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Papa Leone XIV invita gli anziani a testimoniare la speranza

“Il Giubileo che stiamo vivendo ci aiuta a scoprire che la speranza è fonte di gioia sempre, ad ogni età. Quando, poi, essa è temprata dal fuoco di una lunga esistenza, diventa fonte di una beatitudine piena. La Sacra Scrittura presenta diversi casi di uomini e donne già avanti negli anni, che il Signore coinvolge nei suoi disegni di salvezza. Pensiamo ad Abramo e Sara: ormai anziani, restano increduli davanti alla parola di Dio, che promette loro un figlio. L’impossibilità di generare sembrava aver chiuso il loro sguardo di speranza sul futuro”: con queste parole inizia il messaggio di papa Leone XIV per la V Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, intitolato ‘Beato chi non ha perduto la sua speranza’, tratto dal libro del Siracide, in programma domenica 27 luglio, nel quale chiede alle chiese sul territorio ed alle istituzioni ecclesiali di iniziare una ‘rivoluzione della cura’.

Nel messaggio il papa prende a prestito la domanda di Nicodemo: “Vecchiaia, sterilità, declino sembrano spegnere le speranze di vita e di fecondità di tutti questi uomini e donne. E anche la domanda che Nicodemo pone a Gesù, quando il Maestro gli parla di una ‘nuova nascita’, sembra puramente retorica: ‘Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?’ Eppure ogni volta, davanti a una risposta apparentemente scontata, il Signore sorprende i suoi interlocutori con un intervento di salvezza”.

Quindi gli anziani sono ‘segni dei tempi’: “Il fatto che il numero di quelli che sono avanti negli anni sia oggi in aumento diventa allora per noi un segno dei tempi che siamo chiamati a discernere, per leggere bene la storia che viviamo. La vita della Chiesa e del mondo, infatti, si comprende solo nel susseguirsi delle generazioni, e abbracciare un anziano ci aiuta a capire che la storia non si esaurisce nel presente, né si consuma tra incontri veloci e relazioni frammentarie, ma si snoda verso il futuro”.

Inoltre nella Bibbia gli anziani sono anche stimolo per il futuro: “Nel libro della Genesi troviamo il commovente episodio della benedizione data da Giacobbe, ormai vecchio, ai suoi nipoti, i figli di Giuseppe: le sue parole li spronano a guardare con speranza al futuro, come al tempo delle promesse di Dio. Se dunque è vero che la fragilità degli anziani necessita del vigore dei giovani, è altrettanto vero che l’inesperienza dei giovani ha bisogno della testimonianza degli anziani per progettare con saggezza l’avvenire”.

Ed esempi di fede: “Quanto spesso i nostri nonni sono stati per noi esempio di fede e di devozione, di virtù civiche e impegno sociale, di memoria e di perseveranza nelle prove! Questa bella eredità, che ci hanno consegnato con speranza e amore, non sarà mai abbastanza, per noi, motivo di gratitudine e di coerenza”.

E’ un invito a vedere gli anziani in prospettiva giubilare: “Guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare, anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla: la fedeltà di Dio alle sue promesse ci insegna che c’è una beatitudine nella vecchiaia, una gioia autenticamente evangelica, che ci chiede di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, ad ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata”.

Per questo è necessario un cambio di passo: “Davanti a questa situazione, è necessario un cambio di passo, che testimoni un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa. Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della ‘rivoluzione’ della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato. La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto”.

Infine, rivolgendosi agli anziani, il papa invita a trasmettere la fede: “Soprattutto da anziani, dunque, perseveriamo fiduciosi nel Signore. Lasciamoci rinnovare ogni giorno dall’incontro con Lui, nella preghiera e nella santa Messa. Trasmettiamo con amore la fede che abbiamo vissuto per tanti anni, in famiglia e negli incontri quotidiani: lodiamo sempre Dio per la sua benevolenza, coltiviamo l’unità con i nostri cari, allarghiamo il nostro cuore a chi è più lontano e, in particolare, a chi vive nel bisogno. Saremo segni di speranza, ad ogni età”.

Il Giubileo del Preziosissimo Sangue

Lunedì 30 giugno e martedì 1° luglio si terrà a Roma il Giubileo delle famiglie religiose e dei movimenti laicali del Preziosissimo Sangue. Lunedì 30 giugno, alle ore 18:00, si svolgerà la veglia di preghiera internazionale presso la Basilica di San Giovanni in Laterano. A presiedere sarà il cardinale Baldassare Reina, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma. Martedì 1° luglio, inizio del mese dedicato al Preziosissimo Sangue, i pellegrini giunti da ogni parte del mondo si ritroveranno alle ore 10:00 nella Basilica di San Pietro per la Celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione. Ad animare la Celebrazione saranno il coro e l’orchestra della Diocesi di Roma, diretti da mons. Marco Frisina.

«In occasione del Giubileo dal titolo “Pellegrini di Speranza” – afferma don Emanuele Lupi, Moderatore Generale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue – il 1° luglio la famiglia del Sangue di Cristo si riunisce a San Pietro, in Vaticano, per attraversare in modo peregrinante la Porta Santa, ma anche per celebrare l’Eucaristia. È un’Eucaristia particolare perché viene celebrata il giorno in cui festeggiamo, come famiglia del Sangue di Cristo, la solennità del Preziosissimo Sangue.

Il “Cristo pellegrino”, l’inviato del Padre, è Colui che viene a portarci la salvezza e in questo Suo pellegrinaggio sulla terra, prima di ascendere per tornare al Padre, passa attraverso l’esperienza della crocifissione e quindi della donazione del sangue. La festa del Preziosissimo Sangue in questo anno giubilare è per noi motivo di particolare solennità, perché il Sangue di Cristo è fonte di speranza e forza nel nostro cammino quotidiano!

Tra l’altro, all’inizio dell’anno giubilare, è stata festeggiata la beatificazione di don Giovanni Merlini, discepolo di san Gaspare del Bufalo, nostro fondatore, definito da San Giovanni XXIII “il più grande Apostolo del Preziosissimo Sangue”.

Ecco che il nostro camminare verso San Giovanni in Laterano e verso San Pietro non vuole essere un camminare tipico dei turisti che guardano solo le opere d’arte, ma vogliamo vivere questo appuntamento come pellegrini che desiderano tornare a casa con una maggiore santità. Speriamo che gli appuntamenti che vivremo possano rafforzarci nella nostra fede e che noi, come famiglia del Sangue di Cristo, possiamo continuare ad essere nel mondo testimoni di questo grande amore che il Signore ci ha donato nell’offerta della Sua vita».

Papa Leone XIV ai governanti: la politica deve tutelare il bene comune

“L’azione politica è stata definita da Pio XI, con ragione, ‘la forma più alta di carità’. E in effetti, se si considera il servizio che svolge a favore della società e del bene comune, essa appare realmente come un’opera di quell’amore cristiano che non è mai una teoria, ma sempre segno e testimonianza concreta dell’agire di Dio in favore dell’uomo”: con un’espressione di papa Pio XI alla Fuci papa Leone XIV ha accolto i parlamentari di 68 Paesi per il Giubileo dei governanti, ricordando il compito di ‘tutelare il bene della comunità’, di promuovere un’effettiva libertà religiosa e di rispondere alla ‘grande sfida dell’intelligenza artificiale’, per progettare ‘stili di vita sani, giusti e sicuri’ soprattutto per i giovani.

Ed ha proposto tre considerazioni, di cui la prima riguarda il bene comune: “La prima riguarda il compito, a voi affidato, di promuovere e tutelare, al di là di qualsiasi interesse particolare, il bene della comunità, il bene comune, specialmente in difesa dei più deboli ed emarginati. Ad esempio, si tratta di adoperarsi affinché sia superata l’inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura”.

Infatti tutelare il bene comune significa aver cura dei poveri: “Quanti vivono in condizioni estreme gridano per far udire la loro voce e spesso non trovano orecchie disposte ad ascoltarli. Tale squilibrio genera situazioni di permanente ingiustizia, che facilmente sfociano nella violenza e, presto o tardi, nel dramma della guerra. Una buona azione politica, invece, favorendo l’equa distribuzione delle risorse, può offrire un efficace servizio all’armonia e alla pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale”.

Poi la politica deve tutelare la libertà religiosa: “Anche in questo campo, oggi sempre più di attualità, l’azione politica può fare tanto, promuovendo le condizioni affinché vi sia effettiva libertà religiosa e possa svilupparsi un rispettoso e costruttivo incontro tra le diverse comunità religiose. Credere in Dio, con i valori positivi che ne derivano, è nella vita dei singoli e delle comunità una fonte immensa di bene e di verità”.

E sant’Agostino è chiaro nel decifrare la libertà religiosa: “Sant’Agostino, in proposito, parlava di un passaggio dell’uomo dall’amor sui (l’amore egoistico per sé stesso, chiuso e distruttivo) all’amor Dei (l’amore gratuito, che ha la sua radice in Dio e che porta al dono di sé), come elemento fondamentale nella costruzione della civitas Dei, cioè di una società in cui la legge fondamentale è la carità”.

Un altro punto dell libertà religiosa riguarda la ‘legge naturale’ attraverso una citazione ciceroniana: “A tale scopo, un riferimento imprescindibile è quello alla legge naturale, non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta come valida universalmente e in ogni tempo, che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente… La legge naturale, universalmente valida al di là e al di sopra di altre convinzioni di carattere più opinabile, costituisce la bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato, toccando la sfera dell’intimità personale”.

Per questo è stata approvata la Dichiarazione dei Diritti Umani: “La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948, appartiene ormai al patrimonio culturale dell’umanità. Quel testo, sempre attuale, può contribuire non poco a mettere la persona umana, nella sua inviolabile integralità, a fondamento della ricerca della verità, per restituire dignità a chi non si sente rispettato nel proprio intimo e nelle esigenze della propria coscienza”.

Mentre l’ultima considerazione riguarda le implicazioni nella società dell’Intelligenza Artificiale: “In particolare, non bisogna dimenticare che l’intelligenza artificiale ha la sua funzione nell’essere uno strumento per il bene dell’essere umano, non per sminuirlo né per definirne la sconfitta. Quella che si delinea, dunque, è una sfida notevole, che richiede molta attenzione e uno sguardo lungimirante verso il futuro, per progettare, pur nel contesto di scenari nuovi, stili di vita sani, giusti e sicuri, soprattutto a beneficio delle giovani generazioni”.

 Richiamando un discorso di papa Francesco il papa ha ribadito il ‘valore’ della vita umana: “La vita personale vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare. Non dimentichiamo che, pur essendo in grado di immagazzinare milioni di dati e di offrire in pochi secondi risposte a tanti quesiti, l’intelligenza artificiale rimane dotata di una ‘memoria’ statica, per nulla paragonabile a quella dell’uomo e della donna, che è invece creativa, dinamica, generativa, capace di unire passato, presente e futuro in una viva e feconda ricerca di senso, con tutte le implicazioni etiche ed esistenziali che ne derivano”.

Infine con una citazione di san Giovanni Paolo II il papa ha avvertito i politici a fornire risposte alle nuove sfide, come fede san Tommaso Moro: “La politica non può ignorare una provocazione di questa portata. Al contrario ne è chiamata in causa, per rispondere a tanti cittadini che giustamente guardano, al tempo stesso, con fiducia e preoccupazione alle sfide di questa nuova cultura digitale.

San Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, ha additato ai politici, come testimone a cui guardare e intercessore sotto la cui protezione porre il loro impegno, San Tommaso Moro. In effetti, Sir Thomas More fu uomo fedele alle sue responsabilità civili, perfetto servitore dello Stato proprio in forza della sua fede, che lo portò a interpretare la politica non come professione, ma come missione per la crescita della verità e del bene…

Il coraggio con cui non esitò a sacrificare la sua stessa vita pur di non tradire la verità, lo rende ancora oggi, per noi, un martire della libertà e del primato della coscienza. Possa il suo esempio essere anche per ciascuno di voi fonte di ispirazione e di progettualità”.

(Foto: Santa Sede)

Franco Vaccari: da Rondine – Città della Pace un’iniziativa per ‘immaginare’ la pace

Domenica 8 giugno si è conclusa la 9^ edizione di ‘YouTopic Fest’, il festival internazionale promosso da Rondine Cittadella della Pace: un evento che ha proposto più di 40 appuntamenti e 70 relatori tra panel, workshop, performance artistiche e momenti di dialogo intergenerazionale, riunendo giovani da tutto il mondo insieme a esperti, artisti, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni e cittadini animati da una forte volontà: affrontare il conflitto come opportunità di trasformazione.

E nell’ultima giornata Franco Vaccari, presidente e fondatore di Rondine, ha annunciato il tema della prossima edizione, che guiderà il lavoro di un intero anno e sarà il cuore di ‘YouTopic Fest’ in programma dal 5 al 7 giugno del prossimo anno: ‘Inquietudine – Come custodire la scintilla dell’umano?’

Infine, a concludere il Festival è stato il Giubileo delle culture, dei popoli e delle religioni, una celebrazione interreligiosa presieduta dal vescovo di Arezzo, mons. Andrea Migliavacca, insieme a rappresentanti di diverse fedi che si è tenuta nella cappellina di Rondine, riconosciuta come ‘chiesa giubilare’, luogo di preghiera e pellegrinaggio in occasione dell’Anno Santo: “A Gerusalemme ci sono popoli da tutte le parti del mondo che parlano lingue diverse, ma tutte si trovano radunate, capite, accolte dal dono dello Spirito Santo. La celebrazione a cui stiamo partecipando vuole celebrare oggi, nel giorno di Pentecoste, lo Spirito che raduna, che regala la lingua, che ci permette di comunicare, di creare legami tra di noi, lo Spirito che ci dona la pace”.

Dal fondatore Franco Vaccari ci siamo fatti spiegare il significato del festival: “Un evento per raccontare la propria vita in pubblico, accompagnata, valorizzata dall’arte, dalla bellezza, perché i giovani che escono dall’inganno del nemico e si impegnano per la pace sono una bellezza.

Bellezza che ha contato sulla presenza del presidente Mattarella che ha lanciato un fortissimo messaggio per la pace proprio dal luogo dove la pace si fa ogni giorno con la fatica, il dolore ma anche il coraggio dei giovani che sono sempre l’avanguardia: sono il futuro”.

Nello scorso settembre scorso è stata ‘lanciata’ la campagna ‘Fuori dal copione’ delle ‘Sezioni Rondine’ per combattere le disuguaglianze di genere nelle scuole e sui social media: perché quest’iniziativa?

 “Rondine ha lanciato la campagna ‘Fuori dal copione’ per combattere le disuguaglianze di genere nelle scuole e sui social media. L’obiettivo è creare un ambiente inclusivo dove tutti possano esprimere liberamente la propria identità di genere, superando pregiudizi e stereotipi. La campagna coinvolge 21 scuole superiori ed è aperta a tutti gli studenti italiani, promuovendo dialogo e diversità per un futuro più equo. La campagna è finanziata da AICS e promossa da Oxfam Italia Intercultura, Rondine e RE.TE. ong in collaborazione con Reattiva”.

In cosa consiste il protocollo d’intesa con Institute for Humane Education?

“Il protocollo d’intesa con l’Institute for Humane Education (IHE), firmato al YoutopicFest 2024, segna un passo avanti nella nostra missione di educazione alla pace. L’accordo integra i programmi dell’IHE nei percorsi formativi delle scuole superiori partner di Rondine e diffonde il Metodo Rondine per la trasformazione del conflitto nel network internazionale IHE, creando nuove opportunità di crescita e apprendimento per i giovani”.

Ritornando al tema del festival appena concluso: quale ‘ImmaginAzione’ è necessaria per costruire la pace?

“L’immaginazione è il motore del cambiamento: ogni trasformazione inizia da una visione. Per costruire la pace, è necessario sfidare il ‘si è sempre fatto così’ e recuperare la dimensione del gioco, che è essenziale per creare un futuro diverso. Il gioco non è esperienza solo dei bambini ma è una dimensione umana fondamentale che non deve essere persa. Per questo abbiamo scelto l’immaginazione come tema di YouTopic Fest, il festival internazionale di Rondine sul conflitto che si svolge alla Cittadella della Pace di Arezzo. Vogliamo ispirare tutti a sognare insieme, non solo come spettatori, ma come attori di un vero cambiamento, pronti a innescare la possibilità di fare le cose in modo nuovo e diverso nelle proprie comunità”.

Quale approccio ecologico è necessario per una visione positiva del conflitto?

“E’ l’approccio approfondito nella mia ultima pubblicazione ‘Ecologia del conflitto. L’approccio alla relazione secondo il Metodo Rondine’. Un libro che propone una visione positiva del conflitto. Da anni ‘Rondine Cittadella della Pace’ lavora su queste tematiche. Infatti riconoscere la conflittualità ‘della’ relazione non è solo importante, è ecologico, nel senso che richiede un approccio appassionato alle sorti del pianeta come quello ecologico.

Liberato da una diffusa interpretazione ingannevole, che lo vuole sinonimo di guerra, il conflitto emerge in queste pagine nel suo aspetto positivo, carico di energia utile a prendersi cura della relazione intessuta tra le persone. Completano il volume gli interventi di alcuni collaboratori di Rondine, che permettono di conoscere i risultati del Metodo Rondine negli ambiti della leadership e della diplomazia popolare, testimoniando il valore ecologico dell’approccio relazionale al conflitto”.

E per quanto riguarda la situazione in Medio Oriente: con quale attenzione si sta vivendo questo conflitto a Rondine?

“Negli ultimi anni il conflitto in Medio Oriente si è intensificato con una violenza e una durata senza precedenti e ci sta mettendo di fronte a una sfida immensa. ‘Rondine Cittadella della Pace’ lavora da anni in questa regione ma l’inasprimento attuale rende il nostro impegno ancora più arduo. Ogni giorno siamo testimoni di un dolore profondo, di vite spezzate, di famiglie distrutte e la fatica di operare in questo contesto è immensa. Il dialogo e la comprensione sono messi a dura prova ma proprio per questo è fondamentale continuare a costruire spazi di incontro e di pace.

Il nostro è un impegno costante per arginare il dilagare dell’odio e decostruire l’immagine del nemico che, purtroppo, non si limita ai territori di guerra ma si insinua anche nelle società in pace, contaminandole. Ecco perché la presenza di luoghi terzi, come Rondine, è essenziale: istituzioni di pace che creano ponti e spazi di confronto tra i giovani appartenenti a popoli in conflitto, ponendo le basi per la costruzione di una pace duratura”.

(Tratto da Aci Stampa)

OPSA in Prato: fino a lunedì 23 giugno nell’ambito della kermesse del Giugno antoniano

Oggi, alle ore 18.00, evento inaugurale in Sala Studio Teologico al Santo con lo spettacolo Linfa vitale. Fino a lunedì compreso, quattro giorni di festa, tra buon cibo, musica, teatro, incontri e riflessioni sui temi della speranza e dell’inclusione. Apre i battenti domani la seconda edizione di ‘OPSA in Prato’, inserita nel cartellone del Giugno Antoniano 2025 e ispirata quest’anno al Giubileo. Il tema scelto dagli organizzatori – l’Opera della Provvidenza Sant’Antonio di Sarmeola di Rubano (PD), che è anche luogo giubilare diocesano – è ‘Creatori di Speranza’. Da venerdì 20 a lunedì 23 giugno, in vari orari e location, la principale il Lobo di Santa Giustina, si susseguiranno una serie di eventi, che vedrà protagonisti anche alcuni gruppi di ospiti con disabilità fisica, intellettiva o acquisita dei servizi sociosanitari della struttura.

Saranno quattro giorni di festa, tra buon cibo, musica, teatro, incontri e riflessioni sui temi della speranza e dell’inclusione con evento inaugurale oggi alle ore 18.00 in Sala Studio teologico al Santo, lo spettacolo teatrale Linfa vitale con gli ospiti di OPSA che partecipano al percorso di DanceAbility e gli studenti del Liceo Galilei di Caselle di Selvazzano Dentro (PD). Ingresso libero. Alle ore 20.00, taglio del nastro ufficiale in Prato della Valle, con il concerto di Civico 23: cinque papà ‘scappati’ di casa suoneranno cover moderne e brani inediti che parlano delle tappe, piccole e grandi, della loro vita.

Sabato 21 giugno sarà una giornata ricchissima dal punto di vista dell’intrattenimento: la Supersonic Band e le majorettes di Tombelle si esibiranno alle ore 12.00 in uno show coloratissimo; alle 18.00 Lorenzo Pedron, ospite dell’area disabilità, assieme al musicoterapeuta Andrea Pomarolli, presenterà il libro Il juke-box dei miei ricordi, l’esito del percorso individuale di musicoterapia attraverso la tecnica della “biografia musicale terapeutica”. Uno dei must di OPSA in Prato sarà sabato sera la Andamento Lento Band che si esibirà alle 19.00, proponendo i brani dell’ultimo disco Stai in campana.

Domenica alle ore 12.00 si partirà con l’intrattenimento dal vivo a cura dell’Orchestra di Cartone, uno dei gruppi nati dall’attività di musicoterapia dell’OPSA. Lo sport inclusivo sarà il tema di tutta la giornata di domenica, organizzata in collaborazione con l’Assessorato allo Sport del Comune di Padova e con il contributo di molte associazioni che collaborano con OPSA.

La giornata sarà strutturata per approfondire l’attività motoria e sportiva adattata, che comprende la pedalata lenta, la camminata lenta e l’orienteering adattato. In Prato della Valle si potranno inoltre provare biciclette adattate, tandem, handbike e le bocce, imparando così a conoscere l’attività motoria adattata per le fragilità fisiche e cognitive e le relative possibilità di adattamento. La musica proseguirà domenica sera alle ore 21.00 con il Folkstudio, la band che offre un tributo alla musica italiana d’autore degli anni Sessanta.

OPSA in Prato terminerà lunedì 23 giugno con un doppio appuntamento. Alle ore 19.00 ci sarà il concerto di Rosa Emilia Dias e Giulio Gavardi Duo: un’interprete e autrice bahiana e un chitarrista a sette corde ci condurranno nel cuore pulsante del Brasile. Alle ore 21.00 gran finale di OPSA in Prato con una novità: il Coro Corollario, formato da studenti e studentesse dell’Università di Padova, si esibirà in un repertorio che ha come filo conduttore la parola ‘libertà’.

Tutte le sere sarà disponibile una sorta di “pacchetto” arte e cibo: una visita guidata notturna della Basilica di Santa Giustina su iscrizione scegliendo tra quattro turni (ore 18.00, 19.00, 20.00 e 21.00, per iscrizioni info@operadellaprovvidenza.it), alla quale far seguire la cena in Prato della Valle. Il villaggio gastronomico, aperto tutte le sere dalle 18.00 alle 23.00 e sabato e domenica anche a pranzo dalle 11.00 alle 15.00, anche quest’anno vede l’impegno di Mazzucato Group, della Confraternita dei Bigoi al Torcio di Limena e di Birra Antoniana.

Per saperne di più sulle tante attività e sui progetti dell’OPSA, all’interno del villaggio gastronomico, sarà allestito uno spazio informativo per tutta la durata della manifestazione. Nel gazebo saranno disponibili a offerta libera anche i manufatti che gli ospiti realizzano all’interno dei laboratori educativi e domenica 22 giugno le piantine dell’Orto di Riccardo e dei giardini degli ospiti di OPSA. Programma completo e aggiornamenti su www.operadellaprovvidenza.it.

Inoltre sabato 21 giugno alle ore 18.00 sarà sempre il santuario antoniano a ospitare la celebrazione che prende spunto da una forma di devozione popolare particolarmente diffusa in Portogallo, terra natale di sant’Antonio, e nei Paesi dell’America Latina, in cui il Santo è invocato per trovare marito o moglie, ovvero per ‘accasarsi’, da cui l’appellativo di ‘casamenteiro’.

Ideatore di questa originale iniziativa pastorale, era stato otto anni fa l’allora rettore del Santo, padre Oliviero Svanera, oggi guardiano del Convento di San Francesco a Treviso, che continua ad animare con un gruppo di volontari non solo la celebrazione, ma anche un percorso biennale dedicato ai single inaugurato nel 2019, che raggiunse fin dalla prima edizione oltre i 200 iscritti. In sei edizioni dal 2019-2024 hanno partecipato al corso ‘Sant’Antonio casamenteiro al Santo’ in totale 900 persone, provenienti da tutte le regioni d’ Italia.

Tra le motivazioni delle persone che hanno partecipato all’iniziativa c’è il desiderio di dare un maggiore senso alla propria vita da single, la necessità di scrollarsi di dosso il giudizio e le aspettative da parte della società, in particolare di parenti, amici e colleghi, nonché della Chiesa stessa. Per molti è stato un ‘viaggio interiore e comunitario’ che ha dato maggiore consapevolezza e un nuovo sguardo per quanto riguarda il tema delle relazioni e il rapporto con sé, con gli altri e con Dio.

La condivisione delle proprie storie con altri single ‘compagni di viaggio’ ha incoraggiato a superare le zone d’ombra e difficoltà e a recuperare fiducia nelle relazioni. E diversi hanno scoperto che la ‘singletudine’ può essere luogo privilegiato di relazione con Dio e con i fratelli e una chiamata a vivere il proprio presente con libertà e creatività, maturando il desiderio di restituzione agli altri dei beni e dei talenti ricevuti in dono. Da questa esperienza, è nata quest’anno anche una Fraternità francescana di single: un’esperienza di Chiesa, con un frate come referente spirituale. 

Il prossimo percorso biennale di incontro e formazione negli spazi della Basilica del Santo prenderà il via sabato 18 ottobre 2025. Si struttura in un incontro formativo al mese, dalle 20.00 alle 22.00, per un totale di 9 incontri fino a giugno 2026 nel primo anno e altrettanti nel secondo. I destinatari del progetto sono persone single dai 35 ai 55 anni, disposti a una seria proposta formativa. La formazione è guidata da frati e animatori laici. Per partecipare al percorso di incontro e formazione ‘Sant’Antonio casamenteiro al Santo’ è obbligatorio compilare la richiesta di iscrizione on line sul sito www.santantonio.org.

A Lecco il festival della speranza della diocesi ambrosiana

Un pomeriggio e una serata dedicati alla speranza. Sabato 21 giugno a Lecco, dalle ore 17 alle ore 23, si svolgerà il ‘Festival della Speranza’, una rassegna dal titolo ‘Chiamati a guardare in alto’, ricca di iniziative, pensata da e per i giovani ambrosiani.

Momento culminante sarà la consegna del ‘mandato’ ai giovani che si recheranno al Giubileo dei giovani a Roma (28 luglio – 3 agosto) o partiranno per esperienze di volontariato e missione, in Italia e all’estero, promosse da Caritas Ambrosiana, PIME, CSI e altre associazioni. A consegnare il mandato sarà l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, accompagnato da alcuni vicari episcopali della Diocesi.

Testimonianze, momenti di preghiera, animazioni musicali, workshop, mostre e street sport animeranno il centro della città e il suo lungolago, come due anni fa quando nella ‘città dei Promessi Sposi’ si erano radunati i giovani che da lì a qualche settimana avrebbero partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona.

Sul palco di piazza Garibaldi, a portare la loro testimonianza saranno, alle ore 18.00, don Claudio Burgio e i ragazzi di Kayros, l’associazione che accoglie adolescenti e giovani in difficoltà, verso le 19 don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, ONG che si occupa del salvataggio dei migranti in mare, e i giovani delle ACLI, di Sant’Egidio e di Libera.

Per tutta la durata del Festival, organizzato da due uffici diocesani (Servizio per i Giovani e l’Università e Pastorale Missionaria), dalla Caritas Ambrosiana, dal PIME, dal CSI di Milano con la collaborazione del Comune di Lecco, la piazza si trasformerà in un “quartiere di speranza”, animato dagli stand: spazi di incontro con le storie di chi opera ogni giorno per rendere il mondo più giusto e accogliente. Sarà anche suonato il ‘Violoncello del mare’ costruito dalle persone detenute nel carcere di Opera con il legno delle barche dei migranti nell’ambito del progetto ‘Metamorfosi’.

Il programma prevede poi diverse iniziative diffuse in altri luoghi della città. In piazza Cermenati, il CSI curerà uno spazio dedicato allo sport, con stand e attività di street sport; alla Casa della Carità (via San Nicolò) sarà possibile incontrare realtà caritative e ascoltare alcune testimonianze. Al Palazzo delle Paure (piazza XX Settembre), invece, saranno proposti workshop e due mostre a tema missionario: una per ricordare la figura di suor Luisa dell’Orto, suora missionaria uccisa nel 2022 nella capitale di Haiti, e una dal titolo “Oltre i muri” per aiutare a riflettere sui muri materiali e relazionali nel mondo.

Per chi desidera vivere un momento di raccoglimento e di preghiera, il Santuario della Vittoria – Chiesa giubilare della Diocesi – ospiterà l’adorazione eucaristica e offrirà la possibilità di confessarsi. Sarà inoltre possibile salire sul campanile di San Nicolò, uno dei simboli della città.

Alle ore 21.00 da una ‘lucia’, la tipica imbarcazione lecchese il cui nome evoca il celebre romanzo manzoniano, l’Arcivescovo presiederà di fronte al lungolago di Lecco (zona Monumento dei caduti) la preghiera per il conferimento del mandato ai giovani in partenza per il Giubileo che avrà inizio a Roma il 28 luglio e ai loro coetanei che vivranno questa estate esperienze di volontariato e missione. La barca di mons. Delpini sarà accompagnata da altre “lucie” con a bordo i vicari episcopali e alcuni dei giovani partenti. La serata si concluderà in piazza Garibaldi con un momento di festa e musica con i cori Shekinah ed Elikya.

Don Maurizio Girolami: il Concilio di Nicea segnò l’unità dei cristiani

“Il prossimo anno, i cristiani di tutto il mondo celebreranno i millesettecento anni dal primo Concilio ecumenico, Nicea. Questo anniversario ci ricorda che professiamo la stessa fede e, quindi, abbiamo la stessa responsabilità di offrire segni di speranza che testimoniano la presenza di Dio nel mondo”: così si era espresso a metà dicembre papa Francesco ricevendo una delegazione del Consiglio Metodista mondiale, ribadendo il desiderio di recarsi a Nicea.

Tale proposito era stato espresso da papa Francesco in una lettera autografa indirizzata al patriarca ecumenico, Bartolomeo I, in occasione della festa di sant’Andrea: “Cattolici e ortodossi non devono mai cessare di pregare e lavorare insieme per disporci ad accogliere il dono divino dell’unità. Non dobbiamo perdere di vista la meta ultima a cui tutti aneliamo, né possiamo perdere la speranza che questa unità possa essere realizzata nel corso della storia e in un tempo ragionevole”.

Il suo desiderio era quello di celebrare insieme al patriarca Bartolomeo questo anniversario: “Questo anniversario non riguarderà solo le antiche Sedi che hanno preso parte attivamente al Concilio, ma tutti i cristiani che continuano a professare la loro fede con le parole del Credo niceno-costantinopolitano. Il ricordo di quell’importante evento rafforzerà sicuramente i legami già esistenti e spingerà tutte le Chiese a una rinnovata testimonianza nel mondo di oggi. La fraternità vissuta e la testimonianza data dai cristiani saranno un messaggio anche per il nostro mondo afflitto dalla guerra e dalla violenza”.

E nel secondo numero dello scorso anno della rivista della Facoltà teologica del Triveneto, ‘Studia Patavina’,  i professori Chiara Curzel e Maurizio Girolami avevano scritto il ‘valore’ del ‘noi’ del Concilio niceno: “A Nicea, però, il soggetto fu il ‘noi’, quella nuova comunità diversificata per luoghi e culture ma accomunata dalla fede condivisa e da questo momento in poi da un condiviso modo di esprimerla e di trasmetterla. Il cammino sinodale che stiamo compiendo in questi mesi ci riconsegna l’importanza di ripartire da questo assunto fondamentale: la fede è un dono dato a una comunità di discepoli e questi insieme credono, insieme celebrano, insieme testimoniano la loro appartenenza a Cristo”.

Partendo da queste sollecitazioni abbiamo chiesto a don Maurizio Girolami, preside della Facoltà teologica del Triveneto, di raccontarci il significato per i cristiani di questo 1700^ anniversario del Concilio di Nicea: “Il primo Concilio ecumenico della Chiesa indivisa fu convocato dall’Imperatore Costantino che segnò un cambio profondo nel movimento cristiano. Infatti, dichiarando la fede in Cristo una religione lecita come le altre presenti nell’Impero, ha definitivamente chiuso l’epoca delle persecuzioni, sospendendo l’azione statale di contrasto alla presenza cristiana. Tale decisione fece capire che i cristiani non erano più da perseguitare, ma andavano favoriti per la loro capillare presenza in tutti gli strati della società del tempo e il loro impegno religioso e sociale.

Le persecuzioni, tuttavia, non furono così minacciose della vita della Chiesa come invece le divisioni interne, dettate per lo più dai vari protagonismi ecclesiali, già denunciati da Paolo nella prima lettera ai Corinzi, ed dalla mancanza di un’autorità dottrinale centrale che facesse da mediatore tra le varie posizioni teologiche che affioravano or qua or là. La proposta di Ario, presbitero di Alessandria, agli inizi del IV secolo, creò uno sconquasso nel rivedere la formula battesimale ‘al ribasso’, rinunciando, di fatto, a dire che Padre e Figlio e Spirito Santo sono l’unico e medesimo Dio. Poiché la formula battesimale, a partire dal mandato del Risorto (Mt 28,19) è sempre stato il punto di riferimento imprescindibile per la vita cristiana, la proposta ariana andava a toccare un aspetto essenziale che non poteva lasciare indifferenti.

Costantino, convocando a Nicea (oggi Iznik) il primo concilio, cercò di creare le condizioni affinché i capi delle Chiese potessero trovare espressioni di fede condivise, allontanando definitivamente le lacerazioni nel corpo ecclesiale. Ricordare Nicea dopo 1700 implica almeno due aspetti importanti: il primo è l’unità della Chiesa, condizione indispensabile per annunciare l’unico Dio di Gesù Cristo salvatore dell’umanità. Se la Chiesa si presenta divisa, soprattutto sul come professa e vive la fede, la credibilità della sua azione s’incrina. Un secondo aspetto è l’importanza di una formula di fede che ha come sua struttura fondamentale proprio la formula battesimale.

Il Credo che ancora i cristiani recitano ogni domenica, pur ampliato lungo il corso della storia, fu a Nicea per la prima volta codificato perché tutti i cristiani potessero ricordare, non tanto delle frasi a memoria, ma che la sorgente della vita cristiana è il battesimo ricevuto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Dal battesimo nasce la vita in Cristo, immersa nel mistero della sua Pasqua e in relazione con il dono dello Spirito in cammino verso il Padre. Nicea ha così ribadito un punto essenziale già chiaro nei vangeli”.  

Quanto è importante oggi per l’unità dei cristiani questo Concilio?

“Innanzitutto, perché ricorda un evento ecclesiale che ha chiamato tutto il mondo cristiano a trovare un centro di unità attorno alla professione di fede. Va sempre ricordato che la vita cristiana nasce come risposta personale e comunitaria al dono ricevuto in Cristo. Poiché la fede ha una sua intrinseca dimensione ecclesiale, Nicea risulta essere il primo atto ufficiale e pubblico davanti all’autorità imperiale. Alla luce poi della storia bimillenaria della Chiesa, che ha conosciuto tante, troppe, divisioni al suo interno, chiunque tra i credenti abbia passione per il vangelo, sa che questo trova la sua forza nel legame di fraternità che i discepoli di Gesù coltivano tra di loro.

Perciò una chiesa divisa è una chiesa debole; una Chiesa che cammina verso l’unità, favorendo non l’uniformità ma il pluralismo che l’unico vangelo è in grado di far splendere da ogni cultura, è una chiesa affidabile, credibile, degna di essere ascoltata e guardata come un punto di riferimento. Nicea sta lì nella memoria della nostra storia a ricordarci che si possono trovare le vie per incontrarsi”.   

‘Il Concilio di Nicea è una pietra miliare nella storia della Chiesa. L’anniversario della sua ricorrenza invita i cristiani a unirsi nella lode e nel ringraziamento alla Santissima Trinità e in particolare a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ‘della stessa sostanza del Padre’, che ci ha rivelato tale mistero di amore. Ma Nicea rappresenta anche un invito a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali a procedere nel cammino verso l’unità visibile, a non stancarsi di cercare forme adeguate per corrispondere pienamente alla preghiera di Gesù’ Per quale motivo papa Francesco nella bolla giubilare aveva sottolineato che esso è un’importante opportunità?

“Nonostante cattolici e ortodossi abbiano calendari diversi da diversi secoli, domenica 20 aprile è stata un’occasione del tutto speciale, per celebrare insieme la Pasqua nello stesso giorno. Fin dalla prima apparizione sulla piazza di san Pietro, papa Francesco, presentandosi come vescovo di Roma, aveva fatto capire quanto per lui era importante il rapporto con le chiese apostoliche ortodosse. Gli incontri poi avvenuti con il patriarca Bartolomeo non avevano fatto che confermare e consolidare questo desiderio così ardente di vivere la fraternità tra Chiese. Il Giubileo, nel segno della speranza, è nella sua matrice biblica un momento di liberazione da ogni forma di schiavitù e oppressione, soprattutto da quella del peccato che divide, separa, impoverisce la vita cristiana.

Vivere Nicea e celebrare la Pasqua assieme con le Chiese apostoliche ortodosse ci aiuta a lavorare ancora più alacremente per togliere di mezzo ciò che ci divide e cercare ciò che ci unisce. A partire dalla comune celebrazione della Pasqua, origine della vita cristiana, potremo trovare nuove vie per ripensare i rapporti tra Chiese e la presenza cristiana in questo nostro mondo afflitto dalle guerre, dagli egoismi, dalla diseguaglianza sociale ed economica, dalle ingiustizie e violenze presenti ovunque in ogni forma. L’anniversario di Nicea, nell’anno Giubilare, grazie anche a questa provvidenziale circostanza di date coincidenti, ci aiuta a cogliere i segni dei tempi e la voce dello Spirito che è principio di unità e comunione. Speriamo che non solo i nostri vescovi, ma tutto il popolo di Dio possa lasciarsi guidare dall’urgenza e dalla necessità di vivere il cammino di fraternità di tutte le chiese cristiane. Sarà forse la testimonianza più efficace nel mondo di cosa significhi vivere da cristiani”.

Quale può essere l’apporto delle facoltà teologiche all’unità dei cristiani?

“Il primo compito di una facoltà teologica è conoscere la ricchezza della tradizione ecclesiale per comprenderla, per poterla esprimere nel linguaggio del nostro tempo e farne vedere la risonanza del perenne vangelo di Gesù, vero e attuale per ogni uomo di ogni tempo. Il lavoro teologico è di fondamentale importanza in un mondo che vive di informazioni, di parole e di discorsi. La teologia, occupandosi del mistero di Dio, ha come sua previo esercizio quella della purificazione del linguaggio perchè non sia banale, non sia ambiguo, non sia solo d’effetto, ma corrisponda il più possibile alla verità del vangelo e alla semplicità dell’umanità di Gesù che ha saputo comunicarsi a tutti.

Più si approfondisce il messaggio cristiano più si impara anche a prendere le distanze da ogni forma con la quale il vangelo è giunto a noi: ogni generazione ha cercato il suo proprio modo di dire e vivere il vangelo, senza poterlo esaurire. Anche oggi c’è bisogno che le generazioni presenti e future accolgano la vita in Cristo con le forma con le quale riusciamo a viverlo, ma senza fermarsi ad esse e cercando quella creatività che restituisce ancor di più luce al ricco vangelo di Gesù e a rendere unica ogni esperienza umana.

Inculturazione ed esculturazione posso sembrare parole astratte e difficili da comprendere, ma ci dicono che il vangelo di Gesù non può accadere se non in una forma umana precisa, collocata storicamente e geograficamente, e nello stesso tempo che nessuna ‘forma’ storica del vangelo riesce ad esaurirne la sua ricchezza e profondità. Le facoltà teologiche sono ‘al fronte’ per conoscere il vangelo, le culture del passato, le culture vicine e lontane del presente, per dare un linguaggio nuovo, credibile e vivibile dell’unico vangelo”.  

In quale modo la facoltà teologica sostiene la sinodalità?

“Il cammino sinodale di questi ultimi anni ha restituito a tutti gli organismi ecclesiali il compito dell’ascolto rispettoso e attivo e il senso della partecipazione responsabile da parte di ciascun credente. L’organizzazione richiesta in ogni facoltà non mette in secondo piano i livelli di autorità, che si strutturano, fondamentalmente, sul rapporto educativo che si instaura tra studente e comunità educante. Pensare ad una comunità accademica in senso orizzontalista, sarebbe un danno innanzitutto per gli studenti e per la qualità della ricerca.

La prassi sinodale ecclesiale però ci ha educato un po’ alla volta a valorizzare al massimo gli organismi di partecipazione, a dare più peso alla voce degli studenti, ad entrare in dialogo con le fragilità umane, sociali e culturali spesso nascoste, ad ascoltare la vita delle persone nella loro globalità esistenziale, ad essere più rispettosi di ogni cultura umana.

Lo stile sinodale ci permette di dire che la Facoltà non è un servizio, accademicamente qualificato, di cui semplicemente ci si serve per ottenere un qualche titolo, ma diventa una palestra di umanità nella quale si impara che vi è un corpo sociale ed ecclesiale che chiede a tutti partecipazione responsabile per poter mettere tutti nelle condizioni di raggiungere la maturità di Cristo, come dice l’apostolo. Perciò lo stile sinodale, si può dirlo con forza, ha aiutato la Facoltà ad esprimere e vivere la sua vocazione ad essere nella Chiesa un luogo di intelligenza del vangelo capace di comunicarsi a tutti”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Leone XIV agli sportivi: lo sport aiuta ad incontrare la Trinità

“Vi esorto a vivere l’attività sportiva, anche ai livelli agonistici, sempre con spirito di gratuità, con spirito ‘ludico’ nel senso nobile di questo termine, perché nel gioco e nel sano divertimento la persona umana assomiglia al suo Creatore’: prima della recita dell’Angelus per la solennità della Santissima Trinità papa Leone XIV ha concluso il giubileo degli sportivi sottolineando il valore del gesto ludico.

In questo periodo il papa ha ribadito che lo sport deve servire per costruire la pace: “Mi preme poi sottolineare che lo sport è una via per costruire la pace, perché è una scuola di rispetto e di lealtà, che fa crescere la cultura dell’incontro e della fratellanza. Sorelle e fratelli, vi incoraggio a praticare questo stile in modo consapevole, opponendovi ad ogni forma di violenza e di sopraffazione”.

Ed ha elencato alcune delle molte guerre in atto nel mondo, invocando la fine dei conflitti: “Il mondo oggi ne ha tanto bisogno! Sono molti, infatti, i conflitti armati. Nel Myanmar, nonostante il cessate-il-fuoco, continuano i combattimenti, con danni anche alle infrastrutture civili. Invito tutte le parti a intraprendere la strada del dialogo inclusivo, l’unica che può condurre a una soluzione pacifica e stabile.

Nella notte tra il 13 e il 14 giugno, nella città di Yelwata, nell’area amministrativa locale di Gouma, nello Stato di Benue in Nigeria, si è verificato un terribile massacro, in cui circa duecento persone sono state uccise con estrema crudeltà, la maggior parte delle quali erano sfollati interni, ospitati dalla missione cattolica locale. Prego affinché la sicurezza, la giustizia e la pace prevalgano in Nigeria, Paese amato e così colpito da varie forme di violenza. E prego in modo particolare per le comunità cristiane rurali dello Stato di Benue, che incessantemente sono state vittime della violenza”.

Non ha dimenticato la situazione nel Sudan, in Medio Oriente ed in Ucraina: “Penso anche alla Repubblica del Sudan, da oltre due anni devastata dalle violenze. Mi è giunta la triste notizia della morte del Rev.do Luke Jumu, parroco di El Fasher, vittima di un bombardamento. Mentre assicuro le mie preghiere per lui e per tutte le vittime, rinnovo l’appello ai combattenti affinché si fermino, proteggano i civili e intraprendano un dialogo per la pace.

Esorto la comunità internazionale a intensificare gli sforzi per fornire almeno l’assistenza essenziale alla popolazione, duramente colpita dalla grave crisi umanitaria. Continuiamo a pregare per la pace in Medio Oriente, in Ucraina e nel mondo intero”.

Mentre nella celebrazione eucaristica il papa ha collegamento lo sport alla solennità della Trinità: “Il binomio Trinità-sport non è esattamente di uso comune, eppure l’accostamento non è fuori luogo. Ogni buona attività umana, infatti, porta in sé un riflesso della bellezza di Dio, e certamente lo sport è tra queste. Del resto, Dio non è statico, non è chiuso in sé. E’ comunione, viva relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si apre all’umanità e al mondo. La teologia chiama tale realtà pericoresi, cioè ‘danza’: una danza d’amore reciproco”.

Quindi ha messo in evidenzia che anche a Dio piace ‘giocare’: “E’ da questo dinamismo divino che sgorga la vita. Noi siamo stati creati da un Dio che si compiace e gioisce nel donare l’esistenza alle sue creature, che ‘gioca’, come ci ha ricordato la prima Lettura. Alcuni Padri della Chiesa parlano addirittura, arditamente, di un Deus ludens, di un Dio che si diverte. Ecco perché lo sport può aiutarci a incontrare Dio Trinità: perché richiede un movimento dell’io verso l’altro, certamente esteriore, ma anche e soprattutto interiore. Senza questo, si riduce a una sterile competizione di egoismi”.

Ed ha segnalato tre parole, di cui la condivisione è importante, perché unisce: “In primo luogo, in una società segnata dalla solitudine, in cui l’individualismo esasperato ha spostato il baricentro dal ‘noi’ all’ io, finendo per ignorare l’altro, lo sport (specialmente quando è di squadra) insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che, come abbiamo detto, è al cuore stesso della vita di Dio. Può così diventare uno strumento importante di ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti scolastici e lavorativi, nelle famiglie!”

Un secondo elemento riguarda il contatto con la vita: “In secondo luogo, in una società sempre più digitale, in cui le tecnologie, pur avvicinando persone lontane, spesso allontanano chi sta vicino, lo sport valorizza la concretezza dello stare insieme, il senso del corpo, dello spazio, della fatica, del tempo reale. Così, contro la tentazione di fuggire in mondi virtuali, esso aiuta a mantenere un sano contatto con la natura e con la vita concreta, luogo in cui solo si esercita l’amore”.

Infine lo sport insegna a convivere con l’imperfezione, richiamando le parole di san Giovanni Paolo II durante il Giubileo degli sportivi del 2000: “In terzo luogo, in una società competitiva, dove sembra che solo i forti e i vincenti meritino di vivere, lo sport insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione. Questo è importante, perché è dall’esperienza di questa fragilità che ci si apre alla speranza. L’atleta che non sbaglia mai, che non perde mai, non esiste. I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi”.

Concludendo l’omelia ha ricordato uno sportivo d’eccezione, Pier Giorgio Frassati: “Pensiamo al Beato Pier Giorgio Frassati, patrono degli sportivi, che sarà proclamato santo il prossimo 7 settembre. La sua vita, semplice e luminosa, ci ricorda che, come nessuno nasce campione, così nessuno nasce santo. E’ l’allenamento quotidiano dell’amore che ci avvicina alla vittoria definitiva e che ci rende capaci di lavorare all’edificazione di un mondo nuovo.

Lo affermava anche san Paolo VI, vent’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, ricordando ai membri di un’associazione sportiva cattolica quanto lo sport avesse contribuito a riportare pace e speranza in una società sconvolta dalle conseguenze della guerra”.

(Foto: Santa Sede)

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