Papa Francesco: Scalabrini è il missionario dello Spirito Santo

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La canonizzazione di san Giovanni Battista Scalabrini ha risvegliato nella Chiesa e nella società la coscienza della necessità di un impegno corresponsabile nella promozione dello sviluppo umano integrale e la cura pastorale dei e con i migranti, i rifugiati e le loro famiglie: “Come Missionari Scalabriniani, fedeli al carisma e alla missione ricevuti dal nostro santo Fondatore, sentiamo il dovere morale di fare la nostra parte e di essere seme per una coscienza di fraternità nella società”.

Con questa premessa gli scalabriniani oggi hanno incontrato papa Francesco al termine del Convegno internazionale, che ha avuto come tema: ‘Io verrò a radunare tutte le genti’, su cui il papa ha evidenziato l’insegnamento del santo vescovo, che è stato difensore dei migranti:

“Chiariamoci bene: migrare non è un dolce peregrinare in comunione; è spesso un dramma. E, come ciascuno ha diritto a migrare, così a maggior ragione ha diritto a poter rimanere nella propria terra e a viverci in modo pacifico e dignitoso. Tuttavia la tragedia di migrazioni forzosamente causate da guerre, carestie, povertà e disagi ambientali è oggi sotto gli occhi di tutti”.

In queste situazioni è importante riscoprire la spiritualità scalabriniana: “Scalabrini ci aiuta, proprio guardando ai missionari dei migranti come a cooperatori dello Spirito Santo per l’unità. La sua è una visione illuminata e originale del fenomeno migratorio, visto come appello a creare comunione nella carità. Ancora giovane parroco, egli stesso racconta di essersi trovato, alla Stazione Centrale di Milano, davanti ad una massa di migranti italiani in partenza per l’America”.

I suoi racconti dei migranti italiani sono ancora attuali: “Immagini purtroppo consuete anche per noi. E il Santo, impressionato da quella grande miseria, comprese che lì c’era un segno di Dio per lui: l’appello ad assistere materialmente e spiritualmente quelle persone, perché nessuno di loro, lasciato a sé stesso, andasse perduto, smarrendo la fede; perché potessero giungere, come dice il profeta Isaia, alla santa montagna di Gerusalemme ‘da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari’.

Cavalli, carri, portantine, muli e dromedari, a cui potremmo aggiungere oggi barconi, TIR e carrette del mare; ma la destinazione resta la stessa, Gerusalemme, la città della pace, la Chiesa, casa di tutti i popoli, dove la vita di ognuno è sacra e preziosa. Sì, per Scalabrini questa Gerusalemme è la Chiesa cattolica, cioè universale, e tale perché ‘madre’, perché città aperta a chiunque cerca una casa e un porto sicuro”.

Ed ecco un appello a non dimenticare la vicinanza: “E’ l’invito a diffondere una mentalità della vicinanza (vicinanza, questa parola-chiave, è lo stile di Dio, che si fa vicino sempre) una spiritualità, una mentalità della cura e dell’accoglienza, e a far crescere nel mondo, secondo le parole di san Paolo VI, ‘la civiltà dell’amore’. Sarebbe però utopico pretendere che tutto ciò possa realizzarsi con le sole forze umane”.

Tale realizzazione si concretizza con l’aiuto dello Spirito Santo: “Si tratta invece di cooperare all’azione dello Spirito, e dunque di agire nella storia sotto la guida e con l’energia che viene da Dio: di lasciarsi conquistare dalla sua infinita tenerezza per sentire e agire secondo le sue vie, che non sempre sono le nostre, per riconoscerlo in chi è straniero e per trovare in Lui la forza di amare gratuitamente. Lo straniero. Non dimentichiamo queste tre parole dell’Antico Testamento: la vedova, l’orfano e lo straniero. Questa è una cosa importante nell’Antico Testamento: lo straniero”.

Altro punto fondamentale per il missionario è l’Eucarestia: “E qui c’è il secondo appello che ci rivolge il Santo Vescovo di Piacenza, quando insiste sulla necessità, per il missionario, di avere un rapporto d’amore con Gesù, Figlio di Dio Incarnato, e di coltivarlo specialmente attraverso l’Eucaristia, celebrata e adorata.

Sottolineo questa parola ‘adorata’. Penso che abbiamo perso il senso dell’adorazione. Abbiamo preghiere per fare qualcosa…, preghiere belle…, ma in silenzio, adorare. La mentalità moderna ci ha tolto un pochettino questo senso dell’adorazione”.

E’ un invito all’adorazione eucaristica: “Sappiamo quanto Scalabrini amasse l’Adorazione, a cui si dedicava anche di notte, nonostante la stanchezza per i suoi estenuanti ritmi di lavoro, e alla quale non rinunciava di giorno, pur nei momenti di maggiore attività.

Egli non si illudeva e invitava a non illudersi: senza preghiera non c’è missione!.. Salire a Dio è indispensabile per poi saper discendere fino a terra, per essere ‘angeli dal basso’, vicino agli ultimi: non a caso la scala di Giacobbe è posta proprio al centro dello stemma episcopale di Scalabrini”.

(Foto: Santa Sede)

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