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Papa Francesco: le virtù teologali caratterizzano la vita cristiana

“Sabato prossimo ricorre il decimo anniversario della canonizzazione di San Giovanni Paolo II. Guardando la sua vita, possiamo vedere che cosa può raggiungere l’uomo accettando e sviluppando in sé i doni di Dio: fede, speranza e carità. Rimanete fedeli alla sua eredità. Promuovete la vita e non lasciatevi ingannare dalla cultura della morte. Per sua intercessione, chiediamo a Dio il dono della pace per la quale egli, come Papa, si è tanto impegnato”: al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha ricordato, in lingua polacca, il decimo anniversario della canonizzazione di san Giovanni Paolo II. Eppoi ha lanciato un appello per la pace, ricordando che con la guerra guadagnano solo i fabbricanti di armi:

“E poi il pensiero va alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, al Myanmar che sono in guerra, e a tanti altri Paesi. La guerra sempre è una sconfitta, e quelli che guadagnano di più sono i fabbricatori di armi. Per favore, preghiamo per la pace! Preghiamo per la martoriata Ucraina: soffre tanto, tanto. I soldati giovani vanno a morire. Preghiamo. E preghiamo anche per il Medio Oriente, per Gaza: si soffre tanto lì, nella guerra. Per la pace tra Palestina e Israele, che siano due Stati, liberi e con buoni rapporti”.

In precedenza, proseguendo il ciclo delle catechesi su ‘I vizi e le virtù’, papa Francesco aveva incentrato la riflessione sul tema ‘La vita di grazia secondo lo Spirito’, che affronta le virtù teologali: “Già prima di Cristo si predicava l’onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente fondamentale per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi”.

Per il papa le virtù sono un patrimonio dell’umanità, che il cristianesimo ha saputo valorizzare: “Questo patrimonio tanto antico, patrimonio dell’umanità, non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede. C’è dunque nel cuore di ogni uomo e donna la capacità di ricercare il bene. Lo Spirito Santo è donato perché chi lo accoglie possa distinguere chiaramente il bene dal male, avere la forza per aderire al bene rifuggendo dal male e, così facendo, raggiungere la piena realizzazione di sé”.

In base ad una definizione del Catechismo della Chiesa cattolica la vita del cristiano si basa anche su altre tre virtù: “Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento. Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre virtù che noi diremo adesso insieme: la fede, la speranza e la carità”.

E sono definite ‘teologali’, in quanto completano la vita ‘buona’ del cristiano: “Gli scrittori cristiani le hanno ben presto chiamate virtù ‘teologali’, in quanto si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre quattro chiamate ‘cardinali’, in quanto costituiscono il ‘cardine’ di una vita buona. Queste tre sono ricevute nel Battesimo e vengono dallo Spirito Santo. Le une e le altre, sia le teologali sia le cardinali, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali”.

La virtù teologale permette di non agire con arroganza: “Mentre il rischio delle virtù cardinali è quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo. Il cristiano non è mai solo.

Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Lui va avanti nella via. Il cristiano ha le virtù teologali che sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti!”

La catechesi è una ‘condanna’ della superbia: “La superbia è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene. Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per sé stesso, per esaltare sé stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? No!”

Però ha ricordato anche che il bene è un modo di vita: “Il bene non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io. Quando il nostro ‘io’ è al centro di tutto, si rovina tutto. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione? Il povero ‘io’ si impadronisce di tutto e così nasce la superbia”.

Quindi le virtù teologali aiutano a compiere le necessarie correzioni: “Lo sono soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono. Tutti cadiamo, nella vita, perché tutti siamo peccatori. Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia (tutti sbagliamo nella vita): non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura”.

Ed ha concluso la catechesi con l’invito a vivere secondo lo Spirito Santo: “Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo (il Maestro interiore), Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede (con la forza dello Spirito, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede); se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore”.

(Foto: Santa Sede)

Il vero nemico è la guerra: voci dei giovani di Rondine contro l’odio

Mercoledì 24 aprile nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, dalle 11.30, un giovane israeliano e un giovane palestinese, una ragazza russa e una ucraina, racconteranno la propria convivenza con il ‘nemico’ con la moderazione della direttrice dei quotidiani QN, Agnese Pini.

Insieme con loro un rappresentante per tutti gli altri giovani di Rondine, che porterà la voce di ogni conflitto dimenticato. Le conclusioni saranno affidate al sindaco del Comune di Firenze, promotore dell’evento, e al fondatore e presidente di Rondine Cittadella della Pace, Franco Vaccari.

Sessanta guerre. Settanta stati. Quasi novecento gruppi armati. Tutti coinvolti nei conflitti degenerati che attualmente sconvolgono il mondo. Dall’Europa all’Africa, dall’Asia all’America.

Questo lo scenario da cui provengono i giovani che ogni anno scelgono Rondine: un piccolo borgo in Toscana, a dodici chilometri da Arezzo, che da quasi un trentennio, ospita ‘nemici’: coppie di giovani provenienti da Paesi teatro di guerra che convivono insieme e si formano per diventare leader di pace. La loro esperienza è il cuore pulsante della Cittadella della Pace. Giovani coraggiosi che non si arrendono alla logica della guerra, che hanno fiducia di scoprire una persona, un amico, in quello che avevano sempre visto come qualcuno da odiare ed evitare.       

Da due anni a questa parte ‘nuove’ guerre hanno sconvolto gli equilibri mondiali, generando una ‘nuova’ tragica ondata di violenza e distruzione. E l’odio per il nemico continua a farsi strada nel mondo, fino nelle vie, nelle piazze, nelle nostre case. E oggi più che mai la guerra ci riguarda tutti.

Nonostante questo, nella Cittadella della Pace si continua a coltivare ogni giorno quella tenue speranza attraverso un dialogo che non si spezza nemmeno mentre la guerra infuria. Un dialogo tra persone che si riconoscono umane, ritrovandosi nello stesso dolore ma anche negli stessi sogni di un futuro di pace. Un cammino difficile, a volte doloroso. Ma che si aggrappa alla vita e alla speranza del passo possibile che ognuno di noi può fare.

Dalle voci dei giovani di Rondine arriva il racconto profondamente umano di questa sfida che ogni giorno si rinnova. Una testimonianza concreta di chi si è messo in gioco per superare le ragioni dell’odio, aprirsi all’ascolto, fare spazio al ‘nemico’ e scoprire in lui un amico.

L’iniziativa ‘Il vero nemico è la guerra’ supportata dalla media partnership di Famiglia Cristiana e QN-La Nazione potrà essere seguita in live streaming sul canale YouTube del comune di Firenze a questo link https://www.youtube.com/watch?v=E-_atNIIn9w .

(Foto: Rondine – Cittadella della Pace)

Un mondo polarizzato,disuguale e pericoloso

“… Possiamo fare di meglio. Meglio dei cambiamenti climatici e delle pandemie fuori controllo. Meglio di un’ondata di trasferimenti di potere incostituzionali in un contesto di populismo crescente in tutto il mondo. Meglio di una cascata di violazioni dei diritti umani, meglio del massacro sfacciato di persone nelle loro case e nei loro luoghi di vita, negli ospedali, nelle scuole e nei campi dei rifugiati. Dobbiamo fare meglio di un mondo costantemente sull’orlo del collasso, un castello di carte socio-ecologico. Lo dobbiamo a noi stessi e agli altri, ai nostri figli e ai loro figli…” (Dal ‘Rapporto sullo sviluppo umano 2024’, PNUD)

Nel frattempo ci si riarma come non da tempo non accadeva. Senza inibizioni di sorta si torna a far parlare le guerre come unica strategia di risoluzione dei conflitti internazionali e locali . La radice di tutti i mali, la dimenticanza, sembra aver preso il potere nell’immaginario culturale e politico dei popoli. Senza la memoria delle macerie e del deturpamento irreversibile dei volti umani tutto ridiventa possibile.

Le parole, espressione del pensiero e  della visione del mondo che l’accompagna, si trasformano in armi di distruzione totale. Hiroshima e Nagasaki hanno gradualmente smarrito, col passar degli anni e dei testimoni, di essere un baluardo simbolico alle efferatezze umane. Forse non si è imparato nulla dalle sofferenze degli innocenti e le forze del male assoluto tornano a sedurre gli spiriti da tempo svuotati e espropriati dalla mercificazione del sistema capitalista. Uscire dal vicolo cieco nel quale è piombato il mondo è il titolo del rapporto.

Lo sviluppo umano, per le sue analisi, prende in considerazione tre aspetti. La speranza di vita, l’educazione e il reddito procapite dei cittadini. Questi fattori, combinati assieme e messi in relazione forniscono elementi di comprensione nell’ambito dello sviluppo umano integrale. Nove dei dieci Paesi nei quali lo sviluppo umano è più debole si trovano nell’Africa sub sahariana. Si tratta della Sierra Leone, il Burkina Faso, il Burundi, il Mali, il Ciad, il Niger, la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan e la Somalia. Unico Paese extra africano è lo Yemen.

Il rapporto del PNUD ricorda che i Paesi a governo populista presentano un tasso del Prodotto Interiore Bruto più debole degli altri Paesi. Il Niger, Paese nel quale ho il privilegio di risiedere da ormai 13 anni, continua, secondo l’indice del rapporto, a conservarsi fedelmente tra gli ultimi posti del pianeta. Ci si è gradualmente abituati a guardare la realtà dal basso che poi è un luogo di verità in quanto rivelatore del tipo di mondo che ci troviamo ad abitare.

 Un mondo polarizzato,disuguale e pericoloso recita il sottotitolo del rapporto citato. Polarizzato nel senso che si trova diviso all’interno come all’esterno tra minoranze abbienti e masse escluse,marginalizzate o semplicemente ‘zavorra’ del sistema globale di apartheid. La polarizzazione è frutto e radice della graduale sparizione dei poveri e non della povertà.

Le disuguaglianze si esprimono anche e soprattutto tramite le frontiere che di esse sono forse la metafora più eloquente. Frontiere economiche, politiche, culturali, religiose e simboliche. Un pezzo di carta e un visto possono radicalmente cambiare l’identità e il futuro di una persona. Le detenzioni, le deportazioni e i rimpatri forzati sono una delle espressioni più amare delle disuguaglianze umane.

Un mondo pericoloso, ricorda il rapporto. Pericoloso come, per chi e per quanto … Si vive, non da oggi, in questa continua strategia del ‘terrore’, ostaggi di paure, minacce, epidemie, guerre, carestie e mostri che ogni epoca inventa. Non tarderà dunque ad apparire, come da copione, il don Chisciotte della situazione che, col fedele scudiero che inutilmente cercava di farlo ravvedere, si batteva contro i mulini a vento come i  nemici da abbattere. Facciamo invece nostre le parole di Rosa Luxemburg che diceva…’io mi sento a casa mia dappertutto in questo vasto mondo, posto che siano nubi, uccelli e lacrime’.

Papa Francesco: ridare il sorriso ai bambini in guerra

La settimana di papa Francesco si è aperta con il ricevimento in udienza dei partecipanti al Capitolo Generale dei Fratelli dell’Istruzione Cristiana di Ploërmel, che ha a tema l’evangelizzazione nei giovani attraverso l’educazione, ricordando l’opera fondamentale dei fondatori nel bicentenario della fondazione:

“Questo vostro Capitolo si colloca nella scia delle celebrazioni del bicentenario dell’Istituto, e vi offre l’occasione per tornare alle intuizioni fondamentali che hanno guidato il venerabile Jean-Marie de La Mennais e padre Gabriel Dashayes.

Oggi la loro opera è presente in diversi Paesi del mondo, perché hanno creduto che tutto è possibile a chi si affida totalmente al Signore e si mette al servizio dello sviluppo umano integrale di ogni persona. Non dobbiamo mai dimenticare da dove proveniamo e conservare sempre la memoria delle motivazioni del nostro agire”.

Il papa ha ricordato che il loro compito, lavorando nelle regioni più povere del mondo, è quello di portare la speranza: “In un mondo in continuo cambiamento, vi ponete generosamente al servizio dei giovani, attenti alle loro aspirazioni e nello stesso tempo sempre rivolti a Cristo, regola suprema della vostra vita. La vostra vocazione vi spinge ad andare là dove altri non vanno, in periferia, verso le persone che formano la categoria dei rifiutati, dei feriti dalla vita e delle vittime. Che la vostra presenza sia sorgente di speranza per molti”.

In particolare papa Francesco li ha invitati ad aiutare i giovani a realizzare i propri sogni: “Nel vostro spirito di fraternità e di accoglienza riconoscano un altro volto dell’umanità sfigurata dalle guerre, dall’indifferenza e dallo scarto dei più deboli. Quei bambini, quei giovani, quelle persone hanno anch’essi dei sogni, ma oggi, per tanti motivi, sono sogni frantumati. Possiate aiutarli a rivivere i loro sogni, a credere in essi e a realizzarli!”

E’ stato un invito a far ritornare il sorriso ai bambini che soffrono per le guerre: “I bambini giocano, anche sotto le bombe, nei Paesi in guerra. Quando vediamo le fotografie di questi Paesi, ci sono bambini che giocano. Ma una cosa che mi colpisce, quando vengono qui a Roma bambini dell’Ucraina che sono trasferiti qui e vivono qui, questi bambini non sorridono: hanno perso il sorriso. La guerra fa questo: fa perdere il sorriso dei bambini. Lavorate perché loro riprendano la capacità di sorridere!”

Infine ha invitato la congregazione a collaborare con le diocesi, in cui essi sono in missione: “In questo stupendo mistero di comunione, posso contare sulla vostra fiducia filiale e sul vostro attaccamento al ministero del Successore di Pietro.

Vi incoraggio a lavorare in stretta collaborazione con le diocesi dove siete in missione e con il Popolo fedele di Dio; a tenere lontano dalla vostra vita ogni spirito di orgoglio, di chiusura, di divisione e di pettegolezzo. Il pettegolezzo fa tanto male alle comunità religiose. Un bel proposito per un religioso e una religiosa sarebbe mordersi la lingua ogni volta che viene voglia di sparlare dell’altro”.

(Foto: Santa Sede)

I buoni e i cattivi delle rivoluzioni

‘Arrivano i buoni. Arrivano, arrivano’: il Niger ha vissuto il suo primo putsch nel 1974. Fu organizzato da un quartetto di ufficiali guidati dal tenente colonnello Seyni Kountché il quale giustificò la sua presa di potere con le difficoltà sociali evidenziate dalla carestia … ‘Dopo15 anni di regno segnati da ingiustizia, corruzione, egoismo e indifferenza nei confronti del popolo al quale pretendeva di assicurare benessere, non possiamo più tollerare la permanenza di questa oligarchia’. Ci troviamo nello stesso anno nel quale Edoardo Bennato lanciava una canzone il cui testo inizia come enunciato sopra e continua come segue: ‘Finalmente hanno capito che qualcosa qui non va. Arrivano i buoni e dicono basta a tutte le ingiustizie che finora hanno afflitto l’umanità’.

L’ultimo (per ora?) della serie dei putsch è stato giustificato dal discorso dal presidente della transizione, il generale Abdourahamane Tiani, all’occasione degli auguri per la festa dell’indipendenza nel passato mese di agosto…’. E’ questa la sede per ribadire con estrema chiarezza che l’unica ragione dell’azione del CNSP è e rimane la salvaguardia della nostra patria, il Niger… Semplicemente, sono in gioco le vite del popolo nigerino e l’esistenza stessa del Niger come Stato … vi sono i problemi ormai endemici della corruzione diffusa e dell’impunità, della cattiva gestione, dell’appropriazione indebita di fondi pubblici, del clanismo di parte, della radicalizzazione delle opinioni e delle posizioni politiche, della violazione dei diritti e delle libertà democratiche, della deviazione del quadro statale a vantaggio di interessi privati e stranieri, dell’impoverimento delle nostre popolazioni laboriose’… Stesse cose, cinquant’anni dopo.

‘Quanti sbagli, quanti errori. Quante guerre e distruzioni. Ma finalmente una nuova era comincerà’. La storia umana è una mescolanza di sabbia. Ivi si rincorrono imperi, regimi di eccezione, repubbliche, monarchie, dittature e rivoluzioni. Alcune più note e altre meno ma tutte con l’inconfessata speranza di un mondo differente, nuovo o semplicemente migliore del precedente. Solo che nella storia succede come nella vita perché nulla si crea e nulla si distrugge del vissuto. Si girano le pagine del libro le cui pagine sono scritte dalla sabbia, cancellabili e, proprio come la vita, fragili.

Troppe volte le promesse dei fautori di rivoluzioni non erano che colpevoli miraggi. Altre volte le legittime aspirazioni del popolo si trovano poi tradite dalla realtà del quotidiano. L’esperienza insegna infatti che bene e male, saggezza e follia, verità e menzogna si mescolano e confondono a seconda delle stagioni e dei rapporti di forza. Allora da uno stato di eccezione si passa alla normalità o. se vogliamo, è la banalità del male che anela ad un ulteriore putsch con altri giusti che, finalmente, metteranno i ‘cattivi’ in grado di non nuocere.

‘Arrivano i buoni ed hanno le idee chiare ed hanno già fatto un elenco di tutti i cattivi da eliminare’.

Le liste sono flessibili e sfuggevoli perché, anch’esse, di sabbia e dunque mutevoli. Non casualmente si celebrano processi sommari di delinquenti notori. Vengono istituiti spesso comitati di salute pubblica, di protezione della rivoluzione e si salveranno dal ripudio solo coloro che danno assicurazioni di trasparente onestà, gente con ‘le mani pulite’. Sono loro i prescelti per governare o comunque orientare e conservare lo spirito della rivoluzione. La giustizia mostra in tutta evidenza ciò che ci sia aspetta da lei e dunque  l’asservimento volontario al potente di turno.

Spariscono cittadini, attivisti, corrotti e corruttori del sistema. Liste che si aggiornano in continuazione sotto la guida di gente ‘illuminata’ dallo spirito del tempo e dal senso della storia dei vincitori. Naturalmente questo processo di identificazione dei ‘cattivi’ si apparenta ad un cantiere permanente per vocazione e soprattutto domanda tempo, anni ed è ciò che si definisce come ‘rivoluzione permanente’. Tutto ciò durerà finche i nuovi padroni saranno, prima o poi, loro stessi vittime del loro tempo di transizione. Arriveranno altri buoni, migliori dei precedenti per completare il lavoro.

‘Così adesso i buoni hanno fatto una guerra. Contro i cattivi, però hanno assicurato che è l’ultima guerra che si farà. Finalmente una nuova era comincerà’. Difficile affermare se quelle che abbiamo finora designato col nome pomposo di ‘rivoluzioni’ lo sono state davvero. Oppure sono state le cronache di tradimenti annunciati fin dal loro germe sapendo che tra i mezzi adoperati e il fine perseguito c’è complicità e continuità inscindibile. Forse l’unica e autentica rivoluzione che meriti questo nome è quella che non sa di esserlo, consapevole della sua intrinseca e umana fragilità. La sola che si avvicini a questa utopia è quella che la sabbia, gelosamente, nasconde agli occhi dei ‘buoni’.

Papa Francesco: la fortezza aiuta a sconfiggere le paure

“E il mio pensiero va alla martoriata Ucraina e alla Palestina e Israele. Che il Signore ci dia la pace! La guerra è dappertutto, non dimentichiamo il Myanmar, ma chiediamo al Signore la pace e non dimentichiamo questi nostri fratelli e sorelle che soffrono tanto in questi posti di guerra. Preghiamo insieme e sempre per la pace”.

Al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha chiesto di pregare per la pace, che è assente in molti Paesi, rivolgendo una preghiera particolare al Myanmar ed alla popolazione del Kazakhistan, sommersa da alluvioni:

“Desidero inoltre trasmettere al popolo del Kazakistan la mia vicinanza spirituale in questo momento, in cui una massiccia alluvione ha colpito molte regioni del Paese e ha causato l’evacuazione di migliaia di persone dalle loro case. Invito tutti a pregare per tutti coloro che stanno subendo gli effetti di questo disastro naturale. Anche nei momenti di difficoltà, ricordiamo la gioia di Cristo risorto e invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre”.

Invece continuando il ciclo di catechesi su ‘I vizi e le virtù’, nell’udienza generale il papa ha incentrato la riflessione sulla terza virtù cardinale, che è la ‘fortezza’, partendo dalla definizione del Catechismo della Chiesa cattolica al n^ 1808:

“Partiamo dalla descrizione che ne dà il Catechismo della Chiesa Cattolica: ‘La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni’. Così dice il Catechismo della Chiesa Cattolica sulla virtù della fortezza”.

Perciò la fortezza è una virtù ‘combattiva’: “Ecco, dunque, la più ‘combattiva’ delle virtù. Se la prima delle virtù cardinali, vale a dire la prudenza, era soprattutto associata alla ragione dell’uomo; e mentre la giustizia trovava la sua dimora nella volontà; questa terza virtù, la fortezza, è spesso legata dagli autori scolastici a ciò che gli antichi chiamavano ‘appetito irascibile’. Il pensiero antico non ha immaginato un uomo senza passioni: sarebbe un sasso. E non è detto che le passioni siano necessariamente il residuo di un peccato, però esse vanno educate, vanno indirizzate, vanno purificate con l’acqua del Battesimo, o meglio con il fuoco dello Spirito Santo”.

Quindi ha ribadito che il cristiano deve avere passioni: “Un cristiano senza coraggio, che non piega al bene la propria forza, che non dà fastidio a nessuno, è un cristiano inutile. Pensiamo a questo! Gesù non è un Dio diafano e asettico, che non conosce le emozioni umane. Al contrario. Davanti alla morte dell’amico Lazzaro scoppia in pianto; e in certe sue espressioni traspare il suo animo appassionato, come quando dice: ‘Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!’; e davanti al commercio nel tempio ha reagito con forza. Gesù aveva passione”.

La fortezza ha due movimenti, ad intra ed ad extra; quello verso il noi permette di combattere i propri egoismi: “Il primo è rivolto dentro noi stessi. Ci sono nemici interni che dobbiamo sconfiggere, che vanno sotto il nome di ansia, di angoscia, di paura, di colpa: tutte forze che si agitano nel nostro intimo e che in qualche situazione ci paralizzano. Quanti lottatori soccombono prima ancora di iniziare la sfida! Perché non si rendono conto di questi nemici interni.

La fortezza è una vittoria anzitutto contro noi stessi. La maggior parte delle paure che nascono in noi sono irrealistiche, e non si avverano per nulla. Meglio allora invocare lo Spirito Santo e affrontare tutto con paziente fortezza: un problema alla volta, come siamo capaci, ma non da soli! Il Signore è con noi, se confidiamo in Lui e cerchiamo sinceramente il bene. Allora in ogni situazione possiamo contare sulla Provvidenza di Dio che ci fa da scudo e corazza”.

Mentre il movimento rivolto all’esterno consente di affrontare ogni situazione: “Oltre alle prove interne, ci sono nemici esterni, che sono le prove della vita, le persecuzioni, le difficoltà che non ci aspettavamo e che ci sorprendono. Infatti, noi possiamo tentare di prevedere quello che ci capiterà, ma in larga parte la realtà è fatta di avvenimenti imponderabili, e in questo mare qualche volta la nostra barca viene sballottata dalle onde. La fortezza allora ci fa essere marinai resistenti, che non si spaventano e non si scoraggiano”.

Quindi questa virtù è fondamentale per affrontare il mondo: “Qualcuno finge che esso non esista, che tutto vada bene, che la volontà umana non sia talvolta cieca, che nella storia non si dibattano forze oscure portatrici di morte. Ma basta sfogliare un libro di storia, o purtroppo anche i giornali, per scoprire le nefandezze di cui siamo un po’ vittime e un po’ protagonisti: guerre, violenze, schiavitù, oppressione dei poveri, ferite mai sanate che ancora sanguinano. La virtù della fortezza ci fa reagire e gridare un ‘no’ secco a tutto questo”.

Concludendo la catechesi il papa ha richiamato l’esempio del profeta, che è una persona ‘scomoda’ per la mondanità: “Nel nostro confortevole Occidente, che ha un po’ annacquato tutto, che ha trasformato il cammino di perfezione in un semplice sviluppo organico, che non ha bisogno di lotte perché tutto gli appare uguale, avvertiamo talvolta una sana nostalgia dei profeti.

Ma sono molto rare le persone scomode e visionarie. C’è bisogno di qualcuno che ci scalzi dal posto soffice in cui ci siamo adagiati e ci faccia ripetere in maniera risoluta il nostro ‘no’ al male e a tutto ciò che conduce all’indifferenza. ‘No’ al male e ‘no’ all’indifferenza; ‘sì’ al cammino, al cammino che ci fa progredire, e per questo bisogna lottare”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: Cristo è via nuova per il mondo

“Oggi risuona in tutto il mondo l’annuncio partito duemila anni fa da Gerusalemme: Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto!”: nella benedizione ‘Urbi et Orbi’ di Pasqua papa Francesco ha raccontato lo stupore delle donne davanti ad una pietra che non chiude più il sepolcro dove era Gesù. Uno stupore che rivive ancora oggi davanti ai ‘massi’ posti nel mondo, come quello delle guerre:

“La Chiesa rivive lo stupore delle donne che andarono al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana. La tomba di Gesù era stata chiusa con una grossa pietra; e così anche oggi massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora. Anche noi, come le donne discepole di Gesù, ci chiediamo l’un l’altro: Chi ci farà rotolare via queste pietre?”

Ma la Pasqua cambia la prospettiva: “Ed ecco la scoperta del mattino di Pasqua: la pietra, quella pietra così grande, è stata già fatta rotolare. Lo stupore delle donne è il nostro stupore: la tomba di Gesù è aperta ed è vuota! Da qui comincia tutto. Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova, quella che nessuno di noi ma solo Dio ha potuto aprire: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”.

Gesù è vivo ed apre la strada verso il Paradiso: “Fratelli e sorelle, Gesù Cristo è risorto, e solo Lui è capace di far rotolare le pietre che chiudono il cammino verso la vita. Anzi, Lui stesso, il Vivente, è la Via: la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità. Lui ci apre il passaggio umanamente impossibile, perché solo Lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati. E senza il perdono di Dio quella pietra non si toglie. Senza il perdono dei peccati non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri. Solo Cristo Risorto, donandoci il perdono dei peccati, apre la via per un mondo rinnovato”.

Lui apre la porta della vita, chiusa dai conflitti: “Solo lui ci apre le porte della vita, quelle porte che continuamente chiudiamo con le guerre che dilagano nel mondo. Oggi volgiamo anzitutto lo sguardo verso la Città Santa di Gerusalemme, testimone del mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù e a tutte le comunità cristiane della Terra Santa”.

Ed il pensiero corre alle vittime dei conflitti: “Il mio pensiero va soprattutto alle vittime dei tanti conflitti che sono in corso nel mondo, a cominciare da quelli in Israele e Palestina, e in Ucraina. Cristo Risorto apra una via di pace per le martoriate popolazioni di quelle regioni. Mentre invito al rispetto dei principi del diritto internazionale, auspico uno scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina: tutti per tutti!”

Un appello in cui ha chiesto pace per la Terra Santa: “Inoltre, faccio nuovamente appello a che sia garantita la possibilità di accesso agli aiuti umanitari a Gaza, esortando nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia. Non permettiamo che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini”.

Ed ha ribadito che la guerra è assurda: “Quanta sofferenza vediamo negli occhi dei bambini: hanno dimenticato di sorridere quei bambini in quelle terre di guerra! Con il loro sguardo ci chiedono: perché? Perché tanta morte? Perché tanta distruzione? La guerra è sempre un’assurdità, la guerra è sempre una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori”.

Quindi ha rivolto un appello di pace per le nazioni in guerra: “E fratelli e sorelle, non dimentichiamoci della Siria, che da tredici anni patisce le conseguenze di una guerra lunga e devastante. Tantissimi morti, persone scomparse, tanta povertà e distruzione aspettano risposte da parte di tutti, anche dalla Comunità internazionale.

Il mio sguardo va oggi in modo speciale al Libano, da tempo interessato da un blocco istituzionale e da una profonda crisi economica e sociale, aggravate ora dalle ostilità alla frontiera con Israele. Il Risorto conforti l’amato popolo libanese e sostenga tutto il Paese nella sua vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo”.

Dal Medio Oriente ai Balcani: “Un pensiero particolare rivolgo alla Regione dei Balcani Occidentali, dove si stanno compiendo passi significativi verso l’integrazione nel progetto europeo: le differenze etniche, culturali e confessionali non siano causa di divisione, ma diventino fonte di ricchezza per tutta l’Europa e per il mondo intero”.

Al conflitto tra Armenia ed Azerbaigian: “Parimenti incoraggio i colloqui tra l’Armenia e l’Azerbaigian, perché, con il sostegno della Comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose e arrivare al più presto ad un accordo di pace definitivo”.

Ed in altre parti del mondo, anche a causa dei cambiamenti climatici:”Cristo risorto apra una via di speranza alle persone che in altre parti del mondo patiscono violenze, conflitti, insicurezza alimentare, come pure gli effetti dei cambiamenti climatici. Il Signore doni conforto alle vittime di ogni forma di terrorismo. Preghiamo per quanti hanno perso la vita e imploriamo il pentimento e la conversione degli autori di tali crimini.

Il Risorto assista il popolo haitiano, affinché cessino quanto prima le violenze che lacerano e insanguinano il Paese ed esso possa progredire nel cammino della democrazia e della fraternità. Dia conforto ai Rohingya, afflitti da una grave crisi umanitaria, e apra la strada della riconciliazione in Myanmar lacerato da anni di conflitti interni, affinché si abbandoni definitivamente ogni logica di violenza”.

E non ha dimenticato l’Africa: “Il Signore apra vie di pace nel continente africano, specialmente per le popolazioni provate in Sudan e nell’intera regione del Sahel, nel Corno d’Africa, nella Regione del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo e nella Provincia di Capo Delgado in Mozambico, e faccia cessare la prolungata situazione di siccità che interessa vaste aree e provoca carestia e fame”.

Inoltre non ha dimenticato i migranti: “Il Risorto faccia risplendere la sua luce sui migranti e su coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà economica, offrendo loro conforto e speranza nel momento del bisogno. Cristo guidi tutte le persone di buona volontà ad unirsi nella solidarietà, per affrontare insieme le molte sfide che incombono sulle famiglie più povere nella loro ricerca di una vita migliore e della felicità”.

E’ stato un invito a non dimenticare l’amore di Dio: “In questo giorno in cui celebriamo la vita che ci è donata nella risurrezione del Figlio, ricordiamoci dell’amore infinito di Dio per ciascuno di noi: un amore che supera ogni limite e ogni debolezza. Eppure come è tanto spesso disprezzato il prezioso dono della vita. Quanti bambini non possono nemmeno vedere la luce? Quanti muoiono di fame o sono privi di cure essenziali o sono vittime di abusi e violenze? Quante vite sono fatte oggetto di mercimonio per il crescente commercio di essere umani?”

Cristo ha liberato l’umanità dalla morte: “Fratelli e sorelle, nel giorno in cui Cristo ci ha resi liberi dalla schiavitù della morte, esorto quanti hanno responsabilità politiche perché non risparmino sforzi nel combattere il flagello della tratta di esseri umani, lavorando instancabilmente per smantellarne le reti di sfruttamento e portare libertà a coloro che ne sono vittime. Il Signore consoli le loro famiglie, soprattutto quelle che attendono con ansia notizie dei loro cari, assicurando loro conforto e speranza”.

(Foto: Santa Sede)

Buona Pasqua!

“Stiamo sperimentando delle tenebre profondissime che avvolgono migliaia di persone, in tanti luoghi nel mondo, in particolare in Ucraina e in Terra Santa. Quanta desolazione! Non possiamo abituarci alla guerra, ai combattimenti che non risparmiano deboli e innocenti, soprattutto i bambini: dovremmo sempre guardare attraverso le loro lacrime, attraverso il pianto dei più piccoli. E’ da lì che capiamo tutto l’orrore e la violenza della guerra, dell’ingiustizia e quanto questo sia inaccettabile”.

Mentre in Europa si levano sempre più massicce parole inneggianti alla guerra dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana giungono chiari e precisi gli auguri per la Pasqua con un invito a non abituarsi agli orrori della guerra, definita ‘tempo triste’:

“Dimoriamo in un tempo triste, in cui la morte occupa le pagine dei giornali. Pensiamo alle violenze sulle donne, alla cattiveria frutto di prepotenze che segnano anche gli ambiti più delicati dell’esistenza, come quelli familiari e affettivi. Il rapporto tra uomo e donna sembra quasi avvelenato dall’istinto del possesso e dall’evocazione della morte”.

Ecco la bellezza della Resurrezione, spesso negata anche dai cristiani che credono nella purificazione della guerra: “Ma il Risorto porta nel mondo la bellezza di una vita nuova, la creatività paziente della nuova creatura. Una novità, la più grande. Il mondo, oggi così deturpato, può essere ricostruito e trasformato da uomini e donne che vivono le più grandi ragioni di vita e di speranza”.

Nel nostro mondo, sempre più alle prese con la terza guerra mondiale, i vescovi italiani invitano i cristiani ad impegnarsi a preparare la ‘venuta’ del Signore riecheggiando le parole del profeta Isaia: “Vorremmo che l’annuncio della pace corresse di terra in terra, di popolo in popolo. Vorremmo che arrivasse presto la fine dei conflitti e che si aprisse il tempo della fraternità. Il profeta Isaia ci aiuta a guardare avanti con speranza cristiana e a lavorare ogni giorno per costruire la pace. Per noi cristiani si tratta di impegnarci a preparare la venuta del Regno, a far sì che il Signore sia riconosciuto e amato”.

Tali parole si realizzano nella contemplazione della Pasqua: “Nel mistero pasquale il Signore si è già rivelato nella sua gloria manifestando l’amore infinito del Padre per ogni creatura. Possa il mistero della Pasqua raggiungere tutti noi e insegnarci ad amare senza confini, a porre segni concreti di vita là dove c’è la morte, a trasformare in luoghi di pace le terre oggi segnate dall’inimicizia”.

Dalla Pasqua si irradia una luce capace di sconfiggere le tenebre: “Pasqua è la luce che vince le tenebre: nessuno è spettatore, ma tutti attori. Nella Pasqua non c’è una via di mezzo: o si è con Gesù e si resta con l’amore, con la luce, con una forza che sconfigge quelle terribili tenebre oppure si diventa complici del male… Questa è la Pasqua di Gesù che apre la via del cielo e fa risorgere, oltre il limite della morte”.

Solo la Pasqua è capace di illuminare la vita: “La via che conduce alla vita piena e alla verità completa è una Presenza che viene e cammina al nostro fianco. L’augurio è che tutti possano incontrare questo misterioso Viandante, l’unico capace di dare un senso alla nostra esistenza, di bruciare il cuore e aprire gli occhi. Perché il Risorto illumina gli occhi del cuore”.

La Pasqua allora è un invito ad ‘andare’ in Galilea, (cioè negli ‘incroci’ dei popoli) ha sottolineato il vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giampiero Palmieri: “In forza dello Spirito la comunità credente è spinta dal Risorto ad andare ‘sempre oltre’, ad andare in Galilea. Per la sua collocazione lungo l’antica via del Mare, la Galilea era il paese dove si incrociavano ebrei e pagani, persone di ogni popolo, lingua, cultura e religione. Ecco, il Risorto ci aspetta lì, nella Galilea delle Genti, dove lo possiamo scoprire già misteriosamente presente e dove siamo chiamati a portare a tutti l’annuncio della Resurrezione”.

Questa è l’unica speranza per i cristiani, consistente nella vita: “Si, carissimi! Quale è il motivo della speranza dei cristiani, anche in questo tempo così profondamente segnato dalla guerra, dalla violenza, dallo smarrimento? Il segreto di questa speranza è lo Spirito di Gesù risorto, è Lui che spinge i credenti e ogni uomo che si apre alla grazia ad andare avanti, a lottare, a combattere con le armi della persuasione per la giustizia, la fraternità universale, la pace. Questo allora è il nostro augurio di Pasqua: non siamo fatti per la rassegnazione ma per la vita, non siamo fatti per l’odio, ma per la pace!”

Buona Pasqua per un passaggio dalla morte alla vita; dal tempo di tristezza al tempo di speranza!

Mattarella ricorda Cassino nel nome della pace

Nell’80^ anniversario della distruzione di Cassino da parte degli alleati il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha sottolineato che il ‘prezzo’ più caro è quello pagato dai civili: “Nella drammatica storia della Seconda Guerra mondiale, con le sue immani sofferenze, Cassino, la città ed il suo territorio, queste popolazioni, sono tragicamente entrate nell’elenco dei martiri d’Europa, accanto ad altri centri come Coventry, come Dresda”.

Cassino è stata assediata per 129 giorni: “Gli storici ci consegnano un numero (così alto da essere terrificante) di migliaia e migliaia di vittime delle diverse armate, della popolazione civile, degli abitanti di questa città, di questo territorio, come conseguenza dei 129 giorni di combattimenti qui avvenuti. I cimiteri (e quelli di guerra, dedicati ai combattenti) fanno qui corona e ammoniscono. Una tragedia dai costi umani ripeto di dimensioni spaventose. In questa terra avvennero scontri tra i più cruenti e devastanti”.

Ecco il motivo per cui è necessario ripudiare la guerra: “E mentre un sentimento di pietà si leva verso i morti, verso le vittime civili, non può che sorgere, al contempo, un moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze per la distruzione di un territorio e delle sue risorse, per l’annientamento delle famiglie che lo abitavano, nel perseguimento della cieca logica della guerra, quella della volontà di ridurre al nulla del nemico, senza nessun rispetto per le vittime innocenti”.

La guerra non conosce limiti: “Lutti e sofferenze pagate in larga misura dalla incolpevole popolazione civile, a partire da quel funesto bombardamento del 15 febbraio contro l’Abbazia, nella quale, con i monaci, perirono famiglie sfollate, tante persone che vi si erano rifugiate contando sull’immunità di un edificio religioso, espressione di alta cultura universalmente conosciuto.

Ma la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie. L’offensiva della coalizione contro il nazismo, che aveva occupato, ed opprimeva, l’Italia, rase totalmente al suolo la città e la storica Abbazia. Questo territorio, all’indomani degli eventi bellici, si presentò completamente distrutto: case, chiese, strade, ponti, ferrovie, scuole”.

Per questi eventi occorre rendere omaggio ad una città ‘martire’ per non perdere la memoria: “A quella comunità così duramente colpita, a quelle donne e a quegli uomini contro cui la furia bellica si manifestò in tutta la sua disumanità, la Repubblica esprime oggi affetto e rimpianto e, nel ricordo, si inchina alla loro memoria.

Rende omaggio a un eroismo silenzioso nel tempo della sofferenza, e alla loro orgogliosa volontà di far riprendere la vita in quello che era divenuto un campo di rovine. Ricordiamo come un gesto eroico quello di trovare dentro di sé le risorse per porre mano immediatamente alla ricostruzione.

Anche dell’Abbazia, faro di civiltà, avviata, questa ricostruzione dell’Abbazia, ancor prima della conclusione del conflitto. Toccò al primo Presidente del Consiglio dei ministri espresso dal Comitato di Liberazione Nazionale, Ivanoe Bonomi, porne la prima pietra già nel marzo del 1945”.

Ma, contemporaneamente, Cassino è stata protagonista anche della rinascita della democrazia: “Cassino martire. Ma Cassino anche protagonista, straordinaria testimone di questa risalita dall’abisso. Un abisso che inghiottì anche migliaia di giovani di altri Paesi che morirono combattendo contro gli oppressori dell’Italia e che ricordiamo con commozione e con riconoscenza.

La strada della libertà è stata segnata dal sacrificio e dal coraggio degli uomini che combatterono coraggiosamente (e tanti vi persero la vita) in questi territori, prendendo parte alla lotta di Liberazione, per far sì che prevalesse la pace nel Continente dilaniato da nazionalismi e da conflitti e che non avessero a soccombere le ragioni dei diritti delle persone e dei popoli”.

Quel cammino che ha portato alla democrazia ed alla pace: “Quello che l’Italia ha compiuto in Europa in questi decenni è un cammino straordinario di pace e di solidarietà, abbracciando i valori dell’unità del nostro popolo, della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia sociale.

Valori che gli italiani vollero consacrati con la scelta della Repubblica e con la Costituzione. Insieme a una affermazione solenne, tra le altre: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.

Sono queste le poche parole dell’art.11 della nostra Costituzione che contiene le ragioni, le premesse del ruolo e delle posizioni del nostro Paese nella comunità internazionale: costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo”.

Inoltre ha ricordato le parole di san Paolo VI, che definì l’abbazia ‘messaggero di pace’: “La nuova Abbazia ha la stessa vocazione ma ambisce anche a essere prova di un’accresciuta consapevolezza degli orrori della guerra e di come l’Europa debba assumersi un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà. Ne siamo interpellati. Sono mesi, ormai anni, amari quelli che stiamo attraversando. Contavamo che l’Europa, fondata su una promessa di pace, non dovesse più conoscere guerre”.

Parole che richiamano alle guerre in atto in Europa ed in Medio Oriente: “Ai confini d’Europa, invece, anzi dobbiamo dire dentro il suo spazio di vita, guerre terribili stanno spargendo altro sangue e distruggendo ogni remora posta a tutela della dignità degli esseri umani. Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e che vorrebbe perpetuarsi. Questo è l’impegno della Repubblica Italiana.

Far memoria di una tragedia, una battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino, che ha inciso nelle carni e nelle coscienze del nostro popolo e di popoli divenuti nostri fratelli, è anche un richiamo a far cessare, ovunque, il fuoco delle armi, a riaprire una speranza di pace, di ripristino del diritto violato in sede internazionale, della dignità riconosciuta a ogni comunità”.

Cassino è un invito a non perdere la memoria: “Cassino esprime un ricordo doloroso di quanto la guerra possa essere devastante e distruttiva, ma è anche un monito a non dimenticare mai le conseguenze dell’odio, del cinismo, della volontà di potenza che si manifesta a più riprese nel mondo.

Cassino città martire.  Cassino città della pace. Questo il messaggio forte, intenso, che da qui viene oggi. E’ questo il traguardo a cui ambire. E’ questa la natura dell’Europa, la sua vocazione, la sua identità. E’ questa la lezione che dobbiamo tenere viva, custodire, trasmettere sempre, costantemente”.

(Foto: Quirinale)

Save the Children: in Sudan ed a Gaza i bambini muoiono

“Quasi 230.000 bambini, donne incinte e neomamme rischiano di morire di fame nei prossimi mesi in Sudan, a meno che non vengano stanziati fondi urgenti e la comunità internazionale non si mobiliti per rispondere alla drammatica crisi che colpisce il Sudan”: è l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.

Più di 2.900.000 bambini in Sudan sono gravemente malnutriti e altri 729.000 sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave, la forma più pericolosa e mortale di fame estrema, secondo i nuovi dati, diffusi dal Cluster per la Nutrizione in Sudan, una partnership che include varie organizzazioni, tra cui Save the Children, le Nazioni Unite e il Ministero Federale della Salute. Di questi bambini, più di 109.000 rischiano di avere complicazioni mediche come disidratazione, ipotermia e ipoglicemia, che richiedono cure intensive e specializzate in ospedale.

Secondo il Cluster, circa 222.000 bambini gravemente malnutriti e più di 7.000 neomamme rischiano di morire nei prossimi mesi se non si farà fronte alle loro esigenze nutrizionali e sanitarie. Si tratta di una proiezione basata sugli attuali livelli di finanziamento del programma di alimentazione d’emergenza in Sudan, che al momento copre solo il 5,5% del fabbisogno totale del Paese. L’anno scorso, invece, il programma di alimentazione d’emergenza era finanziato al 23%, una percentuale di gran lunga inferiore rispetto alle necessità, ma comunque superiore a quella attuale.

La distruzione della catena di approvvigionamento di alimenti terapeutici pronti per l’uso, fondamentali per il trattamento dei bambini gravemente malnutriti, ha ostacolato duramente la risposta degli aiuti alla crisi. In particolare, l’unico produttore di alimenti necessari per la riabilitazione di bambini e donne affetti da malnutrizione acuta grave non è più operativo dopo essere stato distrutto lo scorso anno durante i combattimenti, come ha dichiarato Arif Noor, direttore di Save the Children in Sudan:

“In Sudan la situazione nutrizionale, in particolare la possibilità per i bambini e per gli altri gruppi vulnerabili di accedere al cibo di cui hanno bisogno per crescere e sopravvivere, è una delle peggiori al mondo. Se non si è piantato l’anno scorso, non c’è cibo oggi. Non piantare oggi significa non avere cibo domani. Il ciclo della fame si aggrava sempre di più e all’orizzonte non se ne vede la fine, esiste solo miseria. A dicembre, il territorio di Al-Jazirah, un tempo granaio del Paese, è stato teatro di intensi combattimenti che hanno portato a una nuova ondata di sfollati, con oltre mezzo milione di persone costrette a fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza. Questo ha portato a un’interruzione senza precedenti dei sistemi alimentari”.

Intanto a Gaza i bambini che muoiono di fame e di malattie non possono aspettare il tempo necessario per costruire un porto temporaneo al largo della Striscia, o avere solo la speranza che gli aiuti lanciati dagli aerei li raggiungano: “Pur accogliendo con favore gli sforzi volti a fornire maggiori aiuti a Gaza, compreso quello italiano volto a partecipare ai corridoi marittimi, questi metodi alternativi di consegna degli aiuti rischiano di essere costosi, inefficienti e distraggono dalla soluzione principale per salvare la vita dei bambini e delle famiglie a Gaza: un cessate il fuoco immediato e definitivo, l’accesso sicuro e senza restrizioni per gli aiuti umanitari, attraverso tutti i valichi di frontiera e all’interno della Striscia”.

Finora il Ministero della Sanità di Gaza ha registrato la morte di 18 bambini e due adulti per malnutrizione e disidratazione. Secondo Save the Children con le strutture sanitarie a malapena funzionanti e una minoranza di famiglie in grado di accedere ai servizi, questi numeri sono solo la punta dell’iceberg. A febbraio l’Organizzazione ha riferito che alcune famiglie sono state costrette a cercare gli avanzi di cibo lasciati dai ratti o a mangiare foglie nel tentativo disperato di sopravvivere e la situazione si aggrava ad ogni ora che passa, come ha dichiarato Jason Lee, direttore di Save the Children per i Territori palestinesi occupati: “I bambini di Gaza non possono ancora aspettare il cibo. Stanno già morendo per malnutrizione e salvare le loro vite è una questione di ore o giorni, non di settimane.

La negazione dell’assistenza umanitaria è una grave violazione contro i bambini ed è contraria al diritto internazionale umanitario. Da mesi chiediamo un accesso sicuro e libero in tutta Gaza.  Esiste già un sistema collaudato per coordinare efficacemente gli aiuti, ma i camion di cibo e medicinali che potrebbero salvare vite umane aspettano ai valichi, mentre i bambini muoiono di fame a pochi chilometri di distanza. I lanci aerei di beni, senza alcun coordinamento sul campo per chi li raggiunge, e i corridoi marittimi, come quello annunciato ieri, non sono soluzioni per mantenere in vita i bambini.

Né sono sostitutivi di un’assistenza umanitaria senza ostacoli attraverso le rotte terrestri stabilite. Il governo di Israele e i membri della comunità internazionale devono facilitare l’ingresso immediato di beni di prima necessità e commerciali, attraverso tutti i valichi di frontiera disponibili e in tutta la Striscia di Gaza. Per i bambini di Gaza ogni minuto è importante. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco definitivo ora e, nel frattempo, è necessario garantire l’accesso umanitario immediato e senza ostacoli attraverso tutte le vie disponibili”.

Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per salvare e proteggere la vita dei minori a Gaza, un’effettiva attuazione delle misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia e ha invitato il governo israeliano a consentire il flusso illimitato di aiuti e la ripresa dell’ingresso di beni commerciali a Gaza per evitare che i bambini muoiano di fame e di malattie.

L’Organizzazione chiede inoltre a tutti i governi donatori e al resto della comunità internazionale di riprendere e aumentare il più rapidamente possibile i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA), da cui dipende la risposta degli aiuti a Gaza.

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