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Solennità del Corpus Domini. prendete e mangiate: questo è il mio corpo!

La solennità del Corpus Domini corona tutte le feste dell’anno liturgico, è un giorno particolare perché il popolo santo di Dio ringrazia Gesù che mantiene la promessa: “Non vi lascerò orfani, prendete e mangiate, questo è il mio corpo, prendete e bevete: questo è il mio sangue; fate questo in memoria di me”. Resta con noi, Gesù, facci dono di te e dacci quel pane che ci nutre per la vita eterna; libera il mondo dal veleno del male, della violenza, dell’odio, della guerra. La processione, che segue la celebrazione della messa, non è la solita processione nella quale si porta in giro una immagine di un Santo o della Croce; oggi nella processione è Gesù, vivo e vero, che attraversa le strade per benedire il suo popolo: piccoli e grandi, ricchi e poveri, deboli e fragili.
Questa festa è stata istituita nell’anno 1264 da papa Urbano IV come festa della Chiesa. Fu celebrata per la prima volta ad Orvieto dove si conserva ancora il corporale intriso di sangue con le tracce del miracolo di Bolsena. La festa di oggi ci pone di fronte Cristo Gesù, unico ed eterno sacerdote sacrificato sull’altare, come cibo e nutrimento dell’anima: ‘Prendete e mangiate. questo è il mio corpo … Questo è il mio sangue’; queste parole risuonano con potenza oggi, solennità del Corpus Domini. Esse ci conducono idealmente nel cenacolo e ci fanno rivivere il clima di quella notte, quando Gesù istituendo l’Eucaristia anticipò quasi il sacrificio della croce, che si sarebbe svolto tra poche ore.
Con l’espressione: ‘sangue della Nuova Alleanza’ rende manifesto il piano divino: Gesù costituisce un’alleanza con l’uomo basata sulla fedeltà e sull’amore infinito di Cristo, che si è fatto uomo per salvare l’umanità; muore in Croce per sancire l’Alleanza con il prezzo del suo sangue: una morte accettata per amore. L’antica Alleanza, sancita sul monte Sinai con il rito sacrificale di animali, era stata subito violata dal popolo di Dio con la costruzione di un vitello d’oro; quel popolo non si dimostrò mai fedele al patto sancito tra Dio e il suo popolo.
Oggi noi, riuniti attorno all’altare, vogliamo ribadire la nostra fedeltà all’amore di Cristo Gesù, morto in croce e risorto. L‘Eucaristia è il sacramento dell’umano pellegrinaggio; la nostra vita è infatti un cammino verso la grande meta: il cielo. Gesù stesso ci invita oggi a prendere parte con fede e amore a questo convito, consapevoli che siamo deboli, e fragili: ‘Siete stanchi, affaticati, oppressi, venite a me ed io vi ristorerò’; questo è l’invito del Signore. Il nostro camminare insieme a Gesù ha uno scopo ben preciso: raggiungere la propria pienezza. Gesù, tu sei la via che ci conduce al Padre; tu ci guidi nel quotidiano pellegrinaggio.
L’Eucaristia è la fonte e il culmine della nostra vita perché Cristo Gesù si è fatto nutrimento del suo popolo. Quanti ci nutriamo del corpo e sangue di Gesù siamo riuniti dallo Spirito Santo in un solo corpo per formare il popolo santo di Dio. Diceva sant’Agostino: come diversi chicchi di grano formano il pane, e diversi acini di uva formano lo stesso vino, così popoli diversi per cultura, nazionalità, carismi e talenti costituiscono, grazie a Gesù, il popolo santo di Dio. Il Vangelo oggi ci presenta l’episodio della moltiplicazione dei pani; l’Eucaristia è il pane per coloro che sono al buio, che hanno bisogno per nutrirsi: Gesù ebbe compassione del popolo affamato e quando uno offrì cinque pani, sfamò una moltitudine di ben cinque mila persone.
Consapevoli di essere fragili, deboli, pentiti dai peccati, nutriti di questo pane vivo disceso dal cielo, dimostriamo il nostro amore a Cristo Gesù testimoniando nella città, nel campo del lavoro, nei rapporti sociali l’amore di Dio con una carità vera, autentica, facendo della nostra vita ‘pane spezzato per tutti’. La Madonna ci aiuti ad essere solidali e solleciti verso tutti; questa è la carità di cui ci parla Gesù; questo ci insegna la festa di oggi.
Sant’Antonio da Padova: un santo che indica la via della speranza

Passata la solennità del Santo di venerdì 13 giugno, prosegue il cartellone del Giugno Antoniano 2025, che accompagnerà il pubblico fino al 28 giugno: oggi alle ore 16.00, la Sala Studio Teologico al Santo ospita il seminario di studio ‘Antonio: cammino e cammini’ con concerto finale. Si tratta di un itinerario tra antropologia e spiritualità che vedrà alternarsi padre Luciano Bertazzo del Centro Studi Antoniani, Alberto Friso di Antonio800 e Chiara Rabbiosi, docente del corso di laurea in turismo dell’Università di Padova. Nell’occasione sarà presentato il volume ‘Antonio da Lisbona di Padova. I Cammini’, curato da Pompeo Volpe, in dialogo con Jorge Leitao, già pellegrino dalla Sicilia a Padova.
Al termine della parte seminariale, ci si sposterà nei chiostri per il concerto di canti dei pellegrini tramandati nei manoscritti medievali, con il Coro di Canto medievale diretto dal M° Massimo Bisson e il Coro Gaudeamus diretto dal M° Ignacio Vazzoler, entrambi del Concentus Musicus Patavinus dell’Università di Padova, con tenore e baritono solisti ed Ensemble strumentale. I canti dei pellegrini, tramandati nei manoscritti medievali come il Codex Calixtinus e il Llibre Vermell de Montserrat, offrono un prezioso squarcio sulla dimensione sonora del pellegrinaggio. Dall’antica Europa al Sud America del XX secolo, il legame tra musica e devozione si rinnova nella Misa Criolla di Ariel Ramírez, straordinaria opera che fonde la tradizione della liturgia cattolica con i ritmi e le sonorità popolari dell’America Latina. L’evento, a cura del Centro Studi Antoniani, Museo Antoniano e Antonio800, ha ottenuto il patrocinio del dipartimento DISSGEA dell’Università di Padova.
Sempre mercoledì 18 giugno alle ore 20.45 (in replica il mercoledì 25 giugno, alla stessa ora), la Veneranda Arca di Sant’Antonio promuove ‘Il Santo – Antonio, difensore degli ultimi’, che si terrà nei Chiostri della Basilica di Sant’Antonio. Si tratta di visite animate con Alessandra Brocadello e Carlo Bertinelli di Teatrortaet Associazione Culturale. Partendo dalla narrazione del Beato Luca Belludi, che ha accompagnato l’ultima parte della vita di frate Antonio, si percorre l’itinerario biografico antoniano: dalle città portoghesi dove è nato e ha vissuto, alla scelta francescana, fino alla città di Padova dove ha predicato ed è morto, subito acclamato come ‘Santo’. Posti disponibili 40. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria: prenotazioni@teatrortaet.it – t. 348 3615812.
‘Una passeggiata con il conte Nicolò Claricini’, di giovedì 19 giugno, è invece un’originale percorso di visita guidata a piedi dalle residenze De Claricini lungo via Cesarotti, fino alla Basilica del Santo sulle orme di Giotto. La partenza alle ore 18.30 è da Palazzo De Claricini, per una eccezionale visita dello storico edificio con il presidente della Fondazione De Claricini Dornpacher Oldino Cernoia ed Emanuela Accornero, curatrice di pubblicazioni sulla famiglia che ripercorrono la figura del conte Nicolò Claricini, già Presidente della Veneranda Arca e appassionato studioso di Giotto, sino ai luoghi giotteschi della Basilica, questi ultimi illustrati dalla docente universitaria Giovanna Valenzano del Collegio di presidenza della Veneranda Arca del Santo. La visita, organizzata da Veneranda Arca di Sant’Antonio con Fondazione De Claricini Dornpacher, è a ingresso libero sino a esaurimento posti disponibili (massimo 40 persone). Gradita la prenotazione a arcadisantantonio@gmail.com.
Sabato 21 giugno alle ore 18.30, l’Oratorio di San Giorgio, inserito nel circuito della Padova Urbs Picta patrimonio Unesco, ospita il concerto di canto gregoriano ‘Cantare per sant’Antonio: l’Officium Rhythmicum di Giuliano da Spira’ della Schola cantorum Psallite sapienter, diretta dal M° Matteo Cesarotto. Composto nel XIII secolo, quando ormai il canto gregoriano vero e proprio aveva concluso la sua stagione più fervida, questo Ufficio Ritmico, composto dal raffinato musicista fra Giuliano da Spira, celebra la figura di Sant’Antonio di Padova canonizzato a soli undici mesi dalla sua morte, segno della profonda venerazione di cui già godeva nel suo tempo. La struttura poetica e musicale dell’Officium Rhythmicum con melodie ornate e regolari, ne favoriva la memorizzazione e la diffusione da parte dei devoti, trasformandolo in un vero e proprio canto di devozione, espressione pura e sublime della preghiera cantata nella tradizione cristiana occidentale. Il concerto a cura del Museo Antoniano è a ingresso libero fino esaurimento posti.
Il cartellone completo con tutti gli eventi culturali e le celebrazioni religiose è su www.santantonio.org.
Mentre nella festa di Pentecoste il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, card. Marcello Semeraro ha ripreso la descrizione della Chiesa del card. Schuster: “Possiamo paragonare questo momento a quanto accade nelle nostre famiglie quando, una bimba o un bimbo nati da poco, pronunciano le loro prime parole: le accogliamo con gioia e lo comunichiamo a nostra volta ai parenti e agli amici. So che a questa Santa Messa partecipano pure genitori colpiti dalla perdita di un figlio, o di una figlia e dunque questo che ho richiamato può suscitare rimpianto. Faccia sorgere, però, nel vostro animo, carissimi, anche ricordi belli e ricchi di speranza perché oggi quei figli e figlie non solo parlano, ma cantano le lodi del Signore con gli Angeli nel cielo”.
Ed ha offerto due annotazione sul dono della comprensione delle lingue: “La prima ci giunge dalle spiegazioni, pressoché unanimi, che i Padri della Chiesa hanno dato riguardo a questa comprensione di lingue diverse. Li ben sintetizza san Beda, un monaco benedettino del VII secolo, il quale scrive che quanto accadde a Gerusalemme è il capovolgimento di quanto era avvenuto a Babele: qui ci fu la confusione delle lingue degli uomini, a Gerusalemme, invece, l’opera dello Spirito Santo le riconciliò per l’edificazione della Chiesa, cui il Signore ha affidato la missione di annunciare il Vangelo a tutti i popoli”.
Poi citando san Gregorio di Nazianzo, che ha paragonato l’opera dello Spirito Santo a quella di un maestro di coro che riunisce le voci più diverse in un unico canto di lode, il prefetto ha riportato episodi di vita di sant’Antonio: “Chi vedeva e ascoltava Antonio capiva che egli era sostenuto dall’amore, dalla carità. E’ l’amore che permette di superare le distanze. Lo diceva già la sapienza antica: omnia vincit amor. Come non saperlo noi cristiani? Non cantiamo, forse, che ‘l’amore di Cristo ci ha riuniti per diventare una sola cosa’?
Ma c’è pure un’altra cosa che sant’Antonio raccomandava dopo avere spiegato il miracolo pentecostale delle lingue. Diceva che ‘le diverse lingue sono le varie testimonianze che possiamo dare a Cristo, come l’umiltà, la povertà, la pazienza e l’obbedienza: e parliamo queste lingue quando mostriamo agli altri queste virtù, praticate in noi stessi. Il parlare è vivo quando parlano le opere. Vi scongiuro: cessino le parole e parlino le opere’. Raccogliamo, allora, pure questo suo incoraggiamento alla coerenza della vita e invochiamolo con le parole di un antico inno, che ci giunge da un manoscritto polacco del XVI-XVI secolo”.
Mentre nel messaggio in occasione della festa il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, e fra Antonio Ramina, rettore della Pontificia Basilica di sant’Antonio, hanno scritto che la speranza illumina la vita: “Possiamo sperare perché le nostre esistenze sono lo spazio in cui Dio riversa la pienezza del suo amore. Immeritato, gratuito, fedele; che ci permette di rialzarci sempre. Sant’Antonio potrebbe essere considerato il santo della ‘perenne ripartenza’. Se c’è un tratto che lo qualifica da vicino è proprio questo: la sua parola, per quanto esigente e decisa, è sempre stata parola di incoraggiamento, che non ha mai negato a nessuno la possibilità di ricevere il perdono e di ricominciare a sperare: ‘Il peccatore deve allietarsi nella speranza del perdono’ (Sant’Antonio di Padova)…
Sono, questi, soltanto alcuni esempi delle tante dinamiche disumanizzanti di cui siamo purtroppo testimoni. Prenderne coscienza implica, da parte nostra, la responsabilità di non assecondarle, anche se ci costa fatica; anche se ci sembrano inarrestabili. Nessuno ci tolga la possibilità di fare scelte diverse rispetto a quelle dominanti: ogni attenzione al povero, ogni gesto di perdono, ogni frammento di tempo impiegato a coltivare un’amicizia, ogni energia dedicata alla gratuità dell’arte, ogni premura riservata al creato, ogni violenza denunciata con coraggio: sono tutte attitudini «improduttive» sotto il profilo dell’utile e del tornaconto; ma gettano le basi per rapporti umani felici e concorrono a edificare per il domani orizzonti di convivenza possibili. Anche in questo ci è d’ispirazione la vita di Sant’Antonio, che non ha esitato a esporsi di persona mettendosi contro tiranni e corrotti, mostrando l’efficacia della testimonianza personale nata dalla fede”.
(Foto: Sant’Antonio da Padova)
Papa Leone XIV: lo Spirito Santo rinnova il mondo e la Chiesa

“E’ spuntato a noi gradito il giorno nel quale… il Signore Gesù Cristo, glorificato con la sua ascesa al cielo dopo la risurrezione, inviò lo Spirito Santo. E anche oggi si ravviva ciò che accadde nel Cenacolo: come un vento impetuoso che ci scuote, come un fragore che ci risveglia, come un fuoco che ci illumina, discende su di noi il dono dello Spirito Santo”: nella solennità di Pentecoste e del giubileo dei movimenti papa Leone XIV ha spiegato che il Paraclito apre le frontiere ‘dentro di noi’, servendosi di una frase di sant’Agostino.
Il papa si è soffermato a meditare sulle ‘frontiere’ interne: “E’ il Dono che dischiude la nostra vita all’amore. E questa presenza del Signore scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi. Lo Spirito Santo viene a sfidare, in noi, il rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo. E’ triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di ‘fare rete’, sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari”.
Proprio lo Spirito Santo permette di avere una nuova visione di vita: “E invece lo Spirito di Dio ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita: ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince, secondo le stesse parole di Gesù appena proclamate, che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale”.
Lo Spirito Santo permette una relazione che escluda la violenza: “Lo Spirito, inoltre, apre le frontiere anche nelle nostre relazioni. Infatti, Gesù dice che questo Dono è l’amore tra Lui e il Padre che viene a prendere dimora in noi. E quando l’amore di Dio abita in noi, diventiamo capaci di aprirci ai fratelli, di vincere le nostre rigidità, di superare la paura nei confronti di chi è diverso, di educare le passioni che si agitano dentro di noi.
Ma lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni. Penso anche, con molto dolore, a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio”.
Proprio il dono dello Spirito Santo è capace di far superare le frontiere: “In questo modo, lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità. E questo è un criterio decisivo anche per la Chiesa: siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti”.
Tale ‘abbattimento’ è dovuto al linguaggio: “Infine, lo Spirito apre le frontiere anche tra i popoli. A Pentecoste gli Apostoli parlano le lingue di coloro che incontrano e il caos di Babele viene finalmente pacificato dall’armonia generata dallo Spirito. Le differenze, quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell’altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità”.
Ecco la forza dello Spirito Santo nell’abbattere le ‘frontiere’: “Lo Spirito infrange le frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio, perché ‘ci insegna ogni cosa’ e ci ‘ricorda le parole di Gesù’; e, perciò, per prima cosa insegna, ricorda e incide nei nostri cuori il comandamento dell’amore, che il Signore ha posto al centro e al culmine di tutto. E dove c’è l’amore non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici”.
L’omelia è conclusa ricordando che lo Spirito Santo rinnova la Chiesa ed il mondo: “Invochiamo lo Spirito dell’amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli. Fratelli e sorelle, è la Pentecoste che rinnova la Chiesa, rinnova il mondo! Il vento gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore, ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace”.
(Foto: Santa Sede)
Solennità di Pentecoste: Vieni, Santo Spirito!

L’anno liturgico è scandito da tre feste: Natale, Pasqua e Pentecoste. Oggi è la terza solennità, vera pietra miliare; termine greco, la Pentecoste significa 50° giorno dalla Pasqua di risurrezione. Festa antichissima, già nota nel mondo ebraico che celebrava la festa del raccolto; per noi cristiani ricorda la promessa di Gesù ai suoi discepoli: ‘Non vi lascerò orfani, aspettate la promessa: lo Spirito Santo che il Padre vi manderà; allora sarete rinnovati dalla sua potenza divina’. L’avvento dello Spirito Santo è il più clamoroso intervento divino nella Storia della Chiesa e si è realizzato davanti ad una platea di testimoni.
Il racconto storico della Pentecoste, che leggiamo negli Atti degli Apostoli (Atti, 2, 1-11), presenta il ‘nuovo corso storico’ iniziato con la passione, morte e risurrezione di Cristo Gesù, l’evento che coinvolge l’uomo, la storia e il cosmo. Con la discesa dello Spirito Santo si innesta un processo di unificazione tra le varie parti della famiglia umana; da qui il miracolo della lingue: l’apostolo parla a tutti i popoli e ciascuno ascolta nella propria lingua: erano Parti, Medi, Cretesi ed Arabi; a Gerusalemme c’erano infatti Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo, la Pentecoste li radunava ogni anno da tutte le parti: dell’occidente e dell’oriente.
Lo Spirito Santo impedisce che il cristiano si chiuda in sé perché essere cristiano è amare, perdonare, servire. Lo Spirito Santo si manifesta come fuoco divino, la sua fiamma discende sugli apostoli riuniti e conferisce loro un nuovo ardore: gli Apostoli escono fuori, parlano apertamente, inizia la storia della Chiesa. I doni dello Spirito Santo imprimono nell’anima del credente quel dinamismo spirituale che caratterizza il nuovo popolo di Dio; non è il fuoco della guerra, che brucia e distrugge ma un fuoco che divampa senza bruciare; una fiamma che arde e fa riflettere e fa emergere dall’uomo la parte più bella: pentimento e conversione. Dio porta così a compimento la Nuova alleanza con lo Spirito santo che viene effuso sugli Apostoli e sulla Chiesa nascente.
Lo Spirito santo non dà un insegnamento nuovo e diverso ma rende operante l’insegnamento di Gesù Cristo. Gesù aveva detto: ‘Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera’. Nasce così il nuovo popolo nel quale prevalgono, sotto l’azione dello Spirito, i valori della fratellanza, carità, gioia, fedeltà, e tutta la forza per operare il bene. Lo Spirito spinge i battezzati a proclamare e testimoniare Cristo crocifisso, morto e risorto ed assiso alla destra del Padre. E’ veramente l’inizio della storia della Chiesa.
Non è l’inizio di una nuova teoria filosofica nè di una teologia diversa; gli Apostoli hanno ricevuto da Cristo il compito di santificare e governare i popoli, rimettere i peccati, diffondere il Vangelo sino agli estremi confini della terra. La Pentecoste non è perciò un fenomeno legato ad un certo momento della storia ma è una realtà perenne che continua sino ad oggi e sino alla fine dei tempi perchè lo Spirito Santo disceso nella Chiesa non abbandonerà mai la Chiesa. E’ come un vento che guida la nostra barca a vela che si agita spesso in un mare ora calmo, ora sereno, ora in tempesta; è un vento propizio che non abbandona mai la Chiesa.
Questa azione dello Spirito, presente in ciascuno di noi, opera dove, come, quando vuole, conforme ai talenti e ai carismi che ciascuno ha ricevuto. Non c’è Chiesa di Dio senza Pentecoste; non c’è Pentecoste senza la presenza di Maria che fu presente nel cenacolo e con gli Apostoli perseveranti nella preghiera. Invochiamo oggi, più che mai, Maria, madre di Gesù e nostra, regina degli Apostoli, perché rivolga anche su di noi i suoi occhi misericordiosi. Gesù ce l’ha lasciata come ‘madre’ ed è Madre della Chiesa.
Papa Leone XIV invita alla conversione nello Spirito Santo

“Lo Spirito creatore, che nel canto abbiamo invocato (Veni creator Spiritus), è lo Spirito disceso su Gesù, il protagonista silenzioso della sua missione: ‘Lo Spirito del Signore è sopra di me’. Domandando che visiti le nostre menti, moltiplichi i linguaggi, accenda i sensi, infonda l’amore, rafforzi i corpi, doni la pace ci siamo aperti al Regno di Dio. E’ questa la conversione secondo il Vangelo: volgerci al Regno ormai vicino”: presiedendo in piazza san Pietro la veglia di Pentecoste, nel Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità, papa Leone XIV ha ricordato l’unità dei primi discepoli illuminati dallo Spirito.
Con la Pentecoste tutto è trasformato: “In Gesù vediamo e da Gesù ascoltiamo che tutto si trasforma, perché Dio regna, perché Dio è vicino. In questa vigilia di Pentecoste siamo profondamente coinvolti dalla prossimità di Dio, dal suo Spirito che unisce le nostre storie a quella di Gesù. Siamo coinvolti, cioè, nelle cose nuove che Dio fa, perché la sua volontà di vita si realizzi e prevalga sulle volontà di morte”.
E si ‘scopre’ la missione di Gesù: “Sentiamo qui il profumo del Crisma con cui è stata segnata anche la nostra fronte. Il Battesimo e la Confermazione, cari fratelli e sorelle, ci hanno uniti alla missione trasformatrice di Gesù, al Regno di Dio. Come l’amore ci rende familiare il profumo di una persona cara, così riconosciamo stasera l’uno nell’altro il profumo di Cristo. E’ un mistero che ci stupisce e ci fa pensare”.
Davanti a 100.000 persone che hanno rinnovato la professione di fede, il papa ha chiesto l’unità nella Chiesa: “A Pentecoste Maria, gli Apostoli, le discepole e i discepoli che erano con loro furono investiti da uno Spirito di unità, che radicava per sempre nell’unico Signore Gesù Cristo le loro diversità. Non molte missioni, ma un’unica missione. Non introversi e litigiosi, ma estroversi e luminosi. Questa piazza san Pietro, che è come un abbraccio aperto e accogliente, esprime magnificamente la comunione della Chiesa, sperimentata da ognuno di voi nelle diverse esperienze associative e comunitarie, molte delle quali rappresentano frutti del Concilio Vaticano II”.
Per questo il pensiero è ritornato a quel giorno dell’elezione papale con un richiamo al valore sinodale: “La sera della mia elezione, guardando con commozione il popolo di Dio qui raccolto, ho ricordato la parola ‘sinodalità’, che esprime felicemente il modo in cui lo Spirito modella la Chiesa. In questa parola risuona il syn (il con) che costituisce il segreto della vita di Dio. Dio non è solitudine. Dio è ‘con’ in sé stesso (Padre, Figlio e Spirito Santo) ed è Dio con noi. Allo stesso tempo, sinodalità ci ricorda la strada (odós) perché dove c’è lo Spirito c’è movimento, c’è cammino. Siamo un popolo in cammino”.
E’ lo Spirito Santo che permette alla Chiesa di essere accanto all’umanità, richiamando l’enciclica ‘Laudato sì’: “Questa coscienza non ci allontana ma ci immerge nell’umanità, come il lievito nella pasta, che la fa tutta fermentare. L’anno di grazia del Signore, di cui è espressione il Giubileo, ha in sé questo fermento. In un mondo lacerato e senza pace lo Spirito Santo ci educa infatti a camminare insieme. La terra riposerà, la giustizia si affermerà, i poveri gioiranno, la pace tornerà se non ci muoveremo più come predatori, ma come pellegrini. Non più ognuno per sé, ma armonizzando i nostri passi ai passi altrui. Non consumando il mondo con voracità, ma coltivandolo e custodendolo, come ci insegna l’enciclica Laudato sì”.
E’ questa la ragione per cui Dio ha creato il mondo: “Carissimi, Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. ‘Sinodalità’ è il nome ecclesiale di questa consapevolezza. E’ la via che domanda a ciascuno di riconoscere il proprio debito e il proprio tesoro, sentendosi parte di un intero, fuori dal quale tutto appassisce, anche il più originale dei carismi. Vedete: tutta la creazione esiste solo nella modalità dell’essere insieme, talvolta pericoloso, ma pur sempre un essere insieme”.
Infatti è possibile cambiare il mondo se si cambia il cuore: “E ciò che noi chiamiamo “storia” prende forma solo nella modalità del riunirsi, del vivere insieme, spesso pieno di dissidi, ma pur sempre un vivere insieme. Il contrario è mortale, ma purtroppo è sotto i nostri occhi, ogni giorno. Siano allora le vostre aggregazioni e comunità delle palestre di fraternità e di partecipazione, non solo in quanto luoghi di incontro, ma in quanto luoghi di spiritualità. Lo Spirito di Gesù cambia il mondo, perché cambia i cuori”.
In questo modo si ‘creano’ gioia e speranza: “Ispira infatti quella dimensione contemplativa della vita che sconfessa l’autoaffermazione, la mormorazione, lo spirito di contesa, il dominio delle coscienze e delle risorse. Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. L’autentica spiritualità impegna perciò allo sviluppo umano integrale, attualizzando fra noi la parola di Gesù. Dove questo avviene, c’è gioia. Gioia e speranza”.
L’evangelizzazione può avvenire attraverso le beatitudini: “L’evangelizzazione, cari fratelli e sorelle, non è una conquista umana del mondo, ma l’infinita grazia che si diffonde da vite cambiate dal Regno di Dio. E’ la via delle Beatitudini, una strada che percorriamo insieme, tesi fra il ‘già’ ed il ‘non ancora’, affamati e assetati di giustizia, poveri di spirito, misericordiosi, miti, puri di cuore, operatori di pace. Per seguire Gesù su questa via da Lui scelta non occorrono sostenitori potenti, compromessi mondani, strategie emozionali”.
Infine ha ricordato che essa è opera di Dio, chiedendo di rimanere fedeli alle chiese in essi si trovano: “L’evangelizzazione è opera di Dio e, se talvolta passa attraverso le nostre persone, è per i legami che rende possibili. Siate dunque legati profondamente a ciascuna delle Chiese particolari e delle comunità parrocchiali dove alimentate e spendete i vostri carismi. Attorno ai vostri vescovi e in sinergia con tutte le altre membra del Corpo di Cristo agiremo, allora, in armoniosa sintonia. Le sfide che l’umanità ha di fronte saranno meno spaventose, il futuro sarà meno buio, il discernimento meno difficile. Se insieme obbediremo allo Spirito Santo!”
(Foto: Santa Sede)
Ascensione di Gesù al cielo

Con l’Ascensione di Gesù al cielo si conclude il tempo della Pasqua: Gesù esce dallo spazio terreno ed entra nella pienezza della sua gloria. E’ la festa di Gesù, Figlio di Dio; è la festa dell’umanità tutta perché Gesù, vero Dio e vero uomo, entra nel cielo potando con sè la nostra umanità. Gioiscono gli Angeli; gioiscono le anime già da 40 giorni liberate dal limbo ed oggi ammesse nel Regno dei cieli; gioisce la Chiesa tutta: Maria, gli apostoli, le pie donne perché da oggi inizia la storia della Chiesa.
Gesù infatti, prima di salire al cielo, dice alla sua Chiesa: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi; non mi vedrete più ma sarò sempre accanto a voi”. I discepoli di Gesù, sconosciuti dal mondo, sono chiamati a conquistare la terra per fare dell’umanità la grande famiglia di Dio. A questi uomini deboli e fragili occorre un’armatura e Gesù promette loro la presenza dello Spirito Santo: ‘Giovanni battezzò con acqua ma voi battezzerete da qui a pochi giorni con lo Spirito Santo’.
L’Ascensione di Gesù al cielo segna il punto di partenza della storia della Chiesa nel mondo: la Chiesa è chiamata a portare avanti la missione affidatale da Gesù: predicare a tutte le genti; essere testimoni credibili davanti a tutti; vivere in gioiosa comunione con i fratelli costituendo il nuovo popolo di Dio. Gesù non lascia gli Apostoli in pianto, nelle lacrime; essi giulivi rientrano a Gerusalemme con grande gioia. L’Ascensione di Gesù segna il punto di arrivo di Cristo Gesù nella sua gloria; Gesù porta a termine la missione affidatagli dal Padre.
L’Ascensione segna anche il punto di partenza dello Spirito Santo, promesso da Gesù, che il Padre presto invierà sulla terra: il grande dono assicurato da Gesù ai suoi discepoli. L’evento della Ascensione è descritto non come un viaggio verso l’alto bensì come l’azione della potenza di Dio che introduce Gesù nello splendore della sua gloria: ‘seduto alla destra del Padre’.
Con Gesù asceso al cielo, l’uomo entra a pieno titolo, in modo inaudito e nuovo, nell’intimità della vita divina e perciò Gesù dirà ai suoi: ‘Vado a prepararvi un posto’. Il termine ‘cielo’ non indica un luogo sopra le stelle ma qualcosa di più sublime: indica Cristo Gesù che accoglie l’umanità redenta nella gloria perché in Lui, vero Dio e vero uomo, le due nature sono inseparabilmente unite nell’unica Persona divina. Per l’uomo essere con Dio significa essere in cielo, essere in comunione con Lui. Da qui il motivo per cui gli Apostoli rientrarono in Gerusalemme ‘pieni di gioia’.
L’Ascensione di Gesù non è stato un distacco ma la piena convinzione che Gesù, crocifisso e risorto, era veramente vivo ed aveva aperto le porte del regno dei cieli. Elevato in alto, reso invisibile agli occhi dei suoi discepoli, Egli non li aveva abbandonati; messo a morte nel corpo, è risorto e rimane sempre presente come Persona divina nella Chiesa che assicura la salvezza offerta a tutti.
Con il suo sacrificio in croce ha suggellato la nuova alleanza tra Dio e l’uomo; una alleanza dove tutti gli uomini sono invitati ad entrare con la fede e il Battesimo. Questa ‘alleanza’ non è un semplice segno di amicizia tra Dio e gli uomini ma l’adozione filiale dell’uomo al Padre, che diventa così anche ‘nostro Padre’. Gli Apostoli sono i testimoni non solo della sua passione, morte e risurrezione ma anche dell’Ascensione di Gesù al cielo: Gesù è salito al cielo; rimane così sempre con noi ! Cosa allora bisogna fare ? Ce lo indicano gli Atti degli Apostoli: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’; non state allora a braccia conserte, ma, su, all’opera !
Nasce così la storia millenaria della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. La festa dell’Ascensione di Gesù al cielo è il grazie più sentito a Gesù, che ha aperto a tutti le porte del Regno dei cieli; è un invito a guardare il cielo, che è la nostra vera patria dove Gesù ci ha preceduto con il suo amore; è la patria dove tutti siamo diretti per dare il via ad una vita nuova. La Santissima Vergine, Madre di Gesù e nostra, ci assista sempre, ci protegga nel nostro cammino per la maggior gloria di Dio.
6^ domenica di Pasqua: in ascolto dello Spirito Santo

Alla vigilia della sua passione e morte Gesù assicura ai suoi la sua presenza nella storia della Chiesa. Sembra una mamma che alla vigilia della sua partenza tranquillizza i figli con amore materno. Il brano del vangelo evidenzia tre momenti: una raccomandazione, un dono e un incoraggiamento materno. A) Un monito o raccomandazione: il segno del vostro vero amore per me si manifesta osservando la mia parola, che è parola del Padre mio; così non sarete mai soli. B) Un dono: Gesù promette ai suoi il dono dello Spirito Santo; questi vi insegnerà a comprendere pienamente il Vangelo, quanto Gesù ha insegnato, a rendere vivo ed operante il Vangelo attraverso la testimonianza.
Lo Spirito Santo non vi lascerà mai soli, da Lui sarete fortificati ed aiutati a comprendere tutti gli insegnamenti di Gesù. Il segno chiaro della sua presenza sarà ‘la pace interiore’; la pace di Cristo Gesù non è quella che si conquista con le armi o con i soldi, ma la pace vera che proviene dalla vittoria sul peccato, sull’egoismo ed aiuta ad amarci come fratelli. La Pentecoste o la discesa dello Spirito Santo segna la continuazione della pasqua cristiana: Gesù si sottrae dai suoi fisicamente per rimanere con essi spiritualmente; così essi dovranno sentirsi sempre responsabili personalmente e in prima persona, sempre fermamente sicuri di non essere soli o abbandonati.
Il dono dello Spirito deve essere accolto con gioia perché ci rassicura; accogliere questo dono è evidenziare il nostro amore e gratitudine verso Gesù che afferma: ‘Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà’. Nella parabola del Buon pastore Gesù aggiunge: ‘Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco, esse mi seguono’.
La parola di Cristo Gesù è una sola: ‘Amare come Cristo ci ha amato’. Ciò che importa al cristiano è la carità, che ha come motore lo Spirito Santo e ci permette di scoprire che tutti costituiamo la famiglia salvata da Cristo Gesù e destinata alla vita eterna.
Per il vero cristiano non ci sono buoni e cattivi ma fratelli e sorelle con le loro debolezze e fragilità per le quali Gesù dirà a Pietro: ‘Li perdonerai settanta volte sette se sbagliano e sono pentiti’. Quando Gesù dice: ‘Se uno mi ama…’ con queste parole non impone nulla, rispetta la libertà di ciascuno, chiede ed invita solo ad aprire la porta del cuore ed instaurare con lui un rapporto di amore. Dio è là dove l’amore non rimane un semplice sentimento vago ma una realtà concreta che permea tutta l’esistenza dell’individuo.
Dio ci ama, l’uomo è l’unico essere per il quale il Figlio di Dio non disdegnò di assumere la natura umana per aprire all’uomo le porte del regno dei Cieli. Dio oggi ci chiede di instaurare con Lui un rapporto di amore così come Egli ci ama. Per questo motivo Gesù istituisce l’Eucaristia: ‘Prendete e mangiate, questo è il mio corpo’: Gesù si fa compagno del nostro viaggio; chi ama non è mai solo: Gesù è sempre accanto a te perché ti conosce, ti pensa e ti ama.
Da qui il terzo momento: C) L’incoraggiamento di Gesù: ‘Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore’. Lo Spirito Santo infatti è dono ma è anche gioia vera. La gioia è qualcosa di divino: non è il piacere, che è solo terreno, effimero ed epidermico; la gioia che Dio conferisce non conosce tramonto, non teme intrighi ed angherie, ma è gioia vera e sicura.
Nella vita potrai incontrare ricchi disperati, sposi tristi, giovani nauseati della vita che ricorrono al suicidio, ma non troverai mai un santo, un amico di Dio triste o disperato. Amico, invoca Maria, madre della Chiesa e nostra, causa della nostra gioia, e lei ti condurrà a Cristo Gesù, frutto benedetto del suo seno.
Il dito di Dio. Lo Spirito Santo nella vita cristiana

L’autrice del libro è specializzata in Teologia dogmatica. Ha pubblicato: Dono e impegno. Un cammino tra temperamenti e virtù (2023) e San Giuseppe, l’uomo dei fatti (2024). Inoltre collabora con diverse riviste di teologia, cultura e spiritualità, scrivendo articoli e recensioni.
Lo scopo di questa nuova pubblicazione l’ha chiarito lei stessa nell’Introduzione dell’opera con parole significative: «In queste pagine, desideriamo immergerci nella straordinaria ricchezza di quei doni d’amore che il Padre continua a effondere nel cuore dei credenti, per far brillare la vita di Cristo nel mondo. Questi doni sono un invito a rispondere alla chiamata alla santità; a prendere parte, con crescente consapevolezza, alla stessa vita della SS. Trinità e alla missione della Chiesa, affinché il Regno di Cristo si manifesti anche oggi in mezzo a noi, e il suo amore possa raggiungere tutti gli uomini».
Quali sono questi “doni d’amore”? Dopo un primo capitolo dedicato a Lo Spirito Santo nella nostra vita, dove viene spiegato il contesto della lotta spirituale in cui fruttificano i doni di Dio, dal capitolo secondo fino al settimo, sono esaminati questi doni sublimi assieme alle virtù che portano a perfezione e alle beatitudini evangeliche a cui conducono: Il dono della Sapienza e la carità; I doni dell’Intelletto e della Scienza e la fede; Il dono del Consiglio e la prudenza; Il dono e la virtù della Fortezza; Il dono della Pietà e la giustizia; Il dono del Timor Dio e la speranza.
L’importanza di questo nuovo libro viene espressa da fr. Manuel Valenzisi ofm, nella sua Prefazione: «In questo nuovo testo di Pamela, siamo guidati a scoprire gli immensi tesori ricevuti nel giorno del Battesimo: un forziere ricolmo di perle preziose, che troppo spesso resta dimenticato a causa della nostra ignoranza spirituale. C’era proprio bisogno di una mappa che ci aiutasse a scoprire i tesori nascosti che abitano in noi, tesori innestati quel giorno in cui siamo nati a vita nuova e che attendono solo di essere scoperti, usati, spesi, scambiati, commerciati!».
C’è da precisare che l’autrice dell’opera, anni fa, ha pronunciato delle catechesi su questi doni, in una trentina di puntate radiofoniche, che sono disponibili nel canale youtube Vivete nella gioia.
A chi è diretto il libro? Oserei affermare che esso è diretto a tutti, ma in modo particolare a quei cristiani che ancora non hanno “scoperto” la bellezza, la sublimità e il valore dei doni dello Spirito. Ovviamente, una volta conosciuti questi doni, essi sono chiamati a viverli, per poter realizzare lo scopo e il senso della loro vita: tendere alla santità, ossia raggiungere quel grado di perfezione, nel loro stato di vita, a cui il Signore li ha chiamati, per donare loro, nella vita futura, la piena ed eterna felicità.
Estratto: https://www.academia.edu/127915794/Il_dito_di_Dio_Lo_Spirito_Santo_nella_vita_cristiana_estratto_
Link per l’acquisto: https://www.amazon.it/dito-Dio-Spirito-Santo-cristiana/dp/B0DYJMMFM8/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&sr=
Booktrailer: https://youtu.be/ZJHdN057uiA
Dall’Assemblea sinodale uno stimolo a camminare insieme

“L’Assemblea di martedì mattina e le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi richiedono un ripensamento globale del testo e non solo l’aggiustamento di alcune sue parti”: lo ha detto mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, concludendo i lavori della seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia. Ed ha ringraziato i partecipanti a questa seconda assemblea per il lavoro svolto:
“I gruppi, in queste due mezze giornate, hanno lavorato molto bene, intensamente e creativamente, ritrovando nel testo talvolta anche ricchezze che non emergevano a una prima lettura, e hanno integrato e corretto il testo; che tuttavia non si presenta ancora maturo. Ora vi verranno restituiti i lavori svolti nei gruppi e poi verrà avanzata una mozione da votare, per impostare il seguito del Cammino sinodale”.
Questa Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma fino al 3 aprile, nel solco del cammino compiuto in questi anni guidato dall’ascolto della Parola e dallo Spirito, continua a cogliere i segni dell’azione di Dio nel ‘cambiamento d’epoca’ con il proposito di rilanciare e orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria. Ugualmente sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale, valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile.
Inoltre questa Assemblea ha stabilito che il testo delle Proposizioni, dal titolo ‘Perché la gioia sia piena’, venga affidato alla Presidenza del Comitato Nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi. Al tempo stesso, l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del Documento contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione.
Inoltre mons. Castellucci ha sottolineato che tale Assemblea ha seguito il solco di un ‘Concilio’: “Non è inutile ricordare che il nostro Cammino sinodale si è mosso liberamente rispetto ai canoni di un Sinodo vero e proprio o di un Concilio. Abbiamo percorso in questi anni tre tappe (narrativa, sapienziale e ora profetica) che si sono precisate un po’ alla volta, con scelte ispirate dalla realtà che si stava snodando, non solo riguardo ai contenuti (ad esempio all’inizio non sapevamo quali argomenti sarebbero stati prioritari), ma anche riguardo alle modalità (ad esempio, all’inizio avevamo previsto una sola Assemblea sinodale finale e poi ne sono nate due… e in questi giorni ne è stata proposta una terza)”.
Ed ha ribadito che questo Sinodo è sviluppato attraverso processi: “E’ importane anche ribadire che non stiamo semplicemente celebrando degli eventi, ma dei processi, e che per questo il peso dei documenti prodotti è da misurare sul cambiamento degli stili ecclesiali. Come ci è stato ricordato in quest’Aula, la profezia non sta tanto nelle carte e nemmeno la si può attribuire a se stessi, ma si verifica negli eventi e nelle esperienze. Un libro può esprimere e incentivare l’auspicata conversione comunitaria, ma non la può surrogare”.
Un cammino che è novità per la Chiesa italiana: “Questo processo sinodale rappresenta una novità per le Chiese del nostro Paese. Certo, i cinque decenni post-conciliari precedenti, più volte rammentati nei testi di questi anni, erano esperienze di coinvolgimento e partecipazione. Ma il metodo è stato cambiato, proprio sulla spinta della visione di sinodalità introdotta da papa Francesco…
In questo decennio, invece, siamo partiti dalla consultazione aperta all’intero Popolo di Dio e poi, fase dopo fase, siamo arrivati alle Assemblee sinodali di metà decennio, per fissare alcune priorità e rilanciare orientamenti pastorali che nei prossimi anni dovranno essere recepiti: non più, però, come testi elaborati per così dire dagli esperti e consegnati a tutti, ma elaborati da tutti (ovviamente con le necessarie e inevitabili mediazioni) e consegnati a tutti. Non è un cambiamento da poco”.
Tale variazione di data da maggio ad ottobre è stata spiegata dal card. Zuppi: “I gruppi hanno lavorato intensamente, considerate le difficoltà emerse nell’assemblea è stato necessario avere un tempo sufficiente di sedimentazione del testo, per poi poter arrivare a decisioni. E’ quindi parso opportuno avere un tempo congruo di maturazione. Prima bisognerà approvare il testo dell’assemblea sinodale, poi l’assemblea generale potrà esaminarlo ma bisogna essere consapevoli che non esiste un testo perfetto”.
Inoltre ha spiegato il cammino compiuto dalla Chiesa italiana: “A differenza dei tedeschi non abbiamo voluto fare un sinodo, noi abbiamo fatto un cammino sinodale con un coinvolgimento grande e diffuso, e non solo interno, con la necessità di camminare insieme a tanti compagni di strada. Le regole sono venute strada facendo. La novità è che il cammino ci cambia, la novità è che ci accorgiamo quanto è decisiva la sinodalità.
E’ importate la visione del Papa di una chiesa che deve imparare a camminare insieme. Avremmo preferito rispettare il calendario, ma non basta fissare il calendario. Una certa delusione c’è, ma non verso l’assemblea, non abbiamo perso la gioia, nè la consapevolezza, c’è stata grande libertà e grande senso ecclesiale. Siamo una chiesa viva”.
Questa seconda assemblea sinodale si è conclusa con un messaggio dei partecipanti al papa: “Santità, la Sua vicinanza e il Suo sostegno ci confermano e ci rafforzano: continuiamo a camminare con quella gioia nel cuore di cui parlava la Prima Lettera di Giovanni, una gioia che vuole essere piena, a disposizione di tutti e frutto di una vita vissuta alla luce del Vangelo.
Abbiamo vissuto giorni di discussione aperta e di studio approfondito delle Proposizioni, elaborate nel corso degli ultimi mesi: si tratta del risultato del lavoro delle Diocesi italiane, che si sono messe in gioco per rinnovarsi. Oggi possiamo dire che già questo processo è stato una palestra di sinodalità, che ci ha insegnato uno stile da mantenere anche in futuro.
Abbiamo assunto decisioni importanti, che sono emerse dall’ascolto obbediente dello Spirito e dal dialogo franco tra di noi. La Chiesa non è un parlamento, ma una comunità di fratelli riuniti nell’unica fede nel Signore, Crocifisso e Risorto: ciascuno ha portato e ha proposto quindi il suo bagaglio di fede, speranza e carità”.
(Foto: Cei)
Prima domenica del Tempo Ordinario: il battesimo di Gesù al fiume Giordano

Il battesimo di Gesù al Giordano costituisce la terza Epifania di Gesù, prima di dare inizio alla vita pubblica. La prima si ebbe alla nascita quando Gesù si manifestò ai Pastori, che furono avvisati dagli Angeli: ‘Non temete, pastori, è per voi un lieto annuncio. è nato per voi il salvatore’. La seconda si ebbe con il sorgere di una stella cometa nel mondo pagano: i Magi, uomini di cultura, furono guidati da questa stella sino a Gerusalemme; da qui furono inviati a Betlem, ricomparve la stella, trovarono il Bambino e adorarono il Figlio di Dio facendo i loro doni: oro, incenso e mirra.
La terza Epifania è stata al fiume Giordano dove Giovanni Battista battezzava il popolo esortando alla penitenza. Il battesimo è stato il primo atto pubblico compiuto da Gesù: scende nel fiume, confuso tra i peccatori pentiti, e chiede di essere battezzato. Davanti a Giovanni, che si mostra titubante, Gesù lo sprona a compiere il rito e, mentre esce dall’acqua, lo Spirito scende e si posa su di Lui mentre la voce del Padre lo addita: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato: in Te ho posto il mio compiacimento’.
Questa investitura messianica anticipa il Battesimo istituito da Gesù e quindi il Battesimo che noi abbiamo ricevuto. Il Figlio di Dio incarnato si è immesso nella nostra realtà di peccatori per renderci partecipi della sua stessa vita; si è incarnato ed ora inizia la sua missione con il battesimo amministrato da Giovanni. San Paolo scriverà ai Romani: ‘Noi siamo stati battezzati nella morte di Cristo per avere la stessa vita di risorti’.
Giovanni addita Gesù come colui che è venuto a battezzare l’umanità nello Spirito Santo; è venuto a portare la vita eterna che risuscita l’uomo, lo guarisce anima e corpo restituendolo al progetto originario per il quale era stato creato d Dio. Il Battesimo di Gesù è diverso dal battesimo di Giovanni; lo afferma lo stesso Giovanni: ‘Io battezzo con acqua ma, chi viene dopo di me battezzerà con lo spirito Santo, con il fuoco’.
Il battesimo di Giovanni era solo un battesimo di penitenza, in ordine alla conversione e al perdono dei peccati; il Battesimo istituito da Gesù ci innesta a Cristo, libera l’uomo dal peccato, lo riscatta dalla schiavitù di Satana e segna la sua rinascita nello Spirito santo. E’ necessario prendere coscienza del nostro Battesimo che ci incorpora a Cristo Gesù e ci rende partecipe della sua consacrazione nello Spirito Santo e nella missione sacerdotale, profetica e regale. ‘Come il padre ha mandato me, dirà Gesù agli Apostoli prima di salire al cielo, io mando voi’: oggi è necessario che il cristiano scopra la sua dignità e vocazione: uomo, diventa quello che sei!
Grazie allo Spirito santo abbiamo un dono e un impegno vocazionale: il dono in forza del quale ci siamo innestati a Cristo con il Battesimo e siamo divenuti figli di Dio (Gesù è figlio naturale, noi figli per adozione perchè fratelli del Cristo. Da questo dono scaturisce un impegno: figli di Dio, fratelli tra di noi; come tale siamo chiamati ad essere ‘lievito’ di una umanità nuova dove Dio è il ‘Padre nostro che sei nei cieli’.
Il Battesimo è un ‘pacco-dono’: se vogliamo gustare il dono, dobbiamo aprire il pacco; scoprire la ricchezza del battesimo che ci costituisce fratelli, figli di Dio a prescindere anche dal colore della pelle, dalle condizioni economico-sociali, dai talenti e carismi ricevuti. Questi doni diventano operanti nel momento in cui c’è vera fede in noi e viviamo nell’amore verso Dio e i fratelli. Allora, amico che leggi o ascolti, sii te stesso, vivi nella tua dignità di figlio di Dio e attua il cammino dell’amore verso Dio e i fratelli in nome di Dio. Allora sarai veramente felice.