Giuseppe Lazzati: il compito del laico è costruire la città dell’uomo

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Sabato 13 marzo la Fondazione ‘Giuseppe Lazzati’, l’Azione Cattolica Ambrosiana, l’Istituto Secolare ‘Cristo Re’ e l’Associazione ‘La Città dell’uomo Aps’ hanno fatto un incontro di preghiera e di riflessione nel XXXVII anniversario della morte del venerabileien. Giuseppe Lazzati. Con una celebrazione eucaristica, presieduta dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei santi, seguita da una sua relazione sul tema ‘Testimonianza sulla figura di Giuseppe Lazzati e sul suo contributo alla teologia del laicato’:

“Nel 1986 (erano i miei primi anni di docenza dell’ecclesiologia nella Facoltà di Teologia del Laterano) mi era stato chiesto assumere la cattedra di ‘Ricerche sul Laicato’, subentrando alla prof. Rosemary Goldie, che andava in pensione. Occupai per diversi anni l’incarico ed è in quel contesto che il pensiero di Giuseppe Lazzati divenne oggetto dei mei studi.

Non poteva del resto essere diversamente, poiché riguardo alla teologia del laicato Lazzati era indubbiamente una autorità. Lo ricorda pure il ‘Decretum super virtutibus’ firmato il 5 luglio 2013 dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Vi si legge: ‘il Servo di Dio rifletté profondamente sulla responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo e operò per concretizzare nella realtà secolare una presenza specificamente cristiana’.

Erano gli anni in cui erano già sorte alcune problematiche sicché l’incontro di oggi con voi mi permette di rievocare quei momenti, che fanno parte della storia della Chiesa in Italia e che, se bene considerati, aiutano a comprenderne progressi e pure ritardi e possono, nel caso, anche aiutare a trovare delle nuove risposte per l’oggi”.

Erano gli anni post conciliari: “Si ricorderà, dunque, che il periodo postconciliare fu contrassegnato pure da una non sempre serena assimilazione dell’insegnamento del Vaticano II. Sulla questione del laico, in particolare, ci fu chi, equivocandone l’insegnamento, lo portò fuori dal suo naturale quadro ecclesiologico, o anche sbilanciò la questione del laico esclusivamente sul fronte del suo rapporto col mondo…

Non mancarono, però, occasioni di ulteriori riflessioni e approfondimenti, alla cui base si potrebbero individuare due ambiti di riflessione: uno di carattere ecclesiologico e l’altro canonistico-giuridico. Quanto al primo, si potrà ricordare l’influsso esercitato dalle nuove suggestioni espresse da Y. Congar, che pure era stato uno dei precursori delle acquisizioni conciliari.

La sua visione iniziale, benché formulata nell’auspicio di una ‘ecclesiologia totale’ non più ridotta a ‘gerarcologia’, era formulata mediante il fondamentale binomio di ‘gerarchia/laicato’. Tale concezione lasciava ora il posto a una nuova impostazione ecclesiologica di tipo comunionale, la cui base è sicuramente nel magistero del Concilio Vaticano II”.

Riguardo la situazione italiana il card. Semeraro ha ricordato che tali tesi di Congar sono state diffuse da mons. Bruno Forte: “Egli condivise senz’altro l’idea che quella del laico è una questione interna dell’ecclesiologia; riguardo a quest’ultima, poi, egli riteneva l’idea che la continuità col Vaticano II ne implicasse necessariamente il superamento mediante e questo lo sviluppo di quegli elementi ‘comunionali’ che, pure presenti, non erano tuttavia ancora pienamente recepiti.

Ora, appunto nella prospettiva della ‘ecclesiologia di comunione’ anche Forte giungeva a ritenere superata la nozione di laico. Egli, infatti, non ha un proprium da vantare; piuttosto, nell’ambito del binomio comunità/ministeri-carismi, il fedele laico se lo vede attribuito dal tipo di ministero, o di carisma che ha ricevuto, o che riceve. Come ogni altro cristiano, del resto”.

Queste tesi sono state ‘contestate’ da Giuseppe Lazzati, affermando che ‘dimensione’ ed ‘indole’ non andavano confusi: “Il primo era stato usato da Paolo VI quale attribuzione valida per tutta la Chiesa; il secondo, invece, fu impiegato dal Vaticano II per indicare ciò che è proprio e peculiare dei laici.

‘Dimensione’, in effetti, è una delle coordinate che, evidentemente insieme con altre, caratterizzano il mistero della Chiesa. Essa dice che il Popolo di Dio, in quanto soggetto storico, vive ed agisce nello spazio e nel tempo ed è in missione verso il mondo. Una sola dimensione, tuttavia, non riesce affatto a definire l’intera natura della Chiesa la quale, più che unidimensionale, è invece complessa…

Quanto, invece, all’espressione ‘indole secolare’, qual è intesa per i laici dal Concilio Vaticano II, essa dice qualcosa di più della semplice relazione con il saeculum. Proprio dei laici, infatti, non è tanto il loro essere in un rapporto dialogico-missionario verso il mondo, che condividono con ogni battezzato. Loro dovere, piuttosto, è quello di evangelizzare il mondo usando delle realtà temporali medesime: ‘cercare il Regno di Dio trattando le realtà temporali’. Il laico è cristiano nel mondo con i mezzi del mondo”.

E per le realtà temporali Lazzati pone come ‘compito’ del laico la politica: “Siamo agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso e Lazzati comincia con l’osservare in generale la presenza di ‘diffusi sintomi di disaffezione, d’indifferenza e di dispregio per la politica’ e pone la necessità di individuarne le cause.

Scendendo quindi nel particolare annota che ‘si ha la sensazione di assistere a un processo d’irreversibile declino-emarginazione della tradizione cattolico-democratica fatta di equilibrio, di lungimiranza, di magnanimità’. In terzo luogo annota che per troppi cristiani c’è una perdita di significato della politica stessa.

Da qui l’urgenza di un nuovo pensare la politica, per il quale propone la formula del costruire la città dell’uomo a misura d’uomo. L’avventura non è facile e anche per questo il cristiano necessita della speranza e della forza interiore che gli viene dalla Grazia”.

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