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Papa Francesco: il Cuore di Gesù apre alla gioia dell’annuncio

“Ci ha amati, dice san Paolo riferendosi a Cristo, per farci scoprire che da questo amore nulla ‘potrà mai separarci’. Paolo lo affermava con certezza perché Cristo stesso aveva assicurato ai suoi discepoli: ‘Io ho amato voi’. Ci ha anche detto: ‘Vi ho chiamato amici’. Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo. Grazie a Gesù ‘abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi’.

Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”.

Con queste parole papa Francesco inizia l’enciclica ‘Dilexit nos. Sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo’, pubblicata mentre sono in corso le celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù, nel 1673, a Santa Margherita Maria Alacoque, fino al 27 giugno prossimo.

L’invito dell’enciclica è un ritorno al ‘cuore’: “In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte. Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede”.

Ed il cuore non è mai stato al centro del pensiero umano: “Si sono preferiti altri concetti come quelli di ragione, volontà o libertà. Il suo significato è impreciso e non gli è stato concesso un posto specifico nella vita umana. Forse perché non era facile collocarlo tra le idee “chiare e distinte” o per la difficoltà che comporta la conoscenza di sé stessi: sembrerebbe che la realtà più intima sia anche la più lontana per la nostra conoscenza.

Probabilmente perché l’incontro con l’altro non si consolida come via per trovare sé stessi, giacché il pensiero sfocia ancora una volta in un individualismo malsano. Molti si sono sentiti sicuri nell’ambito più controllabile dell’intelligenza e della volontà per costruire i loro sistemi di pensiero. E non trovando un posto per il cuore, distinto dalle facoltà e dalle passioni umane considerate separatamente le une dalle altre, non è stata sviluppata ampiamente nemmeno l’idea di un centro personale in cui l’unica realtà che può unificare tutto è, in definitiva, l’amore”.

Però il cuore è importante: “Se il cuore è svalutato, si svaluta anche ciò che significa parlare dal cuore, agire con il cuore, maturare e curare il cuore. Quando non viene apprezzato lo specifico del cuore, perdiamo le risposte che l’intelligenza da sola non può dare, perdiamo l’incontro con gli altri, perdiamo la poesia. E perdiamo la storia e le nostre storie, perché la vera avventura personale è quella che si costruisce a partire dal cuore. Alla fine della vita conterà solo questo”.

Il cuore è importante perché è capace di unire i ‘frammenti’ della vita, cioè di custodire: “Il cuore è anche capace di unificare e armonizzare la propria storia personale, che sembra frammentata in mille pezzi, ma dove tutto può avere un senso. Questo è ciò che il Vangelo esprime nello sguardo di Maria, che guardava con il cuore. Ella sapeva dialogare con le esperienze custodite meditandole nel suo cuore, dando loro tempo: rappresentandole e conservandole dentro per ricordare”.

L’enciclica è un invito ad affidarsi al cuore di Gesù: “Abbiamo bisogno dell’aiuto dell’amore divino. Andiamo al Cuore di Cristo, il centro del suo essere, che è una fornace ardente di amore divino e umano ed è la massima pienezza che possa raggiungere l’essere umano. E’ lì, in quel Cuore, che riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare”.

Il papa chiede di pregare il cuore di Gesù: “Davanti al Cuore di Cristo, chiedo al Signore di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita, che Lui ha voluto abitare come uno di noi. Che riversi i tesori della sua luce e del suo amore, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore”.

Per questo è necessaria l’adorazione: “La devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù. Ciò che contempliamo e adoriamo è Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato il suo cuore… E’ indispensabile sottolineare che ci relazioniamo con la Persona di Cristo, nell’amicizia e nell’adorazione, attratti dall’amore rappresentato nell’immagine del suo Cuore. Veneriamo tale immagine che lo rappresenta, ma l’adorazione è rivolta solo a Cristo vivo, nella sua divinità e in tutta la sua umanità, per lasciarci abbracciare dal suo amore umano e divino”.

Si adora il Cuore di Gesù, in quanto è inseparabile da Dio: “Pertanto, ogni atto d’amore o adorazione del suo Cuore è in realtà ‘veramente e realmente tributato a Cristo stesso’, poiché tale figura rimanda spontaneamente a Lui ed è ‘simbolo e immagine espressiva dell’infinita carità di Gesù Cristo’.

Per questo motivo nessuno dovrebbe pensare che questa devozione possa separarci o distrarci da Gesù Cristo e dal suo amore. In modo spontaneo e diretto ci indirizza a Lui e a Lui solo, che ci chiama a una preziosa amicizia fatta di dialogo, affetto, fiducia, adorazione. Questo Cristo dal cuore trafitto e ardente è lo stesso che è nato a Betlemme per amore; è quello che camminava per la Galilea guarendo, accarezzando, riversando misericordia; è quello che ci ha amati fino alla fine aprendo le braccia sulla croce. Infine, è lo stesso che è risorto e vive glorioso in mezzo a noi”.

Ecco il motivo per cui la Chiesa ha scelto il cuore: “Si comprende allora che la Chiesa abbia scelto l’immagine del cuore per rappresentare l’amore umano e divino di Gesù Cristo e il nucleo più intimo della sua Persona. Tuttavia, benché il disegno di un cuore con fiamme di fuoco possa essere un simbolo eloquente che ci ricorda l’amore di Gesù, è conveniente che questo cuore faccia parte di un’immagine di Gesù Cristo. In tal modo risulta ancora più significativa la sua chiamata a una relazione personale, di incontro e di dialogo”.

E’ il cuore l’organo che mette in contatto con Gesù: “Il cuore ha il pregio di essere percepito non come un organo separato, ma come un intimo centro unificatore e, allo stesso tempo, come espressione della totalità della persona, cosa che non succede con altri organi del corpo umano. Se è il centro intimo della totalità della persona, e quindi una parte che rappresenta il tutto, possiamo facilmente snaturarlo se lo contempliamo separatamente dalla figura del Signore. L’immagine del cuore deve metterci in relazione con la totalità di Gesù Cristo nel suo centro unificatore e, contemporaneamente, da quel centro unificatore, deve orientarci a contemplare Cristo in tutta la bellezza e la ricchezza della sua umanità e della sua divinità”.

In conclusione il cuore di Gesù invita alla missione: “Egli ti manda a diffondere il bene e ti spinge da dentro. Per questo ti chiama con una vocazione di servizio: farai del bene come medico, come madre, come insegnante, come sacerdote… Se ti chiudi nelle tue comodità, questo non ti darà sicurezza, i timori, le tristezze, le angosce appariranno sempre.

Chi non compie la propria missione su questa terra non può essere felice, è frustrato. Quindi è meglio che ti lasci inviare, che ti lasci condurre da Lui dove vuole. Non dimenticare che Lui ti accompagna. Non ti getta nell’abisso e ti lascia abbandonato alle tue forze. Lui ti spinge e ti accompagna”.

La missione consiste nell’annuncio dell’amore di Gesù: “In qualche modo devi essere missionario, missionaria, come lo furono gli apostoli di Gesù e i primi discepoli, che andarono ad annunciare l’amore di Dio, andarono a raccontare che Cristo è vivo e vale la pena di conoscerlo… Questa è anche la tua missione. Ognuno la compie a modo suo, e tu vedrai come potrai essere missionario, missionaria.

Gesù lo merita. Se ne avrai il coraggio, Lui ti illuminerà. Ti accompagnerà e ti rafforzerà, e vivrai un’esperienza preziosa che ti farà molto bene. Non importa se riuscirai a vedere dei risultati, questo lascialo al Signore che lavora nel segreto dei cuori, ma non smettere di vivere la gioia di cercare di comunicare l’amore di Cristo agli altri”.

(Foto: Vatican News)

Papa Francesco: il Sinodo è armonia tra le differenze

“Cari fratelli e sorelle, con il Documento Finale abbiamo raccolto il frutto di anni, almeno tre, in cui ci siamo messi in ascolto del Popolo di Dio per comprendere meglio come essere ‘Chiesa sinodale’ (è l’ascolto dello Spirito Santo) in questo tempo. I riferimenti biblici che aprono ogni capitolo, dispongono il messaggio incrociandolo ai gesti e alle parole del Signore Risorto che ci richiama a essere testimoni del suo Vangelo, con la vita prima che con le parole. Il Documento sul quale abbiamo espresso il nostro voto è un triplice dono. Per primo a me, Vescovo di Roma. Convocando la Chiesa di Dio in Sinodo ero consapevole di aver bisogno di voi, Vescovi e testimoni del cammino sinodale. Grazie!”

Con tale inizio papa Francesco ha ringraziato e salutato i padri sinodali, richiamando i moniti di san Basilio riguardo i ‘compiti’ del papa: “Il mio compito, lo sapete bene, è custodire e promuovere, come ci insegna San Basilio, l’armonia che lo Spirito continua a diffondere nella Chiesa di Dio, nelle relazioni tra le Chiese, nonostante tutte le fatiche, le tensioni, le divisioni che segnano il suo cammino verso la piena manifestazione del Regno di Dio, che la visione del Profeta Isaia ci invita a immaginare come un banchetto preparato da Dio per tutti i popoli. Tutti, nella speranza che non manchi nessuno. Tutti, tutti, tutti! Nessuno fuori, tutti. E la parola chiave è questa: l’armonia. Quello che fa lo Spirito, la prima manifestazione forte, il mattino di Pentecoste, è armonizzare tutte quelle differenze, tutte quelle lingue… Armonia”.

Questo è l’insegnamento del Concilio Vaticano II: “E’ ciò che il Concilio Vaticano II insegna quando dice che la Chiesa è ‘come sacramento’: essa è segno e strumento dell’attesa di Dio che ha già apparecchiato la mensa, e attende. La sua Grazia, tramite il suo Spirito, sussurra nel cuore di ciascuno parole di amore. A noi è dato di amplificare la voce di questo sussurro, senza ostacolarlo; ad aprire le porte, senza erigere muri. Quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono dei muri, quanto male!

Tutti, tutti, tutti! Non dobbiamo comportarci come ‘dispensatori della Grazia’ che si appropriano del tesoro legando le mani al Dio misericordioso. Ricordatevi che abbiamo iniziato questa Assemblea sinodale chiedendo perdono, provando vergogna, riconoscendo che siamo tutti dei misericordiati”.

Ed ha chiesto loro di raccontare ciò che è stato il Sinodo: “Il Documento è un dono a tutto il Popolo fedele di Dio, nella varietà delle sue espressioni. E’ ovvio che non tutti si metteranno a leggerlo: sarete soprattutto voi, assieme a tanti altri, a rendere accessibile nelle Chiese locali ciò che esso contiene. Il testo, senza la testimonianza dell’esperienza compiuta, perderebbe molto del suo valore.

Cari fratelli e sorelle, ciò che abbiamo vissuto è un dono che non possiamo tenere per noi stessi. Lo slancio che viene da questa esperienza, di cui il Documento è un riflesso, ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza condannarci l’un l’altro”.

Questo è un dono dello Spirito Santo: “Veniamo da tutte le parti del mondo, segnati dalla violenza, dalla povertà, dall’indifferenza. Insieme, con la speranza che non delude, uniti nell’amore di Dio diffuso nei nostri cuori, possiamo non solo sognare la pace ma impegnarci con tutte le nostre forze perché, magari senza parlare tanto di sinodalità, la pace si realizzi attraverso processi di ascolto, dialogo e riconciliazione. La chiesa sinodale per la missione, ora, ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti. E questo è il cammino.

Tutto questo è dono dello Spirito Santo: è Lui che fa armonia, Lui è l’armonia. San Basilio ha una teologia molto bella su questo; se potete leggete il trattato di San Basilio sullo Spirito Santo. Lui è l’armonia. Fratelli e sorelle, che 1’armonia continui anche uscendo da quest’aula e il Soffio del Risorto ci aiuti a condividere i doni ricevuti”.

Nella conferenza stampa conclusiva della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, ha sottolineato che non ci sarà nessun documento del papa: “Il papa non redigerà l’esortazione apostolica post-sinodale ma questo non vuol dire che non ci saranno momenti dove si esprimerà direttamente sulle linee proposte dall’assemblea. E’ un modo diverso. La sinodalità tocca tutti, non solo parrocchie e diocesi ma anche il ministero del papa”.

Inoltre il relatore generale, card. Jean Claude Hollerich, ha sottolineato una maggior unità della Chiesa: “Lo scorso anno vi erano maggioranza e minoranza, quest’anno è cresciuta una realtà di essere chiesa insieme, è normale avere opinioni diverse su alcuni temi ma non abbiamo visto questo incontro come un incontro politico. Abbiamo vissuto la sinodalità, tutto quel che è nel documento esprime la sinodalità”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco ai ‘Custodi del bello’: custodire non ammette distrazioni

Fino al 29 settembre il progetto ‘Custodi del Bello’ è stato al centro della campagna RAI per la raccolta fondi, con l’obiettivo di sostenere questa concreta iniziativa di inclusione sociale e lavorativa, invitando i telespettatori a fare una donazione al progetto tramite bonifico bancario (IBAN: IT13T0306909606100000189849) per contribuire alla rigenerazione delle nostre città e delle persone più in difficoltà.

Lo slogan della campagna, ‘Con i Custodi del Bello facciamo rinascere città e persone’, ha iniziato una riflessione sulla missione del progetto che offre nuove opportunità di lavoro e di reinserimento sociale a persone in condizioni di fragilità, in quanto esso si rivolge a persone in difficoltà economica, over 50 senza lavoro, persone in carico ai servizi sociali, coinvolgendole in attività di cura delle città: dalla manutenzione di aree verdi alla tinteggiatura di edifici pubblici come le scuole, dalla pulizia di strade e portici al semplice ripristino di arredi urbani e manufatti. Attraverso una formazione e la partecipazione a squadre di lavoro, acquisiscono competenze utili per il reinserimento nel mondo del lavoro.

Attualmente il progetto ‘Custodi del Bello’, promosso dalla CEI, è attivo a Milano, Roma, Firenze, Brescia, Savona, Finale Ligure, Matera, Caltanissetta, Bari, Bitonto, Biella e Cagliari; oggi papa Francesco ha ricevuto in udienza alcuni partecipanti, accompagnati da mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della CEI, e mons. Carlo Redaelli, presidente di Caritas Italiana, sottolineando la responsabilità nella custodia della bellezza:

“Essere ‘Custodi del Bello’ è una grande responsabilità, oltre che un messaggio importante per la comunità ecclesiale e per tutta la società. Vorrei perciò riflettere con voi proprio sul nome del vostro progetto che non è un semplice slogan, ma indica un modo di essere, uno stile, una scelta di vita orientata a due grandi finalità: il custodire e il bello”.

E si è soffermato sul significato della custodia quale atto di responsabilità: “Custodire significa proteggere, conservare, vigilare, difendere. È un’azione multiforme, che richiede attenzione e cura, perché parte dalla consapevolezza del valore di chi o di ciò che ci viene affidato. Per questo non ammette distrazioni e pigrizia. Chi custodisce tiene gli occhi ben aperti, non ha paura di spendere del tempo, di mettersi in gioco, di assumersi delle responsabilità”.

La custodia implica una prospettiva di impegno, come invita san Paolo: “E tutto ciò, in un contesto che spesso invita a non ‘sporcarsi le mani’, a delegare, è profetico, perché richiama all’impegno personale e comunitario. Ognuno, con le proprie capacità e competenze, con l’intelligenza e con il cuore, può fare qualcosa per custodire le cose, gli altri, la casa comune, in una prospettiva di cura integrale del creato.

San Paolo ci dice che ‘la creazione geme e soffre’; il suo grido si unisce a quello di tanti poveri della terra, che chiedono con urgenza decisioni serie ed efficaci volte a promuovere il bene di tutti, in una prospettiva che dunque non può essere solo ambientale, ma deve farsi ecologica in senso più ampio, integrale”.

Ma essere ‘custodi del bello’ significa soprattutto avere cura delle persone: “Sono tante oggi le persone ai margini, scartate, dimenticate in una società sempre più efficientista e spietata: i poveri, i migranti, gli anziani e i disabili soli, gli ammalati cronici. Eppure, ciascuno è prezioso agli occhi del Signore. Per questo vi raccomando, nel vostro lavoro di riqualificazione di tanti luoghi lasciati all’incuria e al degrado, di mantenere sempre come obiettivo primario la custodia delle persone che vi abitano e che li frequentano. Solo così restituirete il creato alla sua bellezza”.

Quindi la custodia è un richiamo alla bellezza, consegnando loro modello san Giuseppe: “Oggi se ne parla molto, fino a farne un’ossessione. Spesso però la si considera in modo distorto, confondendola con modelli estetici effimeri e massificanti, più legati a criteri edonistici, commerciali e pubblicitari che non allo sviluppo integrale delle persone. Un approccio di questo genere è deleterio, perché non aiuta a far fiorire il meglio in ciascuno, ma porta al degrado dell’uomo e della natura…

Si tratta, invece, di imparare a coltivare il bello come qualcosa di unico e sacro per ogni creatura, pensato, amato e celebrato da Dio fin dalle origini del mondo come unità inscindibile di grazia e di bontà, di perfezione estetica e morale. Questa è la vostra missione; e io vi incoraggio, come cooperatori al grande disegno del Creatore, a non stancarvi di trasformare il brutto in bello, il degrado in opportunità, il disordine in armonia”.

(Foto: Santa Sede)

Dibattito sui presunti fenomeni ‘soprannaturali’ e di plagio: giurisprudenza e magistero della Chiesa cattolica   

Ritengo opportuno attenzionare la fallace interpretazione del SALMO n.  23 e dei normali eventi atmosferici accaduti quel giorno da Palermo fino a Termini Imerese, anche  da me avvertiti, che probabilmente non hanno nulla di straordinario o di trascendente ( cfr. video con pareri di professionisti https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DnHPjJa7LL20%26fbclid%3DIwZXh0bgNhZW0CMTEAAR13CE0WD0R5IqmOjQtUlzP2j4_n0xGNVNi8MSegG0-8XISjabwTB4AreYA_aem_Ae-J-2ZHT5TyAKAZrD_GaqDK7rgy5NWUy7Hr7b9KktPZv3P-xpCYsR6gYPeB-AuaHlJq-aFmPzfU8ROFj4mR8M4q&h=AT2QLHdoQmCtTP0BIva2wxMWBGFIVf0SFdXYd8lM7uvCDyRPhZ_3fcJR2EvlC6gc1q81BYgrKPy09-Y8X5xRNOOyS1TC3-Z04_v-7QHWUflYLqCtGYNX77KwzWR5jMV4bLpp&__tn__=%2CmH-R&c[0]=AT2pEdBXTQrWm3b6fuaicxLo7ryA_hXEk3f2qUaN9WJ2lclwdg9GPmaj8mcDsiWltaDFVS9Oaw7vbkr2YPAHhp9Xns8yLGQAtSgAwLiWJUpxK7jw03qGnDQAGpJXTyPYGe2sSi4YgJT_DnKV2w_57sEeuKabHJ2E_dF-eiXW761T9zMJY49gezpk3LSqou04 ).

Ritengo utile ed opportuno segnalare i COMMENTI TEOLOGICI AUTENTICI  DEL MAGISTERO DELLA CHIESA CATTOLICA  SUL SALMO N. 23, in particolare la lunga, stupenda Lectio divina che invito tutti a leggere integralmente del celeberrimo  Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo emerito di Milano  (cfr. “https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.santamariadellaconsolazione.it/files/lectio-divina–Carlo-Maria-Martini-.pdf&ved=2ahUKEwiw-cPRoueFAxVKnf0HHQxJAyU4FBAWegQICBAB&usg=AOvVaw31Qmfdlmkwr_gx0kvCxU65   :  Ritengo più indovinato un altro titolo: “Perché tu sei con me”, che esprime molto bene la tensione spirituale, psicologica, umana e teologica del salmo. “Perché tu sei con me” è un’affermazione che sta, quasi visivamente, a metà del canto, della preghiera del salmista, e riassume tutto in una espressione di grande fiducia: tu sei con me È chiaramente un salmo di fiducia, e cercheremo di capire che cosa in pratica significa.

– Dopo il titolo, vediamo di sottolineare i personaggi, i soggetti che agiscono nel testo. Sono due: il Signore e io, cioè colui che parla……”. Altri bravi  Presbiteri  hanno effettuato interpretazioni efficacemente spirituali: “Cari fratelli e sorelle, anche noi, come il Salmista, se camminiamo dietro al “Pastore buono”, per quanto difficili, tortuosi o lunghi possano apparire i percorsi della nostra vita, spesso anche in zone desertiche spiritualmente, senza acqua e con un sole di razionalismo cocente, sotto la guida del pastore buono, Cristo, siamo certi di andare sulle strade “giuste” e che il Signore ci guida e ci è sempre vicino e non ci mancherà nulla.

 Secondo la datazione greco latina 22 – un testo familiare a tutti e amato da tutti.«Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla»: così inizia questa bella preghiera, evocando l’ambiente nomade della pastorizia e l’esperienza di conoscenza reciproca che si stabilisce tra il pastore e le pecore che compongono il suo piccolo gregge. L’immagine richiama un’atmosfera di confidenza, intimità, tenerezza: il pastore conosce le sue pecorelle una per una, le chiama per nome ed esse lo seguono perché lo riconoscono e si fidano di lui (cfr Gv 10,2-4). Egli si prende cura di loro, le custodisce come beni preziosi, pronto a difenderle, a garantirne il benessere, a farle vivere in tranquillità, cfr.:

 –https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/fiducia-in-dio-camminando-in-valle-oscura_201110051618276430000&ved=2ahUKEwje597nnueFAxXBgP0HHWwsCSc4ChAWegQIBBAB&usg=AOvVaw1Sfj7eXg-gh6ot0bA9jYDC .

 –https://app-eu.readspeaker.com/cgi-bin/rsent?customerid=7318&lang=it_it&voice=Roberto&readid=page-content&url=https%3A%2F%2Fwww.avvenire.it%2Fchiesa%2Fpagine%2Ffiducia-in-dio-camminando-in-valle-oscura_201110051618276430000 ).

Per una esatta interpretazione della Sacra Scrittura e dell’Ordinamento giuridico penale e canonico sottolineo che anche il concetto di Purgatorio è tema escatologico in quanto èrealtà che si pone nel dopo morte, ma esso attinge i suoi contenuti dal contesto della Grazia e del peccato (comparabile con il  reato, come  ci ha insegnato l’ altissimo Magistrato del Vaticano nel  testo pubblicato  da me nella rivista cattolica on line https://gloria.tv/post/8WTi7XQgAziZ2dEL6jqZni9h1- Comparazione giuspenale, giuscanonica, morale, teologica, filosofica e sociologica.
Il Cardinale Pietro Palazzini, Presidente emerito della Corte di Cassazione dello Stato Città del Vaticano, cioè il
massimo organo di Magistratura ordinaria della Chiesa, da non confondere con il supremo Tribunale della Segnatura apostolica della Santa Sede, , ha elaborato questo importantissimo testo scientifico illustrato alla Facolta di Giurisprudenza di Siena  nel mese di Maggio 1988, pubblicato nella  Rivista di Polizia,  che consente, secondo me, agli studiosi di qualsiasi materia, anche atei, di effettuare una ulteriore riflessione in melius sui propri comportamenti quotidiani, sulle proprie tesi finora maturate su molti istituti giuridici, su molte vicende criminose, sui rapporti con il prossimo, sulle proprie concezioni dell’esistenza, sulla costante presenza di Dio nella nostra vita orientativa delle nostre scelte verso il bene o verso il  male, sulla rilevanza penale, etica e religiosa delle conseguenze derivanti dal nostro agire consapevole, responsabile e spesso incriminabile sotto tutti i profili “interni ed esterni” (coscienza e sanzione ordinamentale )”. I peccati ed i reati costituiscono  condotte devianti, come ho già spiegato anche nel seguente, precedente articolo qui pubblicato:

“  Sin dall’antichità tutte le società cercano di rendere la collettività conforme alle norme e ai valori da esse stabiliti ma ciò nonostante vi si è sempre avuta l’esistenza di comportamenti, atti, credenze e tratti di personalità che violano tali norme e per questo sono considerati “devianti”. Il termine devianza viene utilizzato soprattutto nell’ambito delle scienze sociali per spiegare alcuni atti compiuti dagli individui e le reazioni che tali atti suscitano all’interno della società o solo in alcuni suoi strati.  La rilevazione di questi tipi di dati, e la loro interpretazione, permettono allo scienziato sociale ed al giurista di elaborare degli schemi interpretativi che consentono di capire dove, quando e perché queste forme di comportamento deviante si manifestano e se costituiscono comportamenti penalmente rilevanti. Bisogna recepire la rilevanza personologica della Teologia per comprendere la “ratio” complessiva e cercare di fornire una soluzione ai fini della costruzione di una società che non sia schiava del “maligno”

( cfr. Francesco Trombetta  https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.korazym.org%2F98541%2Fintorno-ai-femminicidi).

 Infatti le divergenze sul purgatorio traggono origine dal diverso modo di intendere questi elementi; Lutero era nel giusto quando affermava che esso non può essere provato con la Sacra Scrittura canonica, per cui invece di far riferimento a testi espliciti si possono evidenziare alcune idee ivi contenute che portano ad esso. Facciamo riferimento all’A.T. ( Is 35,8 e 52,1) in cui viene sottolineata “la necessità di unaassoluta purezza” per essere ammessi alla visione di Dio, “l’impossibilità di entrare nella Gerusalemme escatologica per coloro che non sono totalmente puri”. Anche nel N.T. (Mt 5,8; 5,48; Ap 21,27) è presente questa necessità di purezza per partecipare alla vita eterna; ma l’idea principale è quella della propria responsabilità nel processo della giustificazione, cioè una partecipazione personale alla riconciliazione con Dio che comporta anche delle conseguenze penali frutto dei propri peccati (2Sam 12: distinzione fra colpa e pena; 2Sam 13-14: Davide viene perdonato ma subisce il castigo per il suo peccato).

 Pertanto, si trova in questa situazione chi è perdonato da Dio, ma ha delle pene da dover scontare, si trova quindi nella condizione di un supplemento di purificazione ultraterrena; la stessa Scrittura conosce le preghiere per i defunti (2Mac 12,40; 1Cor 15,29; 2Tim 1,16-18), ma anche la Tradizione (testimonianze di Tertulliano, san Cipriano in Epist. 55,20,1).

Nella metà del III secolo la riflessione esplicita è  vista come luogo o come stato, si fa sempre più frequente, con i documenti magisteriali del Concilio di Lione (1274),  di Firenze (1439),  di Trento, orientamenti confermati dalla citata Lumen Gentium  (n. 49, 50, 51) dove si parla in particolare di “purificazione”, di utilità della memoria dei defunti e dei sacrifici per loro offerti.

 Il Purgatorio è un processo che fa maturare per la comunione con Dio, una dilazione della desiderata visione di Dio, dimensione sociale in quanto si è aiutati dalla preghiera dei fedeli e dei santi, stato passeggero prima della comunione con Dio e con i beati in Cristo, che reca l’espiazione della colpa frutto dei peccati commessi in vita, che terminerà alla “parusia” di Cristo, quando si daranno solamente le due possibilità: la vita in comunione con Dio o la morte eterna.

Recepiti questi insegnamenti, possiamo evidenziare  che “Il principio, potremmo dire, delle azioni umane si può suddividere in due grandi categorie: 1) i principi interni di un’azione, che noi chiamiamo virtù; 2) i principi esterni delle azioni. Entrambi, attenzione, concorrono all’azione ordinata, così come gli stessi principi interni ed esterni possono concorrere all’azione disordinata.

 Evidentemente, se da un lato abbiamo le virtù dall’altro abbiamo i vizi ( concetti spiegati nel menzionato articolo qui pubblicato, riguardante la “Dichiarazione Fiducia Supplicans”).

 Tra i principi esterni c’è ad esempio, secondo me, l’istigazione demoniaca ( Bibbia CEI 2020: Giovanni 13,1-15 -La cena del Signore “1 Ora prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 2 Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo..…).

Mutatis mutandis potremmo affermare che il diavolo abbia   orientato  anche le azioni/omissioni dei  personaggi di questa comunità non cattolica e non cristiana citati dai media ( cfr.  https://youtu.be/lmoyN0rigZ0 ) previste  dalla nostra Teologia e dal Diritto positivo,  di natura  plurisoggettiva e plurioffensiva ?

 Per noi giuristi, come già citato, quella in oggetto si identifica con   “L’istituto giuridico del concorso di persone nel reato disciplinato dall’ art 110 cp che svolge un ruolo essenziale all’interno del diritto penale in quanto consente l’imputazione della singola fattispecie di parte speciale – generalmente di natura monosoggettiva – a più soggetti concorrenti nella commissione di un reato della singola fattispecie di parte speciale ( in cui sono sanciti dal C.P. i singoli delitti aggravati, in particolare dagli artt. 575-577 e dagli altri già menzionati, cfr.  https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-xii/capo-i/art575.html&ved=2ahUKEwj4tqmX3oeGAxW4g_0HHdA_DTkQFnoECC4QAQ&usg=AOvVaw08-C1iUUQ2RsDLyKCemCuQ ).

 A tal riguardo rileva citare la distinzione dogmatica effettuata dalla dottrina penalistica tra la figura del concorso eventuale di persone – oggetto di questo articolo – che si riferisce appunto alla commissione da parte di più soggetti dei reati disciplinati nella parte speciale ( già citati), e la figura del concorso necessario di persone  che sussiste quando la stessa norma incriminatrice di parte speciale presuppone ontologicamente la compresenza di più soggetti agenti  ai fini della configurabilità della fattispecie stessa,   la cui competenza decisionale  finale spetterà quasi sicuramente  in punto di merito ai Giudici togati e popolari della   Corte d’ Assise di Palermo che probabilmente allargheranno la platea dei testimoni: SE  UN SOGGETTO È STATO INTERROGATO DAL P.M. COME PERSONA INFORMATA DEI FATTI, SARÀ CHIAMATA COME TESTIMONE AL DIBATTIMENTO solo se la deposizione in sede investigativa è risultata utile e se non è sovrabbondante rispetto alle risultanze già acquisite  ( https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.diritto.it/teorie-giustificatrici-concorso-di-persone-reato/&ved=2ahUKEwjGz_aR1oyFAxVXgP0HHQYsAy8QFnoECBsQAQ&usg=AOvVaw2U1M0ngPlbkPbnGkPFTsnQ .  ).

Tuttavia, come studioso di Teologia  e di Diritto sottolineo che  questi istituti giuridici vanno rapportati ad alcuni dati comparativi qui esplicitati ed approfonditi che ho tenuto presenti nella mia disamina per cui sarebbe utile ed opportuno  reintrodurre la norma penale riguardante il “delitto di plagio” in riferimento a quanto qui illustrato.

 Sarebbe pure auspicabile conseguentemente per configurare concretamente e globalmente  la fattispecie, la  ricezione da parte dei competenti bravi magistrati, avvocati, criminologi e giornalisti (molti dei quali attualmente conosco e tanti  ho seguito come studenti, quando insegnavo alla Facoltà di Giurisprudenza), dei documenti magisteriali in materia, in particolare di quelli dei Pontefici (cfr.  https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2024-03/quaresima-parole-papi-diavolo-demonio.htmlIl Demonio è all’origine della prima disgrazia dell’umanità; egli fu il tentatore subdolo e fatale del primo peccato, il peccato originale Gen. 3; Sap. 1, 24. Da quella caduta di Adamo il Demonio acquistò un certo impero sull’uomo, da cui solo la Redenzione di Cristo ci può liberare. È storia che dura tuttora: ricordiamo gli esorcismi del battesimo ed i frequenti riferimenti della sacra Scrittura e della liturgia all’aggressiva e alla opprimente «potestà delle tenebre» Cfr. Luc. 22, 53; Col. 1, 13. È il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo così che questo Essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana. Da ricordare la rivelatrice parabola evangelica del buon grano e della zizzania, sintesi e spiegazione dell’illogicità che sembra presiedere alle nostre contrastanti vicende: inimicus homo hoc fecit  Matth. 13, 28).   ), del recentissimo Documento  del 17/5/2024 elaborato in materia, ripeto, dal Dicastero per la Dottrina della fede ( in appresso commentato) della Santa Sede, nonché, delle risultanze teologiche  del citato meeting ecclesiale della Diocesi di Mazara del Vallo del 30/5/2024 ( di cui infra).

Essi sono delineati anche  dal Dottore della Chiesa più noto in materia, così  citato da una studiosa contemporanea Luisella ScrosatiSan Tommaso è uno straordinario riferimento che ci permette di riposizionarci, senza dover per forza prendere partito per l’obbligatorietà della legge in virtù dell’autorità o per la libertà di coscienza, perché sono due polarizzazioni che di fatto costituiscono già un’incomprensione del senso e della natura della Legge, pertanto, San Tommaso dedica al tema alcune quæstiones nella I-II della Somma Teologica..  Nella prima di esse, la quæstio 90, ci dice qualcosa che è già un tesoro, parlando della definizione della legge, che cos’è dunque essenzialmente la legge. E ci dice che la legge appartiene al principio delle azioni umane: cioè, pur essendo un principio esterno (perché i principi interni sono le virtù), non è tuttavia un principio estraneo, che sopraggiunge a un certo punto, per coartare le azioni dell’uomo; è invece un principio costitutivo dell’azione umana. Perché? Questo è il punto chiave: perché la legge appartiene all’ordine di ragione e noi sappiamo che l’ordine di ragione è misura degli atti umani.

In definitiva è l’ordine di ragione che dice se l’atto umano è buono  (cioè ispirato dallo Spirito Santo e quindi anche conforme all’ordinamento giuridico) o non è buono (cioè ispirato dallo spirito del male e quindi difforme dall’ordinamento giuridico, cfr. https://www.youtube.com/watch?v=TSF2KiAcePw ).

Dunque, siccome l’ordine di ragione è la misura degli atti umani e la legge appartiene all’ordine di ragione, allora la legge appartiene al principio delle azioni dell’uomo, ne è parte costitutiva.

Non è una parte avversa, non è una parte che in qualche modo lede la natura degli atti umani ( cfr.

https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Flanuovabq.it%2Fit%2Fla-legge-e-i-suoi-effetti-il-testo-del-video%3Ffbclid%3DIwAR1sJKRVV5kZpIE1IyokfctCoVOd7Masxz14_xEF-jposF-mcLkLWNITL_w&h=AT3aB-glDAQQvsV2j0Cq5VIXi-BMmvMAec3fBAb3B5y6vl08FeyG4xCruHERc_UQSjCQx1l84_scmF_WKNKzq7fBQ3yW5fHwxl_ZaEryqf8ys128jKraRDiZ-8J9ie62GIY9&__tn__=%2CmH-R&c[0]=AT0xRejZrCUIIjppNIrciLdeTcXv_KeRlCBTt1nvnTqkY4gXqHEDUkBxvqnCsKqLohhOKTgm0bSpFwVYW-lAvDya6dOzdjyZBk_O2DEmbFngYdbU6TL5w6rkIEm2hD4oolR2BunyzIv2jF6boUhl9QPAUlb4rkXu6BsHp8o ).

La conseguenza, per configurare integralmente la fattispecie “de qua”, ribadisco, sarebbe quella alternativa  del  ripristino legislativo del reato di “plagio” (o di sollevare, nel corso del giudizio di merito, altra questione di costituzionalità “melius re perpensa”, ovvero di applicare direttamente le norme costituzionali, principi da me anticipati e  confermati alcuni giorni fa  da un celeberrimo giurista, cfr. testo di Dottrina e Giurisprudenza del 29/4/2024 https://www.questionegiustizia.it/articolo/applicazione-diretta-cost?idn=190&idx=29168&idlink=3&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=20240506 ) da inquadrare, altresì , nel contesto complessivo che ho tentato qui di delineare nei limiti delle mie cognizioni giuridico-teologiche e delle mie descritte esperienze (alla luce spirituale  dell’ incontestabile apparizione, da me vista  sull’oceano, della  figura evocativa della croce, in alto rappresentata,  confermata dal relativo video da me realizzato, sopra riprodotto) maturate in 55 anni……

 Sul piano teologico, infine,  invito tutti a riflettere sugli ultimi versetti della Sacra Scrittura “Apocalisse cap. 22, 6-21 – 6E mi disse: “Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. 7Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro”. 8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’angelo che me le mostrava. 9Ma egli mi disse: “Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare”. E aggiunse: “Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino.

 11Il malvagio continui pure a essere malvagio e l’impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.
12Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. 14Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città.

 15Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!!!!!!!!! Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese.

Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino”.
Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta, ripeta: “Vieni!”. Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita.

18A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro;

19e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
Colui che attesta queste cose dice: Sì, vengo presto!. Amen. Vieni, Signore Gesù.

21La grazia del Signore Gesù sia con tutti”.

Papa Francesco: custodire il matrimonio

Giornata intensa oggi per papa Francesco iniziata con l’udienza ai membri delle Équipes Notre-Dame (‘un movimento in crescita’), a cui ha esternato la propria preoccupazione per la crisi della famiglia, chiedendo di diffondere la ‘vocazione’ del matrimonio: “La famiglia cristiana sta attraversando in questo cambiamento d’epoca una vera e propria ‘tempesta culturale’ e si trova minacciata e tentata su vari fronti. Il vostro lavoro, perciò, è prezioso per la Chiesa.

Voi accompagnate da vicino gli sposi perché non si sentano soli nelle difficoltà della vita e nella loro relazione coniugale. In questo modo siete espressione della Chiesa “in uscita”, che si fa vicina alle situazioni e ai problemi della gente e si spende senza riserve per il bene delle famiglie di oggi e di domani”.

Il compito assegnato a loro è quello di ‘custodire il matrimonio’: “Custodire il matrimonio, infatti, significa custodire una famiglia intera, significa salvare tutte le relazioni che dal matrimonio sono generate: l’amore tra gli sposi, tra genitori e figli, tra nonni e nipoti; significa salvare quella testimonianza di un amore possibile e per sempre, nel quale i giovani faticano a credere. I bambini, infatti, hanno bisogno di ricevere dai genitori la certezza che Dio li ha creati per amore, e che un giorno anche loro potranno amare e sentirsi amati come hanno fatto mamma e papà. Siate certi che il seme dell’amore, deposto nel loro cuore dai genitori, prima o poi germoglierà”.

In sostanza è stato un invito ad aiutare i giovani a scoprire la bellezza della famiglia: “Vedo una grande urgenza oggi: aiutare i giovani a scoprire che il matrimonio cristiano è una vocazione, una chiamata specifica che Dio rivolge a un uomo e a una donna perché possano realizzarsi in pienezza facendosi generativi, diventando padre e madre, e portando la Grazia del loro Sacramento nel mondo. Questa Grazia è l’amore di Cristo unito a quello degli sposi, la sua presenza tra loro, è la fedeltà di Dio al loro amore: è Lui che dà loro la forza di crescere insieme ogni giorno e di rimanere uniti”.

In effetti un matrimonio è stabile se si fonda su Cristo: “Oggi si pensa che la buona riuscita di un matrimonio dipenda solo dalla forza di volontà delle persone. Non è così. Se fosse così sarebbe un peso, un giogo posto sulle spalle di due povere creature. Il matrimonio invece è un ‘passo a tre’, in cui la presenza di Cristo tra gli sposi rende possibile il cammino, e il giogo si trasforma in un gioco di sguardi: sguardo tra i due sposi, sguardo tra gli sposi e Cristo”.

Ed ha paragonato la famiglia ad una ‘partita’, raccontando la storia di una coppia sposata da 60 anni: “E’ una partita che dura tutta la vita, in cui si vince insieme se ci si prende cura della propria relazione, se la si custodisce come un tesoro prezioso, aiutandosi a vicenda ad attraversare ogni giorno, anche nella vita coniugale, quella porta di accesso che è Cristo. L’ha detto Lui: ‘Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato’. E parlando di sguardi, una volta, in un’Udienza generale, c’era una coppia, sposati da 60 anni, lei ne aveva 18 quando si era sposata e lui 21”.

E’ stato un invito soprattutto ad aver cura delle giovani coppie: “Abbiate cura di loro! E’ importante che i neo-sposi possano sperimentare una mistagogia nuziale, che li aiuti a vivere la bellezza del loro Sacramento e una spiritualità di coppia. Nei primi anni di matrimonio, è necessario soprattutto scoprire la fede all’interno della coppia, assaporarla, gustarla imparando a pregare insieme. Tanti oggi si sposano senza capire cosa c’entri la fede con la loro vita coniugale, forse perché nessuno glielo ha testimoniato prima del matrimonio”.

E’ un lavoro da svolgere insieme ai sacerdoti per aiutarli in un percorso di riscoperta della fede: “Il vostro lavoro accanto ai sacerdoti, in questo senso, è prezioso; potete fare molto nelle parrocchie e nelle comunità, aprendovi ad accogliere le famiglie più giovani. Dobbiamo ripartire dalle nuove generazioni per fecondare la Chiesa: generare tante piccole Chiese domestiche in cui si vive uno stile di vita cristiano, dove ci si sente familiari con Gesù, dove si impara ad ascoltare chi ci sta accanto come ci ascolta Gesù”.

I membri dell’associazione, quindi, devono essere ‘fiammelle’: “Voi potete essere come fiammelle che accendono alla fede altre fiammelle, soprattutto tra le coppie più giovani: non lasciate che accumulino sofferenze e ferite nella solitudine delle loro case. Aiutatele a scoprire l’ossigeno della fede con delicatezza, con pazienza e fiducia nell’azione dello Spirito Santo”.

Anche gli sposi hanno una missione ed al contempo senza la comunità cristiana la famiglia è sola: “Questo aiuta a superare quel clericalismo che rende poco feconda la Chiesa…; e questo aiuterà anche gli sposi a scoprire che, con il matrimonio, sono chiamati a una missione. Anch’essi, infatti, hanno il dono e la responsabilità di costruire, insieme ai ministri ordinati, la comunità ecclesiale.

Senza comunità cristiane, le famiglie si sentono sole e la solitudine fa tanto male! Con il vostro carisma, potete farvi soccorritori attenti nei confronti di chi ha bisogno, di chi è solo, di chi ha problemi in famiglia e non sa con chi parlarne perché si vergogna o ha perso la speranza”.

Ed ai partecipanti al convegno ‘Riparare l’irreparabile’ nel 350° delle apparizioni di Gesù a Santa Margherita Maria in Paray-le-Monial il papa ha detto che  per la ‘riparazione’ occorre riconoscersi colpevole e chiedere perdono: “Qualsiasi riparazione, umana o spirituale, inizia con il riconoscimento del proprio peccato… E’ da questo onesto riconoscimento del male arrecato al fratello, e dal sentimento profondo e sincero che l’amore è stato ferito, che nasce il desiderio di riparare”.

Poi la richiesta di perdono: “Chiedere perdono riapre il dialogo e manifesta la volontà di ristabilire il legame nella carità fraterna. E la riparazione (anche un inizio di riparazione o già semplicemente la volontà di riparare) garantisce l’autenticità della richiesta di perdono, manifesta la sua profondità, la sua sincerità, tocca il cuore del fratello, lo consola e suscita in lui l’accoglienza del perdono richiesto. Quindi, se l’irreparabile non può essere completamente riparato, l’amore può sempre rinascere, rendendo sopportabile la ferita”.

Ed ha citato santa Margherita Maria in Paray-le-Monial, chiedendo la diffusione degli atti di riparazione: “Gesù chiese a Santa Margherita Maria atti di riparazione per le offese causate dai peccati degli uomini. Se questi atti hanno consolato il suo cuore, ciò significa che la riparazione può consolare anche il cuore di ogni persona ferita. Possano i lavori del vostro convegno rinnovare e approfondire il significato di questa bella pratica della riparazione al Sacro Cuore di Gesù, pratica che oggi può essere un po’ dimenticata o a torto giudicata desueta. E possano anche contribuire a valorizzarne il giusto posto nel cammino penitenziale di ciascun battezzato nella Chiesa”.

(Foto: Santa Sede)

Figlie di San Giuseppe di Rivalba annunciano l’uscita di ‘Oltre la ragione’, nuovo brano del Kantiere Kairòs, per la festa di San Giuseppe

In occasione del 19 marzo, memoria liturgica di San Giuseppe, la congregazione delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba è lieta di annunciare l’uscita del nuovo brano musicale del gruppo rock cristiano Kantiere Kairòs, intitolato ‘Oltre la ragione’. Un pezzo incentrato sul carisma e dedicato alla congregazione, nato dalla collaborazione iniziata esattamente un anno fa a Palestrina (Roma), in occasione di un concerto della band nell’ambito del Festival di San Giuseppe organizzato dalle religiose insieme con la diocesi locale.

Impegnata nella preparazione delle ostie e del vino per la Messa, nella catechesi e nell’animazione liturgica, oggi la congregazione è presente con circa 200 suore in 3 continenti con 18 comunità, di cui 9 in Italia (2 a Rivalba, Torino, Roma, Niguarda, Como, Genova, Padova, Chieti) e 9 all’estero (2 in Argentina, 3 in Brasile, 1 in Messico e 3 in Nigeria). Mentre dal 2013 la band cosentina Kantiere Kairòs – formata da Antonello Armieri, Davide Capitano, Gabriele Di Nardo e Jo Di Nardo – lavora per annunciare l’amore di Dio attraverso la musica, come ha sottolineato Madre Angelita Guerriero, superiora generale dell’Istituto:

“Questa canzone mi piace moltissimo ed è stato bello incontrare il Kantiere Kairòs di cui ho immediatamente apprezzato la grande professionalità, ma soprattutto una fede ardente che si coglie nel loro atteggiamento e nei testi delle canzoni. Sono di conseguenza onorata di poter avere un brano che ci racconta e che ci rappresenta pienamente, con parole ispirate e carismatiche. Mi auguro possa incontrare il favore delle giovani generazioni.

Al dì là dei grandi discorsi, la musica può essere una strada che conduce al bene e il canto può essere davvero un veicolo di evangelizzazione. E infine penso che già nel titolo ci sia un bel mandato: abbiamo sicuramente bisogno di andare “oltre la ragione” per costruire un mondo migliore, nella pace”.

“La canzone racconta di come Dio desidera il nostro essere parte attiva all’offerta di riconciliazione, ovvero Gesù Eucaristia, racconta Antonello Armieri del Kantiere Kairòs. Nello specifico, sono le mani delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba – che hanno il compito bellissimo di predisporre materialmente ciò che miracolosamente ‘cambia sostanza’ – ad essere le protagoniste di una composizione nata per caso e per amore dopo l’incontro con la loro storia, il loro lavoro che contribuisce al mistero più grande che ci sia, che appunto va ‘oltre la ragione’.

L’incontro con le Figlie di San Giuseppe è avvenuto grazie a un amico in comune, Paolo Damosso, che ha fatto da tramite per un nostro concerto il 19 marzo 2023 nell’Auditorium della parrocchia Sacra Famiglia a Palestrina (Roma). Per l’occasione ci ha proposto di approfondire la loro storia e attività e, perché no, magari scrivere qualcosa che le riguardasse”.

Quindi, “se è vero che le suore attivamente realizzano le particole, i paramenti e il necessario per la celebrazione eucaristica, è anche vero che rappresentano a tutti gli effetti l’appendice di ognuno di noi, del nostro lavoro da presentare sull’altare. Lo scorso anno abbiamo presentato la canzone in occasione della loro festa ed è allora che hanno deciso di produrre l’incisione del pezzo, affinché diventasse il loro manifesto in musica. Ne siamo emozionati e orgogliosi”, conclude Antonello Armieri, voce e chitarra della band.

Il brano ‘Oltre la ragione’ sarà disponibile su tutte le piattaforme on line a partire dal 19 marzo. In corrispondenza di questa nuova produzione, le Figlie di San Giuseppe di Rivalba iniziano un anno dedicato al loro fondatore, il Beato Clemente Marchisio, e si avviano così verso le celebrazioni per i 150 anni dalla fondazione della congregazione, che culmineranno il 12 novembre 2025.

Nato a Racconigi (Cuneo) nel 1833 e morto a Rivalba (Torino) nel 1903, sacerdote dal 1856, don Marchisio fu viceparroco e parroco. Nel 1875 fondò l’Istituto delle Figlie di san Giuseppe, particolarmente impegnato nel culto eucaristico. Alle suore diceva: “Vi chiamerete Figlie di San Giuseppe, perché ad imitazione di questo grande santo dovete essere le custodi di Gesù Sacramentato, conducendo una vita santa ad imitazione della Sacra Famiglia di Nazareth”. San Pio X riconobbe ufficialmente l’Istituto nel 1907 e lo volle per la sacrestia di S. Pietro. Il fondatore venne proclamato beato da Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984.

Per ulteriori informazioni: www.figliedisangiuseppedirivalba.org

Facebook Congregazione Figlie di San Giuseppe di Rivalba

Instagram figliedisangiuseppedirivalba / Youtube Beato Clemente Marchisio

www.kantierekairos.it

Facebook kantierekairos / Instagram kantiere_kairos / Youtube Kantiere Kairòs

Studium Biblicun Franciscanum: 100 anni di studio cristiano

Lo Studium Biblicum Franciscanum (SBF) è un’istituzione accademica facente capo alla famiglia francescana con sede a Gerusalemme, parte integrante della Pontificia Università Antonianum di Roma di cui costituisce la Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia ma con una relativa autonomia. La sede dell’Istituto è presso il convento della Flagellazione, nel quartiere musulmano di Gerusalemme, all’inizio della Via Dolorosa e a ridosso della parte nord della Spianata delle Moschee (sede dell’antico Tempio salomonico).

Papa Francesco: custodire e vigilare

“In Israele e Palestina la situazione è grave… A Gaza c’è tanta sofferenza; mancano i beni di prima necessità. Auspico che tutti coloro che sono coinvolti possano raggiungere al più presto un nuovo accordo per il cessate-il-fuoco e trovare soluzioni diverse rispetto alle armi, provando a percorrere vie coraggiose di pace. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime dell’attentato avvenuto questa mattina nelle Filippine, dove una bomba è esplosa durante la Messa. Sono vicino alle famiglie, al popolo di Mindanao che già tanto ha sofferto”.

Papa Francesco invita a curare le ferite

Oggi la Chiesa italiana celebra la terza Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi ed i partecipanti al primo incontro dei referenti territoriali del Servizio messo in campo dalla Cei per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili sono stati ricevuti in udienza da papa Francesco riceve in udienza. Mentre ieri sono state illustrate le buone pratiche che la Chiesa italiana ha messo in campo per contrastare il triste fenomeno degli abusi, come ha ricordato l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, mons. Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio per la Tutela dei minori della Cei:

Il papa ha risposto ai bambini messaggeri di pace

Sono stati oltre 7.000 bambini provenienti da 84 Paesi che questo pomeriggio hanno dialogato con papa Francesco durante l’iniziativa, intitolata ‘I bambini incontrano’, che ha preso spunto dal libro ‘L’enciclica dei bambini’, scritto da padre Enzo Fortunato e da Aldo Cagnoli, con la prefazione del papa stesso: “Cari bambini, vi abbraccio, e sappiate che il vostro Papa e ‘nonno’ farà di tutto perché possiate vivere in un mondo più bello e buono”.

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