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Papa Francesco: lo Spirito Santo accompagna la Chiesa

“Da quando la Chiesa di Dio è stata convocata in Sinodo, nell’ottobre 2021, abbiamo percorso assieme una parte del lungo cammino al quale Dio Padre chiama da sempre il suo popolo, inviandolo tra tutte le genti a portare il lieto annuncio che Gesù Cristo è la nostra pace e confermandolo nella missione con il Santo Spirito. Questa Assemblea, guidata dallo Spirito Santo, che ‘piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò che è sviato’, dovrà offrire il suo contributo perché si realizzi una Chiesa sinodale in missione, che sappia uscire da sé stessa e abitare le periferie geografiche ed esistenziali avendo cura di stabilire legami con tutti in Cristo nostro Fratello e Signore”.

Dopo la messa celebrata stamane in piazza san Pietro, papa Francesco con queste parole ha dato inizio alla prima congregazione generale della XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, davanti a 350 invitati, citando Macario Alessandrino: “La riflessione di questo autore spirituale ci aiuta a comprendere che lo Spirito Santo è guida sicura, e nostro primo compito è imparare a distinguere la sua voce, perché Egli parla in tutti e in tutte le cose e questo processo sinodale ce ne ha fatto fare esperienza”.

Per  questo lo Spirito Santo accompagna la Chiesa nel cammino: “Lo Spirito Santo ci accompagna sempre. E’ consolazione nella tristezza e nel pianto, soprattutto quando (proprio per l’amore che nutriamo per l’umanità) di fronte alle cose che non vanno bene, alle ingiustizie che prevalgono, all’ostinazione con cui ci opponiamo a rispondere con il bene di fronte al male, alla fatica di perdonare, all’assenza di coraggio nel cercare la pace, siamo presi dallo sconforto, ci sembra che non ci sia più niente da fare e ci consegniamo alla disperazione. Così come la speranza è la virtù più umile ma più forte, la disperazione è il peggio, più forte”.

La riflessione del papa è un inno allo Spirito Santo, che accoglie tutti: “Lo Spirito Santo asciuga le lacrime e consola perché comunica la speranza di Dio. Dio non si stanca, perché il Suo amore non si stanca. Lo Spirito Santo penetra in quella parte di noi che spesso è tanto simile alle aule dei tribunali, dove mettiamo gli imputati alla sbarra e formuliamo i nostri giudizi, per lo più di condanna. Proprio questo autore, nella sua omelia, ci dice che lo Spirito Santo accende in quanti lo ricevono un fuoco, il ‘fuoco di tanta gioia e amore, che se fosse possibile prenderebbero nel loro cuore tutti, buoni e cattivi, senza distinzione alcuna’.

Questo perché Dio accoglie tutti, sempre, non dimentichiamo: tutti, tutti, tutti e sempre, e a tutti offre nuove possibilità di vita, fino all’ultimo momento. E’ per questo che noi dobbiamo perdonare tutti e sempre, consapevoli che la disposizione a perdonare nasce dell’esperienza di essere stati perdonati. Soltanto uno può non perdonare: colui che non è stato perdonato”.

Ed ha invitato a meditare sulla Chiesa ‘semper reformanda’: “Infatti, da quando, in principio, Dio trasse dalla terra l’uomo e la donna; da quando Dio chiamò Abramo a essere benedizione per tutti i popoli della terra e chiamò Mosè a condurre attraverso il deserto un popolo liberato dalla schiavitù; da quando la Vergine Maria accolse la Parola che la rese Madre del Figlio di Dio secondo la carne e Madre di ogni discepolo e di ogni discepola di suo Figlio; da quando il Signore Gesù, crocifisso e risorto, effuse il suo Santo Spirito nella Pentecoste: da allora siamo in cammino, come dei ‘misericordiati’, verso il pieno e definitivo compimento dell’amore del Padre. E non dimentichiamo quella parola: siamo misericordiati”.

Ed ha evidenziato la bellezza  e la fatica del cammino: “Lo percorriamo assieme, come popolo che, anche in questo tempo, è segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano. Lo percorriamo con e per ogni uomo e ogni donna di buona volontà, in ciascuno dei quali lavora invisibilmente la grazia. Lo percorriamo convinti dell’essenza relazionale della Chiesa, vigilando affinché le relazioni che ci sono donate e che sono affidate alla nostra responsabilità e alla nostra creatività siano sempre manifestazione della gratuità della misericordia. Un sedicente cristiano che non entri nella gratuità e nella misericordia di Dio, è semplicemente un ateo travestito da cristiano. La misericordia di Dio ci fa affidabili e responsabili”.

Ed ha chiesto di individuare forme di collegialità: “Si devono individuare, in tempi adeguati, diverse forme di esercizio ‘collegiale’ e ‘sinodale’ del ministero episcopale (nelle Chiese particolari, nei raggruppamenti di Chiese, nella Chiesa tutta), sempre rispettando il deposito della fede e la Tradizione viva, sempre rispondendo a quello che lo Spirito chiede alle Chiese in questo tempo particolare e nei diversi contesti in cui esse vivono. E non dimentichiamo che lo Spirito è l’armonia. Pensiamo a quella mattina di Pentecoste: era un disordine tremendo, ma Lui faceva l’armonia, in quel disordine. Non dimentichiamo che Lui è proprio l’armonia: non è un’armonia sofisticata o intellettuale; è tutto, è un’armonia esistenziale”.

Aprendo i lavori sinodali il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, ha espresso preoccupazione per i conflitti: “Mentre celebriamo questa Assemblea, in tante parti del mondo si combattono guerre! Siamo sull’orlo di un allargamento del conflitto… Quante generazioni dovranno passare prima che i popoli in guerra possano tornare a ‘sedersi insieme’ e parlarsi, a edificare insieme un futuro di pace?”

E l’assemblea sinodale è una ‘testimonianza credibile’: “Il fatto che uomini e donne siano convenuti da tutte le parti della terra per ascoltare lo Spirito ascoltandosi gli uni gli altri è un segno di contraddizione per il mondo… Una Chiesa sinodale è una proposta alla società di oggi” e il discernimento è un “ponte attraverso cui credenti e non credenti possono ascoltarsi e comprendersi utilizzando una grammatica comune”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco in Papua Nuova Guinea invita a cessare le violenze tribali

“Rivolgo il mio saluto all’intero popolo del Paese, augurandogli pace e prosperità. E fin d’ora esprimo la mia gratitudine alle Autorità per l’aiuto che offrono a molte attività della Chiesa nello spirito di mutua collaborazione per il bene comune. Nella vostra Patria, un arcipelago con centinaia di isole, si parlano più di ottocento lingue, in corrispondenza ad altrettanti gruppi etnici: questo evidenzia una straordinaria ricchezza culturale e umana; e vi confesso che si tratta di un aspetto che mi affascina molto, anche sul piano spirituale, perché immagino che questa enorme varietà sia una sfida per lo Spirito Santo, che crea l’armonia delle differenze!”

E’ il saluto rivolto dal papa alle autorità di Papua Nuova Guinea, seconda tappa del viaggio apostolico, alle autorità di questo Stato dalla cultura antica e dalla giovane indipendenza dalle grandi potenze che gli hanno fatto concorrenza per secoli e ancora oggi continuano a farlo, in cui metà popolazione è sotto la soglia della povertà, nonostante le ricchezze naturali:

“Il vostro Paese, poi, oltre che di isole e di idiomi, è ricco anche di risorse della terra e delle acque. Questi beni sono destinati da Dio all’intera collettività e, anche se per il loro sfruttamento è necessario coinvolgere più vaste competenze e grandi imprese internazionali, è giusto che nella distribuzione dei proventi e nell’impiego della mano d’opera si tengano nel dovuto conto le esigenze delle popolazioni locali, in modo da produrre un effettivo miglioramento delle loro condizioni di vita”.

Però tali ‘ricchezze’ invitano alla responsabilità per uno sviluppo sostenibile: “Questa ricchezza ambientale e culturale rappresenta al tempo stesso una grande responsabilità, perché impegna tutti, i governanti insieme ai cittadini, a favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane, in modo tale da dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso, attraverso programmi concretamente eseguibili e mediante la cooperazione internazionale, nel mutuo rispetto e con accordi vantaggiosi per tutti i contraenti”.

Ma uno sviluppo sostenibile è raggiunto solo in tempo di pace e con la collaborazione delle popolazioni: “Condizione necessaria per ottenere tali risultati duraturi è la stabilità delle istituzioni, la quale è favorita dalla concordia su alcuni punti essenziali tra le differenti concezioni e sensibilità presenti nella società. Accrescere la solidità istituzionale e costruire il consenso sulle scelte fondamentali rappresenta infatti un requisito indispensabile per uno sviluppo integrale e solidale. Esso richiede inoltre una visione di lungo periodo e un clima di collaborazione tra tutti, pur nella distinzione dei ruoli e nella differenza delle opinioni”.

Quindi un invito a cessare le guerre tribali, molto forti nel Paese: “Auspico, in particolare, che cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo. Faccio pertanto appello al senso di responsabilità di tutti, affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese. Nel clima generato da questi atteggiamenti, potrà trovare un assetto definitivo anche la questione dello status dell’isola di Bougainville, evitando il riaccendersi di antiche tensioni”.

Solo in questo modo il Paese può prosperare: “Consolidando la concordia sui fondamenti della società civile, e con la disponibilità di ciascuno a sacrificare qualcosa delle proprie posizioni a vantaggio del bene di tutti, si potranno mettere in moto le forze necessarie a migliorare le infrastrutture, ad affrontare i bisogni sanitari ed educativi della popolazione e ad accrescere le opportunità di lavoro dignitoso”.

Il papa, quindi, ha invitato alla speranza ed ad un buon uso dei beni: “Tuttavia, anche se a volte ce ne dimentichiamo, l’essere umano ha bisogno, oltre che del necessario per vivere, di una grande speranza nel cuore, che lo faccia vivere bene, gli dia il gusto e il coraggio di intraprendere progetti di ampio respiro e gli consenta di elevare lo sguardo verso l’alto e verso vasti orizzonti. L’abbondanza dei beni materiali, senza questo respiro dell’anima, non basta a dar vita a una società vitale e serena, laboriosa e gioiosa, anzi, la fa ripiegare su sé stessa”.

E’ stato un invito a non dimenticare i valori e gli ideali: “L’aridità del cuore le fa perdere l’orientamento e dimenticare la giusta scala dei valori; le toglie slancio e la blocca fino al punto (come accade in alcune società opulente) che essa smarrisce la speranza nell’avvenire e non trova più ragioni per trasmettere la vita.

Per questo è necessario orientare lo spirito verso realtà più grandi; occorre che i comportamenti siano sostenuti da una forza interiore, che li metta al riparo dal rischio di corrompersi e di perdere lungo la strada la capacità di riconoscere il significato del proprio operare e di eseguirlo con dedizione e costanza”.

Infine ha ricordato il motto di questo viaggio che è essenziale per un popolo: “Lo ricordano anche il logo e il motto di questa mia visita in Papua Nuova Guinea. Il motto dice tutto con una sola parola: ‘Pray – Pregare’. Forse qualcuno, troppo osservante del ‘politicamente corretto’, potrà stupirsi di questa scelta; ma in realtà si sbaglia, perché un popolo che prega ha un futuro, attingendo forza e speranza dall’alto. E anche l’emblema dell’uccello del paradiso, nel logo del viaggio, è simbolo di libertà: di quella libertà che niente e nessuno può soffocare perché è interiore, ed è custodita da Dio che è amore e vuole che i suoi figli siano liberi”.

E’ stato un invito ai cattolici ad amare con sincerità Gesù: “Per tutti coloro che si professano cristiani (la grande maggioranza del vostro popolo) auspico vivamente che la fede non si riduca mai all’osservanza di riti e di precetti, ma che consista nell’amore, nell’amare Gesù Cristo e seguirlo, e che possa farsi cultura vissuta, ispirando le menti e le azioni e diventando un faro di luce che illumina la rotta. In questo modo, la fede potrà aiutare anche la società nel suo insieme a crescere e a individuare buone ed efficaci soluzioni alle sue grandi sfide”.

E non poteva non ricordare il beato Pietro To Rot, beatificato da san Giovanni Paolo II, non dimenticando le donne: “Il suo esempio, insieme a quelli del Beato Giovanni Mazzucconi, del PIME, e di tutti i missionari che hanno annunciato il Vangelo in questa vostra terra, vi doni forza e speranza… Eccellenza, Lei ha parlato delle donne. Non dimentichiamo che sono loro a portare avanti un Paese. Le donne hanno la forza di dare vita, di costruire, di far crescere un Paese. Non dimentichiamo le donne che sono al primo posto dello sviluppo umano e spirituale…

Il Vangelo si incultura e le culture vanno evangelizzate. Possa questo Regno di Dio trovare piena accoglienza in questa terra, così che tutte le popolazioni della Papua Nuova Guinea, con la varietà delle loro tradizioni, vivano insieme in armonia e diano al mondo un segno di fraternità”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: lo Spirito Santo sprigiona il profumo di Gesù

“Oggi, commemorazione di San Pio X, in tante parti del mondo si celebra il giorno del catechista. Pensiamo ai nostri catechisti e alle nostre catechiste che portano avanti tanto lavoro e, in alcune parti del mondo, sono i primi a portare avanti la fede. Preghiamo oggi per i catechisti, che il Signore li faccia coraggiosi e possano andare avanti”: al termine dell’udienza generale nella sala Paolo VI papa Francesco ha ricordato san Pio X ed ha sottolineato che oggi si celebra la giornata del catechista per ricordare il catechismo composto da Pio X, conosciuto anche come Catechismo Maggiore.

E nell’udienza generale papa Francesco ha riflettuto sulla discesa dello Spirito Santo in Gesù: “Oggi riflettiamo sullo Spirito Santo che viene su Gesù nel battesimo del Giordano e da Lui si diffonde nel suo corpo che è la Chiesa. Nel Vangelo di Marco la scena del battesimo di Gesù è così descritta: «In quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba”.

Tale momento è molto importante per la Rivelazione trinitaria: “Tutta la Trinità si è data appuntamento, in quel momento, sulle rive del Giordano! C’è il Padre che si fa presente con la sua voce; c’è lo Spirito Santo che scende su Gesù in forma di colomba e c’è colui che il Padre proclama suo Figlio amato, Gesù. E’ un momento molto importante della Rivelazione, è un momento importante della storia della salvezza. Ci farà bene rileggere questo passo del Vangelo”.

Il battesimo di Gesù rivela la sua natura: “Che cosa è avvenuto di tanto importante nel battesimo di Gesù da indurre tutti gli Evangelisti a raccontarlo? La risposta la troviamo nelle parole che Gesù pronuncia, poco tempo dopo, nella sinagoga di Nazaret, con chiaro riferimento all’evento del Giordano…

Nel Giordano Dio Padre ha “unto di Spirito Santo”, cioè ha consacrato Gesù come Re, Profeta e Sacerdote. Infatti, con olio profumato venivano unti nell’Antico Testamento i re, i profeti e i sacerdoti. Nel caso di Cristo, al posto dell’olio fisico, c’è l’olio spirituale che è lo Spirito Santo, al posto del simbolo c’è la realtà: c’è lo Spirito stesso che scende su Gesù”.

Ed ha spiegato il significato di unzione: “Abbiamo visto perché lo Spirito Santo, nella Bibbia, viene simboleggiato dal vento e, anzi, prende da esso il suo stesso nome, Ruah (vento). Vale la pena di domandarci anche perché esso è simboleggiato dall’olio, e quale insegnamento pratico possiamo trarre da questo simbolo. Nella Messa del Giovedì Santo, consacrando l’olio detto ‘Crisma’, il vescovo, riferendosi a coloro che riceveranno l’unzione nel Battesimo e nella Confermazione, dice così: ‘Questa unzione li penetri e li santifichi, perché, liberati dalla nativa corruzione e consacrati tempio della sua gloria, spandano il profumo di una vita santa’.

E’ un’applicazione che risale a San Paolo, che ai Corinzi scrive: ‘Noi siamo infatti, dinanzi a Dio, il profumo di Cristo’. L’unzione ci fa profumo, e anche una persona che vive con gioia la sua unzione profuma la Chiesa, profuma la comunità, profuma la famiglia con questo profumo spirituale”.

E’ un invito a diffondere il ‘profumo’ di Cristo: “Sappiamo che, purtroppo, a volte i cristiani non diffondono il profumo di Cristo, ma il cattivo odore del proprio peccato. E non dimentichiamo mai: il peccato ci allontana da Gesù, il peccato ci fa diventare olio cattivo. Ed il diavolo (non dimenticate questo) di solito, il diavolo entra dalle tasche, state attenti. E questo, tuttavia, non deve distoglierci dall’impegno di realizzare, per quanto possiamo e ognuno nel proprio ambiente, questa vocazione sublime di essere il buon odore di Cristo nel mondo”.

Quindi il profumo di Cristo è gioia e “si sprigiona dai ‘frutti dello Spirito’…  E’ bello trovare una persona buona, una persona fedele, una persona mite, che non sia orgogliosa… Se ci sforziamo di coltivare questi frutti e quando noi troviamo questa gente allora, senza che ce ne accorgiamo, qualcuno sentirà intorno a noi un po’ della fragranza dello Spirito di Cristo. Chiediamo allo Spirito Santo che ci faccia più consapevoli unti, unti da Lui”.

(Foto: Santa Sede)

Tota pulchra es, Maria

Maria è proclamata da Elisabetta beata perché ha creduto in ciò che il Signore le ha detto per mezzo dell’Angelo. La festa di oggi ci fa prendere era coscienza i quello che è l’uomo e i fine ultimo per il quale Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’uomo non è stato creato per la morte ma per la vita. L’uomo costituito essenzialmente  da anima e corpo, di spirito e  materia, è un essere libero e responsabile; alla fine della sua esperienza terrena dovrà ricevere un premio o un castigo.

Dico l’uomo: non il suo corpo o la sua anima ; da qui la necessità metafisica della risurrezione della carne. Posta la nostra fede nella vita eterna, si rende necessaria, a filo di logica, la risurrezione. Gesù ci rivela questo mistero  laddove dice: ‘Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, vivrà in eterno’. La risurrezione della carne, difficile umanamente a pensarsi, trova la prima reale attuazione nella risurrezione di Gesù, che ha aperto a noi le porte del regno dei cieli; dopo Gesù si ha avuto, grazie a Dio, l’assunzione al cielo, anima e corpo, della Santissima Vergine, madre di Dio e nostra, della quale oggi celebriamo la festività.

Se Cristo Gesù è risorto anima e corpo, anche Maria perché Immacolata sin dalla sua concezione, ha seguito la sorte di Cristo Signore. Nella festività di oggi Maria ci invita a guardare il cielo perché come Cristo Gesù, vincitore della morte, è risorto; come Lei, Maria è stata assunta in cielo anima  corpo, cos’ anche noi risusciteremo anima e corpo: è verità di fede!

Il Vangelo oggi ci presenta l’episodio della visita di Maria ad Elisabetta, che era sterile ed è divenuta madre ed aspetta un bambino anche se anziana; era stato l’Angelo e rivelare questa realtà a Maria: ‘Tua cugina, Elisabetta, la donna che tutti chiamano sterile, è al sesto mesi di gravidanza. Nulla è impossibile a Dio’.

Al saluto di Maria, Elisabetta, ricolma di Spirto Santo, l’accoglie esclamando: ‘Benedetta sei tu tra tutte le donne, benedetto il frutto del tuo grembo; a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?’ Maria inneggia subito alla grandezza di Dio e alla sua misericordia: ‘Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente’. L’umiltà è il  segreto della grandezza di Maria; la sua umiltà ha attirato lo sguardo di Dio.

L’occhio umano ricerca subito la grandezza e si lascia abbagliare da ciò che è appariscente; l’occhio di Dio guarda invece il cuore ed è incantato solo dall’umiltà. Umiltà viene da humus= terra; per arrivare in alto, bisogna restare bassi, in terra. Il segreto del successo di Maria sta nel riconoscersi piccola, bisognosa dell’aiuto di Dio. Giustamente il poeta Dante definisce Maria. ‘umile ed alta più che creatura’.

Maria diventa la primizia dell’umanità redenta da Cristo Gesù: come Gesù, vero uomo e vero Dio, è risorto; come Maria è stata assunta in cielo anima  corpo perché ‘Immacolata’, così anche noi, incorporati a Cristo con il battesimo, aspettiamo la risurrezione della carne, risorgeremo. Questa vittoria sulla morte ha come radice la fede, che è accettare e seguire Cristo risorto, ubbidire alla sua parola.

Maria assunta in cielo ci indica la meta ultima del nostro pellegrinaggio terreno; ci ricorda che il nostro essere (spirito, anima, corpo) è destinato alla pienezza della vita: come Cristo è risorto, anche noi risorgeremo. Questo è il messaggio della festa di oggi. Nel cuore del mese che gli antichi chiamavano ‘ferragosto = feriae Augusti’, noi celebriamo l’assunzione di Maria anima e corpo in cielo; la stessa realtà toccherà tutti noi  nel giorno della risurrezione della carne.

La festa di oggi è veramente la festa della Chiesa; la festa della Madre è sempre la gioia dei figli e Maria ci addita il cielo come vera nostra patria. A Lei ci rivolgiamo supplici: ‘Rivolgi a noi, madre, gli occhi tuoi misericordiosi’.

Papa Francesco: discernimento e formazione basi per la vita spirituale

“Quattro Capitoli! Quattro Capitoli insieme… si vede che il Prefetto sa risparmiare il tempo – eh? – e li mette insieme. Questa è l’epoca dei Capitoli”: con questa battuta scherzosa questa mattina papa Francesco ha ricevuto in udienza Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza i partecipanti ai capitoli generali di quattro congregazioni, le suore Domenicane Missionarie di San Sisto, le suore della Società del Sacro Cuore di Gesù, le suore della Presentazione di Maria Santissima al Tempio ed i padri Vocazionisti.

Per il papa l’occasione di un capitolo è molto importante, perché offre occasione di approfondire il carisma di ogni congregazione: “Con il Capitolo, sempre avete la grazia e anche la responsabilità di vivere un momento fondamentale non solo per la vita dei vostri istituti, ma per tutta la Chiesa: un momento in cui mettervi in ascolto dello Spirito Santo, per continuare a far fiorire, oggi, le ispirazioni carismatiche donate un giorno alle vostre Fondatrici e Fondatori. Fermiamoci allora un momento a riflettere insieme su tre dimensioni esistenziali ed apostoliche comuni alle vostre diverse realtà, tre aspetti: il discernimento, la formazione e la carità”.

E dei tre aspetti elencati il papa sottolinea l’importanza del discernimento: “Esso è ‘materia propria’ del carisma dei Padri Vocazionisti; è per tutti, ma è materia propria loro, ma ovviamente riguarda in senso più ampio ogni congregazione religiosa e ogni persona. Discernere è parte della vita, sia nei momenti solenni delle grandi scelte che in quelli feriali delle piccole decisioni quotidiane. E’ legato al nostro essere liberi e dunque esprime e porta a compimento, giorno per giorno, la comune vocazione umana e la particolare e unica identità di ciascuno di noi”.

Inoltre ha evidenziato che fare discernimento non è facile: “Certo è un lavoro faticoso, di ascolto del Signore, e di sé stessi e degli altri; è un momento faticoso anche di preghiera, di meditazione, di attesa paziente, e poi di coraggio e di sacrificio, per rendere concreto e operativo ciò che Dio, pur senza mai imporci (mai ci impone la sua volontà, Lui non si impone) la sua volontà, suggerisce al nostro cuore. Pensa, rifletti, sentiamo le emozioni che toccano il cuore”.

Però il discernimento è importante per prendere una decisione ed ha bisogno di chi ‘aiuta’: “Ed il nostro mondo ha tanto bisogno di riscoprire il gusto e la bellezza di decidere, specialmente per quanto riguarda le scelte definitive, che determinano una svolta decisiva nella vita, come quella vocazionale. Ha bisogno, perciò, di padri e di madri che aiutino, specialmente i giovani, a comprendere che essere liberi non è rimanere eternamente davanti ad un bivio, facendo piccole ‘scappatine’ a destra e a sinistra, senza mai imboccare veramente una strada. Essere liberi significa scommettere (scommettere!) su un cammino, con intelligenza e prudenza, certo, ma anche con audacia e spirito di rinuncia, per crescere e progredire nella dinamica del dono, ed essere felici, amando secondo il progetto di Dio”.

Il secondo punto importante riguarda la formazione, che deve essere sostenuta dalla preghiera: “Prima di tutto perché la vita religiosa, in sé, è un percorso di crescita nella santità che abbraccia tutta l’esistenza, e in cui il Signore costantemente plasma il cuore di coloro che ha scelto. Ed a questo proposito raccomando a tutte e a tutti voi l’assiduità nella preghiera, ma quella preghiera che è un rapporto con il Signore, personale, che ascolta, che attende; la preghiera sia comunitaria e anche personale, e anche la vita sacramentale, ed anche l’adorazione: oggi abbiamo perso il senso dell’adorazione, dobbiamo riprenderlo. Adorare… Ed anche la cura di tutti quei momenti che rendono vivo e quotidiano il rapporto di una consacrata e di un consacrato con Cristo”.

Solo chi si ‘forma’ continuamente può essere formatore: “Solo chi si riconosce umilmente e costantemente ‘in formazione’, infatti, può sperare di essere un buon ‘formatore’ o ‘formatrice’ per gli altri, e l’educazione, a qualsiasi livello, è sempre prima di tutto condivisione di percorsi e comunicazione di esperienze, in quella ricerca gioiosa della verità, ‘che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio’…

Dobbiamo essere in pace, ma inquieti. Anche in questo senso la vostra missione è, oggi, decisamente profetica, in un contesto sociale e culturale caratterizzato dalla circolazione vorticosa e continua di informazioni, ma di contro drammaticamente povero di relazioni umane. Urgono ai nostri tempi educatori che sappiano con amore farsi compagni e compagne di cammino per le persone loro affidate”.

Ed infine la carità, ricordando che le congregazioni ricevute oggi sono state fondate per sostenere i giovani e le famiglie povere: “Allo stesso modo, anche a voi farà bene, specialmente in questi giorni di discernimento comunitario, tenere costantemente davanti agli occhi il volto dei poveri e vigilare perché, sotto il loro sguardo, nelle vostre assemblee, sia sempre vivo e pulsante lo slancio di gratuità e di amore disinteressato, grazie al quale è cominciata la vostra presenza nella Chiesa.

Gesù ci parla nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi, e in ogni dono fatto a loro c’è un riflesso dell’amore di Dio… Qui sta la luce per il nostro cammino e anche qui c’è l’antidoto efficace per vincere, in noi e attorno a noi, la cultura dello scarto: per favore, non scartare la gente, non selezionare la gente con criteri mondani: quanto sono importanti, quanti soldi hanno”.

Inoltre, sempre in mattinata, papa Francesco ha ricevuto il nuovo Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, la prof.ssa Elena Beccalli, alla guida dell’Ateneo dal 1° luglio scorso, che ha illustrato le molteplici progettualità che l’Università Cattolica del Sacro Cuore si propone di mettere in atto nei suoi cinque campus (Milano, Brescia, Piacenza, Cremona e Roma) per proporre ‘un contributo di pensiero sulle questioni di frontiera in una prospettiva globale’.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco ai fedeli: niente è impossibile a Dio

“Continuo a seguire con grande preoccupazione la situazione in Medio Oriente, e ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte affinché il conflitto non si allarghi e si cessi immediatamente il fuoco su tutti i fronti, a partire da Gaza, dove la situazione umanitaria è gravissima e insostenibile. Prego perché la ricerca sincera della pace estingua le contese, l’amore vinca l’odio e la vendetta sia disarmata dal perdono.

Vi chiedo di unirvi alla mia preghiera anche per la martoriata Ucraina, il Myanmar, il Sudan: queste popolazioni così provate dalla guerra possano presto ritrovare la tanto desiderata pace. Uniamo i nostri sforzi e le nostre preghiere perché siano eliminate le discriminazioni etniche nelle regioni del Pakistan e dell’Afghanistan, specialmente le discriminazioni contro le donne”, ricevute precedentemente.

Al termine dell’udienza generale, ripresa oggi dopo la pausa di luglio, papa Francesco ha rinnovato la sua preghiera affinché cessi il fuoco su tutti i popoli che soffrono per la guerra, mentre nell’udienza generale ha introdotto una nuova catechesi sullo Spirito Santo che guida il popolo di Dio nella storia della Salvezza: “Il tema di oggi è lo Spirito Santo nell’Incarnazione del Verbo. Nel Vangelo di Luca leggiamo: ‘Lo Spirito Santo scenderà su di te’, o Maria, ‘su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo’ (1,35). L’evangelista Matteo conferma questo dato fondamentale che riguarda Maria e lo Spirito Santo, dicendo che Maria ‘si trovò incinta per opera dello Spirito Santo’ (1,18)”.

Questa verità di fede è stata proclamata nel Concilio di Costantinopoli: “La Chiesa ha raccolto questo dato rivelato e lo ha collocato ben presto nel cuore del suo Simbolo di fede. Nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli, del 381 (quello che definì la divinità dello Spirito Santo), tale articolo entrò nella formula del ‘Credo’, che si chiama appunto Niceno-Costantinopolitano, ed è quello che recitiamo in ogni Messa.

Esso afferma che il Figlio di Dio ‘per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo’. Si tratta dunque di un dato di fede ecumenico, perché tutti i cristiani professano insieme quel medesimo Simbolo della fede. La pietà cattolica, da tempo immemorabile, ne ha tratto una delle sue preghiere quotidiane, l’Angelus”.

Per questo la Madonna è definita ‘Sposa della Chiesa’: “Questo articolo di fede è il fondamento che permette di parlare di Maria come della Sposa per eccellenza, che è figura della Chiesa. Infatti Gesù, scrive san Leone Magno, ‘come è nato per opera dello Spirito Santo da una vergine madre, così rende feconda la Chiesa, sua Sposa illibata, con il soffio vitale dello stesso Spirito’.

Questo parallelismo è ripreso nella Costituzione dogmatica ‘Lumen gentium’ del Concilio Vaticano II, che dice così: ‘Orbene, la Chiesa contemplando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola accolta con fedeltà, diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio’… Maria ha prima concepito, poi partorito Gesù: prima lo ha accolto in sé, nel cuore e nella carne, poi lo ha dato alla luce”.

Questo processo divino accade anche nella Chiesa: “Così avviene anche per la Chiesa: prima accoglie la Parola di Dio, lascia che ‘parli al suo cuore’ e le ‘riempia le viscere’, secondo due espressioni bibliche, per poi darla alla luce con la vita e la predicazione. La seconda operazione è sterile senza la prima”.

Anche la Chiesa pone la stessa domanda che Maria fece all’Angelo: “Anche alla Chiesa, di fronte a compiti superiori alle sue forze, viene spontaneo porre la stessa domanda: ‘Come è possibile questo?’ Come è possibile annunciare Gesù Cristo e la sua salvezza a un mondo che sembra cercare solo benessere in questo mondo?

Anche la risposta è la stessa di allora: ‘Riceverete la forza dallo Spirito Santo… e di me sarete testimoni’ (At 1,8). Così disse Gesù risorto agli Apostoli, quasi con le stesse parole rivolte a Maria nell’Annunciazione. Senza lo Spirito Santo la Chiesa non può andare avanti, la Chiesa non cresce, la Chiesa non può predicare”.

E’ un principio valido per ogni fedele, ricordando che ‘nulla è impossibile a Dio’: “Quello che si dice della Chiesa in generale, vale anche per noi, vale per ogni singolo battezzato. Ognuno di noi si trova a volte, nella vita, in situazioni superiori alle proprie forze e si domanda: Come posso affrontare questa situazione? Aiuta, in questi casi, ricordare ripetere a sé stessi quello che l’angelo disse alla Vergine prima di congedarsi da lei: Nulla è impossibile a Dio”.

(Foto: Santa Sede)

Da Napoli un’invocazione a rigenerare le periferie delle città

“Cari fratelli e sorelle, ci troviamo qui in questa periferia della nostra città, periferia spesso simbolo di tutte le periferie non solo della nostra città ma del nostro paese, periferia che purtroppo oggi diventa il centro dell’attenzione di tutti non per la sua rinascita, ma perché ancora una volta l’odore della morte e della paura pervade le sue vie e i cuori dei suoi abitanti”.

Con queste parole avanti ieri l’arcivescovo di Napoli, mons. Domenico Battaglia, ha celebrato in n piazza Giovanni Paolo II le esequie delle vittime del crollo della Vela Celeste a Scampia ricordando le condizioni della città: “Gli abitanti di Scampia, che per già molto tempo hanno subito etichette mediatiche frettolose e generalizzanti, che hanno tanto lottato per scrollarsi di dosso un’opinione pubblica che legge le situazioni con una superficialità spesso più attratta dalla decadenza del male che dai tanti segni primaverili di riscatto, oggi si ritrovano qui, insieme all’intera città, per piangere Roberto, Patrizia, Margherita e per pregare per la guarigione di Carmela, Martina, Giuseppe, Luisa, Patrizia, Mya, Anna, Greta, Morena Suamy e Annunziata, vittime di un crollo che va ben oltre le macerie di cemento e ferro, assurgendo a simbolo di un crollo sociale che deve essere arginato, prevenuto, evitato, non solo qui ma in tutte le periferie della nostra città, del nostro Sud, della nostra Italia!”

E’ la condizione in cui vivono le ‘periferie’, chiamate ad essere ‘simbolo’ di una rinascita: “Periferie che possono rinascere, che possono diventare simbolo di una resurrezione possibile, come ci insegna proprio la nostra Scampia che, al di là di certe narrazioni parziali e stereotipate, ha saputo sempre rialzarsi, diventando un esempio di autentica resilienza e riscatto, grazie all’onestà e all’impegno di tanti suoi figli e figlie, Chiesa, società civile e istituzioni che, quando si alleano per il bene comune, possono compiere veri e propri miracoli”.

L’omelia dell’arcivescovo di Napoli è un invito al rispetto del dolore di un quartiere e di una città: “Quest’ora però è l’ora del silenzio e della preghiera, l’ora dell’affidamento di queste sorelle e di questi fratelli alla tenerezza di un Dio che non è indifferente al nostro dolore ma che piuttosto ha scavato tra quelle macerie, si è fatto presente attraverso il soccorso dei volontari, della Croce Rossa, della Protezione Civile, dei Medici e degli Infermieri, della Caritas, delle Parrocchie e di tutte le Istituzioni che stanno facendo quanto è possibile per essere vicini alla sofferenza della nostra gente, al dolore di queste famiglie lacerate.

Queste vite spezzate, queste storie interrotte sono ora tra le braccia di Dio e dove noi vediamo l’ombra della morte Dio vede la vita, dove noi pronunciamo la parola fine Dio pronuncia la parola inizio, dove per noi cala il sipario sul paesaggio di questo mondo per Dio si spalanca l’orizzonte della vita eterna, di una vita senza fine nel suo amore senza fine”.

E’ un dolore che solo Gesù può consolare: “E mentre il nostro discorso si rivolge intimorito ad un futuro distante, Gesù irrompe con un presente che spacca il tempo e annulla le distanze, un presente che afferma una speranza capace di donare luce tra le ombre fitte della morte: ‘Io sono la risurrezione e la vita’. Lo sono ora, in questo momento, per te, per voi, per tutti. Si, il Signore Gesù è la resurrezione e la vita, il suo Vangelo è la buona notizia da cui ripartire, l’unica speranza che può illuminare la notte del dolore, la bussola che può davvero orientare (non solo Scampia ma tutte le periferie del nostro Sud) verso nuovi orizzonti di rinascita comunitaria, verso un futuro in cui il bene comune diventa un ‘sistema’ di vita capace di rovesciare e sovvertire ogni sistema di morte!”

E’ un dolore al quale partecipa anche Gesù, come ha fatto per la morte di Lazzaro: “Sorelle e fratelli, il nostro dolore e il nostro sgomento, le lacrime di queste famiglie segnate da queste morti assurde e improvvise si mescolano con le lacrime stesse di Gesù. Gesù piange dinanzi alla morte di Lazzaro. Gesù non è impassibile dinanzi al dolore e alla sofferenza dei suoi amici! Si, Dio piange con noi e per noi: siamo noi i suoi amici, Roberto, Patrizia e Margherita sono i suoi amici e Lui non consentirà mai, come non l’ha consentito per Lazzaro, che la morte li strappi via”.

Però, in fondo, l’amore è più forte della morte: “Vedete, il contrario della morte, il suo opposto, il suo vero nemico non è la vita ma l’amore. Perché l’amore, come ci ricorda il Cantico dei Cantici, è più forte della morte. E nell’amore, nell’amore di Dio, tutti potremmo sempre ritrovarci, ricomponendo i legami, assottigliando l’udito, aguzzando la vista per imparare ad ascoltare e vedere coloro che abbiamo amato e che, custoditi dalla tenera mano di Dio, ci sono accanto sempre, seppur in un modo diverso e nuovo. Dalle lacrime di Dio impariamo il cuore di Dio. Il perché della nostra risurrezione sta in questo amore fino al pianto. Risorgiamo adesso, risorgeremo dopo la morte, perché amati”.

Ed ha concluso l’omelia con una preghiera allo Spirito Santo: “Venga Signore il tuo Spirito e soffi la tua consolazione sui cuori lacerati dei familiari e degli amici di Roberto, Margherita e Patrizia, accarezzi il loro dolore, accompagni i loro passi in questo tempo difficile abitato dall’assenza e dalla mancanza, sussurri al loro intimo la certezza della vita che non muore, allontani da loro la tentazione della disperazione e doni alla loro anima la capacità di sentire che il legame che li univa ai propri cari non è stato interrotto ma trasformato!

Venga Signore il tuo Spirito e soffi il tuo conforto sui feriti, sui loro familiari, sui medici e sugli infermieri che se ne prendono cura! Sia la loro forza in questo tempo di veglia e di cura, alimenti la lampada della loro speranza e faccia sentire loro l’affetto e la solidarietà della comunità cristiana e dell’intera famiglia di Napoli!

Venga il tuo Spirito e soffi sulle strade di Scampia, dove in queste ore gli sfollati camminano tra timori e speranze, dove tante persone costrette alla precarietà portano il peso di giorni difficili, dove tante famiglie lottano per un domani migliore, per un presente e un futuro abitato dalla giustizia e dalla pace!”

E’ un’invocazione allo Spirito Santo, affinché conservi la città: “Venga il tuo Spirito e soffi sulle vele della nostra città, non su quelle di ferro e cemento deteriorate dal tempo e dall’incuria, ma su quelle vive, quelle fatte di carne, su quelle che oggi più che mai devono essere dispiegate, su quelle che raccontano un passato di dolore e di lotta, e la cui stoffa lascia intravedere il colore della resilienza, della forza di chi non si arrende, della tenacia di chi spera ancora nel domani, della fede evangelica di chi trova bellezza anche nelle sue cicatrici!

Venga il tuo Spirito e soffi su chi ha il compito di governare e amministrare il bene comune, affinché attraverso politiche di risanamento e di inclusione, possa rispondere con azioni concrete e immediate alle vite segnate dalla sofferenza, perché la politica è autentica se fa sua l’etica della cura, e solo la cura può trasformare il dolore in speranza, la sfiducia dei singoli in un nuovo slancio comunitario!

Venga il tuo Spirito e sospinga le nostre barche alla deriva, i tanti battelli marginali che navigano ancora tra mille tempeste e anelano un porto in cui sentirsi al sicuro, soffi sulle vele spiegate dei tanti marinai i cui volti e i cui nomi sono sconosciuti ai potenti di questo mondo ma non al Signore!

Venga il tuo Spirito e soffi sulle vele di chi naviga controcorrente, bramando una città più giusta e accogliente, una città davvero solidale in cui nessuno riesca a dormire sereno se un solo bambino rischia la vita per il semplice fatto di abitare in una casa degradata di un edificio degradato, una città in cui nessuno si tiri fuori dall’esigenza di solidarietà e prossimità se una parte della comunità vive nel disagio e nella precarietà!”

Ed infine un’invocazione per la rigenerazione di una comunità cittadina: “Venga il tuo Spirito e faccia risorgere da queste macerie e da questo dolore una comunità più giusta, in cui sia per sempre abbattuto quel muro invisibile che divide i figli di questa città, che separa le tante Napoli che si sfiorano senza mai incontrarsi! Venga il tuo Spirito e soffi sulle vele della nostra anima, sospinga al largo la nostra amata Napoli, conforti ogni suo dolore, fasci le sue ferite e la conduca verso il porto sicuro della giustizia, della solidarietà e della pace! Venga il tuo Spirito e ci convinca nell’intimo che la morte non è la fine di tutto, anche se fa male, e che la vita umana non finisce mai sotto una tomba”.

(Foto: arcidiocesi di Napoli)

Giornata di preghiera per il creato: il papa invita a sperare ed agire

“Spera e agisci con il creato: è il tema della Giornata di preghiera per la cura del creato, il prossimo 1° settembre. E’ riferito alla Lettera di San Paolo ai Romani 8,19-25: l’Apostolo sta chiarendo cosa significhi vivere secondo lo Spirito e si concentra sulla speranza certa della salvezza per mezzo della fede, che è vita nuova in Cristo”.

Così inizia il messaggio di papa Francesco per la Giornata di preghiera per la cura del creato, che si svolge dal 1 settembre al 4 ottobre, in cui si evidenzia l’importanza del credere: “Non è tanto perché ‘noi crediamo’ in qualcosa di trascendente che la nostra ragione non riesce a capire, il mistero irraggiungibile di un Dio distante e lontano, invisibile e innominabile. Piuttosto, direbbe San Paolo, è perché in noi abita lo Spirito Santo”.

Per questo lo Spirito Santo rende i cristiani creativi, in quanto sono ‘protesi’ ai ‘beni eterni’: “Lo Spirito rende i credenti creativi, pro-attivi nella carità. Li immette in un grande cammino di libertà spirituale, non esente tuttavia dalla lotta tra la logica del mondo e la logica dello Spirito, che hanno frutti tra loro contrapposti. Lo sappiamo, il primo frutto dello Spirito, compendio di tutti gli altri , è l’amore”.

Grazie allo Spirito Santo è possibile chiamare Dio Padre: “Ecco la grande speranza: l’amore di Dio ha vinto, vince sempre e ancora vincerà. Il destino di gloria è già sicuro, nonostante la prospettiva della morte fisica, per l’uomo nuovo che vive nello Spirito. Questa speranza non delude, come ricorda anche la Bolla di indizione del prossimo Giubileo”.

Quindi il cristiano è uomo e donna di fede: “L’esistenza del cristiano è vita di fede, operosa nella carità e traboccante di speranza, nell’attesa del ritorno del Signore nella sua gloria. Non fa problema il ‘ritardo’ della parusia, della sua seconda venuta”.

Ed ha ribadito che la fede è un dono: “Sì, la fede è dono, frutto della presenza dello Spirito in noi, ma è anche compito, da eseguire in libertà, nell’obbedienza al comandamento dell’amore di Gesù. Ecco la beata speranza da testimoniare: dove? quando? come? Dentro i drammi della carne umana sofferente. Se pur si sogna, ora si deve sognare a occhi aperti, animati da visioni di amore, di fratellanza, di amicizia e di giustizia per tutti. La salvezza cristiana entra nello spessore del dolore del mondo, che non coglie solo gli umani, ma l’intero universo, la stessa natura, oikos dell’uomo, suo ambiente vitale; coglie la creazione come ‘paradiso terrestre’, la madre terra, che dovrebbe essere luogo di gioia e promessa di felicità per tutti”.

Per questo il cristiano ha speranza: “L’ottimismo cristiano si fonda su una speranza viva: sa che tutto tende alla gloria di Dio, alla consumazione finale nella sua pace, alla risurrezione corporea nella giustizia, ‘di gloria in gloria’. Nel tempo che passa, però, condividiamo dolore e sofferenza: la creazione intera geme, i cristiani gemono e geme lo Spirito stesso. Il gemere manifesta inquietudine e sofferenza, insieme ad anelito e desiderio. Il gemito esprime fiducia in Dio e affidamento alla sua compagnia affettuosa ed esigente, in vista della realizzazione del suo disegno, che è gioia, amore e pace nello Spirito Santo”.

Ed in questa speranza è coinvolta anche la creazione: “Gli inizi sono minuscoli, ma i risultati attesi possono essere di una bellezza infinita. In quanto attesa di una nascita (la rivelazione dei figli di Dio) la speranza è la possibilità di rimanere saldi in mezzo alle avversità, di non scoraggiarsi nel tempo delle tribolazioni o davanti alla barbarie umana. La speranza cristiana non delude, ma anche non illude: se il gemito della creazione, dei cristiani e dello Spirito è anticipazione e attesa della salvezza già in azione, ora siamo immersi in tante sofferenze che san Paolo descrive come ‘tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo, spada’. Allora la speranza è una lettura alternativa della storia e delle vicende umane: non illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l’invisibile. Questa speranza è l’attesa paziente, come il non-vedere di Abramo”.

Per questo cita Gioacchino da Fiore: “Mi piace ricordare quel grande visionario credente che fu Gioacchino da Fiore, l’abate calabrese ‘di spirito profetico dotato’, secondo Dante Alighieri: in un tempo di lotte sanguinose, di conflitti tra Papato e Impero, di Crociate, di eresie e di mondanizzazione della Chiesa, seppe indicare l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità universale e alla pace cristiana, frutto di Vangelo vissuto. Questo spirito di amicizia sociale e di fratellanza universale ho proposto in Fratelli tutti. E quest’armonia tra umani deve estendersi anche al creato, in un ‘antropocentrismo situato’, nella responsabilità per un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo”.

Questa speranza si manifesta soprattutto nel cosmo che ‘geme’: “Tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano ‘impazientemente’, perché possa essere superata la condizione presente e ristabilita quella originaria: infatti la liberazione dell’uomo comporta anche quella di tutte le altre creature che, solidali con la condizione umana, sono state poste sotto il giogo della schiavitù… Ma, in senso contrario, la salvezza dell’uomo in Cristo è sicura speranza anche per il creato: infatti ‘anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio’. Sicché, nella redenzione di Cristo è possibile contemplare in speranza il legame di solidarietà tra gli esseri uomini e tutte le altre creature”.

Nel lasso di tempo del ritorno di Cristo viene in soccorso lo Spirito Santo: “Nell’attesa speranzosa e perseverante del ritorno glorioso di Gesù, lo Spirito Santo tiene vigile la comunità credente e la istruisce continuamente, la chiama a conversione negli stili di vita, per resistere al degrado umano dell’ambiente e manifestare quella critica sociale che è anzitutto testimonianza della possibilità di cambiare”.

La conversione tutto collega, in quanto Gesù ristabilisce le relazioni, come è sottolineato nell’enciclica ‘Laudate Deum’: “Questa conversione consiste nel passare dall’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura (ridotta ad oggetto da manipolare), all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato. ‘Un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso’, perché il peccato di Adamo ha distrutto le relazioni fondamentali di cui l’uomo vive: quella con Dio, con sé stesso e gli altri esseri umani e quella con il cosmo. Tutte queste relazioni devono essere, sinergicamente, ristabilite, salvate, ‘rese giuste’. Nessuna può mancare. Se ne manca una, tutto fallisce”.

Ed ha spiegato il motivo del messaggio: “Sperare e agire con il creato significa anzitutto unire le forze e, camminando insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, contribuire a «ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti. Il nostro potere, infatti, è aumentato freneticamente in pochi decenni… Un potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro noi stessi. Perciò oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa servizio della pace e dello sviluppo integrale”.

Questo è il motivo per cui la salvaguardia è una questione teologica: “La salvaguardia del creato è dunque una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio. Questo intreccio si può dire ‘generativo’, in quanto risale all’atto d’amore con cui Dio crea l’essere umano in Cristo. Questo atto creatore di Dio dona e fonda l’agire libero dell’uomo e tutta la sua eticità: libero proprio nel suo essere creato nell’immagine di Dio che è Gesù Cristo, e per questo “rappresentante” della creazione in Cristo stesso”.

Tale motivazione muove il cristiano all’impegno per la giustizia e la pace: “C’è una motivazione trascendente (teologico-etica) che impegna il cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraverso la destinazione universale dei beni: si tratta della rivelazione dei figli di Dio che il creato attende, gemendo come nelle doglie di un parto. In gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa storia, c’è soprattutto il suo destino nell’eternità, l’eschaton della nostra beatitudine, il Paradiso della nostra pace, in Cristo Signore del cosmo, il Crocifisso-Risorto per amore”.

Il messaggio si conclude con un ‘appello’ a vivere una fede incarnata: “Sperare e agire con il creato significa allora vivere una fede incarnata, che sa entrare nella carne sofferente e speranzosa della gente, condividendo l’attesa della risurrezione corporea a cui i credenti sono predestinati in Cristo Signore. In Gesù, il Figlio eterno nella carne umana, siamo realmente figli del Padre. Mediante la fede e il battesimo inizia per il credente la vita secondo lo Spirito, una vita santa, un’esistenza da figli del Padre, come Gesù, poiché, per la potenza dello Spirito Santo, Cristo vive in noi. Una vita che diventa canto d’amore per Dio, per l’umanità, con e per il creato, e che trova la sua pienezza nella santità”.

Papa Francesco: annunciare la bellezza della fede

Anche se in luglio ha sospeso tutti gli incontri nella mattinata di oggi papa Francesco ha ricevuto i partecipanti ai Capitoli Generali di alcune Congregazioni Religiose: Ordine dei Minimi, Ordine dei Chierici Regolari Minori, Chierici di San Viatore, Missionarie di Sant’Antonio Maria Claret, Suore Riparatrici del Sacro Cuore, Suore Agostiniane del Divino Amore, ponendo loro alcune domande: “Io farò una domanda prima di incominciare. Quanti novizie o novizi avete voi? Quanti? … Pregate, pregate. Ma come fate? Da dove vengono?”

Dopo aver ricevuto le risposte e ricordando le origini di ogni ordine il papa ha chiesto di dare vigore alla fede, come aveva scritto san Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica ‘Vita consecrata’: “Nella vostra varietà, siete un’immagine viva del mistero della Chiesa, in cui: ‘a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito Santo per il bene comune di tutti’, affinché nel mondo risplenda in tutta la sua luce la bellezza di Cristo. Non a caso i Padri della Chiesa definivano il cammino spirituale dei consacrati e delle consacrate: ‘filocalia, ossia amore per la bellezza divina, che è irradiazione della divina bontà’. E questa strada, quanto lontana è dalle lotte interne, da interessi che non siano quelli dell’amore”.

Innanzitutto si è soffermato sulla bellezza della vita consacrata: “Davvero le vostre storie, in circostanze, tempi e luoghi diversi, sono storie di bellezza, perché in esse traspare la grazia del volto di Dio: quella che nei Vangeli vediamo in Gesù, nelle sue mani raccolte in preghiera nei momenti di intimità col Padre, nel suo cuore pieno di compassione, nei suoi occhi accesi di zelo quando denuncia ingiustizie e soprusi, nei suoi piedi callosi, segnati dalle lunghe marce con cui ha raggiunto anche le periferie più disagiate ed emarginate della sua terra”.

E’ questa la grandezza dei Padri fondatori: “Le vostre fondatrici e i vostri fondatori, sotto l’impulso dello Spirito Santo, hanno saputo cogliere i tratti di questa bellezza, e corrispondervi in modi diversi, secondo i bisogni delle loro epoche, scrivendo pagine meravigliose di carità concreta, di coraggio, di creatività e di profezia, spendendosi nella cura dei deboli, dei malati, dei vecchi e dei bambini, nella formazione dei giovani, nell’annuncio missionario e nell’impegno sociale; pagine che oggi sono affidate a voi, perché continuiate l’opera da loro iniziata”.

Questa è un’opera che deve continuare: “L’invito, allora, nei vostri lavori capitolari, è a ‘raccogliere il loro testimone’ (tocca a voi prenderlo ed andare avanti), ed a continuare come loro a ricercare e seminare la bellezza di Cristo nella concretezza delle pieghe della storia, mettendovi prima di tutto in ascolto dell’Amore che li ha animati, e lasciandovi poi interrogare dalle modalità con cui vi hanno corrisposto: da ciò che hanno scelto e da ciò a cui hanno rinunciato, magari con sofferenza, per essere per i loro contemporanei specchio terso del volto di Dio”.

Però la vita consacrata va vissuta nell’essenzialità: “Ciascuno di loro, in circostanze diverse, ha scelto l’essenziale ed ha rinunciato al superfluo, lasciandosi forgiare giorno per giorno dalla semplicità dell’amore di Dio che risplende nel Vangelo… Preparandovi ai vostri incontri, perciò, chiedete anche voi al Signore di essere semplici, personalmente e anche semplici nelle dinamiche sinodali del cammino comune, spogliandovi di tutto ciò che non serve o che può ostacolare l’ascolto e la concordia nei vostri processi di discernimento; spogliandovi di calcoli, di ambizioni, invidie (è brutta l’invidia in una vita comunitaria; l’invidia a me piace vederla come la ‘malattia gialla’, una cosa brutta), pretese, rigidità e qualsiasi altra brutta tentazione di autoreferenzialità”.

Infine ha indicato loro la strada della povertà in Cristo: “E questa è una missione grande! Ed il Padre la affida a voi, membra fragili del corpo del suo Figlio, proprio perché attraverso il vostro ‘sì’ umile appaia la potenza della sua tenerezza, che va oltre ogni possibilità, e che permea la storia di ciascuna delle vostre comunità. E non lasciare la preghiera, una preghiera dal cuore; non lasciare i momenti davanti al tabernacolo parlando con il Signore, parlando al Signore e lasciando che il Signore parli a noi. Ma la preghiera dal cuore: non quella dei pappagalli, no, no. Quella che viene dal cuore e che ci fa andare avanti nella strada del Signore”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco invita a leggere la Sacra Scrittura

“Domani celebreremo la memoria liturgica di sant’Antonio di Padova, sacerdote e dottore della Chiesa. L’esempio di questo insigne predicatore, protettore dei poveri e dei sofferenti, susciti in ciascuno il desiderio di proseguire il cammino della fede e imitare la sua vita, diventando così testimoni credibili del Vangelo”: al termine dell’udienza generale di oggi papa Francesco ha ricordato la festa di sant’Antonio da Padova, che ricorre domani, chiedendo di pregare per la pace, perché la guerra è sempre una ‘sconfitta’, con un incoraggiamento ai fedeli di lingua portoghese: “Domani celebreremo Sant’Antonio, nato a Lisbona, che ci dice: ‘se leggi Gesù, egli ti sazia la mente’. Incoraggio, dunque, ognuno di voi a meditare la Sacra Scrittura. In essa, Gesù ci rinvigorisce e illumina la nostra vita”.

Mentre nell’udienza generale papa Francesco ha continuato la catechesi sullo ‘Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza’ sul tema ‘Tutta la Scrittura è ispirata da Dio’, con il consiglio di ‘Conoscere l’amore di Dio dalle parole di Dio’:

“Lo Spirito Santo, che ha ispirato le Scritture, è anche Colui che le spiega e le rende perennemente vive e attive. Da ispirate, le rende ispiratrici… In questo modo lo Spirito Santo continua, nella Chiesa, l’azione di Gesù Risorto che, dopo la Pasqua ‘aprì la mente dei discepoli all’intelligenza delle Scritture’.

Può capitare, infatti, che un certo passo della Scrittura, che abbiamo letto tante volte senza particolare emozione, un giorno lo leggiamo in un clima di fede e di preghiera, e allora quel testo improvvisamente si illumina, ci parla, proietta luce su un problema che stiamo vivendo, rende chiara la volontà di Dio per noi in una certa situazione”.

La Chiesa è ‘nutrita’ dalla Sacra Scrittura: “Fratelli e sorelle, la Chiesa si nutre della lettura spirituale della Sacra Scrittura, cioè della lettura fatta sotto la guida dello Spirito Santo che l’ha ispirata. Al suo centro, come un faro che illumina tutto, c’è l’evento della morte e risurrezione di Cristo, che compie il disegno di salvezza, realizza tutte le figure e le profezie, svela tutti i misteri nascosti e offre la vera chiave di lettura dell’intera Bibbia”.

Tutta la Sacra Scrittura è ‘illuminata’ dalla resurrezione di Gesù: “La morte e risurrezione di Cristo è il faro che illumina tutta la Bibbia, e illumina anche la nostra vita… La Chiesa, Sposa di Cristo, è interprete autorizzata del testo della Scrittura ispirato, la Chiesa è la mediatrice della sua proclamazione autentica. Poiché la Chiesa è dotata dello Spirito Santo (per questo è interprete), essa è ‘colonna e sostegno della verità’. Perché? Perché è ispirata, tenuta ferma dallo Spirito Santo. E il compito della Chiesa è aiutare i fedeli e quanti cercano la verità a interpretare in modo corretto i testi biblici”.

Ed ha indicato la pratica della ‘lectio divina’: “Consiste nel dedicare un tempo della giornata alla lettura personale e meditativa di un brano della Scrittura. E questo è molto importante: tutti i giorni prenditi un tempo per ascoltare, per meditare, leggendo un passo della Scrittura. E per questo mi raccomando: abbiate sempre un Vangelo tascabile e portatelo nella borsa, nelle tasche… Così quando siete in viaggio o quando siete un po’ liberi lo prendete e leggete… Questo è molto importante per la vita. Prendete un Vangelo tascabile e durante la giornata leggetelo una, due volte, quando capita”.

Però principalmente l’invito del papa è la frequenza della messa: “Ma la lettura spirituale per eccellenza della Scrittura è quella comunitaria che si fa nella Liturgia, nella Messa. Lì vediamo come un evento o un insegnamento, dato nell’Antico Testamento, trova il suo pieno compimento nel Vangelo di Cristo. E l’omelia, quel commento che fa il celebrante, deve aiutare a trasferire la Parola di Dio dal libro alla vita. Ma l’omelia per questo dev’essere breve: un’immagine, un pensiero e un sentimento. L’omelia non deve andare oltre gli otto minuti, perché dopo con il tempo si perde l’attenzione e la gente si addormenta, e ha ragione. Un’omelia deve essere così”.

E per l’omelia si è rivolto ai sacerdoti per rendere la lettura della Sacra Scrittura più comprensibile: “E questo voglio dire ai preti, che parlano tanto, tante volte, e non si capisce di che cosa parlano. Omelia breve: un pensiero, un sentimento e uno spunto per l’azione, per come fare. Non più di otto minuti. Perché l’omelia deve aiutare a trasferire la Parola di Dio dal libro alla vita. E tra le tante parole di Dio che ogni giorno ascoltiamo nella Messa o nella Liturgia delle ore, ce n’è sempre una destinata in particolare a noi. Qualcosa che tocca il cuore. Accolta nel cuore, essa può illuminare la nostra giornata, animare la nostra preghiera. Si tratta di non lasciarla cadere nel vuoto!”

Concludendo l’udienza generale papa Francesco ha consigliato la lettura della Bibbia: “Come certi brani musicali, la Sacra Scrittura ha anch’essa una nota di fondo che l’accompagna dall’inizio alla fine, e questa nota è l’amore di Dio… Cari fratelli e sorelle, avanti con la lettura della Bibbia! Ma non dimenticate il Vangelo tascabile: portarlo in borsa, nelle tasche e in qualche momento della giornata leggere un passo. E questo vi farà vicinissimi allo Spirito Santo che è nella Parola di Dio. Lo Spirito Santo, che ha ispirato le Scritture e ora spira dalle Scritture, ci aiuti a cogliere questo amore di Dio nelle situazioni concrete della vita”.

(Foto: Santa Sede)

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