Papa Francesco: non disgiungere misericordia e giustizia

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Sabato scorso papa Francesco ha inaugurato il 94^ 94º anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano alla presenza anche del ministro della Giustizia italiano, Carlo Nordio, e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio italiano, Alfredo Mantovano, affermando che la giustizia è anche una virtù, richiamando all’anelito di giustizia, che non può essere disgiunto alla pace:

“Si rafforza nella nostra coscienza, fino a diventare imperativo, il bisogno di dare testimonianza per aiutare a costruire la pace e la giustizia… Ogni impegno per la pace implica e richiede l’impegno per la giustizia.

La pace senza giustizia non è una vera pace, non ha solide fondamenta né possibilità di futuro. E la giustizia non è un’astrazione o un’utopia. Nella Bibbia, essa è l’adempimento onesto e fedele di ogni dovere verso Dio, è compiere la sua volontà”.

La giustizia non significa solamente applicare la legge, ma soprattutto esercitare una virtù: “Non è solo il frutto di un insieme di regole da applicare con perizia tecnica, ma è la virtù per cui diamo a ciascuno ciò che gli spetta, indispensabile per il corretto funzionamento di ogni ambito della vita comune e perché ognuno possa condurre una vita serena. Una virtù da coltivare mediante l’impegno di conversione personale e da esercitare insieme alle altre virtù cardinali della prudenza, della fortezza e della temperanza”.

Ed ha rilevato che anche nello stato del Vaticano le controversie sono aumentate: “Negli ultimi anni queste controversie giuridiche e i relativi processi sono aumentati, come pure è aumentata, in non pochi casi, la gravità delle condotte che vengono in rilievo, soprattutto nell’ambito della gestione patrimoniale e finanziaria.

Qui bisogna essere chiari ed evitare il rischio di ‘confondere il dito con la luna’: il problema non sono i processi, ma i fatti e i comportamenti che li determinano e li rendono dolorosamente necessari. Infatti, tali comportamenti, da parte di membri della Chiesa, nocciono gravemente alla sua efficacia nel riflettere la luce divina”.

Quindi ha sottolineato che il mandato della Chiesa anche nella giustizia è l’esercizio della misericordia di Dio: “Con questo atteggiamento di misericordia e di vicinanza siamo chiamati a guardare i fratelli e le sorelle, soprattutto quando sono in difficoltà, quando sbagliano, quando sono sottoposti alla prova del giudizio. Una prova che a volte è necessaria, quando si tratta di accertare condotte che offuscano il volto della Chiesa e destano scandalo nella comunità dei fedeli”.

Ma la misericordia si esercita attraverso il discernimento: “E’ di aiuto a tal fine l’esercizio di un rigoroso discernimento, che ‘impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati’; come pure il prudente ricorso al canone dell’equità, che può favorire la ricerca del necessario equilibrio fra giustizia e misericordia.

Misericordia e giustizia non sono alternative ma camminano insieme, procedono in equilibrio verso lo stesso fine, perché la misericordia non è la sospensione della giustizia, ma il suo compimento”.

Mentre all’inizio dell’inaugurazione il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, ha rivolto un  saluto: “La crescente attenzione che l’opinione pubblica riserva alle nostre attività e il giudizio che molti, ogni giorno, esprimono sul nostro operato ci rendono consapevoli della grande responsabilità che ci ha affidato e della necessità di adempiere ai nostri doveri con scrupolo e accuratezza, ma, soprattutto, con grande rispetto dei valori sottesi alle garanzie del giusto processo”.

Mentre ai rettori, docenti, studenti e personale delle Università e Istituzioni Pontificie romane il papa ha sottolineato che lo studio universitario non induce all’uniformità, come scriveva san John Henry Newman, ma è un’armonia:

“Questa armonia chiede di essere coltivata prima di tutto in voi stessi, tra le tre intelligenze che vibrano nell’anima umana: quella della mente, quella del cuore e quella delle mani, ciascuna con il suo timbro e carattere, e tutte necessarie. Linguaggio della mente che sia unito a quello del cuore e a quello delle mani: quello che si pensa, quello che si sente, quello che si fa”.

Il discorso del papa è un invito a ‘fare coro’: “Vi invito, pertanto, a non accontentarvi di soluzioni dal fiato corto, e a non pensare a questo processo di crescita semplicemente come a un’azione ‘di difesa’, volta a fronteggiare il calo delle risorse economiche e umane.

Va visto, piuttosto, come uno slancio verso il futuro, come un invito ad accogliere le sfide di un’epoca nuova della storia. La vostra è un’eredità ricchissima, che può promuovere vita nuova, ma che può anche inibirla, se diventa troppo autoreferenziale, se diventa un pezzo di museo.

Se volete che abbia un futuro fecondo, la sua custodia non può limitarsi al mantenimento di quanto ricevuto: deve invece aprirsi a sviluppi coraggiosi e, se necessario, anche inediti. Essa è come un seme che, se non lo si sparge nella terra della realtà concreta, rimane solo e non porta frutto”.

(Foto: Santa Sede)

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