Il papa incontrerà il Patriarca Kirill

Durante il viaggio di ritorno da Atene a Roma il papa ha risposto alle domande dei giornalisti, ringraziandoli per i servizi proposti in questi giorni e rispondendo alle domande ha tracciato una panoramica sul dialogo con gli ortodossi un prossimo incontro con il Patriarca di Mosca, Kirill, e sul valore delle ‘scuse’:
“Ho chiesto scusa, ho chiesto scusa davanti a Ieronymus, mio fratello Ieronymus, ho chiesto a scusa per tutte le divisioni che ci sono fra i cristiani, ma soprattutto (per) quelle che noi abbiamo provocato: i cattolici. Anche ho voluto chiedere scusa, guardando alla guerra per l’indipendenza – Ieronymus me lo ha segnalato: una parte dei cattolici si sono schierati con i governi europei perché non si facesse l’indipendenza greca. Invece nelle isole, i cattolici delle isole, hanno sostenuto l’indipendenza, anche sono andati in guerra, alcuni hanno dato la vita per la patria. Ma il centro in quel momento era schierato sull’Europa…
Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono, e quando non chiediamo perdono a Dio, difficilmente lo chiederemo ai fratelli. E’ più difficile chiedere perdono a un fratello che a Dio, perché noi sappiamo che lì dice:
‘Sì, vai, sei perdonato’. Invece, con i fratelli… c’è la vergogna, e l’umiliazione… Ma nel mondo di oggi ci vuole l’atteggiamento dell’umiliazione e del chiedere scusa. Tante cose stanno succedendo nel mondo, tante vite disperse, tante guerre… Come mai non chiederemo scusa?”
Per quanto riguarda la diatriba del Natale nel provvedimento dell’Europa, papa Francesco ha sottolineato una situazione anacronistica: “Nella storia tante dittature hanno cercato di farla. Pensa a Napoleone: da lì… Pensa alla dittatura nazista, quella comunista… è una moda di una laicità annacquata, acqua distillata… Ma questa è una cosa che non ha funzionato durante la storia.
Ma questo mi fa pensare a una cosa, parlando dell’Unione europea, che credo sia necessaria: l’Unione europea deve prendere in mano gli ideali dei Padri fondatori, che erano ideali di unità, di grandezza, e stare attenta a non fare strada a delle colonizzazioni ideologiche. Questo potrebbe arrivare a dividere i Paesi e a (far) fallire l’Unione europea.
L’Unione europea deve rispettare ogni Paese come è strutturato dentro. La varietà dei Paesi, e non volere uniformare. Io credo che non lo farà, non era sua intenzione, ma stare attenta, perché delle volte vengono, e buttano lì progetti come questo e non sanno cosa fare, non so mi viene in mente…
No, ogni Paese ha la propria peculiarità, ma ogni Paese è aperto agli altri. Unione europea: sovranità sua, sovranità dei fratelli in una unità che rispetta la singolarità di ogni Paese. E stare attenti a non essere veicoli di colonizzazioni ideologiche. Per questo, quello del Natale è un anacronismo”.
Fari puntati anche sul valore della democrazia: “La democrazia è un tesoro, un tesoro di civiltà e va custodito, va custodito. E non solo custodito da una entità superiore ma custodito fra i paesi stessi, [bisogna] custodire la democrazia altrui. Io oggi forse vedo due pericoli contro la democrazia: uno è quello dei populismi, che sono un po’ qua, un po’ là, cominciano a far vedere le unghie.
Io penso a un grande populismo del secolo scorso, il nazismo, che è stato un populismo che difendendo i valori nazionali, così diceva, è riuscito ad annientare la vita democratica, anzi la vita stessa con la morte della gente, a diventare una dittatura cruenta…
L’indebolimento della democrazia si ha per il pericolo dei populismi che non sono popolarismi, e per il pericolo di questi riferimenti a potenze internazionali economici, culturali… questo è quello che mi viene in mente ma io non sono un politico di scienza, io parlo dicendo quello che mi sembra”.
Altro tema importante ha riguardato la situazione dei migranti: “La migrazione non è tema centrale solo nel Mediterraneo. Riguarda anche altre parti d’Europa. Riguarda l’Est Europeo. Pensiamo ai fili spinati. Cosa si aspetta per esempio dalla Polonia, dalla Russia. E da altri Paesi come la Germania dal suo nuovo governo…
Ora è di moda fare muri o fili spinati o anche il filo con le concertinas (gli spagnoli sanno cosa significa). E’ usuale fare queste cose per impedire l’accesso. La prima cosa che io direi è: pensa al tempo in cui tu eri migrante e non ti lasciavano entrare. Eri tu che volevi scappare dalla tua terra e adesso sei tu a volere costruire dei muri. Questo fa bene. Perché chi costruisce muri perde il senso della storia, della propria storia”.
Ed ha chiesto all’Europa una pianificazione seria per l’accoglienza: “Perché i governanti sanno quanti sono quanti migranti sono capaci di ricevere. Questo è loro diritto. Questo è vero. Ma i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se un governo non può accogliere oltre un certo numero, deve entrare in dialogo con altri Paesi, che si prendano cura gli altri, ognuno.
Per questo è importante l’Unione Europea. Perché può fare l’armonia fra tutti i governi per la distribuzione dei migranti. Pensiamo a Cipro, o alla Grecia. O anche a Lampedusa, alla Sicilia. Arrivano i migranti e non c’è l’armonia tra tutti i paesi per mandare questi qui, o là, o là. Manca questa armonia generale… Ma rischiamo la civiltà. Rischiamo la civiltà”.
Un accenno particolare alla situazione della Chiesa in Francia: “Quando si fa uno studio su in un tempo così lungo, c’è il rischio di confondere il modo di sentire il problema di un’epoca 70 anni prima dell’altra. Vorrei soltanto dire questo come principio: una situazione storica va interpretata con l’ermeneutica dell’epoca, non con la nostra.
Per esempio, la schiavitù. Noi diciamo: è una brutalità. Gli abusi di 70 o 100 anni fa sono una brutalità. Ma il modo con cui la vivevano loro, non è lo stesso di oggi: per esempio nel caso degli abusi nella Chiesa l’atteggiamento era di coprire. Atteggiamento che si usa purtroppo anche nella grande quantità delle famiglie, nei quartieri. Noi diciamo, no, non va questo coprire. Ma bisogna sempre interpretare con l’ermeneutica dell’epoca, non con la nostra”.
E’ una condanna del ‘chiacchiericcio’ che ha portato alle dimissioni dell’arcivescovo di Parigi: “L’opinione pubblica, il chiacchiericcio… non sappiamo… se voi sapete perché ditelo, al contrario non posso rispondere. E non saprete perché è stata una mancanza di lui, una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale, di piccole carezze e massaggi che faceva alla segretaria, questa è l’accusa.
Questo è peccato ma non è dei peccati più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi… Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore, e quello era con peccati con tanta angelicalità, come era rinnegare Cristo! Perché era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti, era una chiesa umile…
Ma quando il chiacchiericcio cresce e ti toglie la fama di una persona, no, non potrà governare perché ha perso la fama non per il suo peccato, che è peccato (come quello di Pietro, come il mio come il tuo) ma per il chiacchiericcio delle persone. Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia”.
Infine ha parlato di un prossimo incontro con il patriarca di Mosca: “E nell’orizzonte non lontano un incontro con il patriarca Kyrill, credo che la prossima settimana viene da me Ilarion per concordare un possibile incontro. Il patriarca deve viaggiare, forse in Finlandia, e io sono comunque sempre disposto ad andare a Mosca, per dialogare con un fratello.
Per dialogare con un fratello non ci sono protocolli, un fratello ortodosso che si chiami Kyrill, Crysostomos, Ieronimos, e quando ci vediamo non balliamo il minuetto, ci diciamo le cose in faccia, ma come fratelli.
Ed è bello vedere litigare i fratelli perché appartengono alla stessa madre, la madre Chiesa, ma sono un po’ divisi alcuni per l’eredità, altri per la storia che li ha divisi. Ma dobbiamo cercare di andare insieme, lavorare e camminare in unità e per l’unità. Sono riconoscente a Ieronymos, a Crysostomos e a tutti patriarchi che hanno questa voglia di camminare insieme”.
(Foto: Vatican News)