A Milano l’invito di mons. Delpini a non essere indifferenti davanti le morti

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Venerdì 21 luglio Milano ha proclamato il lutto cittadino per Laura Blasek, Paola Castoldi, Mikhail Duci, Anna Garzia, Loredana Labate e Nadia Rossi, vittime del rogo alla ‘Casa per coniugi’ nella notte tra il 6 e il 7 luglio, alla presenza dei parenti, del sindaco Giuseppe Sala, del prefetto Renato Saccone, del questore Giuseppe Petronzi, degli assessori comunali Marco Granelli e Lamberto Bertolé, e di quello regionale, Gianluca Comazzi.

Nell’omelia l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha sottolineato che tale morte non può lasciare indifferente la città: “No, non è vero. Tu non sei una storia che nessuno ascolta, anche se il tuo racconto è talvolta un po’ confuso e tra i tuoi ricordi fatichi a ripescare un nome. No, non è vero.

Tu non sei solo il fascicolo di una pratica che a un certo punto finisce in archivio, una patologia da associare a un medicinale, un posto letto occupato. No, non è vero che l’unica parola che abbiamo da dire sulla tua città e sulla tua vita è che sia una storia di desolata solitudine”.

Questo funerale è la testimonianza che esiste un rapporto: “Noi siamo qui a testimoniare che anche chi non ha nessuno, se non si ostina in un isolamento risentito, sperimenta una trama di rapporti, una sollecitudine che ho visto abituale nel personale dell’RSA.

Anche chi, come si dice, non ha nessuno, riconosce il sorriso di chi lo accudisce ogni giorno, del compagno della camera vicina con il quale chi sa come è cresciuta una intesa, quasi una amicizia. Anche chi, come si dice, non ha nessuno, aspetta la messa della domenica e l’incontro festoso e un po’ confusionario che diventa il popolo di cui si rallegra Dio”.

Infine l’arcivescovo di Milano ha sottolineato che la celebrazione eucaristica è un incontro con la Parola di Dio: “Questa celebrazione, nella sua austera solennità, non è una specie di patetico gesto di risarcimento per una disgrazia troppo incomprensibile. Piuttosto è l’incontro drammatico tra la pietà commossa e l’impotenza insuperabile della città e la Parola che parla con una autorità troppo più alta e indiscutibile di ogni parola umana”.

E’ un incontro con Gesù: “E la Parola dell’Uomo dei dolori, dell’Uomo delle ferite risponde: Ecco dov’ero: ero là a morire con loro, ero là per essere unito a loro nella somiglianza della loro morte.

Ecco dov’ero: sono Crocifisso. Ecco che cosa voglio, ecco qual è la volontà di Dio: questo io voglio. Padre, io voglio che Laura, Paola, Mikhail, Anna, Loredana, Nadia siano con me, dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato”.

E proprio per evitare le ‘solitudini’ estive per gli anziani, dal 31 luglio al 1° settembre, Caritas Ambrosiana (insieme alla sua Associazione Volontari) e cooperativa ‘Farsi Prossimo’ organizzano al Refettorio Ambrosiano l’iniziativa ‘Pranzo è servito’, cui potranno partecipare fino a 60 anziani dei quartieri milanesi, Greco e dintorni, che sono più prossimi alla mensa che serve ogni giorno (e continua a farlo anche nelle sere d’agosto) le persone senza dimora.

A mezzogiorno gli anziani possono trovare non solo un pasto servito sui tavoli del Refettorio Ambrosiano, ma anche volontari, tra cui giovani del Servizio civile, sostenitori abituali del Refettorio, giovani che hanno deciso di mettersi a disposizione per il progetto estivo, come ha osservato Stefano Bosi, responsabile dell’Area anziani di Caritas Ambrosiana:

“Agosto per tanti anziani costituisce il tempo in cui dalla solitudine, che può anche essere una condizione di vita scelta, o comunque nella quale ci si possono ritagliare spazi di benessere, si rischia di scivolare nell’isolamento sociale. La differenza non è meramente concettuale: la diradazione delle relazioni, fino alla loro assenza, conduce all’incapacità anche solo di chiedere aiuto. E dunque esaspera la fragilità, e l’insicurezza che le è congenita”.

A Milano l’anagrafe ha censito 333.000 ‘famiglie unipersonali’, di cui 131.000 costituite da over 65 soli e quasi 71.000 da over 80, di cui molti vivono in solitudine, come ha voluto sottolineare ancora Bosi:

“Certo, per una molteplicità di motivi (di reddito, di diffidenza verso estranei, di resistenza alla modifica di abitudini e routine inveterate) l’utenza rappresentata dagli anziani non sempre è facile da agganciare e raggiungere con servizi domiciliari personalizzati.

Ma per evitare che la solitudine si risolva in abbandono sociale, bisognerebbe investire proprio su queste politiche e sulle prestazioni personalizzate che ne discendono”.

Inoltre per la morte di Bubacarr Darboe, il 18enne gambiano annegato nelle acque del lago di Como a Lecco, ospite alla Casa della Carità, la struttura di accoglienza aperta da Caritas Ambrosiana nel capoluogo lariano, l’arcivescovo ambrosiano ha espresso ‘desolazione’:

“La morte del giovane Bubacarr Darboe è motivo di desolazione e di sconcerto: una vita così giovane! Una storia così drammatica! Una accoglienza appena cominciata come promessa di una vita migliore! Una angoscia così profonda per chi invece era pronto a farsi carico di una promessa di futuro! Tutto si è inghiottito il lago! E viene la tentazione di pensare che le insidie del male divorino anche la speranza.

Noi desideriamo che lo strazio, la desolazione, lo sconcerto diventino preghiera perché ci sia un abbraccio paterno di Dio ad accogliere e consolare Bubacarr, e ci sia il dono del Consolatore per coloro che gli hanno voluto bene. E ci sia per noi tutti una commozione intensa e una sapienza lungimirante per credere che il lago può inghiottire tutto, ma non il bene che si fa: è scritto infatti nel libro della vita che Dio custodisce”.

(Foto: Agenzia Fotogramma)

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