Papa Francesco invita a curare le ferite

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Oggi la Chiesa italiana celebra la terza Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi ed i partecipanti al primo incontro dei referenti territoriali del Servizio messo in campo dalla Cei per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili sono stati ricevuti in udienza da papa Francesco riceve in udienza. Mentre ieri sono state illustrate le buone pratiche che la Chiesa italiana ha messo in campo per contrastare il triste fenomeno degli abusi, come ha ricordato l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, mons. Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio per la Tutela dei minori della Cei:

“La Chiesa universale si sta muovendo per ripensare se stessa in senso sinodale e forse ci si aspetta che alcune strutture cambino in un’ottica più missionaria… Dentro questo cambiamento ci siamo noi con un ministero che sta cambiando la vita e il volto della Chiesa a poco a poco e partendo dal basso”.

Nell’udienza il papa ha ricordato il tema della giornata, tratto dal libro del profeta Geremia: “Nel vostro servizio, lasciatevi guidare da questa certezza annunciata dal profeta Geremia: il Signore è pronto a guarire ogni ferita, anche la più profonda. Perché ciò avvenga, però, sono necessari la nostra conversione e il riconoscimento delle nostre mancanze.

Non ci possiamo fermare nell’azione di tutela dei minori e dei vulnerabili e, allo stesso tempo, di contrasto a ogni forma di abuso, sessuale, di potere o di coscienza. A questo proposito, vorrei suggerirvi tre verbi, da cui trarre orientamento per ogni iniziativa: custodire, ascoltare e curare”.

Quindi custodire significa partecipare attivamente al dolore delle persone ferite: “Tutta la comunità cristiana, nella ricchezza delle sue componenti e competenze, deve essere coinvolta, perché l’azione di tutela è parte integrante della missione della Chiesa nella costruzione del Regno di Dio. Custodire significa orientare il proprio cuore, il proprio sguardo e il proprio operato a favore dei più piccoli e indifesi.

E’ un percorso che richiede un rinnovamento interiore e comunitario, nella giustizia e nella verità… Custodire vuol dire anche prevenire le occasioni di male, e questo è possibile soltanto attraverso una costante attività di formazione, volta a diffondere sensibilità e attenzione alla tutela dei più fragili. E questo è importante anche fuori dal nostro mondo ecclesiastico”.

Eppoi l’altro elemento è l’ascolto: “Per custodire occorre saper ascoltare, mettendo da parte ogni forma di protagonismo e interesse personale. L’ascolto è movimento del cuore ed è anche un’opzione fondamentale per mettere al centro di ogni nostra azione chi ha sofferto o sta soffrendo e chi è più fragile e vulnerabile. Pensiamo a Gesù che accoglie i bambini e tutti i piccoli”.

L’ascolto è necessario per prevenire: “L’ascolto delle vittime è il passo necessario per far crescere una cultura della prevenzione, che si concretizza nella formazione di tutta la comunità, nell’attuazione di procedure e buone prassi, nella vigilanza e in quella limpidezza dell’agire che costruisce e rinnova la fiducia.

Solo l’ascolto del dolore delle persone che hanno sofferto questi terribili crimini apre alla solidarietà e spinge a fare tutto il possibile perché l’abuso non si ripeta. Questa è l’unica via per condividere realmente ciò che è accaduto nella vita di una vittima, così da sentirsi interpellati a un rinnovamento personale e comunitario.

Siamo chiamati a una reazione morale, a promuovere e a testimoniare la vicinanza verso coloro che sono stati feriti da un abuso. Saper ascoltare è prendersi cura delle vittime”.

E’ stato un invito a perseguire in questo cammino per debellare gli abusi: “Continuate a compiere ogni sforzo perché tutti coloro che sono stati feriti dalla piaga degli abusi possano sentirsi liberi di rivolgersi con fiducia ai Centri di ascolto, trovando quell’accoglienza e quel sostegno che possano lenire le loro ferite e rinnovare la fiducia tradita.

Curare è condividere passione ecclesiale e competenze con l’impegno a formare il maggior numero possibile di operatori pastorali. Così si promuove un vero e proprio cambio culturale che metta al centro i più piccoli e vulnerabili nella Chiesa e nella società.

Questa vostra azione ecclesiale può favorire la crescita dell’attenzione nell’intera società italiana su questa piaga che purtroppo coinvolge tanti, troppi, minori e adulti”.

In precedenza papa Francesco aveva ricevuto i membri dell’Associazione Otorinolaringologi Ospedalieri Italiani (AOOI) e della Federazione Italiana Medici Pediatrici (FIMP), con l’invito a curare i pazienti sull’esempio del buon Samaritano, affermando che la salute è un diritto:

“Sono questi alcuni dei fattori che ledono l’esercizio di quel diritto alla salute che fa parte del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa e che è sancito dalla Costituzione italiana quale diritto dell’individuo, cioè di tutti, nessuno escluso, specialmente dei più deboli, e quale interesse della collettività, perché la salute è un bene comune.

La sanità pubblica italiana è fondata sui principi di universalità, equità, solidarietà, che però oggi rischiano di non essere applicati… Questo sistema va curato, va fatto crescere, perché è un sistema di servizio al popolo”.

Ed ha ribadito che non esiste una medicina che non cura: “Ma una medicina che rinuncia alla cura e si trincera dietro procedure disumanizzate e disumanizzanti non è più l’arte del curare. La persona malata va invece accostata con l’atteggiamento del buon samaritano, che non si volta dall’altra parte, ma si china sull’uomo ferito e lenisce la sua sofferenza, senza farsi domande, senza lasciarsi chiudere il cuore e la mente da pregiudizi, senza pensare al suo tornaconto.

Questa parabola evangelica vi aiuterà a guardare sempre i volti dei pazienti, piccoli e grandi: a dare loro accoglienza e speranza, ad ascoltare le loro storie, a sostenerli quando il cammino si fa più arduo”.

(Foto: Santa Sede)

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