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XV Domenica del Tempo Ordinario: chi è il prossimo d’amare?

Gesù annuncia la grande notizia: l’uomo è creato per la vita eterna. Un dottore della Legge chiede a Gesù: ‘Cosa fare per ereditare la vita eterna?’; qual’é il fine ultimo e la strada per realizzarlo? Gesù invita il dottore della legge a riflettere: tu hai la ragione e la coscienza; conosci la Sacra Scrittura, che è parola di Dio. Nella vita bisogna riflettere da uomo; il cristianesimo non si oppone alla coscienza ma la perfeziona e la completa perché la verità é una ed è sempre la stessa sia che la scopri con l‘intelligenza sia che la cogli con la rivelazione, che è parola di Dio.
Al dottore della Legge Gesù risponde con la Bibbia: “Ascolta, Israele, amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore; amerai il prossimo tuo come te stesso”. Amare Dio è chiaro e semplice; chi è il prossimo che bisogna anche amare? Per l’ebreo il prossimo era l’altro ebreo; da escludere certamente il samaritano, considerato come un falso ebreo, e un pagano, un adoratore degli dei falsi e bugiardi. Nella parabola Gesù evidenzia che il ‘prossimo’ è l’uomo che ha bisogno, prossimo non è tanto il parente o il connazionale ma ogni uomo che è nel bisogno.
Con la parabola del ‘buon samaritano’ Gesù scardina la vecchia mentalità ed evidenzia la vera logica della carità, che non è un concetto astratto ma un impegno concreto. Prossimo è chiunque si trova nel bisogno; Gesù risponde allora con un breve racconto dove protagonista è un ‘samaritano’. I Giudei disprezzavano i samaritani considerandoli estranei al popolo di Dio anche se abitavano nella Palestina. Nella parabola un uomo va da Gerusalemme a Gerico, s’imbatte in ladri che lo derubano, lo feriscono e lo lasciano sanguinante a terra.
Sulla stessa strada passano un sacerdote e un levita, che passano, guardano e vanno subito via: i due religiosi della parabola giustificano la loro indifferenza davanti a chi soffre con la ubbidienza alla legge: il Religioso sempre a contatto con il sacro non può permettersi di imbrattarsi le mani di sangue. Passa invece un Samaritano: si fa avanti, si fa carico dello sconosciuto, lava le ferite, lo trasporta in ospedale e si fa carico anche delle spese. Gesù propone come modello il samaritano, colui che ufficialmente era ritenuto dagli ebrei ‘uomo senza fede’.
Gesù chiede al dottore della legge: ‘Chi è stato prossimo a quel povero uomo?’; certamente non i due religiosi ma chi ha avuto compassione, cioè il samaritano. Gesù passa così dalla legge antica al Vangelo; la parabola mira a trasformare così la vecchia mentalità nella logica di Cristo Gesù: la logica dell’amore. Rendere il vero culto a Dio significa servire i fratelli con amore sincero e profondo. Amare è dare e non ricevere: essere disposti anche a spendere il proprio io e a ‘spandersi’ per gli altri in nome di Dio.
II buon samaritano è immagine di Dio che nella persona del suo Figlio Gesù si piega sulla natura umana stanca e ferita dal peccato e ci insegna: ‘Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? non fanno così anche i pagani?’; se siete veri figli di Dio, imitate Dio che fa sorgere il sole per i buoni e i cattivi; imitate Gesù che muore in croce per tutti. Bisogna farsi vicino al prossimo ‘a fatti’ e non ‘a parole’.
La carità è vera quando è concreta; si concretizza con rapporti cordiali di concretezza e solidarietà. L’amore vero supera l’io , il soggetto , e si apre nell’interesse e alle necessità dell’altro. Andare verso il prossimo significa promuovere una carità di condivisione ed equa spartizione dei beni. La Madonna, madre misericordiosa, ci aiuti a riscoprirci veri fratelli e amici di Cristo Gesù con una carità viva, incisiva e concreta.
A Torino il ‘Frassati Day’

Sabato 5 giugno alle ore 12, con l’inaugurazione di ‘Verso l’Altro’, uno spazio espositivo permanente allestito nella sacrestia della ex canonica della chiesa torinese di Santa Maria di Piazza (via Santa Maria, 4), si chiude il ‘Frassati Day’: la tre giorni di celebrazioni religiose e iniziative culturali organizzate per ricordare la figura, l’opera e l’impegno umano, sociale, politico e, naturalmente, spirituale del Beato Pier Giorgio Frassati (del quale è prossima la canonizzazione, prevista nella giornata di domenica 7 settembre), nel centenario della sua morte, avvenuta il 4 luglio del 1925.
Realizzata da Mediacor (società di comunicazione che ha già curato diverse installazioni museali per il mondo ecclesiale, come il Polo Culturale ‘Cultures And Mission’ dei Missionari della Consolata a Torino, il percorso ‘Antonius’ dei Frati Minori Conventuali a Padova e il riallestimento del Museo Don Bosco a Chieri) con il sostegno della Fondazione CRT, della Conferenza Episcopale Italiana e dell’Opera Diocesana Pier Giorgio Frassati, l’esposizione propone un percorso emozionale e immersivo, accessibile a tutti, che racconta la vita e l’esperienza spirituale di Pier Giorgio Frassati attraverso l’uso di tecnologie multimediali avanzate, tra cui proiezioni luminose, suoni e audio evocativi con la lettura di lettere di e a Pier Giorgio, pannelli interattivi e applicazioni che guidano i visitatori in un viaggio biografico, esplorando il contesto storico nel quale Frassati ha vissuto, i luoghi significativi della sua vita: Torino, le sue periferie, le città europee da lui visitate, la campagna di Pollone e, in particolare, la montagna, simbolo della sua ricerca ‘verso l’alto’.
“Siamo molto emozionati per l’apertura di questo luogo dedicato a Pier Giorgio Frassati: la sua testimonianza, sottolinea suor Carmela Busìa, coordinatrice Pastorale dei giovani e dei ragazzi, è davvero preziosa e incoraggiante per i giovani! E’ stato capace di trovare il tempo per ogni cosa: amicizie, studio, preghiera, impegno e divertimento! In ‘Verso l’altro’ i giovani troveranno un compagno di strada, per capire come potersi dedicare agli altri e come vivere intensamente la giovinezza”.
Il progetto architettonico, sviluppato con l’obiettivo di conservare e valorizzare le caratteristiche storiche e artistiche del complesso religioso di via Santa Maria, ha previsto importanti interventi di ristrutturazione e l’adeguamento degli spazi per garantirne piena accessibilità. Il nuovo spazio espositivo, nato con l’obiettivo di far conoscere a un pubblico sempre più ampio la figura del Beato Pier Giorgio Frassati, è stato, come detto, realizzato con il sostegno della Fondazione CRT.
“Fondazione CRT è lieta di aver contribuito alla realizzazione di questa iniziativa di alto valore culturale e sociale. Pier Giorgio Frassati rappresenta una delle più luminose figure dei Santi Sociali Piemontesi: un esempio di ascolto, inclusione e accoglienza che riteniamo fondamentale trasmettere alle nuove generazioni, dichiara la presidente della Fondazione CRT, Anna Maria Poggi. La creazione di uno spazio multimediale a lui dedicato rappresenta un importante strumento educativo, capace di veicolare un messaggio dal profondo valore culturale e sociale, e non solo spirituale, attraverso linguaggi e tecnologie vicini ai giovani”.
Anche la Conferenza Episcopale Italiana e l’Opera Diocesana Pier Giorgio Frassati hanno sostenuto il progetto: “La figura di Frassati, sottolinea mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Cei, affascina e continua a ispirare generazioni di giovani. Questa esposizione aiuta a conoscere e a riscoprire l’attualità del messaggio di un testimone che ha fatto dell’amore al Signore e ai fratelli più deboli e dell’impegno per una società più giusta le cifre caratteristiche della sua vita. Un giovane per i giovani, che ha ancora molto da dire, soprattutto in un tempo di disaffezione politica e di indifferenza”.
“L’Opera Diocesana ‘Pier Giorgio Frassati’, nata dai giovani di Azione Cattolica il 7 luglio 1925, ha sin dalle origini avuto come scopo rendere attuale e presente tra i ragazzi e i giovani la figura di Frassati, con modalità che ne restituissero il suo profondo spirito di carità e di amore per la vita. Perciò, evidenzia Roberto Falciola, presidente dell’Opera Diocesana ‘Pier Giorgio Frassati’, ha seguito con grande attenzione l’idea e lo sviluppo dello spazio multimediale permanente in Santa Maria di Piazza, che consentirà di fare conoscere Pier Giorgio a molti pellegrini da tutto il mondo, e ha deciso di partecipare alla sua realizzazione con un contributo economico”.
Nei prossimi mesi, l’antico complesso della Chiesa di Santa Maria di Piazza sarà oggetto di altri lavori di ristrutturazione per la Cappella dei Minusieri, dove è previsto che prenda vita uno spazio narrativo e conoscitivo dedicato a tutti i Santi torinesi. Il progetto ha ricevuto anche piccole donazioni di singoli e di associazioni legate a Pier Giorgio Frassati attraverso il portale For Funding di Banca Intesa (https://www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/nav/progetto/museo-Frassati).
L’esposizione “Verso l’altro” è stata progettata dalla società Mediacor che, in particolare, ha curato sia la ristrutturazione con il coordinamento dell’architetta Gabriella Loi, sia l’esperienza museale con il coinvolgimento della scrittrice Anna Peiretti, del regista Luca Olivieri e il supporto di Roberto Falciola, vice-postulatore della causa di canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e di Marta Margotti, docente di Storia contemporanea all’Università di Torino.
“Le scelte per ideare e poi realizzare questo spazio espositivo multimediale, spiega Paolo Pellegrini, amministratore delegato di Mediacor, sono partite da alcuni punti fermi: allestire un luogo dove consentire ai torinesi di conoscere questo significativo personaggio del Novecento, poi mettere questo spazio a disposizione anche dei numerosi pellegrini che arrivano da tutto il mondo con sistemi e modalità di racconto efficaci tanto per un pubblico nazionale quanto internazionale e ancora, terzo caposaldo del progetto, allestire uno spazio in cui la narrazione fosse davvero contemporanea e coinvolgente e, infine, prestare massima attenzione all’accessibilità, alla fruibilità per tutti, a livello fisico, sensoriale e cognitivo”.
All’inaugurazione di sabato 5 luglio, alle ore 12, saranno presenti l’arcivescovo di Torino, card. Roberto Repole, il sindaco della Città di Torino, Stefano Lo Russo, la vice presidente della Fondazione CRT, Paola Casagrande, il presidente della Compagnia di San Paolo, Marco Gilli e Roberto Falciola, presidente dell’opera diocesana Pier Giorgio Frassati. Interverranno inoltre Paolo Pellegrini, ad di Mediacor, suor Carmela Busìa, delegata dall’arcivescovo per il Comitato diocesano per il centenario di Pier Giorgio Frassati e don Luca Bertarelli, parroco di Pollone. Dal pomeriggio di sabato 5 luglio le visite sono aperte al pubblico (previa iscrizione sul sito www.versolaltro.it) e nelle settimane successive, scrivendo a prenotazioni@versolaltro.it.
Mentre oggi il programma del ‘Frassati Day’ prevede alle ore 10.00, nella Cattedrale di San Giovanni Battista, un momento di preghiera guidato dal vescovo ausiliare della diocesi torinese, mons. Alessandro Giraudo, e, un’ora dopo, la partenza (proprio dalla Cattedrale) del ‘Frassatour’: un percorso di visita in centro città ai luoghi del Beato Pier Giorgio, un’iniziativa dedicata ai giovani che partecipano alle attività estive organizzate negli oratori, un modo per presentare Frassati a misura di ragazzo.
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A Torino il ‘Frassati Day’
Sabato 5 giugno alle ore 12, con l’inaugurazione di ‘Verso l’Altro’, uno spazio espositivo permanente allestito nella sacrestia della ex canonica della chiesa torinese di Santa Maria di Piazza (via Santa Maria, 4), si chiude il ‘Frassati Day’: la tre giorni di celebrazioni religiose e iniziative culturali organizzate per ricordare la figura, l’opera e l’impegno umano, sociale, politico e, naturalmente, spirituale del Beato Pier Giorgio Frassati (del quale è prossima la canonizzazione, prevista nella giornata di domenica 7 settembre), nel centenario della sua morte, avvenuta il 4 luglio del 1925.
Realizzata da Mediacor (società di comunicazione che ha già curato diverse installazioni museali per il mondo ecclesiale, come il Polo Culturale ‘Cultures And Mission’ dei Missionari della Consolata a Torino, il percorso ‘Antonius’ dei Frati Minori Conventuali a Padova e il riallestimento del Museo Don Bosco a Chieri) con il sostegno della Fondazione CRT, della Conferenza Episcopale Italiana e dell’Opera Diocesana Pier Giorgio Frassati, l’esposizione propone un percorso emozionale e immersivo, accessibile a tutti, che racconta la vita e l’esperienza spirituale di Pier Giorgio Frassati attraverso l’uso di tecnologie multimediali avanzate, tra cui proiezioni luminose, suoni e audio evocativi con la lettura di lettere di e a Pier Giorgio, pannelli interattivi e applicazioni che guidano i visitatori in un viaggio biografico, esplorando il contesto storico nel quale Frassati ha vissuto, i luoghi significativi della sua vita: Torino, le sue periferie, le città europee da lui visitate, la campagna di Pollone e, in particolare, la montagna, simbolo della sua ricerca ‘verso l’alto’.
“Siamo molto emozionati per l’apertura di questo luogo dedicato a Pier Giorgio Frassati: la sua testimonianza, sottolinea suor Carmela Busìa, coordinatrice Pastorale dei giovani e dei ragazzi, è davvero preziosa e incoraggiante per i giovani! E’ stato capace di trovare il tempo per ogni cosa: amicizie, studio, preghiera, impegno e divertimento! In ‘Verso l’altro’ i giovani troveranno un compagno di strada, per capire come potersi dedicare agli altri e come vivere intensamente la giovinezza”.
Il progetto architettonico, sviluppato con l’obiettivo di conservare e valorizzare le caratteristiche storiche e artistiche del complesso religioso di via Santa Maria, ha previsto importanti interventi di ristrutturazione e l’adeguamento degli spazi per garantirne piena accessibilità. Il nuovo spazio espositivo, nato con l’obiettivo di far conoscere a un pubblico sempre più ampio la figura del Beato Pier Giorgio Frassati, è stato, come detto, realizzato con il sostegno della Fondazione CRT.
“Fondazione CRT è lieta di aver contribuito alla realizzazione di questa iniziativa di alto valore culturale e sociale. Pier Giorgio Frassati rappresenta una delle più luminose figure dei Santi Sociali Piemontesi: un esempio di ascolto, inclusione e accoglienza che riteniamo fondamentale trasmettere alle nuove generazioni, dichiara la presidente della Fondazione CRT, Anna Maria Poggi. La creazione di uno spazio multimediale a lui dedicato rappresenta un importante strumento educativo, capace di veicolare un messaggio dal profondo valore culturale e sociale, e non solo spirituale, attraverso linguaggi e tecnologie vicini ai giovani”.
Anche la Conferenza Episcopale Italiana e l’Opera Diocesana Pier Giorgio Frassati hanno sostenuto il progetto: “La figura di Frassati, sottolinea mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Cei, affascina e continua a ispirare generazioni di giovani. Questa esposizione aiuta a conoscere e a riscoprire l’attualità del messaggio di un testimone che ha fatto dell’amore al Signore e ai fratelli più deboli e dell’impegno per una società più giusta le cifre caratteristiche della sua vita. Un giovane per i giovani, che ha ancora molto da dire, soprattutto in un tempo di disaffezione politica e di indifferenza”.
“L’Opera Diocesana ‘Pier Giorgio Frassati’, nata dai giovani di Azione Cattolica il 7 luglio 1925, ha sin dalle origini avuto come scopo rendere attuale e presente tra i ragazzi e i giovani la figura di Frassati, con modalità che ne restituissero il suo profondo spirito di carità e di amore per la vita. Perciò, evidenzia Roberto Falciola, presidente dell’Opera Diocesana ‘Pier Giorgio Frassati’, ha seguito con grande attenzione l’idea e lo sviluppo dello spazio multimediale permanente in Santa Maria di Piazza, che consentirà di fare conoscere Pier Giorgio a molti pellegrini da tutto il mondo, e ha deciso di partecipare alla sua realizzazione con un contributo economico”.
Nei prossimi mesi, l’antico complesso della Chiesa di Santa Maria di Piazza sarà oggetto di altri lavori di ristrutturazione per la Cappella dei Minusieri, dove è previsto che prenda vita uno spazio narrativo e conoscitivo dedicato a tutti i Santi torinesi. Il progetto ha ricevuto anche piccole donazioni di singoli e di associazioni legate a Pier Giorgio Frassati attraverso il portale For Funding di Banca Intesa (https://www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/nav/progetto/museo-Frassati).
L’esposizione “Verso l’altro” è stata progettata dalla società Mediacor che, in particolare, ha curato sia la ristrutturazione con il coordinamento dell’architetta Gabriella Loi, sia l’esperienza museale con il coinvolgimento della scrittrice Anna Peiretti, del regista Luca Olivieri e il supporto di Roberto Falciola, vice-postulatore della causa di canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e di Marta Margotti, docente di Storia contemporanea all’Università di Torino.
“Le scelte per ideare e poi realizzare questo spazio espositivo multimediale, spiega Paolo Pellegrini, amministratore delegato di Mediacor, sono partite da alcuni punti fermi: allestire un luogo dove consentire ai torinesi di conoscere questo significativo personaggio del Novecento, poi mettere questo spazio a disposizione anche dei numerosi pellegrini che arrivano da tutto il mondo con sistemi e modalità di racconto efficaci tanto per un pubblico nazionale quanto internazionale e ancora, terzo caposaldo del progetto, allestire uno spazio in cui la narrazione fosse davvero contemporanea e coinvolgente e, infine, prestare massima attenzione all’accessibilità, alla fruibilità per tutti, a livello fisico, sensoriale e cognitivo”.
All’inaugurazione di sabato 5 luglio, alle ore 12, saranno presenti l’arcivescovo di Torino, card. Roberto Repole, il sindaco della Città di Torino, Stefano Lo Russo, la vice presidente della Fondazione CRT, Paola Casagrande, il presidente della Compagnia di San Paolo, Marco Gilli e Roberto Falciola, presidente dell’opera diocesana Pier Giorgio Frassati. Interverranno inoltre Paolo Pellegrini, ad di Mediacor, suor Carmela Busìa, delegata dall’arcivescovo per il Comitato diocesano per il centenario di Pier Giorgio Frassati e don Luca Bertarelli, parroco di Pollone. Dal pomeriggio di sabato 5 luglio le visite sono aperte al pubblico (previa iscrizione sul sito www.versolaltro.it) e nelle settimane successive, scrivendo a prenotazioni@versolaltro.it.
Mentre oggi il programma del ‘Frassati Day’ prevede alle ore 10.00, nella Cattedrale di San Giovanni Battista, un momento di preghiera guidato dal vescovo ausiliare della diocesi torinese, mons. Alessandro Giraudo, e, un’ora dopo, la partenza (proprio dalla Cattedrale) del ‘Frassatour’: un percorso di visita in centro città ai luoghi del Beato Pier Giorgio, un’iniziativa dedicata ai giovani che partecipano alle attività estive organizzate negli oratori, un modo per presentare Frassati a misura di ragazzo.
In serata la Cattedrale del capoluogo piemontese ospiterà, alle ore 20.00, lo spettacolo per ‘voci e parole su Pier Giorgio Frassati’ ed alle ore 21.00, la Messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Torino, card. Roberto Repole.
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In serata la Cattedrale del capoluogo piemontese ospiterà, alle ore 20.00, lo spettacolo per ‘voci e parole su Pier Giorgio Frassati’ ed alle ore 21.00, la Messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Torino, card. Roberto Repole.
Papa Leone XIV invita a cambiare prospettiva

“Sono lieto di incontrarvi, alcune di voi in occasione del Capitolo Generale, altre per il pellegrinaggio giubilare. In tutti e due i casi venite presso la tomba di Pietro per rinnovare il vostro amore al Signore e la vostra fedeltà alla Chiesa”: oggi papa Leone XIV ha ricevuto le Figlie della Divina Carità, le Suore dell’Ordine di San Basilio Magno e della Congregacion Agustinas Hermanas del Amparo, e le Hermanas Franciscanas de los Sagrados Corazones, in occasione dei rispettivi Capitoli generali.
Ed ha trovato un ‘filo conduttore’ comune di questi Ordini religiosi: “Eppure le vostre storie mostrano una dinamica comune, per cui la luce di grandi modelli di vita spirituale del passato (come Agostino, Basilio, Francesco) attraverso l’ascesi, il coraggio e la santità di vita di fondatori e fondatrici, ha suscitato e fatto crescere nuove vie di servizio, soprattutto nei confronti dei più deboli: bambini, ragazze e ragazzi poveri, orfani, migranti, a cui si sono aggiunti col tempo anziani e malati, oltre a tanti altri ministeri di carità”.
Alla base di tutto ciò, però, c’è la fedeltà al Vangelo: “Le alterne vicende del vostro passato e la vivacità del presente fanno toccare con mano come la fedeltà alla sapienza antica del Vangelo sia il miglior propellente per chi, spinto dallo Spirito Santo, intraprende nuove vie di donazione, votate all’amore di Dio e del prossimo in ascolto attento dei segni dei tempi”.
Quindi ha ripreso un passo del Commento al Vangelo di san Giovanni di sant’Agostino per ribadire il ‘primato’ della Parola di Dio (‘Dio è il tuo tutto. Se hai fame, Dio è il tuo pane; se hai sete, Dio è la tua acqua; se sei nelle tenebre, Dio è la tua luce che non ha tramonto; se sei nudo, Dio è la tua veste immortale’): “Sono parole da cui ci fa bene lasciarci interrogare: in che misura questo è vero per me? Quanto il Signore sazia la mia sete di vita, d’amore, di luce?
Sono domande importanti. Infatti è questo radicamento in Cristo che ha portato chi ci ha preceduto (uomini e donne come noi, con doti e limiti come i nostri) a fare cose che forse mai avrebbero pensato di poter realizzare, permettendo loro di lanciare semi di bene che, traversando secoli e continenti, oggi hanno raggiunto praticamente tutto il mondo, come dimostra la vostra presenza”.
Mentre nel messaggio ai partecipanti alla 44^ sessione della Conferenza FAO, in svolgimento in questi giorni, papa Leone XIV ha stigmatizzato il fatto che tante persone soccombono al flagello della fame: “La Chiesa incoraggia tutte le iniziative per porre fine allo scandalo della fame nel mondo, condividendo i sentimenti del suo Signore, Gesù, il quale, come raccontano i Vangeli, vedendo una grande folla avvicinarsi a lui per ascoltare la sua parola, si preoccupò soprattutto di sfamarla e, a tal fine, chiese ai suoi discepoli di farsi carico del problema, benedicendo abbondantemente i loro sforzi”.
Ed ha fatto rifermento alla ‘moltiplicazione dei ‘pani’, sottolineando il bisogno della condivisione, offerto da Gesù: “Qualcosa che oggi abbiamo forse dimenticato perché, nonostante alcuni passi importanti siano stati compiuti, la sicurezza alimentare globale continua a deteriorarsi, rendendo sempre più improbabile il raggiungimento dell’obiettivo ‘Fame Zero’ dell’Agenda 2030. Ciò significa che siamo ben lontani dall’adempiere al mandato che ha dato vita a questa istituzione intergovernativa nel 1945”.
Nel messaggio il papa ha denunciato l’uso della fame come strumento di guerra: “D’altro canto, assistiamo oggi, sgomenti, all’uso iniquo della fame come arma di guerra. Far morire di fame una popolazione è un modo molto economico per fare la guerra. Pertanto, oggi, quando la maggior parte dei conflitti non è combattuta da eserciti regolari, ma da gruppi di civili armati con poche risorse, incendiare terre, rubare bestiame e bloccare gli aiuti sono tattiche sempre più utilizzate da coloro che cercano di controllare intere popolazioni indifese. Così, in questi tipi di conflitti, i primi obiettivi militari diventano le reti di approvvigionamento idrico e le vie di comunicazione. Gli agricoltori non possono vendere i loro prodotti in ambienti minacciati dalla violenza e l’inflazione sale alle stelle. Questo porta un gran numero di persone a soccombere al flagello della fame e a morire, con l’aggravante che, mentre i civili sono indeboliti dalla povertà, i leader politici sono ingrassati dalla corruzione e dall’impunità”.
I conflitti e le economie sono fattori determinanti che aggravano la crisi alimentare: “Crisi politiche, conflitti armati e sconvolgimenti economici giocano un ruolo centrale nell’aggravare la crisi alimentare, ostacolando gli aiuti umanitari e compromettendo la produzione agricola locale, negando così non solo l’accesso al cibo, ma anche il diritto a una vita dignitosa e ricca di opportunità. Sarebbe un errore fatale non sanare le ferite e le fratture causate da anni di egoismo e superficialità”.
Solo la pace determina la stabilità: “Inoltre, senza pace e stabilità, non sarà possibile garantire sistemi agroalimentari resilienti né assicurare cibo sano, accessibile e sostenibile per tutti. Da qui la necessità di un dialogo, in cui le parti coinvolte siano disposte non solo a dialogare, ma anche ad ascoltarsi, a comprendersi e ad agire insieme. Gli ostacoli non mancheranno, ma con un senso di umanità e fraternità, i risultati non potranno che essere positivi”.
Infine il papa ha sottolineato che i sistemi alimentari influenzano il cambiamento climatico: “L’ingiustizia sociale causata dai disastri naturali e dalla perdita di biodiversità deve essere invertita per realizzare una giusta transizione ecologica che ponga al centro l’ambiente e le persone. Per proteggere gli ecosistemi e le comunità svantaggiate, compresi i popoli indigeni, dobbiamo mobilitare risorse da governi, enti pubblici e privati, e organizzazioni nazionali e locali per adottare strategie che diano priorità alla rigenerazione della biodiversità e della ricchezza del suolo”.
Ecco quindi la richiesta di un nuovo atteggiamento contro lo sfruttamento alimentare: “Senza un’azione climatica decisa e coordinata, sarà impossibile garantire sistemi agroalimentari in grado di nutrire una popolazione globale in crescita. Produrre cibo non è sufficiente; è anche importante garantire che i sistemi alimentari siano sostenibili e offrano diete sane e accessibili a tutti. Ciò significa ripensare e rinnovare i nostri sistemi alimentari in una prospettiva di solidarietà, superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato e orientando meglio il nostro impegno nella coltivazione e nella cura dell’ambiente e delle sue risorse, per garantire la sicurezza alimentare e procedere verso un’alimentazione sufficiente e sana per tutti”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Leone XIV ai sacerdoti: siate costruttori di unità e pace

“Oggi, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, Giornata per la santificazione sacerdotale, celebriamo con gioia questa Eucaristia nel Giubileo dei Sacerdoti. Mi rivolgo, perciò, prima di tutto a voi, cari fratelli presbiteri, venuti presso la tomba dell’apostolo Pietro a varcare la Porta santa, per tornare ad immergere nel Cuore del Salvatore le vostre vesti battesimali e sacerdotali. Per alcuni dei presenti, poi, tale gesto è compiuto in un giorno unico della loro vita: quello dell’Ordinazione”: nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, papa Leone XIV ha presieduto nella basilica di san Pietro la celebrazione eucaristica con 32 ordinazioni che conclude il Giubileo dedicato ai presbiteri.
Ai sacerdoti ha rivolto l’invito a mettere al centro l’Eucaristia ed a esercitare la carità, prendendosi cura del popolo di Dio: “Parlare del Cuore di Cristo in questa cornice è parlare dell’intero mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Signore, affidato in modo particolare a noi affinché lo rendiamo presente nel mondo. Per questo, alla luce delle Letture che abbiamo ascoltato, riflettiamo insieme su come possiamo contribuire a quest’opera di salvezza”.
Quindi ha ripreso alcune riflessioni delle letture odierne: “Nella prima, il profeta Ezechiele ci parla di Dio come di un pastore che passa in rassegna il suo gregge, contando le sue pecore una per una: va in cerca di quelle perdute, cura quelle ferite, sostiene quelle deboli e malate. Ci ricorda, così, in un tempo di grandi e terribili conflitti, che l’amore del Signore, da cui siamo chiamati a lasciarci abbracciare e plasmare, è universale, e che ai suoi occhi (e di conseguenza anche ai nostri) non c’è posto per divisioni e odi di alcun tipo.
Nella seconda Lettura poi, san Paolo, ricordandoci che Dio ci ha riconciliati ‘quando eravamo ancora deboli’ e ‘peccatori’, ci invita ad abbandonarci all’azione trasformante del suo Spirito che abita in noi, in un quotidiano cammino di conversione. La nostra speranza si fonda sulla consapevolezza che il Signore non ci abbandona: ci accompagna sempre.
Noi però siamo chiamati a cooperare con Lui, prima di tutto mettendo al centro della nostra esistenza l’Eucaristia, ‘fonte e apice di tutta la vita cristiana’; poi ‘attraverso la fruttuosa recezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale frequente’; e infine con la preghiera, la meditazione della Parola e l’esercizio della carità, conformando sempre più il nostro cuore a quello del Padre delle misericordie”, come afferma il Decreto ‘Presbyterorum ordinis’.
Tali letture introducono alla gioia di Dio, narrata nel Vangelo: “E questo ci porta al Vangelo che abbiamo ascoltato, in cui si parla della gioia di Dio (e di ogni pastore che ami secondo il suo Cuore) per il ritorno all’ovile di una sola delle sue pecore. E’ un invito a vivere la carità pastorale con lo stesso animo grande del Padre, coltivando in noi il suo desiderio: che nessuno vada perduto, ma che tutti, anche attraverso di noi, conoscano Cristo e abbiano in Lui la vita eterna.
E’ un invito a farci intimamente uniti a Gesù, seme di concordia in mezzo ai fratelli, caricandoci sulle spalle chi si è perduto, donando il perdono a chi ha sbagliato, andando a cercare chi si è allontanato o è rimasto escluso, curando chi soffre nel corpo e nello spirito, in un grande scambio d’amore che, nascendo dal fianco trafitto del Crocifisso, avvolge tutti gli uomini e riempie il mondo”.
Ecco il motivo del richiamo all’enciclica ‘Dilexit Nos’ di papa Francesco: “Il ministero sacerdotale è un ministero di santificazione e di riconciliazione per l’unità del Corpo di Cristo. Per questo il Concilio Vaticano II chiede ai presbiteri di fare ogni sforzo per ‘condurre tutti all’unità nella carità’, armonizzando le differenze perché ‘nessuno… possa sentirsi estraneo’. E raccomanda loro di essere uniti al vescovo e nel presbiterio. Quanto più infatti ci sarà unità tra di noi, tanto più sapremo condurre anche gli altri all’ovile del Buon Pastore, per vivere come fratelli nell’unica casa del Padre”.
Infine ha rivolto alcune ‘raccomandazioni’ ai nuovi sacerdoti: “Amate Dio e i fratelli, siate generosi, ferventi nella celebrazione dei Sacramenti, nella preghiera, specialmente nell’Adorazione, e nel ministero; siate vicini al vostro gregge, donate il vostro tempo e le vostre energie per tutti, senza risparmiarvi, senza fare differenze, come ci insegnano il fianco squarciato del Crocifisso e l’esempio dei santi”.
A proposito di santità il papa li ha invitati ad imitare i sacerdoti santi: “E a questo proposito, ricordate che la Chiesa, nella sua storia millenaria, ha avuto (ed ha ancora oggi) figure meravigliose di santità sacerdotale: a partire dalle comunità delle origini, essa ha generato e conosciuto, tra i suoi preti, martiri, apostoli infaticabili, missionari e campioni della carità. Fate tesoro di tanta ricchezza: interessatevi alle loro storie, studiate le loro vite e le loro opere, imitate le loro virtù, lasciatevi accendere dal loro zelo, invocate spesso, con insistenza, la loro intercessione!
Il nostro mondo propone troppo spesso modelli di successo e di prestigio discutibili e inconsistenti. Non lasciatevene affascinare! Guardate piuttosto al solido esempio e ai frutti dell’apostolato, molte volte nascosto e umile, di chi nella vita ha servito il Signore e i fratelli con fede e dedizione, e continuatene la memoria con la vostra fedeltà”.
Mentre nel messaggio per questa giornata papa Leone XIV l’importanza dii fare memoria di questa solennità: “Solo facendo memoria viviamo e facciamo rivivere quanto il Signore ci ha consegnato, chiedendo di tramandarlo a nostra volta nel suo nome. La memoria unifica i nostri cuori nel Cuore di Cristo e la nostra vita nella vita di Cristo, sicché diventiamo capaci di portare al popolo santo di Dio la Parola e i Sacramenti della salvezza, per un mondo riconciliato nell’amore. Solo nel cuore di Gesù troviamo la nostra vera umanità di figli di Dio e di fratelli tra noi. Per queste ragioni, vorrei oggi rivolgervi un invito impellente: siate costruttori di unità e di pace!”
Ed essere costruttori di unità e pace significa “essere pastori capaci di discernimento, abili nell’arte di comporre i frammenti di vita che ci vengono affidati, per aiutare le persone a trovare la luce del Vangelo dentro i travagli dell’esistenza; significa essere saggi lettori della realtà, andando oltre le emozioni del momento, le paure e le mode; significa offrire proposte pastorali che generano e rigenerano alla fede costruendo relazioni buone, legami solidali, comunità in cui brilla lo stile della fraternità. Essere costruttori di unità e di pace significa non imporsi, ma servire. In particolare, la fraternità sacerdotale diventa segno credibile della presenza del Risorto tra di noi quando caratterizza il cammino comune dei nostri presbiteri”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Leone XIV: aiutare la Chiesa a crescere nell’unità

“Apprezzo e ammiro il vostro impegno di venire pellegrini a Roma, ben sapendo quanto siano pressanti le esigenze del ministero. Ma ognuno di voi, come me, prima di essere pastore, è pecora del gregge del Signore! E dunque anche noi, anzi, noi per primi siamo invitati ad attraversare la Porta Santa, simbolo di Cristo Salvatore. Per guidare la Chiesa affidata alle nostre cure dobbiamo lasciarci profondamente rinnovare da Lui, il Buon Pastore, per conformarci pienamente al suo cuore e al suo mistero d’amore”: con questo saluto papa Francesco ha offerto molti spunti nella meditazione nella basilica di san Pietro ai vescovi in occasione del Giubileo
Nell’intervento il papa ha ricordato che le parole di san Paolo sulla speranza erano quelle più care a papa Francesco, tanto da sceglierle per l’inizio della Bolla d’indizione del Giubileo: “Noi vescovi siamo i primi eredi di questa profetica consegna, e dobbiamo custodirla e trasmetterla al Popolo di Dio, con la parola e la testimonianza. A volte, annunciare che la speranza non delude significa andare controcorrente, persino contro l’evidenza di situazioni dolorose che sembrano senza via d’uscita. Ma è proprio in quei momenti che può meglio manifestarsi come il nostro credere e il nostro sperare non vengano da noi, ma da Dio. Ed allora, se siamo davvero vicini, solidali con chi soffre, lo Spirito Santo può ravvivare nei cuori anche la fiamma ormai quasi spenta”.
Ed ha tratteggiato alcune caratteristiche del vescovo: “Carissimi, il pastore è testimone di speranza con l’esempio di una vita saldamente ancorata in Dio e tutta donata nel servizio della Chiesa. E ciò avviene nella misura in cui egli è identificato con Cristo nella sua vita personale e nel suo ministero apostolico: allora lo Spirito del Signore dà forma al suo modo di pensare, ai suoi sentimenti, ai suoi comportamenti. Soffermiamoci insieme su alcuni tratti che caratterizzano questa testimonianza”.
La prima caratteristica riguarda l’unità: “Anzitutto, il Vescovo è il principio visibile di unità nella Chiesa particolare a lui affidata. È suo compito fare in modo che essa si edifichi nella comunione tra tutti i suoi membri e con la Chiesa universale, valorizzando il contributo dei diversi doni e ministeri per la crescita comune e per la diffusione del Vangelo. In questo servizio, come in tutta la sua missione, il Vescovo può contare sulla speciale grazia divina conferitagli nell’Ordinazione episcopale: essa lo sostiene come maestro di fede, come santificatore e guida spirituale; anima la sua dedizione per il Regno di Dio, per la salvezza eterna delle persone, per trasformare la storia con la forza del Vangelo”.
La seconda caratteristica riguarda la vita teologale: “Il che equivale a dire: uomo pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, che suscita in lui la fede, la speranza e la carità e le alimenta, come la fiamma del fuoco, nelle diverse situazioni esistenziali”.
Riprendendo la Lettera agli Ebrei il papa ha sottolineato che il vescovo è un ‘uomo di fede’: “Che bello questo ritratto dell’uomo di fede: uno che, per la grazia di Dio, vede oltre, vede la meta, e rimane saldo nella prova. Pensiamo alle volte in cui Mosè intercede per il popolo al cospetto di Dio. Ecco: il Vescovo nella sua Chiesa è l’intercessore, perché lo Spirito mantiene viva nel suo cuore la fiamma della fede”.
Quindi il vescovo è ‘uomo di speranza’: “Specialmente quando il cammino del popolo si fa più faticoso, il Pastore, per virtù teologale, aiuta a non disperare: non a parole ma con la vicinanza. Quando le famiglie portano pesi eccessivi e le istituzioni pubbliche non le sostengono adeguatamente; quando i giovani sono delusi e nauseati di messaggi illusori; quando gli anziani e le persone con disabilità gravi si sentono abbandonati, il Vescovo è vicino e non offre ricette, ma l’esperienza di comunità che cercano di vivere il Vangelo in semplicità e in condivisione”.
Due ‘caratteristiche’ che confluiscono nella carità: “E così la sua fede e la sua speranza si fondono in lui come uomo di carità pastorale. Tutta la vita del Vescovo, tutto il suo ministero, così diversificato e multiforme, trova la sua unità in questo che sant’Agostino chiama amoris officium. Qui si esprime e traspare al massimo grado la sua esistenza teologale. Nella predicazione, nelle visite alle comunità, nell’ascolto dei presbiteri e dei diaconi, nelle scelte amministrative, tutto è animato e motivato dalla carità di Gesù Cristo Pastore.
Con la sua grazia, attinta quotidianamente nell’Eucaristia e nella preghiera, il Vescovo dà esempio di amore fraterno nei confronti del suo coadiutore o ausiliare, del Vescovo emerito e dei Vescovi delle diocesi vicine, dei suoi collaboratori più stretti come dei preti in difficoltà o ammalati. Il suo cuore è aperto e accogliente, e così è la sua casa”.
Tali virtù confluiscono nella ‘prudenza pastorale’, secondo l’insegnamento di papa Francesco: “La prudenza pastorale è la sapienza pratica che guida il Vescovo nelle sue scelte, nel governare, nei rapporti con i fedeli e con le loro associazioni. Un chiaro segno della prudenza è l’esercizio del dialogo come stile e metodo nelle relazioni e anche nella presidenza degli organismi di partecipazione, cioè nella gestione della sinodalità nella Chiesa particolare”.
Tali caratteristiche si vivono nello stile di vita: “Ha uno stile semplice, sobrio e generoso, dignitoso e nello stesso tempo adeguato alle condizioni della maggior parte del suo popolo. Le persone povere devono trovare in lui un padre e un fratello, non sentirsi a disagio nell’incontrarlo o entrando nella sua abitazione. Egli è personalmente distaccato dalle ricchezze e non cede a favoritismi sulla base di esse o di altre forme di potere. Il Vescovo non deve dimenticare che, come Gesù, è stato unto di Spirito Santo e inviato a portare il lieto annuncio ai poveri”.
Tra questi stili di vita c’è il celibato, che significa ‘castità del cuore’: “Insieme alla povertà effettiva, il Vescovo vive anche quella forma di povertà che è il celibato e la verginità per il Regno dei cieli. Non si tratta solo di essere celibe, ma di praticare la castità del cuore e della condotta e così vivere la sequela di Cristo e offrire a tutti la vera immagine della Chiesa, santa e casta nelle membra come nel Capo. Egli dovrà essere fermo e deciso nell’affrontare le situazioni che possono dare scandalo ed ogni caso di abuso, specialmente nei confronti di minori, attenendosi alle attuali disposizioni”.
Tutte queste caratteristiche non escludono le virtù: “Possiamo menzionare la lealtà, la sincerità, la magnanimità, l’apertura della mente e del cuore, la capacità di gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre; e così pure il dominio di sé, la delicatezza, la pazienza, la discrezione, una grande propensione all’ascolto e al dialogo, la disponibilità al servizio. Anche queste virtù, delle quali ciascuno di noi è più o meno dotato per natura, possiamo e dobbiamo coltivarle in conformità a Gesù Cristo, con la grazia dello Spirito Santo”.
Mentre in mattinata ai seminaristi delle diocesi del Triveneto ha rivolto un invito ad essere comunità: “Non pensatevi quindi soli, e nemmeno pensatevi da soli…Abbiate piena fiducia nei vostri formatori, senza ritrosie o doppiezze. E voi, formatori, siate buoni compagni di strada dei seminaristi che vi sono affidati: offrite loro l’umile testimonianza della vostra vita e della vostra fede; accompagnateli con affetto sincero. Sappiatevi tutti sostenuti dalla Chiesa, anzitutto nella persona del Vescovo”.
Ed ecco l’invito finale ad avere lo sguardo su Gesù: “Infine, la cosa più importante: tenete fisso lo sguardo su Gesù, coltivando la relazione di amicizia con Lui… Egli chiede, come scriveva papa Francesco nell’enciclica ‘Dilexit nos’, ‘di non vergognarti di riconoscere la tua amicizia con il Signore. Ti chiede di avere il coraggio di raccontare agli altri che è un bene per te averlo incontrato’. Incontrare Gesù, infatti, salva la nostra vita e ci dona la forza e la gioia di comunicare il Vangelo a tutti”.
(Foto: Santa Sede)
Una rete di carità che abbraccia Torino

C’è un’immagine che meglio di ogni parola racconta il significato della carità: un abbraccio. È quello che stringe, ogni giorno, volontarie e volontari, amici e sostenitori della Società di San Vincenzo De Paoli. Un gesto semplice, ma carico di significato, che prende forma concreta nelle pagine del Bilancio Sociale del Consiglio Centrale di Torino.
Numeri, sì. Ma soprattutto volti, storie, vite vissute. È la testimonianza viva di una missione che unisce: ascoltare chi è nel bisogno e agire con amore, dignità e rispetto. Un’opera corale fondata sul carisma del Beato Federico Ozanam, che affermava: “L’assistenza onora quando aggiunge al pane che nutre la visita che consola, la stretta di mano che ridona il coraggio perduto”.
“Tutti loro costituiscono il bilancio invisibile che accompagna e permette la nostra opera sul territorio”, spiega Rodrigo Sardi, Presidente della ODV Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Centrale di Torino. Un bilancio che, nel 2024, ha sostenuto 2.783 famiglie – pari a 7.157 persone – con oltre 1 milione di euro in aiuti. Ma soprattutto una presenza costante, fatta di ascolto, vicinanza e progettualità. Il Consiglio Centrale di Torino della Società di San Vincenzo De Paoli raggruppa 57 gruppi locali definiti “Conferenze”.
Con 622 soci e 350 volontari attivi, il Consiglio Centrale di Torino ha promosso interventi in diversi ambiti: educazione, lavoro, casa, dignità personale, senza mai dimenticare il valore di ogni singola relazione umana. In un’Italia dove quasi un ragazzo su dieci abbandona gli studi, la Fondazione Carlo e Maria Pia Ballerini ha donato 5.000 euro per aiutare 48 bambini ad affrontare l’anno scolastico con tutto il necessario.
Il progetto ‘Liberi di studiare’, sostenuto dal Politecnico di Torino, con 32.180 euro ha invece garantito percorsi universitari, gite scolastiche, doposcuola, mensa e trasporti a 18 giovani meritevoli, ma in difficoltà economica.
Sul fronte lavoro, nel 2024 sono stati attivati 5 contratti, 5 tirocini e 6 corsi di formazione, con il supporto di tre enti accreditati dalla Regione Piemonte. E grazie a questo impegno concreto, 135 persone sono riuscite a uscire dalla povertà. L’augurio per il futuro è di continuare: “A fare la differenza nella vita di chi ha bisogno alleviando, e in molti casi risolvendo, i loro problemi”, come sottolinea il Presidente Rodrigo Sardi che osserva: “Siamo stati un punto di riferimento per tanti offrendo sostegno materiale e spirituale, promuovendo iniziative di solidarietà e inclusione e testimoniando i valori del Vangelo attraverso le nostre azioni”.
Una missione di inclusione e di supporto che trova ogni giorno compimento grazie all’impegno di soci e volontari che, oltre alla distribuzione alimentare, – nel 2024 hanno consegnato 33.317 pacchi spesa – e ad aiuti economici di varia natura, hanno offerto loro stessi. Quella della Società di San Vincenzo De Paoli è una presenza costante che per molte famiglie seguite sul territorio si traduce in amicizia, supporto e incoraggiamento nei momenti difficili. Tutto questo grazie alla visita a domicilio: l’attività che da sempre contraddistingue la Società di San Vincenzo De Paoli.
Al contrario della maggior parte delle altre Associazioni, che ricevono le persone presso un ufficio, sono proprio soci e volontari della Società di San Vincenzo De Paoli a recarsi periodicamente nelle case delle famiglie in difficoltà fino a sviluppare un rapporto amicale che abbatte le barriere. È così che le persone vengono accompagnate fuori dalla condizione di povertà: con una vicinanza che è buon consiglio e incoraggiamento a migliorarsi sempre, a sviluppare quelle capacità che permettono di riconquistare la propria dignità e una posizione nella società civile, anche frequentando corsi di formazione per diventare più spendibili nel mondo del lavoro.
L’emergenza abitativa è uno degli aspetti più critici del disagio sociale. La dignità e l’autonomia della persona è spesso messa a dura prova anche dall’impossibilità di sostenere i costi abitativi. Dinnanzi a tale difficoltà subentra il servizio di social housing. Le principali Conferenze che offrono questo aiuto sono Sant’ Ernesto di Candiolo e Beata Gabriella di Savigliano.
La Conferenza Sant’Ernesto ha in gestione Casa Arietti, un lascito degli anni ‘70 dei coniugi Arietti, destinato a persone in difficoltà. Sono stati ricavati sei monolocali, oggi occupati da sei famiglie. La Casa Arietti è diventata un luogo di solidarietà e di incontro, dove persone in difficoltà trovano un tetto, un sostegno e un senso di appartenenza. Negli anni, la casa ha ospitato oltre 25 persone, offrendo loro un alloggio sicuro e dignitoso. Oggi, la Casa Arietti è un luogo vivo e dinamico, dove si organizzano attività per tutte le età, dal gruppo di preghiera per gli anziani agli incontri per i bambini. Un luogo che non è solo rifugio, ma anche comunità viva, con momenti di preghiera, gioco, vicinanza.
Tra i progetti più innovativi e partecipati c’è ‘Abito’, l’emporio solidale di via Santa Maria 6, dove chi è in difficoltà può scegliere autonomamente vestiti e beni di prima necessità. Nel 2024 sono stati distribuiti 50.384 capi, raggiungendo 1.330 famiglie e 3.304 beneficiari, grazie anche a 1.328 donazioni di vestiario, cresciute del 30,7% rispetto all’anno precedente. Prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, oltre alla distribuzione di indumenti, le famiglie con bambini che iniziano la prima elementare ricevono uno zaino riempito con materiale di cancelleria. In Abito si forniscono, inoltre, prodotti per l’igiene personale, in particolare a persone senza fissa dimora.
Il numero dei volontari è salito da 22 a 80 e sono stati avviati anche i primi corsi di sartoria sociale, segno che l’iniziativa sta diventando un vero laboratorio di inclusione e crescita. La povertà oggi passa anche attraverso le bollette. Per questo, insieme alla Fondazione Banco dell’Energia, sono nati due progetti: ‘Energia in periferia’ ed ‘Efficientamento domestico’, per un totale di 100.000 euro investiti. Hanno coinvolto 160 nuclei familiari e portato non solo supporto economico, ma anche percorsi di educazione al risparmio energetico con la figura dei Tutor per l’Efficienza Domestica.
Il progetto ‘Efficientamento Domestico’ è stata la novità del 2024. Cinque le Conferenze coinvolte, 60 i nuclei familiari, pari a 139 persone (beneficiari), 31.336,53€ spesi nella sostituzione degli elettrodomestici. L’iniziativa ha lo scopo di ridurre i consumi di luce e gas, sostituendo alcuni elettrodomestici maggiormente energivori per classe o per età, con altri a più basso consumo (migliore classe energetica).
Da 170 anni, la Società di San Vincenzo De Paoli è presente a Torino. Ma non si ferma ai confini della città: dal 1954, attraverso l’Opera speciale San Pio X, sostiene circa 570 monasteri di clausura, in Italia e all’estero, nati in contesti di grave povertà.
Grazie all’impegno di tanti uomini e donne iscritti alla Società di San Vincenzo De Paoli germogliano ogni giorno semi di bene in nome di servizio che ha il suo motto in “Serviens in spe” che significa “servire nella speranza”. Una visione che punta a promuovere la dignità e lo sviluppo integrale di ciascun individuo per costruire un futuro di giustizia e solidarietà, rafforzando il legame con la comunità e promuovendo un cambiamento positivo. Ogni giorno, nelle vie e nei quartieri di Torino, il volontariato della San Vincenzo è un abbraccio che solleva, una voce che ascolta, una mano che rialza.
Giugno Antoniano 2025, sabato 14 giugno da Gattamelata a Donatello fino al Santuario della visione sui passi di Antonio

Una giornata, quella di sabato 14 giugno, all’insegna dell’arte, della storia e della spiritualità. Tre gli eventi organizzati nell’ambito del Giugno Antoniano 2025. Si comincia alle ore 10.00 a Camposampiero (PD) con ‘Sui passi di Antonio’, una visita guidata con partenza dal Santuario della Visione. A fare da Ciceroni al pubblico una guida dell’Ufficio Turistico del Camposampierese, affiancata dallo scultore Romeo Sandrin, l’autore del percorso di sculture in bronzo ‘Vangelo e Carità’ ai Santuari Antoniani.
I visitatori avranno la possibilità di conoscere il volto medievale della cittadina dell’Alta Padovana e la figura di sant’Antonio che qui trascorse l’ultimo mese della sua vita terrena nel convento francescano. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria: info@camposampierese.it – www.camposampierese.it.
Sempre sabato 14 giugno, alle ore 16.45 in Sala Studio Teologico al Santo, l’incontro culturale ‘Gattamelata e la sua famiglia tra Narni e Padova’ racconterà la figura di Erasmo da Narni, partendo dalla presentazione del libro curato da Giovanna Baldissin Gattamelata, il suo tempo, la sua vita e la sua eredità (Atti del convegno di studio, Narni 2024). A dialogare con l’autrice Dario Canzian, docente di Storia Medievale del Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova, e padre Luciano Bertazzo, direttore del Centro Studi Antoniani.
Il libro raccoglie una serie di interventi relativi al mestiere delle armi tra Medioevo e Rinascimento, prestando particolare attenzione a Erasmo da Narni, alla sua vita e alle circostanze politiche che fanno da sfondo al suo trasferimento al servizio della Repubblica di Venezia, nella difesa dei confini occidentali dello Stato di Terraferma, e infine al legame che mantenne con la sua città natale. Interverranno anche una delegazione del Comune di Narni e la presidente dell’Ente Corsa All’Anello, Patrizia Nannini. La Corsa all’Anello è la manifestazione che da oltre cinquant’anni raccoglie e fa memoria dell’identità, della storia, della cultura di Narni e ha promosso il convegno di cui il volume raccoglie gli atti.
Ultimi posti per la visita guidata in notturna “Le notti di Donatello al Santo” di sabato 14 giugno alle ore 21.00, promossa dalla Pastorale dell’Arte al Santo (PAS) in esclusiva per il Giugno Antoniano 2025. La serata propone un percorso di visita tra i capolavori dell’artista fiorentino, incontrando Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, e la sua sposa, Madonna Giacoma da Leonessa, una delle donne più ricche e intriganti della Padova del Quattrocento, e molto altro. Un intreccio affascinate tra fede, arte e storia nel fiorire del Rinascimento in Basilica. Il percorso guidato dura 1 ora e 30 minuti.
Ingresso a pagamento con prenotazione obbligatoria on line su Santantonio.org/Arte al Santo (https://service.santantonio.org/le-notti-di-donatello-al-santo/). Per ulteriori informazioni o per essere inseriti nelle liste di attesa per prossimi eventi: infobasilica@santantonio.org – t. 049 8225652.
Inoltre, ogni sabato ore 11.30 e 14.30 e ogni domenica ore 14.30 sono attive le visite in Basilica guidate dai volontari che collaborano con la Pastorale dell’Arte al Santo per singoli o gruppi fino a 10 persone (gradita offerta a sostegno dei progetti di Caritas S. Antonio). Si ricorda che anche oggi, su iniziativa del Comune di Padova, in occasione della Solennità di Sant’Antonio del 13 giugno, Palazzo della Ragione e i Musei civici agli Eremitani, Palazzo Zuckermann, Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea saranno a ingresso gratuito (è esclusa la Cappella degli Scrovegni). Un omaggio della Città del Santo ai molti devoti, cittadini e turisti che saranno a Padova.
Infine, è sempre possibile visitare le sedi museali della Basilica del Santo – Museo Antoniano, Oratorio di S. Giorgio e Scoletta del Santo -, nei consueti orari e modalità (info su www.santantonio.org), oltre che assistere alle proiezioni del percorso multimediale immersivo ‘Antonius’ (Chiostro del Generale, ingresso gratuito). ‘Antonius’ è una straordinaria e coinvolgente visita emozionale che rafforza l’esperienza di pellegrinaggio alla Basilica del Santo, trasformando l’arte e la spiritualità antoniana in spettacolo.
Lo spazio espositivo è di circa 1.000 metri quadrati. Il percorso è in dieci lingue – italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, polacco, croato, arabo, russo – oltre a una traccia audio per non vedenti. Proiezioni nei giorni di venerdì, sabato e domenica, ogni ora dalle ore 9.15 alle ore 12.15 e dalle 14.15 alle 17.15 (durata circa 30 minuti).
Tutti gli appuntamenti del Giugno Antoniano 2025 sono a ingresso gratuito e libero fino a esaurimento posti, salvo ove indicato diversamente. Il cartellone completo con tutti gli eventi culturali e le celebrazioni religiose è su www.santantonio.org.
Il Giugno Antoniano 2025 è organizzato da Comune di Padova, Pontificia Basilica di S. Antonio, Provincia di S. Antonio di Padova dei Frati Minori Conventuali, Diocesi di Padova, Veneranda Arca di S. Antonio, Messaggero di sant’Antonio Editrice, Arciconfraternita di Sant’Antonio, Centro Studi Antoniani, Museo Antoniano, con la collaborazione di Ordine Francescano Secolare di Padova, Associazione Corsia del Santo – Placido Cortese, Associazione culturale Palio Arcella.
La realizzazione della manifestazione è possibile grazie al contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Camera di Commercio di Padova, Confindustria Veneto Est.
Il Giugno Antoniano 2025 ha inoltre il patrocinio del Comune di Camposampiero (PD) e del Progetto Antonio 800 della Provincia Italiana di S. Antonio di Padova. La media partnership è in collaborazione con ‘Messaggero di sant’Antonio’, ‘Messaggero dei Ragazzi’, Telepace e Rete Veneta del Gruppo Medianordest.
Papa Leone XIV ai sacerdoti romani: siate vicino alla gente e camminate insieme

“Io voglio chiedere un forte applauso per tutti voi che siete qui e per tutti i sacerdoti ed i diaconi di Roma! Carissimi Presbiteri e Diaconi che svolgete il vostro servizio nella Diocesi di Roma, carissimi seminaristi, vi saluto tutti con affetto e amicizia! Ringrazio Sua Eminenza, il Cardinale Vicario, per le parole di saluto e per la presentazione che ha fatto, raccontando un po’ della vostra presenza in questa città. Ho desiderato incontrarvi per conoscervi da vicino e per iniziare a camminare insieme a voi. Vi ringrazio per la vostra vita donata a servizio del Regno, per le vostre fatiche quotidiane, per tanta generosità nell’esercizio del ministero, per tutto ciò che vivete nel silenzio e che, a volte, è accompagnato da sofferenza o da incomprensione. Svolgete servizi diversi ma siete tutti preziosi agli occhi di Dio e nella realizzazione del suo progetto”.
Con queste parole papa Leone XIV ha ricevuto in udienza il clero della diocesi di Roma con l’invito di camminare insieme per ritrovare la fiamma della vocazione in un tempo segnato dalle violenze e, nel territorio di Roma, dalla povertà e dall’emergenza abitativa, come aveva detto nel saluto iniziale il vicario, card. Baldo Reina: “Il suo presbiterio, Santo Padre, è un presbiterio generoso, con un forte senso di appartenenza e con una passione pastorale molto marcata. Di fronte alle difficoltà reagisce in maniera positiva; schietto nel riconoscere i problemi o le criticità, con uno spiccato senso dell’umorismo e sempre pronto a ripartire per il bene della chiesa e delle singole comunità. Le difficoltà non mancano”.
Quindi papa Leone XIV ha preso spunto dalle riflessioni del cardinale vicario per dimostrare il desiderio di incontrarli: “Ho desiderato incontrarvi per conoscervi da vicino e per iniziare a camminare insieme a voi. Vi ringrazio per la vostra vita donata a servizio del Regno, per le vostre fatiche quotidiane, per tanta generosità nell’esercizio del ministero, per tutto ciò che vivete nel silenzio e che, a volte, è accompagnato da sofferenza o da incomprensione. Svolgete servizi diversi ma siete tutti preziosi agli occhi di Dio e nella realizzazione del suo progetto”.
Ed ha sottolineato questa universalità peculiare: “La Diocesi di Roma presiede nella carità e nella comunione, e può compiere questa missione grazie ad ognuno di voi, nel vincolo di grazia con il Vescovo e nella feconda corresponsabilità con tutto il popolo di Dio. La nostra è una Diocesi davvero particolare, perché tanti sacerdoti arrivano da diverse parti del mondo, specialmente per motivi di studio; e questo implica che anche la vita pastorale (penso soprattutto alle parrocchie) sia segnata da questa universalità e dalla reciproca accoglienza che essa comporta”.
Ed ha proposto alcune note, di cui la prima è stata incentrata sull’unità: “Nella preghiera detta ‘sacerdotale’, come sappiamo, Gesù ha chiesto al Padre che i suoi siano una cosa sola. Il Signore sa bene che solo uniti a Lui e uniti tra di noi possiamo portare frutto e dare al mondo una testimonianza credibile. La comunione presbiterale qui a Roma è favorita dal fatto che per antica tradizione si è soliti vivere insieme, nelle canoniche come nei collegi o in altre residenze. Il presbitero è chiamato ad essere l’uomo della comunione, perché lui per primo la vive e continuamente la alimenta. Sappiamo che questa comunione oggi è ostacolata da un clima culturale che favorisce l’isolamento o l’autoreferenzialità. Nessuno di noi è esente da queste insidie che minacciano la solidità della nostra vita spirituale e la forza del nostro ministero”.
Però per preservare tale comunione è necessaria la fraternità: “Ma dobbiamo vigilare perché, oltre al contesto culturale, la comunione e la fraternità tra di noi incontrano anche alcuni ostacoli per così dire ‘interni’, che riguardano la vita ecclesiale della Diocesi, le relazioni interpersonali, e anche ciò che abita nel cuore, specialmente quel sentimento di stanchezza che sopraggiunge perché abbiamo vissuto delle fatiche particolari, perché non ci siamo sentiti compresi e ascoltati, o per altri motivi”.
Ed ha elencato alcuni ‘comportamenti che favoriscono la fraternità: “Io vorrei aiutarvi, camminare con voi, perché ciascuno riacquisti serenità nel proprio ministero; ma proprio per questo vi chiedo uno slancio nella fraternità presbiterale, che affonda le sue radici in una solida vita spirituale, nell’incontro con il Signore e nell’ascolto della sua Parola. Nutriti da questa linfa, riusciamo a vivere relazioni di amicizia, gareggiando nello stimarci a vicenda; avvertiamo il bisogno dell’altro per crescere e per alimentare la stessa tensione ecclesiale”.
Per questo è necessario un cammino unitario: “La comunione va tradotta anche nell’impegno in questa Diocesi; con carismi diversi, con percorsi di formazione differenti e anche con servizi differenti, ma unico dev’essere lo sforzo per sostenerla. A tutti chiedo di porre attenzione al cammino pastorale di questa Chiesa che è locale ma, a motivo di chi la guida, è anche universale. Camminare insieme è sempre garanzia di fedeltà al Vangelo; insieme e in armonia, cercando di arricchire la Chiesa con il proprio carisma ma avendo a cuore l’essere l’unico corpo di cui Cristo è il Capo”.
L’altra nota riguarda l’esemplarità, come aveva detto in un’omelia dello scorso mese: “Ve lo chiedo con il cuore di padre e di pastore: impegniamoci tutti ad essere sacerdoti credibili ed esemplari! Siamo consapevoli dei limiti della nostra natura e il Signore ci conosce in profondità; ma abbiamo ricevuto una grazia straordinaria, ci è stato affidato un tesoro prezioso di cui siamo ministri, servitori. E al servo è chiesta la fedeltà.
Nessuno di noi è esente dalle suggestioni del mondo e la città, con le sue mille proposte, potrebbe anche allontanarci dal desiderio di una vita santa, inducendo un livellamento verso il basso dove si perdono i valori profondi dell’essere presbiteri. Lasciatevi ancora attrarre dalla chiamata del Maestro, per sentire e vivere l’amore della prima ora, quello che vi ha spinto a fare scelte forti e rinunce coraggiose. Se insieme proveremo ad essere esemplari dentro una vita umile, allora potremo esprimere la forza rinnovatrice del Vangelo per ogni uomo e per ogni donna”.
Infine, riprendendo un discorso alla curia romana di papa Francesco sulla bellezza, papa Leone XIV ha evidenziato alcune sfide per i sacerdoti: “Un’ultima nota che desidero consegnarvi è quella dello sguardo alle sfide del nostro tempo in chiave profetica. Siamo preoccupati e addolorati per tutto quello che succede ogni giorno nel mondo: ci feriscono le violenze che generano morte, ci interpellano le disuguaglianze, le povertà, tante forme di emarginazione sociale, la sofferenza diffusa che assume i tratti di un disagio che ormai non risparmia più nessuno. E queste realtà non accadono solo altrove, lontano da noi, ma interessano anche la nostra città di Roma, segnata da molteplici forme di povertà e da gravi emergenze come quella abitativa”.
(Foto: Santa Sede)
Cei: costruire un’architettura di pace

“Cari Confratelli, ci ritroviamo per questa sessione straordinaria del Consiglio Permanente in un momento di grande cambiamento nel mondo e nella Chiesa. Abbiamo salutato l’amato Papa Francesco che, fino all’ultimo, ha speso la sua vita per il gregge che gli era stato affidato. La sua morte ha addolorato tutti, grandi e piccoli, i potenti e gli ultimi della terra, credenti e non credenti. Tanti leader cristiani e di altre religioni; un popolo numeroso che, senza organizzazione, ma con intuito spirituale, ha reso omaggio a Francesco. In tanti hanno espresso, nei giorni passati, il senso di mancanza perché lui non era più con noi”: con queste parole sono stati aperti dal presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana.
Nell’introdurre i lavori dei vescovi il card. Zuppi ieri ha reso omaggio a papa Francesco: “La sua non è stata una popolarità effimera; Francesco ha veramente avvicinato la Chiesa alla gente. Sono cadute parecchie preclusioni, anche consolidate, verso la Chiesa e il Papa, grazie a Francesco. La Chiesa in Italia, nella larga prospettiva della storia, ha un forte debito verso di lui. Abbiamo, vorrei sottolinearlo, la responsabilità di cogliere le strade che ha aperto, le domande esplicite e implicite che oggi si manifestano”.
Il papa defunto ha sempre ricordato che bisogna annunciare Cristo: “Ha chiesto a tutti di parlare di Cristo, ha parlato di Cristo con commovente insistenza e tanta sapienza umana, riproponendo l’essenzialità del kerygma, da cuore a cuore, mostrando l’umanità del Vangelo perché incontri oggi la ricerca di speranza, di senso, di futuro delle persone. Ci ha chiesto di farlo senza paura e senza supponenza, forti della santità, sempre con quella simpatia che attrae, comunica, crea relazioni con tutti, senza paura di farsi contaminare perché con identità chiara e con purezza di cuore, mettendo in circolo la fede nelle vene dell’umanità”.
Ma l’annuncio cristiano continua con papa Leone XIV: “Il passaggio di un Vescovo, soprattutto nella Chiesa di Roma che presiede nella carità, è un’esperienza di fede e non può essere ridotto alle sole interpretazioni umane, spesso distorcenti, esteriori, interessate, polarizzate. L’elezione del successore di Pietro (e quindi anche di papa Francesco) è un vero atto di tradizione, gesto con cui la Chiesa trasmette ‘tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede’. E’ stata una vera e propria epifania della Chiesa, manifestazione evidente della sua universalità”.
E’ stato un richiamo all’unità, ricordando il prossimo incontro con papa Leone XIV: “Al di là delle letture troppo politologiche della Chiesa, tutto si ricompone nell’unità, per opera dello Spirito e per la disponibilità dei cristiani alla sua azione… Sin d’ora, mi sia permesso di confermare a Papa Leone la nostra gratitudine per il dono dell’udienza che ha concesso alla Conferenza Episcopale Italiana per il prossimo 17 giugno: sarà un’occasione preziosa per pregare insieme, rinnovare la nostra professione di fede e ascoltare la sua parola alle Chiese in Italia”.
Richiamando l’appello di papa Leone XIV è stato rivolto un richiamo alla pace: “Chiediamo il rispetto del diritto internazionale umanitario, l’ingresso di aiuti senza restrizioni, l’apertura di corridoi umanitari e, soprattutto, la promozione di un dialogo che possa realizzare la soluzione ‘due popoli, due Stati’. Il nostro sguardo si rivolge anche all’Ucraina nell’auspicio che i fili del dialogo, già così difficili, siano rafforzati, trovino le garanzie necessarie inserite in un quadro che permetta una pace giusta e sicura. Non possiamo però dimenticare i tantissimi conflitti che insanguinano il pianeta. Abbiamo a cuore i popoli di Asia, Africa, America Latina piegati dalla tragedia delle armi, che portano morte e sofferenze, generando odio e ulteriori ingiustizie”.
Il cristiano è artigiano di pace: “Il cristiano è un artigiano di pace, che dal suo cuore trae la forza di una pace disarmata e disarmante. Ci aiutano due intense memorie storiche, tra loro correlate: l’80° della fine della Seconda guerra mondiale e il 75° della Dichiarazione Schuman (9 maggio 1950), con la quale i ‘padri fondatori’ dell’Europa avviarono il processo di pacificazione post-bellica e di integrazione comunitaria con l’obiettivo, esplicito, di riportare la pace nel continente e nel mondo intero.
Perché la pace non sia una tregua occorre imparare a pensarci non solo vicini ma insieme, a difendere la soluzione pacifica dei conflitti e rafforzare le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Per questo occorre costruire un’architettura di pace, frutto di quei valori e della dolorosa consapevolezza che sono a fondamento dell’Europa, che non può essere ridotta a diritti individuali o burocrazia, perché fondata sulla difesa della persona nel suo valore indiscutibile e nella sua relazione con la comunità”.
Per questo la Chiesa opererà sempre per la pace: “Ecco perché la Chiesa in Italia continuerà a impegnarsi per tessere relazioni, per alimentare il dialogo, per iniziare percorsi di riconciliazione e di sviluppo, anche attraverso le attività e i progetti che i fondi dell’8xmille destinati alla Chiesa cattolica rendono possibili. Vogliamo contribuire a realizzare un mondo unito e in pace, dove non si senta più il rumore delle armi e dove tutti possono dirsi fratelli. La lotta alla povertà, l’educazione che la stessa presenza della Chiesa anima con le sue diverse realtà, l’impegno per lo sviluppo e gli aiuti al mondo, sono una parte del nostro sforzo”.
Quindi opere di pace sono realizzate grazie anche all’ottoxmille: “Per questo, esprimiamo gratitudine a quanti scelgono di destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica: ciò consente di realizzare migliaia di progetti in Italia e nel mondo. Siamo poi fiduciosi che si agisca a correzione, secondo gli impegni assunti, sugli interventi apportati unilateralmente dal Governo, come anche da diversi altri precedenti, sul sistema dell’8xmille, ripristinandolo così come originariamente stabilito, nel rispetto della realtà pattizia dell’Accordo. Su questo tema torneremo in futuro”.
Quindi ha spiegato anche il motivo del rinvio delle votazioni sinodali: “Il cammino della Chiesa in Italia merita certamente una riflessione attenta, esaminando le reazioni che con accentuazioni differenti hanno fatto seguito alla Seconda Assemblea Sinodale… Tutti coloro che hanno partecipato ai lavori assembleari hanno visto nel rinvio ad ottobre per l’approvazione delle Proposizioni uno snodo che ha permesso allo Spirito di parlare ancora. Sin dall’inizio del percorso, abbiamo chiesto partecipazione e l’abbiamo avuta. E’ il segno, concreto, che nulla era stato prestabilito, confezionato, imposto dall’alto, ma frutto del discernimento delle Chiese che si sono messe in ascolto e hanno attivato processi inediti e forse, addirittura, inattesi”.
Infine ha sottolineato la dignità della vita di ogni persona: “In questa prospettiva, esprimiamo il pressante auspicio che le recenti sentenze con le quali la Corte costituzionale è nuovamente intervenuta sulla vita umana al suo sorgere e nella fase conclusiva non conducano a soluzioni legislative che finiscono col ridimensionare l’infinita dignità della persona dal concepimento alla morte naturale. Uno sguardo non parziale sui diritti della persona umana in ogni fase della sua vita, e in particolare nei momenti di massima vulnerabilità, ci induce poi a ribadire in materia di fine vita quanto già espresso nella nota della Presidenza CEI il 19 febbraio, con una duplice sottolineatura”.
Pompei ha ricordato Marianna Farnararo, promotrice del Santuario di Pompei

“Pochi anni dopo, l’arrivo del quadro aveva già segnato il nuovo inizio di Valle di Pompei. Ma neppure il suo fondatore poteva aver chiaro ciò che sarebbe accaduto in seguito; ciò che sarebbe diventata quella landa sperduta bonificata da una fede che dava frutti concreti; cambiava il mondo intorno più dei piani di risanamento sociale. Nascevano le Opere e, soprattutto, si tracciava e si delineava la via di un futuro che oggi possiamo, forse, cogliere in uno dei passaggi cruciali”.
Prendiamo spunto dalla lettera alla città scritta dall’arcivescovo-prelato del santuario di Pompei, mons. Tommaso Caputo, per il 150° anniversario dell’arrivo del Quadro della Madonna del Rosario a Valle di Pompei, in ricordo di Marianna Farnararo De Fusco, che insieme a Bartolo Longo ha fatto nascere a Pompei il Santuario e le Opere di Carità: la contessa Marianna Farnararo vedova De Fusco in Longo sollecitò i suoi amici nobili napoletani ad offrire un ‘soldo al mese’ per il nascente santuario ed ella stessa contribuì, con i suoi averi, alla costruzione. L’impegno al quale dedicò, però, tutta la sua esistenza è stato la diffusione del culto mariano. Il suo contributo specifico all’opera pompeiana fu la realizzazione dell’Orfanotrofio Femminile, inaugurato nel 1887, e l’amministrazione dei beni del Santuario, amministrazione ‘temporale’, dopo la cessione alla Santa Sede del Santuario e delle opere di Valle di Pompei.
Per comprendere meglio l’opera di Marianna Farnararo, a Marida D’Amora, componente dell’Ufficio Stampa del Pontificio Santuario della beata Vergine del Santo Rosario di Pompei, chiediamo di raccontarcela: “Marianna Farnararo vedova De Fusco in Longo, è stata, assieme a Bartolo Longo, la fondatrice del Santuario e della città di Pompei, delle Opere di Carità e finanche di un Ordine religioso femminile: le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei. Nata a Monopoli (BA) il 13 dicembre 1836, a quattordici anni si trasferì con la madre a Napoli, andando ad abitare a Port’Alba, nel palazzo nobiliare della famiglia Volpicelli, dove conobbe la loro figlia Caterina.
Tra le due si stabilì subito una profonda amicizia. A 16 anni, Marianna sposò il Conte Albenzio De Fusco di Lettere, ricco proprietario terriero, con possedimenti a Valle di Pompei. Così Marianna divenne ‘Contessa’, titolo con il quale fu chiamata per tutta la vita. Ebbero cinque figli, ma il conte morì nel 1864, lasciandola vedova a soli 28 anni. Ritornata ad abitare a casa Volpicelli, conobbe il giovane avvocato pugliese Bartolo Longo. Grazie a questo incontro la Provvidenza la condurrà per vie impreviste e sconosciute, rendendola moglie dell’avvocato Bartolo Longo e madre di centinaia di bambine orfane”.
Perché, essendo contessa, si dedicò ad opere di beneficenza?
“Bartolo Longo, incaricato dalla contessa di amministrare i suoi beni a Valle di Pompei, vi giunse nel 1872. Aggirandosi per le strade impervie della desolata località, era tormentato dal dubbio su come avesse potuto salvarsi, a causa del suo allontanamento dalla fede durante gli anni universitari. Trovandosi in via Arpaia, sentì dentro di sé una voce interiore che gli diceva: ‘Se vuoi salvezza, propaga il Rosario. Chi propaga il Rosario è salvo’. Egli decise di impegnare tutta la sua esistenza per rispondere a questa chiamata, nella quale coinvolse la contessa.
Ella aderì pienamente a questa “missione” e lo affiancò per circa cinquant’anni, dando vita, assieme a lui, alla storia provvidenziale della Nuova Pompei. Una storia di fede e di grazia. E furono opere non solo religiose, come la costruzione del Santuario, ma di promozione umana e sociale: scuole per bambini, scuole serali per adulti, gli ospizi per i minori bisognosi, orfani e figli di carcerati, laboratori di sartoria, falegnameria, tipografia, affinché i ragazzi e le ragazze potessero imparare un mestiere che consentisse loro, lasciato l’Ospizio, di sostenersi dignitosamente”.
In quale modo fece evangelizzazione?
“Si racconta che una volta Marianna abbia detto che il buon Dio aveva dato a Bartolo Longo il dono della penna e a lei il dono della lingua… Un’espressione per dire che lei, nonostante non avesse come il marito eccelsi strumenti intellettuali, aveva comunque la possibilità di mettere a frutto la sua grande capacità dialettica, di dire il proprio pensiero a ‘fin di bene’. La contessa donò i suoi stessi possedimenti per dar vita alle straordinarie opere di carità in Valle di Pompei e bussò alle porte dei nobili napoletani per invitarli a fare offerte per la costruzione del Santuario.
Ella non aveva alcun carisma profetico particolare, ma era certamente portatrice di quel profetismo delle donne, di cui ha parlato papa Benedetto XVI all’International Stadium di Amman il 10 maggio 2009, perché messaggera di amore, misericordia, calore umano specialmente verso l’infanzia abbandonata, di cui si prendeva cura, come una madre, in quel clima semplice e familiare che si creò all’interno degli istituti pompeiani”.
Come la carità produce ‘frutti’ nella società?
“La carità, intesa come la più sublime ed elevata espressione dell’amore, è la forma attraverso la quale Dio si è manifestato all’uomo. Un amore, che può definirsi creativo, redentivo, santificante e che corregge e guida, sostiene e supporta quanti si affidano a Lui. Il ‘miracolo di Pompei’ ne è un esempio mirabile. In occasione del centenario della morte della contessa, la comunità ecclesiale e civile di Pompei l’ha ricordata con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dell’arcivescovo-prelato, mons. Tommaso Caputo, e con una suggestiva rievocazione storica, organizzata dal Comune, alla presenza del sindaco, Carmine Lo Sapio, dei discendenti della contessa e di Longo e di rappresentanti delle città di Monopoli e Latiano”.
(Tratto da Aci Stampa)