Papa Francesco invita a vivere l’anno giubilare attraverso la pace

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“L’occasione mi è gradita anche per ringraziarvi per l’impegno che profondete per favorire le relazioni tra la Santa Sede e i vostri Paesi. Lo scorso anno, la nostra ‘famiglia diplomatica’ si è ulteriormente allargata grazie all’allacciamento dei rapporti diplomatici con il Sultanato dell’Oman e la nomina del primo Ambasciatore, qui presente. In pari tempo, desidero ricordare che la Santa Sede ha proceduto alla nomina di un Rappresentante Pontificio Residente ad Ha Noi, dopo che, nel luglio scorso, è stato concluso con il Vietnam il relativo Accordo sullo statuto del Rappresentante Pontificio”.

Con queste parole questa mattina papa Francesco ha ricevuto il corpo diplomatico, accreditato presso la Santa Sede (in tutto sono 184 Stati che intrattengono rapporti diplomatici con la Santa Sede), ricordando alcune ratifiche avvenute nello scorso anno: “Nel 2023 si è anche ratificato l’Accordo Supplementare all’Accordo tra la Santa Sede e il Kazakhstan sulle relazioni mutue del 24 settembre 1998, che agevola la presenza e l’impiego degli operatori pastorali nel Paese; e vi è stata inoltre l’occasione di celebrare quattro significativi anniversari: il centenario delle relazioni diplomatiche con la Repubblica di Panama, il settantesimo di quelle con la Repubblica Islamica dell’Iran, il sessantesimo di quelle con la Repubblica di Corea e il cinquantesimo di quelle con l’Australia”.

Però il suo discorso si è soffermato sulla responsabilità di operare per la pace: “… c’è una parola che risuona in modo particolare nelle due principali feste cristiane. La udiamo nel canto degli angeli che annunciano nella notte la nascita del Salvatore e la intendiamo dalla voce di Gesù risorto: è la parola ‘pace’. Essa è primariamente un dono di Dio: è Lui che ci lascia la sua pace; ma nello stesso tempo è una nostra responsabilità: ‘Beati gli operatori di pace’.

Lavorare per la pace. Parola tanto fragile e nel contempo impegnativa e densa di significato. Ad essa vorrei dedicare la nostra riflessione odierna, in un momento storico in cui è sempre più minacciata, indebolita e in parte perduta. D’altronde, è compito della Santa Sede, in seno alla comunità internazionale, essere voce profetica e richiamo della coscienza”.

In quest’anno ricorrono 80 anni del radiomessaggio di papa Pio XII, che esortava il mondo alla pace; ed oggi si assiste alla terza guerra mondiale: “Ottant’anni dopo, la spinta a quel ‘rinnovamento profondo’ sembra essersi esaurita e il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’ in un vero e proprio conflitto globale”.

Il pensiero è subito rivolto alla Terra Santa: “Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Palestina e Israele. Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggio.

Ripeto la mia condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili”.

Un conflitto che destabilizza il Medio Oriente: “Il conflitto in corso a Gaza destabilizza ulteriormente una regione fragile e carica di tensioni. In particolare, non si può dimenticare il popolo siriano, che vive nell’instabilità economica e politica, aggravata dal terremoto del febbraio scorso.

La Comunità internazionale incoraggi le Parti coinvolte a intraprendere un dialogo costruttivo e serio e a cercare soluzioni nuove, perché il popolo siriano non abbia più a soffrire a causa delle sanzioni internazionali. Inoltre, esprimo la mia sofferenza per i milioni di rifugiati siriani che ancora si trovano nei Paesi vicini, come la Giordania e il Libano”.

E non è passato inosservato l’appello alla pace nelle Repubbliche ex sovietiche: “Purtroppo, dopo quasi due anni di guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina, la tanto desiderata pace non è ancora riuscita a trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione. Non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più, a detrimento di milioni di persone, ma occorre che si ponga fine alla tragedia in atto attraverso il negoziato, nel rispetto del diritto internazionale.

Esprimo preoccupazione anche per la tesa situazione nel Caucaso Meridionale tra l’Armenia e l’Azerbaigian, esortando le parti ad arrivare alla firma di un Trattato di pace. E’ urgente trovare una soluzione alla drammatica situazione umanitaria degli abitanti di quella regione, favorire il ritorno degli sfollati alle proprie case in legalità e sicurezza e rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti. Tali passi potranno contribuire alla creazione di un clima di fiducia tra i due Paesi in vista della tanto desiderata pace”.

Ed anche l’Africa ha bisogno di pace: “Se volgiamo ora lo sguardo all’Africa, abbiamo davanti agli occhi la sofferenza di milioni di persone per le molteplici crisi umanitarie in cui versano vari Paesi sub-sahariani, a causa del terrorismo internazionale, dei complessi problemi socio-politici, e degli effetti devastanti provocati dal cambiamento climatico, ai quali si sommano le conseguenze dei colpi di stato militari occorsi in alcuni Paesi e di certi processi elettorali caratterizzati da corruzione, intimidazioni e violenza.

In pari tempo, rinnovo un appello per un serio impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’applicazione dell’Accordo di Pretoria del novembre 2022, che ha messo fine ai combattimenti nel Tigray, e nella ricerca di soluzioni pacifiche alle tensioni e alle violenze che assillano l’Etiopia, nonché per il dialogo, la pace e la stabilità tra i Paesi del Corno d’Africa.

Vorrei pure ricordare i drammatici eventi in Sudan, dove purtroppo, dopo mesi di guerra civile, non si vede ancora una via di uscita; nonché le situazioni degli sfollati in Camerun, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. Proprio questi due ultimi Paesi ho avuto la gioia di visitare all’inizio dello scorso anno, per portare un segno di vicinanza alle loro popolazioni sofferenti, seppure in contesti e situazioni diversi”.

Inoltre ha sottolineato le tensioni in Sud America: “Sebbene non vi siano guerre aperte nelle Americhe, fra alcuni Paesi, per esempio tra il Venezuela e la Guyana, vi sono forti tensioni, mentre in altri, come in Perù, osserviamo fenomeni di polarizzazione che compromettono l’armonia sociale e indeboliscono le istituzioni democratiche.

Desta ancora preoccupazione la situazione in Nicaragua: una crisi che si protrae nel tempo con dolorose conseguenze per tutta la società nicaraguense, in particolare per la Chiesa Cattolica. La Santa Sede non cessa di invitare ad un dialogo diplomatico rispettoso per il bene dei cattolici e dell’intera popolazione”.

La soluzione per arrivare alla pace ed evitare l’ ‘inutile strage’ consiste nell’abolizione delle armi: “D’altra parte, le guerre possono proseguire grazie all’enorme disponibilità di armi. Occorre perseguire una politica di disarmo, poiché è illusorio pensare che gli armamenti abbiano un valore deterrente. Piuttosto è vero il contrario: la disponibilità di armi ne incentiva l’uso e ne incrementa la produzione.

Le armi creano sfiducia e distolgono risorse. Quante vite si potrebbero salvare con le risorse oggi destinate agli armamenti? Non sarebbe meglio investirle in favore di una vera sicurezza globale? Le sfide del nostro tempo travalicano i confini, come dimostrano le varie crisi (alimentare, ambientale, economica e sanitaria) che stanno caratterizzando l’inizio del secolo. In questa sede, reitero la proposta di costituire un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e promuovere uno sviluppo sostenibile dell’intero pianeta”.

Per il papa occorre eliminare le cause che costringono i popoli alla morte: “Le guerre, la povertà, l’abuso della nostra casa comune e il continuo sfruttamento delle sue risorse, che sono alla radice di disastri naturali, sono cause che spingono pure migliaia di persone ad abbandonare la propria terra alla ricerca di un futuro di pace e sicurezza.

Nel loro viaggio mettono a rischio la propria vita su percorsi pericolosi, come nel deserto del Sahara, nella foresta del Darién al confine tra Colombia e Panama, in America centrale, nel nord del Messico, alla frontiera con gli Stati Uniti, e soprattutto nel Mare Mediterraneo. Questo, purtroppo, è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero, con tragedie che continuano a susseguirsi, anche a causa di trafficanti di esseri umani senza scrupoli. Tra le tante vittime, non dimentichiamolo, ci sono molti minori non accompagnati”.

Un pensiero particolare è rivolto ai Paesi mediterranei: “Il Mediterraneo dovrebbe essere piuttosto un laboratorio di pace, un ‘luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo’, come ho avuto modo di sottolineare a Marsiglia, nel corso del mio viaggio, per il quale ringrazio gli organizzatori e le Autorità francesi, in occasione dei Rencontres Méditerranéennes…

Dimentichiamo facilmente che abbiamo davanti persone con volti e nomi e tralasciamo la vocazione propria del Mare Nostrum, che non è quella di essere una tomba, ma un luogo di incontro e di arricchimento reciproco fra persone, popoli e culture”.

Però occorre regolamentare la migrazione per offrire dignità a chi emigra: “Ciò non toglie che la migrazione debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione. D’altra parte occorre pure richiamare il diritto di poter rimanere nella propria Patria e la conseguente necessità di creare le condizioni affinché esso possa effettivamente esercitarsi.

Dinanzi a questa sfida nessun Paese può essere lasciato solo, né alcuno può pensare di affrontare isolatamente la questione attraverso legislazioni più restrittive e repressive, approvate talvolta sotto la pressione della paura o per accrescere il consenso elettorale.

Accolgo perciò con soddisfazione l’impegno dell’Unione Europea a ricercare una soluzione comune mediante l’adozione del nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, pur rilevandone alcuni limiti, specialmente per ciò che concerne il riconoscimento del diritto d’asilo e per il pericolo di detenzioni arbitrarie.”.

 Ed ha concluso con l’invito a prepararsi a vivere l’anno giubilare: “Forse oggi più che mai abbiamo bisogno dell’anno giubilare. Di fronte a tante sofferenze, che provocano disperazione non soltanto nelle persone direttamente colpite, ma in tutte le nostre società; di fronte ai nostri giovani, che invece di sognare un futuro migliore si sentono spesso impotenti e frustrati; e di fronte all’oscurità di questo mondo, che sembra diffondersi anziché allontanarsi, il Giubileo è l’annuncio che Dio non abbandona mai il suo popolo e tiene sempre aperte le porte del suo Regno.

Nella tradizione giudeo-cristiana il Giubileo è un tempo di grazia in cui sperimentare la misericordia di Dio e il dono della sua pace. È un tempo di giustizia in cui i peccati sono rimessi, la riconciliazione supera l’ingiustizia, e la terra si riposa. Esso può essere per tutti (cristiani e non cristiani) il tempo in cui spezzare le spade e farne aratri; il tempo in cui una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, né si imparerà più l’arte della guerra”.

(Foto: Santa Sede)

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