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Rondine vola a Milano
Grazie alla vasta rete di relazioni di fiducia e alla collaborazione di lunga data con Kon Group e la Fondazione Kon, l’associazione Rondine Cittadella della Pace si presenta alla città di Milano. Avrà infatti un suo ufficio di rappresentanza nella sede meneghina di Kon in Largo Augusto, 8.
“Un’opportunità preziosa per diffondere ancora di più il messaggio di pace e trasformazione creativa del conflitto”, afferma il presidente di Rondine, Franco Vaccari. “Siamo profondamente grati a tutti gli amici di Kon e in particolare a Francesco Ferragina. Ancora una volta, Rondine spicca un volo più alto grazie alla forza di relazioni vere e sincere. E quelli che non lo sanno sono invitati a venire, a tornare, perché quello che si fa a Rondine è un artigianato, non è un’industria, è un artigianato relazionale”.
Continua il Presidente Vaccari: “Un luogo dove arrivano ragazzi segnati da storie di guerra, di dolore, di fallimenti. Dove tendere la mano al nemico è un’esperienza che dà il segno del fallimento. Invece proiettare nel futuro un dolore condiviso, insieme alla persona che viene dalla stessa tragedia, è gesto di grande coraggio che apre alla meraviglia dell’umano. Abbiamo bisogno di non essere disumani e di non far crescere questo clima di odio, di contrapposizione, di radicalizzazione. Noi siamo al servizio di questo, e lo facciamo perché sono questi giovani che ci insegnano che è possibile”.
Ha dato il benvenuto all’inaugurazione Francesco Ferragina, presidente e uno dei fondatori del gruppo Kon: “A me piace pensare che Rondine possa volare a Milano. Non esiste un posto in Italia in cui ci possa essere una migliore accoglienza e una maggiore sensibilità rispetto ai temi che affronta. Noi abbiamo creduto tanto in Rondine da subito: ha coinvolto tutti noi sia come professionisti che, soprattutto, come persone.
Riteniamo che il messaggio di Rondine sia importantissimo da diffondere e quindi abbiamo pensato che l’Associazione potesse essere testimonial di alcune delle nostre iniziative. Sono molto felice di offrire la nostra sede per ospitare Rondine”. Nell’occasione, Ferragina è stato nominato Ambassador di Rondine “per il suo instancabile impegno nel diffondere il Metodo Rondine nel mondo aziendale.
Ospite d’onore la Senatrice a vita, Liliana Segre da sempre vicina a Rondine e al suo lavoro per il dialogo tra i popoli. Nel suo saluto ha ricordato il primo incontro con il Presidente Franco Vaccari a Camaldoli, ormai più di vent’anni fa, e la scoperta emozionante dell’esistenza della Cittadella della Pace che volle subito visitare. “E io, quando vidi Rondine e capii questa per me utopica idea di far diventare tutti fratelli, rimasi sconvolta. Cioè, faticavo a crederci. Sì, rimasi sbalordita perché era una realtà che non credevo che si potesse neanche immaginare”.
Così la Senatrice nel dipanare il racconto di una lunga amicizia che passa anche da quell’incontro ad Arezzo nel 2012 con 4500 studenti, fino al dono, proprio a Rondine, della sua ultima testimonianza pubblica il 9 ottobre del 2020: “Sì – conclude Liliana Segre – non ho mai fatto più una testimonianza pubblica, mi sentivo che lì, vicino all’arena dedicata alla mia amica Janine e quel posto dove si cerca di far diventare amici i nemici… era il posto per me”.
Presenti, inoltre, tanti amici e sostenitori, a partire dal Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Andrea Migliavacca. Non è mancato l’intervento di una di giovane milanese, Rita, che ha avuto l’opportunità di studiare a Rondine per imparare ad abitare il conflitto partecipando al Quarto Anno Rondine: “Quando sono arrivata non avevo neanche capito di avere bisogno di Rondine. Oggi so che era effettivamente quello di cui avevo bisogno, per andare in profondità dentro di me e nelle relazioni con gli altri. Rondine mi ha permesso di imparare a leggere la realtà in cui vivo”.
Ed oggi già un nuovo appuntamento milanese per Rondine, chiamata a premiare le imprese di pace nell’ambito dei ‘Sustainability Awards’ promossi proprio dal Gruppo Kon con Elite e la main partnership di Azimut. La quarta edizione del Premio, oggi a Palazzo Mezzanotte, è tesa a favorire un incremento della cultura della sostenibilità nel sistema imprenditoriale italiano attraverso la valorizzazione delle buone pratiche e degli imprenditori che hanno fatto della sostenibilità il driver dello sviluppo strategico della propria azienda.
(Foto: Rondine Cittadella della Pace)
Monsignor Christian Carlassare: ‘La pace si raggiunge con il dialogo’
Più di 10.000.000 bambini in Sudan si sono trovati in una zona di guerra attiva e a meno di cinque chilometri di distanza da spari, bombardamenti e altre violenze mortali, dall’inizio del conflitto più di un anno fa, il 15 aprile 2023, un numero più alto di quello dei minori che vivono attualmente in Italia.
Il Paese, dopo un anno e mezzo, è di fatto diviso in tre parti:: l’una in mano all’esercito regolare, che si professa custode della transizione che controlla faticosamente gran parte del corso del Nilo, la costa del Mar Rosso con il porto di Port Sudan (ormai capitale di fatto) e parte degli stati del Sud-Est; una seconda, alcuni stati del Sud-Ovest e gran parte del Darfur, è sotto il controllo delle RSF.
Infine, una terza vasta area dispersa nel paese è in mano a varie forze ribelli legate a neonati interessi, antichi raggruppamenti ed eterodosse fedeltà locali, venate di identificazioni etniche spesso estese oltre-confine. Le maggiori città sono contese, anche la capitale Khartoum: un anno fa una delle maggiori megalopoli d’Africa con quasi 7.000.000 di abitanti, oggi devastata e spopolata.
I combattimenti hanno condotto ad una delle peggiori crisi umanitarie in corso sul pianeta, la più grave per quanto riguarda gli sfollati: oltre 9.000.000 di nuovi sfollati di cui più di 2.000.000 quelli fuggiti in altri paesi; almeno 13.000 i morti accertati, di certo sottostimati; almeno 11.000 casi colera sono segnalati, l’80%degli ospedali del Sudan è fuori uso e metà della popolazione necessita d’una forma di aiuto ma gli aiuti sono scarsi e in molte aree difficilmente accessibili a causa dell’insicurezza. Il tessuto sociale del Paese è stato fatto a pezzi dalla guerra, la popolazione civile è vittima di violenze dilaganti, bambini uccisi, violentati e reclutati dalle milizie come arma di guerra.
A mons. Christian Carlassare, vescovo di Rumbek, in Sud Sudan, abbiamo chiesto di spiegarci i motivi per cui il conflitto in Sudan aumenta: “Il conflitto sudanese ha radici profonde perché nasce da problemi già presenti nella guerra in Darfur cominciata più di 20 anni fa e mai risolti. Ora la questione del Darfur si è allargata a tutto il Paese. In aggiunta possiamo dire che il conflitto sudanese non è semplicemente una guerra tra due generali, poiché l’esercito SAF e la milizia RSF sono inestricabilmente inseriti nella vita economica del paese attraverso legami con gruppi di élite sudanesi che controllano vari settori dell’economia a proprio vantaggio.
Quindi è un conflitto molto complesso che alla base ha elementi economici, problematiche regionali esacerbate da questioni etniche, senza dimenticare interessi internazionali ed elementi religiosi come l’aspirazione della fazione islamista estromessa dal governo nel 2019 di tornare al potere”.
Perché la guerra in Sudan è una guerra ‘fantasma’?
“Probabilmente perché non gli viene data la dovuta importanza dalla comunità internazionale (soprattutto America e Paesi europei) per cui l’attenzione mediatica e l’aiuto umanitario sono rivolti soprattutto a Gaza ed Ucraina. Ma in realtà la crisi umanitaria sudanese è altrettanto grave sia per le uccisioni e crimini commessi, sia per il numero di persone che sono sfollate nella più totale assenza di sicurezza e servizi e la conseguente fame.
Il Sudan è abbandonato a sé stesso da chi non vede in esso interessi economici e strategici. Russia, Emirati Arabi, Arabia Saudita e in parte l’Egitto invece sono più coinvolti, ma non è scontato che stiano lavorando per la pace. Se ci fossero meno armi e meno soldi per comprarle, forse quelli che oggi combattono per il controllo di alcune aree e risorse si siederebbero a un tavolo per la pace”.
Quali ripercussioni ha questo conflitto in Sud Sudan?
“Il Sud Sudan osserva quello che sta accadendo in Sudan con grande preoccupazione perché il legame tra i due Paesi rimane, pur con l’indipendenza del Sud. Molti Sud Sudanesi avevano trovato rifugio in Sudan durante il conflitto 2013-2019. Comunque il Sudan continuava ad offrire buone opportunità di studio e cure mediche, oltre che vantaggi negli investimenti e nel commercio. Ora non più. Molti Sud Sudanesi sono rientrati, dopo aver perso tutto, e senza trovare molto. L’estrazione del petrolio è rallentata ed il trasporto lungo l’oleodotto fino a Port Sudan è diventato più incerto come anche questa entrata che rappresenta 85% del PIL del paese.
In aggiunta, il Sud Sudan non è veramente in pace nonostante l’accordo R-ARCSS. Anche se non si registrano scontri tra i principali gruppi armati, in molte parti del Paese si registrano violenze legate a conflitti locali.
Vengono descritti come scontri locali o comunitari perché interessano piccoli gruppi di diversa etnia, e sono spesso legati all’accesso ad alcune risorse del territorio. Ma le cause non sono accidentali, di fatto sono collegate alle dinamiche politiche nazionali. Mentre il Sud Sudan ha teoricamente un governo transitorio di unità nazionale, in pratica c’è una lotta tra le diverse fazioni del governo e dell’opposizione per il potere e c’è poca cooperazione fra loro.
Tutte le fazioni lavorano per i propri interessi piuttosto che per il bene della nazione e dei cittadini. Sembra mancare la volontà politica di attuare le disposizioni della R-ARCSS. E, purtroppo, le elezioni (che dovrebbero essere a dicembre prossimo) fanno parte di questa lotta per il potere.
Il principale partito di governo vorrebbe le elezioni. L’opposizione le vorrebbe posticipate. In generale preoccupa l’impreparazione generale. Le elezioni non sono un singolo evento, richiedono un processo che dura nel tempo. Comportano molti elementi: la demarcazione delle circoscrizioni elettorali che richiederebbero un censimento, la registrazione degli elettori, la registrazione dei partiti politici e dei candidati, l’istituzione di un sistema elettorale indipendente, la commissione elettorale, la formazione dei funzionari elettorali, una pianificazione della logistica cioè come raggiungere tutti distretti in un territorio così vasto e povero di infrastrutture e comunicazioni, come garantire la sicurezza e l’ordine nello svolgimento delle votazioni, l’educazione civica degli elettori.
Praticamente nulla di tutto questo è ancora avvenuto. È anche difficile prevedere come sarà possibile votare in alcune regioni dove non c’è sicurezza, o dove la popolazione è pressoché tutta sfollata a causa anche degli allagamenti.
Per di più, non si tratta di semplici elezioni di routine come quelle che si svolgono regolarmente in altri paesi. Queste elezioni fanno effettivamente parte dell’R-ARCSS, che è un accordo di pace firmato dalle parti coinvolte nella guerra civile del 2013. In effetti, l’elezione costituisce l’ultima tappa dell’accordo dopo che tutte le altre sono state raggiunte.
Queste includono la ratificazione di una costituzione che per ora rimane transitoria, la riforma dell’esercito e della difesa, la riforma della giustizia, il dialogo nazionale e la riconciliazione. La maggior parte di queste riforme non sono state fatte. E’ quindi difficile capire come si possano avere delle elezioni legittime quando mancano le condizioni previe.
Al momento sono in atto delle trattative moderate dal presidente Ruto del Kenya con la partecipazione della Comunità di Sant’Egidio per cercare di uscire da questa situazione di stallo. Si continua a sostenere la necessità di andare alla radice dei problemi che sono legati alla costituzionalità stessa del paese, al rispetto della legge, al buon governo che sappia superare corruzione e nepotismo.
Bisogna saper guardare oltre l’accordo di pace e le elezioni stesse. E’ necessario promuovere un serio dialogo nazionale indipendente dalle forze al governo ed élite militari, dove la comunità civile, i gruppi ecclesiali, gli anziani, le donne e i giovani possano parlare ed essere finalmente ascoltati”.
La conferenza episcopale di Sudan e Sud Sudan invita al dialogo: è una via percorribile?
“E’ l’unica via. Senza un dialogo nazionale indipendente e a tutto campo non si supereranno mai i pre-giudizi che cui sono tra diversi gruppi etnici. Le narrative negative che contrappongono piuttosto di unire rimarranno intatte. Le ferite per le violenze subite rimarranno aperte ed infette senza possibilità di guarigione. Senza dialogo inclusivo alcuni gruppi di potere continueranno a manipolare le comunità locali.
Quindi non basta un dialogo formale compiuto da un gruppo limitato di persone in rappresentanze delle altre. E’ necessario nel paese un atteggiamento di ascolto ed educazione alla conoscenza reciproca per individuare un bene che sia comune e che appartenga a tutta la popolazione. Il governo deve essere progressivamente capace di offrire pari opportunità e sviluppo a tutte le comunità del paese, dando attenzione ai gruppi più svantaggiati e vulnerabili”.
Dopo la conclusione delle Olimpiadi parigine, in cui la squadra di pallacanestro ha partecipato per la prima volta, il basket in Sud Sudan può essere un momento di riscatto e di riappacificazione?
“L’esperienza delle Olimpiadi è stata certamente una esperienza molto importante per la squadra di basket del Sud Sudan. Le imprese della squadra è stato motivo di orgoglio nazionale e tanta gente ha seguito con interesse e grande speranza. Il messaggio di questa esperienza è che l’unione fa la forza, e lavorare sodo porta sempre buoni frutti. Spero sia un messaggio che venga raccolto dal paese perché sia in grado di costruire relazioni sociali improntate sul rispetto, la gentilezza e la coesione”.
Nello scorso luglio è anche vescovo della diocesi di Bentiu con 621.000 battezzati su una popolazione di 1.132.000 persone: per quale motivo papa Francesco ha eretto la diocesi di Bentiu?
“E’ un processo che è iniziato qualche tempo fa in seguito alla grande crescita di fede e impegno ecclesiale della popolazione locale. Gli agenti pastorali laici hanno più volte chiesto alla Chiesa più attenzione considerando la vastità della diocesi di Malakal e il numero esiguo di ministri ordinati. Al mio arrivo in Sud Sudan nel 2005 questo territorio aveva solo due parrocchie, una retta da un prete diocesano e l’altra retta da una comunità di missionari comboniani. I catechisti erano più di 600 e presenti nel territorio a guida di altrettante cappelle. Oggi lo stesso territorio ha sette parrocchie, sette preti diocesani, due diaconi, e due comunità religiose, i missionari comboniani e i frati minori cappuccini.
Il motivo per il quale papa Francesco ha eretto questa diocesi risponde al bisogno di essere una Chiesa che si fa prossima, che esce dal tempio e si fa compagna di strada di coloro che hanno perso tutto, ma non la propria umanità. Al momento si calcola che nella regione, circa il 90% della popolazione è sfollata a causa prima del conflitto ed ultimamente dell’alluvione che ancora colpisce il territorio. Tra Bentiu e Rubkona, due città collegate da un ponte, vivono circa 200.000 persone dentro una trentina di chilometri di terrapieno dove da 4 anni il livello dell’inondazione del Nilo supera quello del terreno.
Nel ‘campo sfollati’ di Rubkona circa 130.000 persone vivono stipati in una situazione del tutto anomala poiché dipendono dall’assistenza dell’ONU e delle agenzie umanitarie. Forse la diocesi, dando forza alle comunità cristiane locali, può essere richiamo di un bisogno di normalità, di pace e di sviluppo umano integrale di cui la gente ha tanto bisogno”.
(Foto: Aci Stampa)
Papa Francesco: lo Spirito Santo è consolante
“E non dimentichiamo i Paesi in guerra; non dimentichiamo la martoriata Ucraina, la Palestina, Israele, Myanmar. Fratelli e sorelli non dimentichiamo che la guerra sempre, sempre, è una sconfitta. Non dimentichiamo questo e preghiamo per la pace e lottiamo per la pace”: anche oggi al termine dell’udienza generale papa Francesco ha invitato a pregare per la pace. Ed in lingua polacca ha ricordato il beato don Popiełuszko nel 40° anniversario del suo martirio: “Questo Beato, che ha insegnato a vincere il male con il bene, vi sostenga nel costruire l’unità nello spirito della verità e del rispetto per la dignità della persona umana”.
Mentre nell’udienza generale ha continuato il ciclo delle catechesi sullo Spirito Santo, incentrando la meditazione sul tema: ‘Credo nello Spirito Santo’, tratto dal capitolo 14 del vangelo di Giovanni apostolo: “Con la catechesi di oggi passiamo da ciò che sullo Spirito Santo ci è stato rivelato nella Sacra Scrittura a come Egli è presente e operante nella vita della Chiesa, nella nostra vita cristiana.
Nei primi tre secoli, la Chiesa non ha sentito il bisogno di dare una formulazione esplicita della sua fede nello Spirito Santo. Per esempio, nel più antico Credo della Chiesa, il cosiddetto Simbolo apostolico, dopo aver proclamato: ‘Credo in Dio Padre, creatore del cielo e della terra, e in Gesù Cristo, nato, morto, disceso agli inferi, risorto e asceso al cielo’, si aggiunge: ‘nello Spirito Santo’ e niente di più, senza alcuna specificazione”.
La precisazione fu resa necessaria a causa di eresie fin dai primi secoli della Chiesa: “Ma fu l’eresia a spingere la Chiesa a precisare questa sua fede. Quando questo processo iniziò (con Sant’Atanasio nel quarto secolo) fu proprio l’esperienza che essa faceva dell’azione santificatrice e divinizzatrice dello Spirito Santo a condurre la Chiesa alla certezza della piena divinità dello Spirito Santo. Questo avvenne nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli, del 381, che definì la divinità dello Spirito Santo con le note parole che ancora oggi ripetiamo nel Credo”.
Quindi lo Spirito Santo è ‘uguale’ a Dio, cioè ‘consustanziale’: “Dire che lo Spirito Santo ‘è Signore’ era come dire che Egli condivide la “Signoria” di Dio, che appartiene al mondo del Creatore, non a quello delle creature. L’affermazione più forte è che a Lui si deve la stessa gloria e adorazione che al Padre e al Figlio. È l’argomento dell’uguaglianza nell’onore, caro a san Basilio Magno, che fu l’artefice principale di quella formula: lo Spirito Santo è Signore, è Dio.
La definizione conciliare non era un punto di arrivo, ma di partenza. E infatti, superati i motivi storici che avevano impedito una affermazione più esplicita della divinità dello Spirito Santo, questa verrà tranquillamente proclamata nel culto della Chiesa e nella sua teologia”.
Purtroppo tale definizione provocò ulteriori divisioni: “La Chiesa latina ben presto integrò questa affermazione aggiungendo, nel Credo della Messa, che lo Spirito Santo procede ‘anche dal Figlio’. Siccome in latino l’espressione ‘e dal Figlio’ si dice ‘Filioque’, ne è nata la disputa conosciuta con questo nome, che è stata la ragione (o il pretesto) per tante dispute e divisioni tra Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente”.
Non addentrandosi in questa diatriba il papa ha invitato ad un cammino insieme: “Non è certo il caso di trattare qui tale questione che, del resto, nel clima di dialogo instauratosi tra le due Chiese, ha perso l’asprezza di un tempo e oggi permette di sperare in una piena accettazione reciproca, come una delle principali ‘differenze riconciliate’. A me piace dire questo: ‘differenze riconciliate’. Fra i cristiani ci sono tante differenze: questo è di questa scuola, dell’altra; questo è protestante, quello… L’importante è che queste differenze siano riconciliate, nell’amore di camminare insieme”.
Quindi ha sottolineato che lo Spirito Santo è ‘vivificante’: “Superato questo scoglio, oggi possiamo valorizzare la prerogativa per noi più importante che viene proclamata nell’articolo del Credo, e cioè che lo Spirito Santo è ‘vivificante’, cioè dà la vita. Ci domandiamo: che vita dà lo Spirito Santo? All’inizio, nella creazione, il soffio di Dio dà ad Adamo la vita naturale; da statua di fango, lo rende ‘un essere vivente’. Ora, nella nuova creazione, lo Spirito Santo è Colui che dà ai credenti la vita nuova, la vita di Cristo, vita soprannaturale, da figli di Dio”.
Ed ecco la vera notizia ‘consolante’: “E’ che la vita che ci è data dallo Spirito Santo è vita eterna! La fede ci libera dall’orrore di dover ammettere che tutto finisce qui, che non c’è alcun riscatto per la sofferenza e l’ingiustizia che regnano sovrane sulla terra… Lo Spirito abita in noi, è dentro di noi. Coltiviamo questa fede anche per chi, spesso non per colpa propria, ne è privo e non riesce a dare un senso alla vita. E non dimentichiamo di ringraziare Colui che, con la sua morte, ci ha ottenuto questo dono inestimabile!”
In precedenza papa Francesco aveva ricevuto i membri della Società Italiana di Chirurgia in occasione del 126^ Congresso nazionale dal titolo ‘Il futuro del chirurgo – il chirurgo del futuro’, invitandoli ad essere custodi della vita: “Il vostro lavoro e la vostra missione saranno sempre importantissimi: vi invito perciò a essere custodi della vita di chi soffre. Anche quando una persona non può guarire, può però sempre essere curata, perché nessuno sia mai considerato o si senta uno scarto”.
Ed ha consegnato loro un’icona: “Ed a questo riguardo, stimati chirurghi, vorrei concludere consegnandovi un’icona che può ispirare il futuro della vostra professione: l’icona di Gesù medico delle anime e dei corpi (ossia di tutto l’uomo) narrata nella parabola del buon Samaritano. In essa, colui che si prende cura vede e si ferma senza fretta: ha compassione di chi incontra, gli si fa vicino e ne fascia le ferite. Vede, ha compassione, si fa vicino e ne fascia le ferite. Sono questi gli atteggiamenti che io vi raccomando: vedere con amore, provare compassione, farsi vicino e prendersi cura. E’ così che ogni buon medico diventa il prossimo del paziente”.
(Foto: Santa Sede)
A New York premiato il dialogo interreligioso quale veicolo di pace
Il giornalista, scrittore e comunicatore Biagio Maimone, Direttore dell’ufficio stampa dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, riceverà a New York, oggi, all’istituto italiano di cultura, il ‘Caruso Tribute Prize”, che è un riconoscimento destinato alle eccellenze italiane, ossia a coloro che si sono distinti nei vari rami delle attività culturali.
Il premio come ‘miglior comunicatore italiano del 2024’ gli è stato riconosciuto per aver creato una nuova corrente di pensiero nell’ambito della comunicazione, divulgata con il libro ‘La Comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’ che pone al centro la parola educativa, la parola che egli definisce ‘vitale’ in quanto capace di creare relazioni umane improntate al rispetto reciproco, alla fratellanza, al rispetto della sacralità della dignità umana, che non può essere umiliata con offese e menzogne. Il libro ha ricevuto la Santa Benedizione Apostolica di Sua Santità Papa Francesco.
Il premio tiene conto soprattutto dell’impegno di Maimone per aver richiamato, mediante il giornalismo, alla necessità di far vivere il dialogo interreligioso per creare la pace attraverso le iniziative dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ che si qualifica nei termini di attività giornalistica a favore dei bambini poveri ed abbandonati dell’Egitto, L’Associazione è stata fondata da Monsignor Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario personale di Papa Francesco, in seguito alla sottoscrizione del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, il 4 febbraio 2019, da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb.
Il suddetto Documento ha dato vita a numerosi frutti, tra i quali la realizzazione della Casa della Famiglia Abramitica, edificata nella città di Abu Dhabi, che è uno tra i progetti più rilevanti in quanto pone le basi del dialogo interreligioso creando uno spazio fisico, un territorio comune su cui sono stati edificati tre luoghi di culto diversi (una Chiesa, una Sinagoga e una Moschea), posti l’uno accanto all’altro, in ciascuno dei quali si praticano religioni diverse, le quali si interfacciano reciprocamente per dialogare su ogni tema della vita religiosa ed umana.
Gli altri progetti seguiti dal giornalista Maimone sono stati l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, che è stato inaugurato il 5 maggio 2024 nella città Il Cairo, i Convogli medici, che effettuano visite mediche in ogni angolo del territorio dell’Egitto per le persone disagiate, la ‘Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana’, denominata ‘Fratello’, che offre pasti gratuiti alle famiglie bisognose egiziane.
Entro la fine dell’anno si avvieranno i lavori per la costruzione dell’Ospedale ‘Bambino Gesù del Cairo’, il primo ‘Ospedale del Papa’ fuori dall’Italia e la ‘Scuola della Fratellanza Umana’ per le persone portatrici di disabilità: “In veste di Fondatore e Presidente dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ desidero formulare un messaggio di apprezzamento dell’impegno di Biagio Maimone, sia in veste di giornalista, sia in veste di scrittore, nonché di Direttore dell’Ufficio Stampa della suddetta Associazione”, ha scritto mons. Yoannis Lazhi Gaid nella lettera di ringraziamento indirizzata a Maimone sottolineando altresì:
“Nel contempo mi è gradita l’occasione per poter esprimere la mia condivisione dei contenuti del saggio ‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’. Mi preme sottolineare, altresì, che il libro ha ricevuto la Benedizione Apostolica da Sua Santità Papa Francesco, mediante la Segreteria di Stato, con le seguenti parole: ‘Sua Santità assicura un ricordo nella preghiera e, mentre auspica che la società così come la Chiesa si avvalgano di una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità, invoca l’intercessione della Santa Vergine Maria e di cuore imparte la Benedizione Apostolica, con l’augurio di ogni bene nel Signore’.
Desidero inoltre far presente la partecipazione attiva di Biagio Maimone alla promozione del dialogo interreligioso, mediante il suo impegno giornalistico, con cui divulga le iniziative dell’Associazione. Il suo impegno, senz’altro, contribuisce a qualificarlo, ancor più, come autorevole professionista della comunicazione socio-umanitaria, che lo rende altamente meritevole del premio che riceverà a New York, come miglior comunicatore dell’ anno.
L’essere partecipe alla diffusione dei messaggi del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, fa di Biagio Maimone un comunicatore attento alla dimensione religiosa, nonché spirituale della vita. Molto profondo è l’anelito che lo guida nella divulgazione dei progetti scaturenti dal Documento sulla Fratellanza Umana, che, mediante l’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, sono stati realizzati”.
L’evento, organizzato da Dante Mariti e prodotto dalla Melos International si terrà il 15 ottobre 2024, a partire dalle ore 19.30, e vedrà la partecipazione di prestigiosi personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e del made in Italy, i quali saranno premiati per essersi distinti come eccellenze.
“Il dialogo è la condizione imprescindibile per realizzare la pace ed esso vive se chi comunica utilizza la ‘parola vitale’, tale in quanto genera la vita e non il conflitto. La comunicazione è vitale, pertanto, quando fa sgorgare dal cuore umano l’amore per la Bellezza, che è l’espressione di un disegno di amore insito nell’interiorità di ogni persona, da proiettare nella realtà per emanciparla e renderla una dimora accogliente per tutti, nella quale non vi è posto per la violenza e la conseguente esclusione” ha dichiarato il giornalista, il quale ha aggiunto:
“L’Amore per la ‘Bellezza’, da veicolare attraverso la comunicazione, la parola scritta e parlata, inevitabilmente, conduce all’amore per i deboli, per gli ultimi, al fine di renderli forti, inclusi, risvegliando in loro la gioia di vivere”. L’evento, organizzato da Dante Mariti e prodotto dalla Melos International si terrà il 15 ottobre 2024, a partire dalle ore 19.30, e vedrà la partecipazione di prestigiosi personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e del made in Italy, i quali saranno premiati per essersi distinti come eccellenze.
Da Rondine città della pace un appello al dialogo
“Proteggiamo gli ‘spazi terzi’ come lo sport per tenere viva la possibilità del dialogo tra i popoli”: Rondine, chiamata a collaborare per preservare lo spirito agonistico positivo dello sport e della prossima partita di calcio della Nazionale a Udine, rilancia invitando le Istituzioni coinvolte alla Cittadella della Pace di Arezzo per costruire iniziative che assicurino lo sport come naturale servizio alla pace con l’obiettico comune di garantire spazi sicuri dove la diversità possa continuare a coesistere nel riconoscimento dell’esistenza dell’altro, seppur nella divergenza di posizioni e visioni.
In occasione della partita di calcio Italia – Israele, in programma stasera ad Udine il presidente di ‘Rondine – Cittadella della pace’, Franco Vaccari, ha scritto ai rappresentanti delle Istituzioni civili: “Gentilissimi, apprezziamo e stimiamo la richiesta di incontro e di collaborazione con Rondine lanciata dal sindaco di Udine Felice De Toni: sono convinto che l’obiettivo sia comune, portare un messaggio concreto di pace, radicato nel coraggio quotidiano dei giovani provenienti dal Medio Oriente che nella World House della Cittadella della Pace cercano di spezzare la catena crescente dell’odio. Vogliono riconoscersi reciprocamente il diritto di esistere e di vivere un difficile dialogo quotidiano: e questo è il nostro terreno comune.
Nelle interlocuzioni con i diversi soggetti territoriali e nazionali abbiamo constatato l’intenzione di tutti che accompagna la prossima partita Italia-Israele, che si svolgerà a Udine il 14 ottobre: fare in modo che lo sport – il calcio in questo caso – possa essere quello “spazio terzo”, quella risorsa morale e culturale per cui è nato e continua a trovare una sua preziosa ragion d’essere, anche nei momenti più tragici della storia. Così possiamo dare un contributo con tutti voi per difendere la forza e la bellezza dello sport da rischi e tensioni che in questo momento potrebbero crearsi. Rondine non interviene perché è coinvolto uno Stato o un altro.
Rondine semplicemente non può che essere la naturale alleata dello sport, il luogo dove si vive – e si gioca! – come avversari, mai come nemici. Rondine infatti è uno spazio “terzo”, anzi di più: è un luogo e un’esperienza viva che ogni giorno è equamente coinvolta con le vittime delle guerre – i giovani – che sono ospitate e aiutate a ospitarsi, per uscire dall’avvelenamento causato dall’idea di “nemico”. Tutte le persone e le istituzioni che promuovono sinceramente la pace vogliono proteggere gli “spazi terzi”. Questi luoghi, soprattutto nei momenti di maggiore tensione e durante i conflitti, devono rimanere uno spazio sicuro dove la diversità possa continuare a coesistere nel riconoscimento dell’esistenza dell’altro, seppur nella divergenza di posizioni e visioni, tenendo viva la possibilità del dialogo tra i popoli.
In tal senso, ci uniamo a tutte le istituzioni coinvolte a vario titolo nella prossima partita, e invitiamo anche altri soggetti del territorio di Udine a condividere pienamente questa intenzione, in modo corale, perché il calcio e lo sport in generale siano un momento di umanità, di riconoscimento al di là e al di sopra delle tragiche contingenze a cui assistiamo ogni giorno.
Aderiamo innestando qui, oggi, la nostra iniziativa – “Il vero nemico è la guerra” – lanciata il 24 aprile a Firenze, in Palazzo Vecchio, attraverso la voce forte e autentica di quattro giovani: un israeliano, un palestinese, una ucraina e una russa. È una proposta sul tappeto che invita tutti a riconoscersi in una comune umanità prima delle singole appartenenze, vedendo nelle differenze una risorsa per lo sviluppo umano integrale.
È una iniziativa che, dalle Nazioni Unite alle nostre istituzioni italiane, è riconosciuta e che, trovando una ulteriore, forte risposta in tale delicata circostanza, potrebbe suscitare un consenso ancor maggiore, soprattutto nei cittadini e nelle cittadine che ogni giorno di più sono angosciati e smarriti e, pur volendo sinceramente la pace, non sanno orientare i loro pensieri e le loro possibili azioni.
Quindi, in uno spirito inclusivo, non vogliamo solo accettare il dialogo con le istituzioni territoriali e nazionali, ma anche rilanciare proponendo a tutti i soggetti coinvolti e interessati “l’ospitalità” a Rondine, a breve, per confrontarci e provare a costruire una collaborazione più ampia che possa portare a future azioni concrete che leghino indissolubilmente lo sport e la pace, a partire dal territorio di Udine e del Friuli-Venezia Giulia, anche oltre i confini nazionali.
Vi invitiamo a incontrarci a Rondine, luogo “terzo” ed equi-coinvolto, includendo anche le scuole, le categorie economiche e civili, in un vero spirito di condivisione. Inoltre, vista la nostra quotidiana esperienza nel dialogo interreligioso, invitiamo anche i rappresentanti delle comunità ebraiche, musulmane e cristiane, quest’ultima nella persona dell’arcivescovo Monsignor Riccardo Lamba.
In attesa di una auspicata risposta da parte di tutti, invio un caro saluto, anche e soprattutto a nome dei giovani che giungono a Rondine dai teatri di guerra, e si sentono ospitati da una Italia che in ogni suo angolo e iniziativa – in questo caso Udine e il Friuli-Venezia Giulia – sta dalla “loro” parte”.
Il Metodo Rondine: la sperimentazione arriva anche nelle scuole secondarie di primo grado
Oltre 500 persone a Rondine da tutta Italia e del mondo per l’Inaugurazione dei Percorsi Formativi a Rondine quest’anno per la prima volta nell’ambito della Giornata della Virtù Civile in Toscana promossa dall’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli. Il Benvenuto delle community ai nuovi 15 studenti della World House, alla classe del Quarto Anno Rondine e alle 32 Sezioni Rondine attivate in tutta Italia.
A Rondine torna a suonare la campanella del primo giorno scuola in una giornata che ha dato avvio ad un nuovo anno di formazione. Tre i principali percorsi formativi in partenza, tutti uniti dal Metodo Rondine. Dal benvenuto alla nuova generazione degli studenti della World House provenienti da luoghi di guerra, all’avvio del nuovo anno scolastico nella Cittadella della Pace di Arezzo per i 31 studenti del Quarto Anno Rondine fino alla partenza delle nuove Sezioni Rondine nelle scuole di tutta Italia, che quest’anno per la prima volta è stata attivata anche nelle scuole medie o meglio secondarie di primo grado.
Una giornata che ha visto il borgo di Rondine animato dalla presenza di oltre 500 persone provenienti da tutta Italia tra studenti, docenti e dirigenti scolastici ma che ha visto anche la forte partecipazione di tanti partner e autorità che hanno permesso la crescita delle opportunità formative di Rondine rivolte alla trasformazione creativa del conflitto:
“E’ un grande piacere essere qui insieme oggi. Come sapete, questo appuntamento di fine settembre è un momento di festa. Rondine ha la forza di fare festa nonostante quello che succede, non perché dimentica, ma perché ha speranza. Grazie a voi, venendo a Rondine regalate un pezzettino di fiducia: la Cittadella prende questo patrimonio e cerca di riprodurlo”, ha affermato il presidente di Rondine, Franco Vaccari, che continua: “Stamani, forse qualcuno l’ha potuto leggere nell’editoriale di Avvenire. Ho voluto ribadire che sì, la tregua è importante, ma senza il riconoscimento non può esserci tregua. Come nelle nostre relazioni personali: se non c’è riconoscimento, se sento che l’altro vuole solo la mia eliminazione, come posso arrivare a una tregua? Il riconoscimento, come in tutte le nazioni, ha bisogno di un investimento di fiducia. Se Rondine ha una sua forza, è perché tutti noi stiamo mettendo in questo francobollo di terra e nella sua esperienza la fiducia”.
Quest’anno inoltre, per la prima volta l’inaugurazione dei Percorsi formativi di Rondine, si è svolta nell’ambito della prima Giornata della Virtù Civile in Toscana promossa dall’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli con Rondine nel comune impegno per il dialogo, la convivenza pacifica e la cittadinanza attiva: ““Per me, questo è come un gemellaggio di due sogni che condividono idee e valori, valori straordinariamente incarnati dall’avvocato Giorgio Ambrosoli”, ha affermato in apertura il Presidente dell’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli, Roberto Notarbartolo di Villarosa consegnando l’attestato della borsa di studio alla studentessa della World House Elina, proveniente dall’Armenia: “So che tornerete ai vostri paesi con carichi importanti e grandissime responsabilità, soprattutto quella di essere voi stessi semi di pace. Questo, come è stato raccontato questa mattina. Grazie soprattutto al vostro coraggio e alla vostra determinazione, insieme all’appoggio delle vostre famiglie. A voi giovani, a voi ragazzi così preparati, è possibile affidare la parte migliore del futuro del mondo. Questo è il nostro sogno”.
A seguire il benvenuto di uno studente senior alla nuova generazione della World House di Rondine, composta dai 15 giovani kosovari, bosniaci, serbi, armeni, azeri, osseti, maliani, colombiani, che hanno accettato la sfida di incontrare il nemico e formarsi come leader di pace: “Qui, cammineremo insieme sul sentiero della pace, passando davanti alle nostre bandiere che non solo rappresentano i nostri paesi, ma anche noi stessi, con tutte le qualità che possediamo come esseri umani.
Impareremo ad accettare le differenze, abbracciare coloro che sono diversi, celebrare i compleanni degli altri come se fossero nostri e rallegrarci dei successi condivisi. Impareremo come creare la pace, e poi la riporteremo nei nostri paesi e, alla fine, nel mondo intero”, ha affermato Hamza, studente bosniaco dando il benvenuto ai nuovi compagni.
Grande novità di quest’anno l’attivazione della sperimentazione anche nelle scuole medie grazie all’adesione dell’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Terranuova Bracciolini e dell’Istituto Comprensivo di Marciano e Lucignano: “Il metodo Rondine, come abbiamo capito questa mattina, offre ai nostri studenti e studentesse le competenze necessarie per affrontare le sfide del futuro e per imparare a stare al mondo. Per noi è veramente una grande opportunità poter iniziare con i ragazzini piccoli e dare loro la possibilità di imparare già da piccoli ad affrontare i conflitti e a sviluppare le competenze di educazione civica fondamentali. Grazie, grazie di cuore”, ha affermato Luisella Orsini dell’IC Giovanni XXIII.
Sezione Rondine avviata nel 2021 grazie alla collaborazione dell’Ufficio Scolastico Provinciale e Regionale e alle scuole della provincia di Arezzo che sono state pioniere della sperimentazione, da quest’anno vede 12 nuovi Istituti aderenti che hanno accolto l’opportunità di offrire ai propri studenti un percorso che mira a trasformare i conflitti in opportunità di crescita e apprendimento, a rafforzare le competenze relazionali e stimolare la cittadinanza attiva. Tutto questo grazie agli oltre 600 docenti certificati con il Metodo Rondine dai percorsi formativi di Rondine Academy.
Tra i pilastri dell’offerta formativa la nuova figura professionale del tutor di classe, che ha un ruolo fondamentale e innovativo per promuovere la coesione degli studenti e del gruppo classe. La formazione dei tutor è garantita dal Corso di Alta Formazione promosso da Rondine in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La quarta edizione del corso sarà a gennaio e a breve saranno aperte le iscrizioni.
A Rondine, in presenza, anche molti dirigenti scolastici e docenti delle scuole aderenti. Il primo passo fondamentale per l’avvio della sperimentazione infatti è stata proprio la formazione dei docenti al Metodo Rondine da parte di Rondine Academy, che ad oggi vede già 600 docenti certificati con il Metodo Rondine che oggi trasferiscono la metodologia per la trasformazione creativa dei conflitti nelle scuole. Non solo corso, ad ottobre il Corso al Metodo Rondine per la prima volta sarà disponibile non solo ai docenti ma per chiunque voglia cambiare il proprio approccio nelle relazioni e imparare a disinnescare i piccoli-grandi conflitti quotidiani. Per informazioni https://rondine.org/formazione-metodo-rondine/
Sezione Rondine è realizzato nell’ambito del protocollo d’Intesa sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione e del Merito ‘Accordo di collaborazione per la diffusione della sperimentazione ‘Sezione Rondine’ (Atti del Ministro R.0000021 27-09-2023). In collaborazione con Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca direzione Regionale Toscana Ufficio Scolastico Provinciale di Arezzo. Il progetto è finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo AID 012618/04/0 – Sezione Rondine. Con il sostegno di Enel Cuore Onlus. Con il contributo di Fondazione KPMG; Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro; Federcasse BCC–Credito Cooperativo.
Infine sul palco anche i 31 studenti provenienti da tutta Italia del Quarto Anno Rondine che hanno scelto di frequentare un anno di scuola internazionale nella Cittadella della Pace per crescere nella relazione, imparare a trasformare i conflitti e progettare il proprio futuro a servizio del bene comune con il Metodo Rondine.
Il Ministero dell’Istruzione riconosce il progetto come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica. Il progetto è stato realizzato con il contributo di: Fondazione di Sardegna; Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; Fondazione Cariplo; Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia; Fondazione Andrea Biondo Istituto di Cultura; Fondazione Cassa di Risparmio di Prato; Gecofin; Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano; Fondazione ONLUS Niccolò Galli; Banca del Valdarno Credito Cooperativo – ‘borsa di studio in memoria di Bani Giovanni’; Fondazione Compagnia di San Paolo; Fondazione Finanza Etica; Fondazione Friuli; Fondazione Vincenzo Casillo; Fondazione il Cuore si Scioglie; Fondo di solidarietà Quarto Anno, amici e sostenitori.
Tra le istituzioni, presenti all’evento mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che ha voluto augurare un buon cammino di pace a tutti i giovani e agli intervenuti; l’assessore Simone Chierici, in rappresentanza del Comune di Arezzo; infine Lorenzo Pierazzi, Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Arezzo, e il precedente Provveditore Roberto Curtolo.
Infine non poteva mancare un saluto dei sostenitori della Cittadella della Pace intervenuti tra cui Marina Perotti e Carla Revello, Consigliere Generali della Cassa di Risparmio di Cuneo; Stefano Betti, Rappresentante della Fondazione Cassa Risparmio di Prato; Giuseppe Morandini, Presidente della Fondazione Friuli, Giovanni Galli, Consigliere della Fondazione Niccolò Galli, e Federica Ferrarese della Banca del Credito Cooperativo del Valdarno. Sarà presente anche Emiliano Maratea, Responsabile Affari Istituzionali Appenninica presso ENEL; Matteo Antonelli, Area Manager Retail Toscana Sud e Guido Guidarini del team Sviluppo territoriale Centro Nord di UniCredit.
Papa Francesco: la presenza di cristiani in Terra Santa è speranza
“Cari fratelli e sorelle, penso a voi e prego per voi. Desidero raggiungervi in questo giorno triste. Un anno fa è divampata la miccia dell’odio; non si è spenta, ma è deflagrata in una spirale di violenza, nella vergognosa incapacità della comunità internazionale e dei Paesi più potenti di far tacere le armi e di mettere fine alla tragedia della guerra. Il sangue scorre, come le lacrime; la rabbia aumenta, insieme alla voglia di vendetta, mentre pare che a pochi interessi ciò che più serve e che la gente vuole: dialogo, pace. Non mi stanco di ripetere che la guerra è una sconfitta, che le armi non costruiscono il futuro ma lo distruggono, che la violenza non porta mai pace. La storia lo dimostra, eppure anni e anni di conflitti sembrano non aver insegnato nulla”.
In questo giorno, ad un anno dall’attacco di Hamas ad Israele, papa Francesco ha scritto una lettera ai cristiani della Terra Santa in cui ha ribadito che la violenza non conduce alla pace, ringraziandoli della loro testimonianza: “E voi, fratelli e sorelle in Cristo che dimorate nei Luoghi di cui più parlano le Scritture, siete un piccolo gregge inerme, assetato di pace. Grazie per quello che siete, grazie perché volete rimanere nelle vostre terre, grazie perché sapete pregare e amare nonostante tutto. Siete un seme amato da Dio”.
Questa presenza in Terra Santa è un germoglio di speranza: “E come un seme, apparentemente soffocato dalla terra che lo ricopre, sa sempre trovare la strada verso l’alto, verso la luce, per portare frutto e dare vita, così voi non vi lasciate inghiottire dall’oscurità che vi circonda ma, piantati nelle vostre sacre terre, diventate germogli di speranza, perché la luce della fede vi porta a testimoniare l’amore mentre si parla d’odio, l’incontro mentre dilaga lo scontro, l’unità mentre tutto volge alla contrapposizione”.
Con questa lettera il papa si è rivolto specificamente a queste Chiese ‘martiri’, chiedendo di essere testimoni di una pace ‘non armata’: “Gli uomini oggi non sanno trovare la pace e noi cristiani non dobbiamo stancarci di chiederla a Dio. Perciò oggi ho invitato tutti a vivere una giornata di preghiera e digiuno. Preghiera e digiuno sono le armi dell’amore che cambiano la storia, le armi che sconfiggono il nostro unico vero nemico: lo spirito del male che fomenta la guerra, perché è ‘omicida fin da principio’, ‘menzognero e padre della menzogna’. Per favore, dedichiamo tempo alla preghiera e riscopriamo la potenza salvifica del digiuno!”
Ed ha espresso ‘vicinanza’ ai popoli del Medio Oriente: “Ho nel cuore una cosa che voglio dire a voi, fratelli e sorelle, ma anche a tutti gli uomini e le donne di ogni confessione e religione che in Medio Oriente soffrono per la follia della guerra: vi sono vicino, sono con voi. Sono con voi, abitanti di Gaza, martoriati e allo stremo, che siete ogni giorno nei miei pensieri e nelle mie preghiere. Sono con voi, forzati a lasciare le vostre case, ad abbandonare la scuola e il lavoro, a vagare in cerca di una meta per scappare dalle bombe.
Sono con voi, madri che versate lacrime guardando i vostri figli morti o feriti, come Maria vedendo Gesù; con voi, piccoli che abitate le grandi terre del Medio Oriente, dove le trame dei potenti vi tolgono il diritto di giocare. Sono con voi, che avete paura ad alzare lo sguardo in alto, perché dal cielo piove fuoco. Sono con voi, che non avete voce, perché si parla tanto di piani e strategie, ma poco della situazione concreta di chi patisce la guerra, che i potenti fanno fare agli altri; su di loro, però, incombe l’indagine inflessibile di Dio”.
Infine una richiesta agli altri popoli a non dimenticare chi abita in Terra Santa: “Grazie a voi, figli della pace, perché consolate il cuore di Dio, ferito dal male dell’uomo. E grazie a quanti, in tutto il mondo, vi aiutano; a loro, che curano in voi Cristo affamato, ammalato, forestiero, abbandonato, povero e bisognoso, chiedo di continuare a farlo con generosità. E grazie, fratelli vescovi e sacerdoti, che portate la consolazione di Dio nelle solitudini umane.
Vi prego di guardare al popolo santo che siete chiamati a servire e a lasciarvi toccare il cuore, lasciando, per amore dei vostri fedeli, ogni divisione e ambizione. Sono con voi, assetati di pace e di giustizia, che non vi arrendete alla logica del male e nel nome di Gesù amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”.
In una lettera a ‘Mondo e Missione’ suor Mariolina Cattaneo, missionaria comboniana della comunità di Betania, racconta la vita in Terra Santa: “Vivendo qui a Gerusalemme non possiamo dire di avere paura. I missili dell’altra sera sono stati più una curiosità che vera e propria paura; anche se le sirene della città, le strade completamente vuote, hanno sicuramente avuto un impatto anche su di noi. Ma poi, il giorno dopo la vita è ricominciata come se nulla fosse successo.
Eppure a un centinaio di chilometri da noi, a Gaza, il 95% delle costruzioni sono distrutte, un popolo è costretto a vivere da rifugiato ‘interno’… che poi oramai cosa significa? Vivere sulla spiaggia? Buttarsi direttamente in mare? Eppure nel vicino Libano si fa esperienza dell’incursione di un esercito straniero.
Eppure dall’altra parte del muro, nei territori occupati, i coloni sono sempre più violenti e sempre meno sanzionati dalle autorità. Così villaggi e popolazioni locali vengono minacciate in continuazione, gli ulivi pronti per la raccolta vengono distrutti. Certamente non dimentichiamo la profonda ferita del popolo israeliano che ha vissuto il 7 ottobre come reminiscenza di una possibilità di sterminio, come una ferita al proprio cuore”.
Ed ha raccontato la ‘forza’ di chi ha deciso di restare nella speranza della pace: “Ci sono però altre storie importanti che dobbiamo raccontare: la resilienza di un popolo che vive nell’apartheid ma che ha deciso di non fuggire, di resistere, di continuare a vivere; la forza del popolo di Gaza che continua a vivere malgrado le condizioni sempre più disumane in cui è costretto; l’opposizione ad un’ideologia che nega il diritto all’altro e all’altra di vivere, da qualunque parte ci si trovi.
Siamo qui nella speranza e nella convinzione che ci sarà un dopo, che sarà difficile e doloroso ma l’odio e la violenza non avranno l’ultima parola. Siamo qui nella fede che ci sarà la possibilità di costruire una Terra Santa migliore, un Israele, una Palestina in cui si può vivere in pace e nella mutua accoglienza”.
Oggi preghiamo e digiuniamo per la pace
“O Regina della pace… Converti gli animi di chi alimenta l’odio, silenzia il rumore delle armi che generano morte, spegni la violenza che cova nel cuore dell’uomo e ispira progetti di pace nell’agire di chi governa le Nazioni”: è stata la preghiera che papa Francesco ha formulato ieri pomeriggio alla Madonna, al termine del rosario, nella Basilica di Santa Maria Maggiore per supplicare il dono della pace e la cessazione delle ostilità in Terra Santa, ma anche negli altri territori devastati dalle guerre.
Il papa si è rivolto alla Madre di Dio con la supplica del soccorso: “Accogli il nostro grido! Abbiamo bisogno del tuo sguardo, del tuo sguardo amorevole che ci invita ad avere fiducia nel tuo Figlio Gesù. Tu che sei pronta ad accogliere le nostre pene vieni a soccorrerci in questi tempi oppressi dalle ingiustizie e devastati dalle guerre, tergi le lacrime sui volti sofferenti di quanti piangono la morte dei propri cari, dei propri figli, ridestaci dal torpore che ha oscurato il nostro cammino e disarma i nostri cuori dalle armi della violenza”.
Il papa ha invocato la Madonna, in quanto anche Lei ha affrontato momenti difficili: “Anche a te, o Madre, la vita ha riservato difficili prove e umani timori, ma sei stata coraggiosa e audace: hai affidato tutto a Dio, hai risposto a Lui con amore, hai offerto te stessa senza risparmiarti. Come intrepida Donna della carità, in fretta ti sei recata ad aiutare Elisabetta, con prontezza hai colto il bisogno degli sposi durante le nozze di Cana; con fortezza d’animo, sul Calvario hai rischiarato di speranza pasquale la notte del dolore. Infine, con tenerezza di Madre hai dato coraggio ai discepoli impauriti nel Cenacolo e, con loro, hai accolto il dono dello Spirito”, continua Francesco nella sua supplica.
Ed infine ha chiesto alla Regina della pace la ‘conversione del cuore’: “Madre, rivolgi il tuo sguardo materno alla famiglia umana, che ha smarrito la gioia della pace e ha perso il senso della fraternità. Intercedi per il nostro mondo in pericolo, perché custodisca la vita e rigetti la guerra, si prenda cura di chi soffre, dei poveri, degli indifesi, degli ammalati e degli afflitti, e protegga la nostra Casa Comune…
Converti gli animi di chi alimenta l’odio, silenzia il rumore delle armi che generano morte, spegni la violenza che cova nel cuore dell’uomo e ispira progetti di pace nell’agire di chi governa le Nazioni”.
Parole anticipate al termine della recita dell’Angelus, in cui ha ricordato l’attacco terroristico alla popolazione israeliana, chiedendo la liberazione dei prigionieri israeliani: “Domani sarà passato un anno dall’attacco terroristico contro la popolazione in Israele, alla quale rinnovo la mia vicinanza. Non dimentichiamo che ancora ci sono molti ostaggi a Gaza, per i quali chiedo l’immediata liberazione. Da quel giorno il Medio Oriente è precipitato in una sofferenza sempre più grave, con azioni militari distruttive che continuano a colpire la popolazione palestinese”.
Al contempo ha chiesto il ‘cessate il fuoco’ contro la popolazione a Gaza e nel Libano: “Questa popolazione sta soffrendo tantissimo a Gaza e negli altri territori. Si tratta perlopiù di civili innocenti, tutta gente e che deve ricevere tutti gli aiuti umanitari necessari. Chiedo un cessate il fuoco immediato su tutti i fronti, compreso il Libano. Preghiamo per i libanesi, specialmente per gli abitanti del sud, costretti a lasciare i loro villaggi”.
Infine un appello agli Stati per garantire la pace con un invito alla preghiera: “Faccio appello alla comunità internazionale, affinché si metta fine alla spirale della vendetta e non si ripetano più gli attacchi, come quello compiuto dall’Iran qualche giorno fa, che possono far precipitare quella Regione in una guerra ancora più grande. Tutte le Nazioni hanno il diritto di esistere in pace e sicurezza, e i loro territori non devono essere attaccati o invasi, la sovranità deve essere rispettata e garantita dal dialogo e dalla pace, non dall’odio e dalla guerra. In questa situazione, è più che mai necessaria la preghiera”.
Nel frattempo a Vatican News il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, ha raccontato la sua visita a Gaza: “Sì, sono riuscito a entrare a Gaza. E spero di poterci tornare. Il dovere di un pastore è esserci. Essere presente accanto al suo gregge. Volevo non solo essergli vicino ma anche capire in che modo aiutarli, essergli utile. Quando sono entrato a Gaza (e non è stato affatto semplice) ho trovato una situazione terribile, una città distrutta, dove l’assenza dei palazzi demoliti rende impossibile anche individuare le strade e quindi orientarsi. Una desolazione totale. Dall’altro lato invece ho trovato una comunità viva e commovente.
Erano sorpresi del mio arrivo, e con me del loro parroco, padre Gabriel, che era rimasto fuori da Gaza la mattina del 7 ottobre. Sono restato quattro giorni. Giorni di fatica e di speranza. Ciò che mi ha maggiormente colpito della comunità è che non ho percepito una sola parola di rancore, di odio, di rabbia. Niente. E questo mi ha sorpreso molto, perché umanamente, avevano tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiati e frustrati. Ho apprezzato tanto la presenza e il lavoro incredibile svolto dalle suore”.
Ed oggi è la giornata dedicata al digiuno e alla preghiera nell’anniversario della strage perpetrata da Hamas ai danni dei cittadini israeliani, tra i quali anche molti bambini con momenti di preghiera nelle diocesi, come il Rosario per la pace organizzato ad Assisi dalle Famiglie francescane e dalla diocesi, secondo la riflessione di mons. Domenico Sorrentino: “Nella situazione così complessa che si è creata non abbiamo che la preghiera che ci possa far pensare alla fine delle ostilità e di ritorno al ristabilimento della pacifica convivenza”.
A tale giornata hanno aderito anche le associazioni cattoliche, Agesci, Azione Cattolica Italiana, Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Movimento dei Focolari, Acli: “Ogni giorno dilaga nel mondo la follia della guerra che coinvolge decine e decine di popoli e luoghi, spesso dimenticati. Non dobbiamo stancarci di chiedere l’immediato cessate il fuoco, di pregare e offrire il nostro lavoro perché l’odio faccia spazio all’amore, la discordia all’armonia degli sguardi”.
(Foto: Santa Sede)
Le Chiese pregano per la pace nel mondo
“Fratelli e sorelle, riprendiamo questo cammino ecclesiale con uno sguardo rivolto al mondo, perché la comunità cristiana è sempre a servizio dell’umanità, per annunciare a tutti la gioia del Vangelo. Ce n’è bisogno, soprattutto in quest’ora drammatica della nostra storia, mentre i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e Nazioni. Per invocare dall’intercessione di Maria Santissima il dono della pace, domenica prossima mi recherò nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove reciterò il santo Rosario e rivolgerò alla Vergine un’accorata supplica; se possibile, chiedo anche a voi, membri del Sinodo, di unirvi a me in quell’occasione. E, il giorno dopo, 7 ottobre, chiedo a tutti di vivere una giornata di preghiera e di digiuno per la pace nel mondo. Camminiamo insieme. Mettiamoci in ascolto del Signore. E lasciamoci condurre dalla brezza dello Spirito”.
Così papa Francesco ha concluso l’omelia della celebrazione eucaristica nella festività degli Angeli custodi, che ha aperto il Sinodo dei vescovi, con cui oggi pomeriggio si reca nella basilica di Santa Maria Maggiore per pregare per la pace nel mondo, chiedendo a tutti i padri sinodali di partecipare, a cui si è unita la presidenza della CEI con l’invito a tutte le diocesi italiane ad unirsi alla preghiera del Rosario di domenica 6 ottobre ed a vivere la giornata di preghiera e di digiuno del 7 ottobre:
“Ogni giorno aumentano i pezzi di questa guerra mondiale che si abbatte su diversi popoli e numerosi luoghi, spesso dimenticati. Non dobbiamo stancarci di chiedere che tacciano le armi, di pregare perché l’odio faccia spazio all’amore, la discordia all’unione. E’ tempo di fermare la follia della guerra: ognuno è chiamato a fare la propria parte, ognuno sia artigiano di pace”.
Per tale momento l’Ufficio Liturgico Nazionale della Cei ha preparato il sussidio per l’animazione liturgica e per la recita del Rosario:. “Sentiamo il peso degli orrori della guerra e delle campagne di odio che lacerano la convivenza umana in tante regioni del mondo. Con piena fiducia e filiale abbandono volgiamo lo sguardo verso Maria, la Madre del Principe della Pace, perché accolga il nostro anelito di pace!” Con tali intenzioni la Chiesa pregherà per la pace nel mondo:
“Si spengano i fuochi di guerra che sconvolgono popoli e nazioni e si rinnovi in tutti la consapevolezza di una fraternità universale… per tutti i popoli oppressi dalla guerra: non perdano la speranza di un futuro di pace e con l’aiuto della diplomazia internazionale vedano sorgere nuove vie di dialogo… per i governanti: non cedano alla tentazione della violenza e della sopraffazione, ma perseguano scelte per custodire la pace e far crescere il bene comune”.
A Milano domani alle ore 13.00 è previsto un incontro di preghiera n incontro di preghiera dei dipendenti della diocesi ambrosiana e di Caritas Ambrosiana in arcivescovado, come ha sottolineato Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana: “Ad un anno dagli atti terroristici che hanno dato inizio alla nuova, crudele guerra in Medio Oriente, Caritas Ambrosiana e l’intera rete Caritas sentono il dovere non solo di ribadire vicinanza spirituale e umana a tutte le popolazioni che sono vittime di tanta insensata violenza, ma anche di confermare e moltiplicare l’impegno ad aiutare feriti, sfollati, vulnerabili.
Ed a sostenere, con l’ostinazione della fede e della speranza, ogni esperienza di dialogo, di convivenza, di riconciliazione, anche la più piccola e apparentemente fragile, che fiorisce sui terreni accidentati dei conflitti contemporanei”.
La guerra in Medio Oriente, riaccesasi un anno fa in Israele e a Gaza, estesasi alla Cisgiordania, ora dilagata in Libano (con ramificazioni in Siria, Iran, Yemen e, si teme, Iran), mescola le ragioni ed i torti delle leadership politiche e militari dell’area, uccidendo la popolazione con decine di migliaia di morti innocenti e danni umanitari e infrastrutturali di proporzioni immani.
Inoltre in occasione del Capodanno ebraico, celebra tossi lo scorso 3 ottobre mons. Mario Delpini ha inviato al rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib, un messaggio di augurio: “La situazione che stiamo vivendo domanda una partecipazione ancora più intensa. Il 7 ottobre, pochi giorni dopo la solenne ricorrenza, cadrà infatti il primo anniversario degli attentati terroristici che hanno sconvolto e segnato la vita di tante famiglie israeliane, innescando un conflitto che ancora non si spegne, e che anzi sembra ingrandirsi sempre più”.
Nel messaggio l’arcivescovo aveva sottolineato il precipitare della situazione mondiale: “Il clima che si respira a livello mondiale sembra avere cancellato parole come pace, fraternità, fiducia, vita insieme. Anche la parola ‘Dio’ fatica ad essere ascoltata. Con animo profondamente turbato, ci sentiamo immersi dentro un pellegrinaggio verso gli abissi del male, dell’odio, dell’ingiustizia.
Avvertiamo di doverci appoggiare con forza alla nostra fede per non essere vinti dalla paura e dallo sdegno e per trovare, nonostante tutto, una via di speranza… Assicuro il deciso sostegno della Chiesa Ambrosiana perché siano contrastati gli episodi di odio e le insorgenze di pregiudizi e accuse che pensavamo ormai consegnati alla storia”.
Anche il vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro, mons. Andrea Migliavacca ha indetto una giornata di preghiera e digiuno, in contemporanea alla Chiesa che è in Gerusalemme: “E’ importante e necessaria la preghiera di fronte all’insensatezza e violenza della guerra venga celebrata con l’intenzione ‘per la pace e la giustizia’, affinché si fermino le ostilità in tutto il mondo, con un pensiero per l’Ucraina ed in particolare per tutto il Medio Oriente. Ogni parrocchia inoltre, è libera di promuovere ulteriori momenti di preghiera e riflessione, come per esempio il Rosario per la pace, secondo le proprie possibilità.
Tutti i fedeli sono invitati dunque a partecipare all’iniziativa del 7 ottobre nella propria parrocchia, un’occasione per pregare anche per il viaggio che i vescovi toscani, insieme anche ad alcuni giovani, faranno (a Dio piacendo) in Terra Santa dal 14 al 17 ottobre come segno di vicinanza ai cristiani che vivono nella terra di Gesù e come appello per la pace”.
(Foto: Cei)
Mons. Raspanti: san Francesco segno di Cristo
Nel giorno del Transito di san Francesco, ha avuto ufficialmente inizio ‘La Sicilia ad Assisi’, le iniziative legate ai festeggiamenti in onore del Santo assisate che hanno invitato in Umbria oltre 5.000 pellegrini dalla Sicilia, ai quali si aggiungono molti che hanno raggiunto Assisi in autonomia o, comunque, senza una organizzazione legata alle diocesi.
Ad Assisi, già dalla mattinata del 3 ottobre, il Custode della Porziuncola, fr. Massimo Travascio, ha accolto gli ospiti nel Refettorietto del Convento di Santa Maria degli Angeli, che ha rivolto un messaggio di benvenuto a tutti i convenuti nella sala e alle autorità presenti; la concelebrazione eucaristica è stata officiata da mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, rievocando le parole di Thomas Merton:
“Siamo in questa basilica, pellegrini di quell’immagine di Cristo povera e umile che è Francesco, perché vogliamo seguirne le orme, che con sicurezza ci rendono veri discepoli del divino Maestro. Venuti dalla Sicilia, siamo una porzione di Italiani che cerca in questo Frate del Medioevo un sicuro orientamento per il proprio cammino lungo una strada che appare piena di insidie.
L’olio che portiamo in dono raffigura noi stessi perché esprime il nostro desiderio di rimanere vicini a lui nelle sue spoglie mortali, qui custodite, per attingere alla sua ispirazione spirituale, conservata dai Frati, e non smarrire la giusta direzione”.
Riprendendo la lettera di san Paolo ai Galati mons. Raspanti ha affermato che san Francesco ha ricevuto il ‘segno’ di Cristo: “Questo segno fu concesso anche a Francesco ottocento anni fa, nel settembre 1224, quando ‘nel crudo sasso intra Tevere e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno’, secondo la descrizione di Dante nella Commedia.
Così fu noto a tutti quanto egli fosse intimamente unito al Signore, il quale lo rendeva partecipe della propria dona zione amorosa per l’umanità e sigillava la missione di Francesco di ricostruire la sua Sposa, la Chiesa”.
Per questo san Francesco è patrono d’Italia: “I Padri della Repubblica, di tradizioni culturali e fedi diverse, i governanti e il popolo italiano hanno ben colto il nocciolo di questo messaggio, accogliendo Francesco quale patrono d’Italia dichiarato tale da papa Pio XII. Noi italiani tutti desideriamo così attingere alla sorgente della pace e della concordia per berne direttamente e diffonderla.
Siamo consapevoli di non essere qui dinanzi a valori, per quanto alti e preziosi, come la concordia e la fraternità, ma siamo dinanzi alle spoglie di un uomo con un vissuto che lo rende eccellente testimone e profeta che indica la sicura via della pace”.
E’ stato un invito al rinnovamento interiore: “Forse potremmo rischiare di dire che non riusciamo nell’odierna convivenza sociale ad accogliere il migrante, a frenare la violenza, a curare i deboli e i poveri, a respingere il malaffare proprio perché non riusciamo a raggiungere la sorgente dei valori, cioè il perdono e la riconciliazione, l’umiltà e la mitezza.
Se il risanamento non accade nel profondo delle radici, non vedremo mai i frutti dell’albero. Cristo crocifisso e Francesco, piccolo e stigmatizzato, hanno raggiunto il fondo risanando e inaugurando la nuova creazione”.
Mentre nei Primi Vespri del Transito di san Francesco mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e vicepresidente della Conferenza Episcopale Siciliana, aveva sottolineato la ‘spoliazione’ del Santo: “Nelle prime due spoliazioni Francesco sveste il suo corpo delle vesti, rimanendo nudo, ma nell’ultima (con il sopraggiungere di ‘sorella morte’) si spoglia anche di ‘fratello corpo’ nudo… Per essere restituiti alla terra e all’abbraccio paterno e fraterno originario. La morte segna la totale consegna del suo corpo a Dio e ai fratelli”.
Tale Transito è un ammonimento a vivere ‘bene’ la morte, che conduce alla Vita: “La memoria del transito di Francesco, ci ridesta al nostro essere creature mortali, figli e fratelli/sorelle: creature, non Creatore, mortali non eterni; figli amati, non schiavi; fratelli/sorelle, non nemici catapultati nel mondo campo di battaglia. Fratelli e sorelle dell’unico Padre che ci affida la Terra come ‘Casa comune’ fraterna fragrante d’amore e di pace, come ‘Giardino fecondo’ con al centro l’albero sempreverde della Vita… Fatti di terra, per ritornare in nuda terra, per essere plasmati dalle mani di Dio cittadini della nuova Creazione, della Casa comune trasfigurata. Anche noi, come Francesco, con Francesco”.
Quindi tale Transito è un momento particolare per la conversione di molti: “Su quanti oggi hanno dimenticato di essere creature mortali e seminano nella Casa comune guerre, divisione, odio, parole aggressive, distruzione e morte violenta, soprattutto dei piccoli e degli inermi, la memoria del luminoso Transito di Francesco, Fratello universale, verace testimone di Cristo e di un cammino di piena e autentica umanità, sia audace segno profetico di conversione di mentalità e di cambiamento di rotta per il bene dell’umanità, per il bene della Casa-Terra”.
In occasione della festa del Transito è stato consegnato il riconoscimento di ‘Frate Jacopa, Rosa d’argento 2024’ a suor Alfonsina Fileti: questo premio non è solo un segno di stima per il servizio svolto da suor Alfonsina a favore delle famiglie in difficoltà, dei minori a rischio e delle donne vittime di violenza domestica, ma è anche un richiamo al ruolo importante che la Chiesa e le comunità locali svolgono nel sostenere i più vulnerabili.
(Foto: Conferenza Episcopale Siciliana)