futuro di cui – speriamo – diventino i primi protagonisti.
Il Presidente sarà qui soprattutto per loro, i giovani della World House di Rondine: israeliani e palestinesi, russi e ucraini, e tanti altri appartenenti a popoli travolti dalla distruzione di guerre dimenticate. Per sostenere il loro coraggio di dire no all’odio e l’impegno in prima persona ad andare oltre la logica del nemico, che alimenta ogni guerra presente e futura, e per lanciare, da questo luogo unico nel mondo, un messaggio nuovo, che aiuti il mondo intero a superare la logica della guerra e fare ingresso in un tempo di pace.
Giovani con il volto e la storia di chi lavora per lasciarsi alle spalle i conflitti armati, scommettendo sulla scelta di camminare, convivere e costruire il futuro proprio con il ‘nemico’. Giovani internazionali ma anche italiani, che attraverso il Quarto Anno Rondine e le Sezioni Rondine (oramai 32 in tutta Italia) si formano al ‘Metodo Rondine’ per la trasformazione del conflitto, praticando ogni giorno il passo possibile per disarmarsi e uscire dall’indifferenza.
Un futuro che si costruisce insieme, e che richiama il titolo di questa edizione di YouTopic Fest: ‘L’ImmaginAzione’. Perché immaginare non è fantasticare, come afferma il presidente e fondatore Franco Vaccari: “Immaginare è sognare come preludio al progettare il cambiamento. E’ frutto e alimento di ogni relazione: il noi orientato al futuro.
Ed allora, come far avanzare i sogni che cambiano il mondo e cacciano gli incubi? Immaginare insieme, facendoci vicini a chi soffre, a chi è impaurito e disorientato, è condividere un po’ di quello che ciascuno di noi è e può. È avere fiducia nel futuro nonostante la nebbia fitta del presente. Immaginare insieme è prendere una direzione, rischiare, avanzare, e poi progettare. Perché ‘c’è sempre un’altra possibilità’. E quella possibilità si può alimentare solo nella concretezza delle relazioni”.
La visita del Presidente Mattarella darà dunque un’impronta speciale all’intera tre giorni del festival, che rimarrà scolpita nella storia di Rondine: un evento che siamo felici di condividere con tutti coloro che in trent’anni hanno supportato questa esperienza, che da un piccolo borgo ha cercato di coltivare il seme della speranza nel mondo. Con tutti, a partire dalla città di Arezzo, dalla quale la nostra avventura è partita, e con quanti hanno via via camminato con noi anche solo per un metro di strada. Una storia di relazioni che tenacemente continua a sostenere il coraggio dei giovani che vogliono un domani luminoso.
L’appuntamento è per il 6, 7, 8 giugno a Rondine Cittadella della Pace per far parte di questo cammino insieme a YouTopic Fest. Il festival è realizzato con il sostegno del PR FSE+ 2021-2027 della Regione Toscana e il contributo di numerosi partner e sostenitori.