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Nicea 1700 anni dopo
È in uscita un nuovo numero di Studia patavina (2/2024), la rivista della Facoltà teologica del Triveneto, con un focus dal titolo Nicea andata e ritorno. Traiettorie di un Concilio, a cura di Chiara Curzel (Istituto superiore di Scienze religiose “Romano Guardini” di Trento) e Maurizio Girolami (Facoltà teologica del Triveneto), scaricabile gratuitamente dal sito www.fttr.it al link https://www.fttr.it/wp-content/uploads/2024/07/Studia-Patavina-2-2024-FOCUS-NICEA.pdf
Nel 2025 ricorreranno i 1700 anni dal concilio di Nicea (325 d.C.), il primo evento ecumenico nella storia della cristianità, da cui scaturì una professione di fede condivisa che tuttora rappresenta per i cristiani un elemento in cui identificarsi e trovare unità. La Facoltà teologica del Triveneto ha già organizzato un convegno sul tema (14 ottobre 2024), da cui nascono gli approfondimenti proposti in questo fascicolo.
Il percorso affronta innanzitutto questioni storiche, teologiche, linguistiche, scritturistiche e guarda poi alla recezione di Nicea nel territorio del Nord Est italiano. In apertura, Emanuela Prinzivalli (Sapienza Università di Roma, Istituto Patristico Augustinianum) delinea un ampio quadro storico-teologico generale delle questioni: studia i prodromi di Nicea, le poche fonti disponibili sul suo andamento, l’innovazione costituita dal Credo niceno.
L’evento, la ricezione e la comunicazione di Nicea sono sviscerati da alcuni docenti dell’area patristica della Facoltà, che hanno anche curato la parte scientifica del convegno: Chiara Curzel (Trento), Cristina Simonelli e Zeno Carra (Verona), Davide Fiocco (Belluno).
La chiesa di Aquileia, madre delle chiese del Nord Est, ebbe un ruolo importante nella vicenda: polmone tra Roma e l’Oriente, fu un territorio sul quale visioni di chiese diverse trovarono tensioni e scontri, ma fu anche ponte di dialogo nella catena di trasmissione della fede. Alcuni affondi su autori e territori di area aquileiese sono proposti da altri docenti della Facoltà: Giuseppe Laiti (Verona), Alessio Persic (Udine), Tatiana Radaelli (Treviso), Paolo Cordioli (Verona), Massimo Frigo (Vicenza), Maurizio Girolami (Padova).
Millesettecento anni fa venne posto come soggetto il “noi”, cioè la comunità diversificata per luoghi e culture ma accomunata dalla fede condivisa e, da quel momento in poi, da un condiviso modo di esprimerla e di trasmetterla. «Il cammino sinodale che stiamo compiendo oggi – scrivono nell’editoriale Curzel e Girolami – ci riconsegna l’importanza di ripartire da questo assunto fondamentale: la fede è un dono dato a una comunità di discepoli e questi insieme credono, insieme celebrano, insieme testimoniano la loro appartenenza a Cristo».
Per l’oggi della fede sono di grande attualità due temi derivanti da Nicea: quello del generare e quello dell’uso del linguaggio. «La cultura contemporanea sembra non riconoscere più il valore della generazione – proseguono i curatori –. Generare significa riconoscere che ogni generazione ha il suo posto nel piano dell’umanità e che ciascuna sa dare il proprio contributo nel dialogo con chi viene prima e pensando a chi viene dopo.
Il dialogo tra generazioni, al quale tante volte richiama papa Francesco, è una vocazione di umanità che attende da tutti attenzione e cura, perché anche così si prende coscienza dell’essere generati e della potenzialità di essere generatori di futuro». L’altro grande contributo di Nicea è la riflessione sul linguaggio, cioè il richiamo al necessario compito di cercare in ogni epoca e contesto le parole più proprie per esprimere la fede. «L’impegno a trovare parole per dire “Gesù è Signore” in questo nostro tempo è la sfida che ci raggiunge da Nicea» concludono i curatori.
Oltre al Focus, la rivista pubblica l’articolo di Antonio Ricupero Ministeri laicali e carismi in Luigi Sartori, proposto nell’anniversario del primo centenario della nascita del teologo padovano. Completa il fascicolo una ricca sezione di recensioni e segnalazioni bibliografiche.
Il focus del fascicolo 2/2024 è scaricabile gratuitamente dal sito della Facoltà teologica del Triveneto www.fttr.it al link https://www.fttr.it/wp-content/uploads/2024/07/Studia-Patavina-2-2024-FOCUS-NICEA.pdf. L’intero fascicolo 2/2024 può essere richiesto (al costo di € 17,00) a studiapatavina.abbonamenti@fttr.it ed è in vendita su Libreriadelsanto.it
Abitare e custodire la terra, la riflessione delle religioni a Camaldoli
‘Una terra da abitare e custodire’: questo il titolo della 60ª Sessione di formazione promossa dal Segretariato attività ecumeniche (Sae Aps), a Camaldoli fino a sabato 3 agosto, che trae spunto dal versetto biblico di Genesi, ‘Il Signore Dio prese l’essere umano e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse’, esprimendo il senso di una riflessione sulla cura di quella casa comune che è il mondo creato, in un tempo di crisi socio-ambientale, come ha sottolineato la presidente del Sae, dott.ssa Erica Sfredda.
“Un tema fondamentale in questo momento storico. Lo affronteremo da due punti di vista: il primo, naturalmente, è quello biblico, cioè noi riteniamo che la fede nell’atto creativo di Dio segna e radica le grandi religioni monoteiste in un terreno che non può prescindere dal rispetto della terra, che ci è stata data perché fosse custodita e coltivata e non sfruttata e depredata. Il secondo punto di partenza è che tutto è connesso, perché ogni azione produce anche effetti sull’ambiente”.
Si tratterà di leggere i segni di questo tempo così problematico, di interpretarli alla luce dell’elaborazione delle diverse Chiese e tradizioni religiose, di indicare buone pratiche per farvi fronte. L’evento si articola in momenti di riflessione, incontro, preghiera e convivialità, secondo lo stile che da sessant’anni caratterizza le sessioni Sae e che anche quest’anno metterà a confronto cristiani delle diverse confessioni, ma anche esponenti di diverse religioni.
Tra coloro che animeranno la sessione, voci ortodosse come Simona Paula Dobrescu, Athenagoras Fasiolo, Vladimir Laiba, Sergio Mainoldi, Gheorge Verzea e Vladimir Zelinsky; evangeliche come Alessandro Andreotti, Cristina Arcidiacono, Claudio Garrone, Hanz Gutierrez, Manuela Lops, Maria Paola Rimoldi, Dorothee Mack, Davide Romano, Erica Sfredda, Debora Spini, Letizia Tomassone, Fabio Traversari, Gesine Traversari; cattoliche come Andrea Bigalli, Bruno Bignami, Marco Campedelli, Claudio Ubaldo Cortoni, Matteo Ferrari, Enrico Giovannini, Augusto Loni, Gloria Mari, Marco Marchetti, Elena Massimi, Simone Morandini, Domenico Pompili, Brunetto Salvarani, Giuliano Savina, Piero Stefani. La dimensione interreligiosa prenderà corpo negli interventi della buddhista Elena Seishin Viviani, dell’induista Jaya Murthy, di ebrei come Sandro Ventura e Sarah Kaminski, e del musulmano Adnane Mokrani.
Alla presidente, dott.ssa Erica Sfredda, ed al prof. Simone Morandini, membro del comitato esecutivo del Segretariato Attività Ecumeniche e rappresentante dell’ATISM (Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale) nel CATI (Coordinamento Associazioni Teologiche Italiane), abbiamo chiesto di spiegarci la scelta di questo tema: “Da 60 anni il SAE organizza ogni anno una sessione di formazione ecumenica, focalizzando la propria attenzione sia su temi di dialogo interconfessionale, sia su quelle questioni nelle quali è in gioco la vita della famiglia umana. In un tempo di crisi socio-ambientale devastante, guardare ad “una terra da coltivare e custodire” è stata una scelta naturale, a maggior ragione per i lunghi decenni di azione convergente in quest’ambito da parte delle diverse chiese cristiane. è, infatti, dagli anni ‘70 che il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha iniziato ad occuparsi della crisi ambientale, offrendo un contributo determinante all’elaborazione dell’idea di sostenibilità; è dal 1991 che il Patriarca Bartolomeo invia ogni anno una lettera enciclica alle chiese in occasione della giornata del creato del 1 settembre; è già in testi di papa Paolo VI che la chiesa cattolica ha iniziato a segnalare la devastante prospettiva della crisi ecologica”.
Quale è il ‘compito’ delle Chiese per la custodia del creato?
“La cura della casa comune è fatta di scelte tecniche, economiche e politiche, ma a monte di esse ci sono opzioni etiche e culturali ed è a questo livello che operano le chiese. Tra gli ambiti in cui si esprimerà tale agire il richiamo al valore prezioso della Terra donataci, l’appello all’urgenza di un agire mirante a salvaguardarne la vivibilità per le generazioni future, la confessione del mondo come dono del Creatore – e come tale prezioso, meritevole di custodia”.
Quindi perchè tutto è connesso?
Ce lo insegna la riflessione scientifica contemporanea – non solo quella ecologica: l’universo è una matrice di collegamenti vitali, tra realtà anche distanti. Anche l’umanità ne è parte e ne dipende per la sua stessa esistenza, ma al contempo la influenza profondamente, con le proprie scelte e con la forma di vita che si da. La Bibbia poi ci presenta il creato stesso come comunità di viventi, che reciprocamente si servono, donandosi vita: è l’intuizione sottesa anche al Cantico di Frate Sole di Francesco d’Assisi, di cui nel 2025 celebreremo gli 800 anni dalla composizione ed al quale è ispirata anche l’Enciclica Laudato Si”.
‘Spera ed agisci con il creato’ è il messaggio del papa per la giornata di preghiera per la cura del creato. In quale modo le Chiese possono camminare insieme?
“Da alcuni anni il tema della giornata del creato è indicato da una commissione ecumenica, di cui ovviamente anche la chiesa cattolica è parte, ed il titolo del Messaggio di papa Francesco ne rispecchia la scelta per il 2024. Vi si fa riferimento al grande testo paolino di Romani 8, 19-23, al gemito della creazione in attesa della liberazione, allo Spirito che muove a novità. La coltivazione della speranza (una speranza attiva, sintonica col creato e non orientata al dominio ed allo sfruttamento) è una componente qualificante dell’agire comune delle Chiese”.
Perchè la salvaguardia del creato è una questione teologica?
“In realtà la salvaguardia del creato è oggi questione urgente ed eminentemente pratica: dinanzi ad un riscaldamento globale che procede a passi accelerati, dinanzi ad una biodiversità al collasso, dinanzi alla progressiva devastazione di interi ecosistemi urgono scelte di cambiamento profondo, sia negli stili di vita personali che nelle forme dell’economia e della vita sociale. Dinanzi alla lentezza con cui stati ed istituzioni fanno fronte a tale sfida si pone, d’altra parte, l’esigenza di rafforzare le motivazioni etiche e politiche per tali passaggi.
Per le chiese questo significa anche ripensare la propria teologia della creazione (in forme lontane da ogni fondamentalismo), sottolineando la bontà fondamentale del creato, la sua destinazione alla vita, il compito degli umani di coltivarlo e custodirlo. Significa anche prendere le distanze da un’ideologia del ‘dominio della terra’, caratteristica della modernità, che ha talvolta trovato appoggio in una lettura inadeguata dei testi biblici.
Non è casuale che in questi decenni molti teologi e molte teologhe abbiano elaborato forme di ecoteologia: da J. Moltmann a L. Boff, da J. Zizioulas a D. Edwards. Neppure è casuale che le stesse chiese abbiano assunto posizioni sempre più incisive in quest’ambito, quasi a disegnare un ‘magistero verde’ ampiamente condiviso”.
(Tratto da Aci Stampa)
Da Loreto giovani europei sulle orme delle stimmate di san Francesco d’Assisi
Dal 28 luglio al 3 agosto a Loreto si svolgerà il XIV Campo ecumenico dei giovani europei, come ha raccontato don Francesco Pierpaoli, parroco della diocesi di Fano-Fossombrone- Cagli-Pergola, ideatore dei Campi ecumenici dei giovani di Loreto: “Tutto nasce dal desiderio di incontrare Gesù nei propri fratelli e di imparare a chinarsi su quelli più bisognosi. Da qui il segnale che il mondo può cambiare veramente anche davanti all’impossibile, come la guerra che sta dilaniando ormai da più di due anni la nostra Europa”.
Quest’anno questo campo ecumenico sarà l’occasione per riflettere sugli 800 anni a La Verna delle stimmate di san Francesco d’Assisi, con le sollecitazioni di p. Damiano Angelucci, un frate minore cappuccino delle Marche, basandosi sul libro di Antonio Rosmini, ‘Delle cinque piaghe della Santa Chiesa’: la paura, l’attrazione del piacere, la fatica di capirsi con il Signore, l’incomprensione con i fratelli e Sorella Morte.
Al campo parteciperanno luterani dalla Svezia, ortodossi dalla Romania e dall’Ungheria, greco cattolici dall’Ucraina e cattolici dall’Italia: “Avviene come per il soffione che spinto dal vento porta il seme lontano dalla propria terra, magari non ci accorgiamo ma quel seme prima o poi germoglia e fiorisce in maniera inattesa. Quel seme è Gesù e il vento lo Spirito Santo”.
Per quale motivo sono sorti i campi ecumenici dei giovani europei?
“Questa esperienza nasce a Loreto, dove san Giovanni Paolo II nel 1995 convocò i giovani per pregare per la pace nell’ex Yugoslavia, che indicò la città mariana come ‘capitale’ spirituale dei giovani d’Europa e la casa di Maria come la casa del ‘sì’ e quindi la casa in cui vivono in pace uomini e donne. Da quell’esperienza è nata la volontà, partendo dai giovani, di ricomporre l’unità e la comunione, non solo dal punto di vista ecumenico (sono presenti alcune confessioni europee), ma anche da un punto di vista sociale e culturale, perché abbiamo cercato di vivere con i giovani soprattutto la diversità come opportunità. La diversità non è divisione, ma è ricchezza, in quanto quello che non conosco non mi deve mettere paura, ma al contrario devo ascoltarlo. L’idea dei campi ecumenici parte da qui, dove i giovani sono il soggetto di questo cammino di unità, che è la preghiera di Gesù: ‘che tutti siano uno’. Il nome che abbiamo dato al progetto è quello che all’epoca ci indicò il papa: ‘Eurhome’ (‘Europa casa’) che derivava da ‘Eurhope (‘Europa speranza’) con la speranza che l’Europa sia la casa in cui tutti possano vivere in pace”.
‘Da Loreto questa sera abbiamo compiuto un singolare pellegrinaggio dall’Atlantico agli Urali, in ogni angolo del Continente, dovunque si trovano giovani in cerca di una ‘casa comune’. A tutti dico: ecco la vostra Casa, la Casa di Cristo e di Maria, la Casa di Dio e dell’uomo! Giovani dell’Europa in marcia verso il 2000, entrate in questa casa per costruire insieme un mondo diverso, un mondo in cui regni la civiltà dell’amore!’: così diceva nel 1995 san Giovanni Paolo II proprio da Loreto. Tale messaggio è ancora attuale?
“E’ ancora attuale e lo sarà finché esiste l’umanità sulla terra, perché basta poco per riaccendere quella divisione (purtroppo con l’invasione della Russia in Ucraina l’Europa lo sta sperimentando): basta poco affinchè la fraternità lasci lo spazio agli interessi economici. Quindi occorre che i giovani diventino l’oggi di questo mondo nuovo. Ascoltiamoli, perché nel loro cuore c’è questo desiderio profondo di pace e di fraternità”.
Quali percorsi ecumenici si possono aprire?
“Intanto è necessaria un’esperienza ecumenica che parta dal ‘basso’, dall’amicizia. Ma i giovani stanno bene insieme? A Loreto viviamo insieme per una settimana da quasi 15 anni (anglicani, luterani, ortodossi, cattolici), allora perché siamo divisi? E’ chiaro che sorgono le domande, però le strade sono innanzitutto quelle dell’amicizia e della fraternità. Quindi credo che anche i principi teologici e dottrinali possano essere liberati da ‘questioni’ che non hanno niente a cosa fare con il Vangelo, ma sono semplicemente il frutto, purtroppo, di una divisione che abbiamo nel cuore. Il Vangelo e l’Eucarestia non possono dividerci; Gesù lava i piedi a tutti i suoi apostoli; Gesù offre la prima Eucarestia proprio a Giuda. In questo senso dobbiamo vedere come nella fraternità il sentiero dell’ecumenismo si apre davanti a noi. Tutto questo non riguarda solamente le confessioni religiose, ma soprattutto l’accoglienza di culture e modi di vivere diversi, vivendole come arricchimento personale”.
Per preparare quest’appuntamento una delegazione ecumenica nello scorso maggio si è recata nella diocesi greco cattolica di Samir-Drohobich in Ucraina, in cui esiste una comunità capace di prendersi cura delle persone in difficoltà, grazie ai giovani volontari della Caritas per far fronte al gran numero di bisognosi, che può ospitare fino a 2.800 persone gratuitamente: quale è la situazione?
“La situazione è quella di un popolo in guerra, cosa che, essendo nato nel 1961, non ho mai vissuto. Vivere in un clima di guerra è come vivere sapendo che hai un tumore: tutto quello che fai sembra normale, ma ha una malattia. Abbiamo incontrato una popolazione provata, sapendo che un uomo tra 18 e 60 anni può essere chiamato per ‘andare’ in prima linea, sapendo che 200 ucraini al giorno possono morire al fronte. Però davanti a questi segni di morte la comunità cristiana sta avendo una creatività nella cura ai bambini orfani, alle famiglie senza tetto ed ai mutilati: là dove esiste questo ‘peccato’ abbonda questo amore straordinario. Ho vissuto questo in Ucraina. I giovani dell’Ucraina verranno al campo ecumenico e parteciperanno con questa ‘ricchezza’ spirituale. Nello stesso tempo sono grati, perché siamo andati a trovarli e siamo stati con loro. Mi auguro che la pace possa arrivare per questo popolo che ha una fede profonda ed autentica”.
La riflessione del campo sarà incentrata sulle stimmate di san Francesco nella ricorrenza dell’ottavo centenario: cosa sarà proposto ai giovani?
“Quest’anno sono 800 anni che la Chiesa ricorda (26 settembre 1224) il momento in cui san Francesco d’Assisi a La Verna ricevette queste ‘ferite’, che fecero di lui un ‘alter Christi’, una persona che aveva vissuto Gesù sulla terra, in quanto il santo è l’attualizzazione di Gesù sulla terra. Con p. Damiano Angelucci, frate cappuccino delle Marche, abbiamo pensato di prendere queste ‘ferite’ di Gesù e di dire non solo quali sono le ferite, ma anche in quale modo san Francesco le ha curate nella sua vita. P. Damiano nominerà le cinque piaghe: piaga della paura verso il ‘diverso’; piaga della gratificazione personale; piaga della ‘fatica’ di comprendere la Parola di Dio; piaga dell’incomprensione con i fratelli; piaga di ‘sorella’ morte. Davanti ad ogni ferita san Francesco si pone come colui che si prende cura per rimarginare le ferite. Le cicatrici rimangono, però le ferite sono curate e conducono alla vita”.
(Tratto da Aci Stampa)
Papa Francesco: Gesù è il cuore dell’ecumenismo
‘Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo’: citando la lettera ai Romani di san Paolo apostolo, papa Francesco ha incontrato la delegazione della federazione Luterana Mondiale con il nuovo presidente, il vescovo Henrik Stubkjær, e la segretaria generale, ormai da molti anni, la Reverenda Anne Burghardt, presente anche nel precedente incontro.
Durante l’incontro il papa ha ricordato il cammino intrapreso per celebrare insieme il Concilio di Nicea: “Già tre anni fa, quando un’altra delegazione della Federazione Luterana Mondiale è venuta a Roma, abbiamo riflettuto insieme sull’imminente anniversario del Primo Concilio di Nicea quale evento ecumenico. E l’anno scorso, in occasione dell’Assemblea generale della vostra Federazione a Cracovia, Lei, reverenda Burghardt, insieme al mio caro fratello il cardinale Koch, in una Dichiarazione comune ha sottolineato che ‘l’antico credo cristiano di Nicea, di cui celebreremo il 1700° anniversario nel 2025, crea un legame ecumenico che ha il suo centro in Cristo’. In tale contesto, Lei ha giustamente ricordato un bellissimo segno di speranza, che ha un posto speciale nella storia della riconciliazione tra cattolici e luterani”.
Ha ribadito, ancora una volta, che senza Cristo non può esistere l’ecumenismo, come ricordato dalla ‘Dichiarazione di Augusta’ avvenuta nel 1999: “Gesù Cristo è il cuore dell’ecumenismo. Egli è la misericordia divina incarnata, e la nostra missione ecumenica è quella di testimoniarlo. Nella ‘Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione’, luterani e cattolici hanno formulato come obiettivo comune quello di ‘confessare in ogni cosa Cristo, il solo nel quale riporre ogni fiducia, poiché egli è l’unico mediatore attraverso il quale Dio nello Spirito Santo fa dono di sé ed effonde i suoi doni che tutto rinnovano’.
Care sorelle e cari fratelli, sono passati 25 anni dalla firma di quella Dichiarazione ufficiale comune. Ciò che è accaduto il 31 ottobre 1999 ad Augusta è un altro segno di speranza nella nostra storia di riconciliazione. Conserviamolo nella memoria come qualcosa di sempre vivo. Che il 25° anniversario sia celebrato nelle nostre comunità come una festa della speranza”.
Ed ha concluso l’incontro con una riflessione sull’ecumenismo, che nasce dal Concilio di Nicea: “Ricordiamo che la nostra comune origine spirituale è ‘un solo battesimo per il perdono dei peccati’ (Credo di Nicea-Costantinopoli) e proseguiamo con fiducia come ‘pellegrini della speranza’. Che il Dio della speranza sia con noi e continui ad accompagnare con la sua benedizione il nostro dialogo della verità e della carità.
In questo cammino dell’ecumenismo mi viene in mente una bella cosa del caro Vescovo Zizioulas. Questo Vescovo ortodosso, pioniere dell’ecumenismo, diceva che lui conosceva la data dell’unione dei cristiani: il giorno del giudizio finale! Ma nel frattempo, diceva, dobbiamo camminare insieme: camminare insieme, pregare insieme e fare la carità insieme, in cammino verso quel giorno ‘iperecumenico’ che sarà il giudizio finale. Così diceva lui. Zizioulas aveva un bel senso dell’umorismo!”
Di seguito il papa ha ricevuto i partecipanti al secondo convegno della Specola Vaticana in memoria dello scienziato George Lemaître sul tema ‘Buchi neri, onde gravitazionali e singolarità dello spazio-tempo’, affermando che la Chiesa presta molta attenzione alla ricerca scientifica: “La Chiesa è attenta a tali ricerche e le promuove, perché esse scuotono la sensibilità e l’intelligenza degli uomini e delle donne del nostro tempo. L’inizio dell’universo, la sua evoluzione ultima, la struttura profonda dello spazio e del tempo pongono gli esseri umani di fronte a una ricerca affannosa di senso, in uno scenario vastissimo dove essi rischiano di perdersi…
E’ quindi chiaro come questi temi abbiano una particolare rilevanza per la teologia, la filosofia, la scienza e anche per la vita spirituale”.
Ed ha tracciato un breve ritratto del sacerdote e dello scienziato: “Il suo cammino umano e spirituale rappresenta un modello di vita da cui tutti noi possiamo imparare. Per assecondare la volontà paterna egli studiò ingegneria; fu arruolato nella prima guerra mondiale e ne conobbe gli orrori. Segue da adulto la sua vocazione sacerdotale e scientifica. Inizialmente è ‘concordista’, cioè crede che nella Sacra Scrittura siano depositate, in maniera velata, verità scientifiche.
Le sue esperienze umane e le conseguenti elaborazioni spirituali lo portano poi a comprendere che la scienza e la fede seguono due cammini diversi e paralleli, tra i quali non vi è conflitto. Anzi, tali cammini si possono armonizzare vicendevolmente, perché sia la scienza sia la fede, per un credente, hanno la stessa matrice nella Verità assoluta di Dio. Il suo cammino di fede lo conduce alla consapevolezza che creazione e big-bang sono due realtà distinte, e che il Dio in cui crede non può essere un oggetto facilmente categorizzabile dalla ragione umana, ma è il ‘Dio nascosto’, che rimane sempre in una dimensione di mistero, non totalmente comprensibile”.
(Foto: Santa Sede)
Suor Chiara Curzel: il Concilio di Nicea è importante per la trasmissione della fede
Ricevendo nello scorso maggio i partecipanti alla sessione plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, papa Francesco aveva auspicato che la celebrazione del prossimo anniversario del Concilio di Nicea, nel 2025, “abbia una rilevante dimensione ecumenica… Nonostante le travagliate vicende della sua preparazione e soprattutto del successivo lungo periodo di recezione, il primo Concilio ecumenico è stato un evento di riconciliazione per la Chiesa, che in modo sinodale riaffermò la sua unità intorno alla professione della propria fede”.
Settimana per l’unità dei cristiani: fa’ questo e vivrai
Il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si svolge dal 18 al 25 gennaio è stato preparato da un Gruppo ecumenico locale del Burkina Faso, coordinato dalla comunità locale di ‘Chemin Neuf’ sul tema ‘Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso: “Quanti sono stati coinvolti nella stesura del testo (fratelli e sorelle dall’Arcidiocesi cattolica di Ouagadougou, dalle Chiese protestanti, dagli organismi ecumenici e dalla CCN in Burkina Faso) hanno collaborato generosamente alla stesura delle preghiere e delle riflessioni, vivendo questa esperienza di lavoro insieme come un vero cammino di conversione ecumenica”.
Sinodo dei vescovi indica spazi di missione
Sabato scorso è stata resa nota la relazione di sintesi del Sinodo dei vescovi, che aveva a tema ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’. e papa Francesco con un breve intervento ha ringraziato i membri della segreteria generale, gli assistenti spirituale, e tutti coloro che, con il loro lavoro nascosto, hanno permesso lo svolgimento dell’assise iniziata lo scorso 4 ottobre:
Papa Francesco invoca la ‘pace benedettina’
Nei giorni scorsi nell’arciabbazia benedettina di Pannonhalma, nell’Ungheria occidentale, si è svolto un simposio ecumenico, in cui si è approfondito il tema della pace nei suoi molteplici aspetti, in un momento in cui “l’umanità globalizzata è ferita e minacciata da una guerra mondiale a pezzi, che, combattuta direttamente in alcune regioni del pianeta, ha però conseguenze che danneggiano la vita di tutti, specialmente dei più poveri ed in cui la guerra in Ucraina ci ha drammaticamente chiamato ad aprire gli occhi e il cuore verso tante popolazioni che soffrono a causa della guerra”.
Da Cipro un invito a non disperdere la Chiesa nel Medio Oriente
Fino al 23 Aprile si è svolto a Nicosia, nell’isola di Cipro, il simposio per il decimo anno dalla promulgazione dell’esortazione apostolica sinodale ‘Ecclesia in Medio Oriente’ dal titolo ‘Radicati nella speranza’, avviato su iniziativa delle agenzie componenti della ROACO, Riunione Opere Aiuto alle Chiese Orientali, con l’organizzazione della AOCTS, Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa, coordinati dal loro presidente Sua Beatitudine Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, che nella prolusione ha ricordato i punti principali dell’esortazione postsinodale ‘Ecclesia in Medio Oriente’ di papa Benedetto XVI:
Papa Francesco: il cammino ecumenico ha bisogno di unità
Nella giornata di giovedì scorso papa Francesco ha incontrato una delegazione di giovani sacerdoti e monaci delle Chiese Ortodosse Orientali con un pensiero alle vittime del terremoto in Siria e Turchia: “Qualcuno di voi viene dalla tribolata Siria; vorrei esprimere una vicinanza particolare a quel caro popolo, provato, oltre che dalla guerra, dal terremoto che, come in Turchia, ha provocato tante vittime e devastazioni terribili. Di fronte alla sofferenza di tanti innocenti, bambini, donne, mamme, famiglie, auspico che si faccia tutto il possibile per la gente, che non vi siano ragioni o sanzioni che ostacolino gli urgenti e necessari aiuti alla popolazione”.