Dal Colosseo la Via Crucis di chi ha abbracciato la croce

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Al Colosseo, ieri, papa Francesco non ha potuto presiedere la Via Crucis, ma si è unito da Casa Santa Marta alla preghiera dei fedeli, che hanno meditato le stazioni della Via Crucis, incentrate sul tema ‘Voci di pace in un mondo di guerra’ attraverso le voci di tutti coloro che provengono dai paesi martoriati dalla guerra, chiamata ‘terza guerra mondiale a pezzi, con le testimonianze ascoltate dal papa durante i suoi viaggi apostolici e in altre occasioni.

Nelle 14 stazioni c’è la Via Crucis di un migrante dell’Africa Occidentale, quella dei giovani del Centro America. C’è quella di una madre vittima nel 2012 di un ordigno dei guerriglieri che le devastò una gamba. C’è la via della Croce di una suora che viene dall’Africa Centrale che rivive ogni giorno la sua tragedia, il 5 dicembre 2013, quando il suo villaggio fu assalito dai ribelli.

 Ci sono le testimonianze forti di un giovane ucraino e un giovane russo, rimasti tristi e soli, entrambi, ‘spogliati della felicità e di sogni per il futuro’. C’è il dolore di una madre dell’Asia Occidentale che ha visto il figlio piccolo morire sotto un colpo di mortaio insieme al cugino e la vicina di casa a causa dei terroristi. C’è la via della Croce di giovani ragazze dell’Africa Australe ogni giorno ‘maltrattate nel corpo e nell’anima’:

“Lo percorreremo ascoltando la tua sofferenza, riflessa in quella di fratelli e di sorelle che nel mondo hanno sofferto e soffrono la mancanza di pace, lasciandoci scavare dentro da testimonianze e risonanze giunte all’orecchio e al cuore del Papa anche nel corso delle sue visite.

Sono echi di pace che riaffiorano in questa ‘terza guerra mondiale a pezzi’, grida che vengono da Paesi e aree oggi dilaniati da violenze, ingiustizie e povertà. Tutti i luoghi dove si patiscono conflitti, odi e persecuzioni sono presenti nella preghiera di questo venerdì santo”.

E la Via Crucis è iniziata proprio con la testimonianza dalla Terra Santa con la scelta tra Barabba e Gesù: “La pace, che tutti desideriamo, non nasce da sé, ma attende una nostra decisione. Allora come oggi siamo continuamente chiamati a scegliere tra Barabba o Gesù: la ribellione o la mansuetudine, le armi o la testimonianza, il potere umano o la forza silenziosa del piccolo seme, il potere del mondo o quello dello Spirito.

In Terra Santa sembra che la nostra scelta ricada sempre su Barabba. La violenza sembra essere il nostro unico linguaggio…E in questo contesto carico di odio e rancore, siamo anche noi chiamati a esprimere un giudizio e a prendere la nostra decisione. E non possiamo farlo senza guardare a quel condannato a morte silenzioso, perdente, ma sul quale è ricaduta la nostra scelta, Gesù.

Cristo ci invita a non usare il metro di Pilato e della folla, ma a riconoscere la sofferenza dell’altro, a mettere in dialogo giustizia e perdono, e a desiderare la salvezza per tutti, anche per i ladroni, anche per Barabba”.

E dall’Africa giunge il racconto di chi è costretto ad emigrare, per cui nel messaggio per la giornata dei migranti di quest’anno ha chiesto la ‘libertà’anche di emigrare: “Mi promisero di mettermi su una nave per l’Europa, ma i viaggi furono cancellati e non riavemmo i soldi. Lì c’era la guerra e arrivammo a non far più caso alla violenza e alle pallottole vaganti. Trovai lavoro come stuccatore per pagare un’altra traversata.

Alla fine salii con più di 100 persone su un gommone. Navigammo ore prima che una nave italiana ci salvasse. Ero pieno di gioia, ci inginocchiammo a ringraziare Dio; poi scoprimmo che la nave stava tornando in Libia. Lì fummo rinchiusi in un centro detentivo, il peggior posto al mondo.

Dieci mesi dopo ero di nuovo su una barca… Rimasi in un centro per 6 mesi e lì persi la testa; ogni sera chiedevo a Dio perché: perché uomini come noi devono ritenerci nemici? Tante persone che fuggono dalla guerra portano croci simili alla mia”.

Ed anche dal CentrAmerica si è alzata dai giovani la richiesta di pace: “Noi giovani vogliamo la pace. Ma spesso cadiamo e la caduta ha tanti nomi: ci buttano a terra la pigrizia, la paura, lo sconforto, e anche le vuote promesse di una vita facile ma sporca, fatta di avidità e corruzione.

E’ questo che accresce le spirali del narcotraffico, della violenza, delle dipendenze e dello sfruttamento delle persone, mentre troppe famiglie continuano a piangere la perdita dei figli; e l’impunità di chi truffa, rapisce e uccide non ha fine.

Come ottenere la pace? Gesù, tu sei caduto sotto la croce, ma poi ti sei rialzato, hai preso di nuovo la croce e con essa ci hai dato la pace. Ci spingi a prendere in mano la vita, ci spingi al coraggio dell’impegno, che nella nostra lingua si dice compromiso”.

Ed anche dal Sud Est asiatico le voci dei giovani hanno raccontato le lacrime delle madri che piangono i figli morti: “Le lacrime delle nostre madri piangono la fame dei loro bimbi. E come loro anch’io non ho molte parole con cui pregare, ma tante lacrime da offrire. Signore, il corteo che ti conduceva al Calvario era tremendo, ma tra la folla abbruttita dal male si fecero largo delle donne che piangevano.

A darti forza furono loro, madri che vedevano in te non un condannato, ma un figlio. Anche da noi è uscita dalla folla una donna, diventata madre nello spirito per tanti, che a difesa della sua gente si è inginocchiata di fronte al potere schierato delle armi e, disposta a dare la vita, ha invocato con mitezza pace e riconciliazione”.

Mentre dall’Africa orientale è arrivata la voce di una suora: “L’esperienza di centinaia di famiglie che hanno visto la tragica morte dei loro cari è diventata realtà: tra le nostre braccia giaceva il corpo senza vita della consorella.

Non è facile assistere alla morte violenta di un familiare, di un amico, di un vicino di casa, come non è facile vedere la propria casa e i propri averi ridotti in cenere e il futuro farsi oscuro. Ma questa è la vita del mio popolo, è la mia vita.

Però, come ci è stato testimoniato e come impariamo alla scuola della Vergine di Nazareth, che ha accolto tra le braccia Gesù esanime e lo ha contemplato con l’amore illuminato dalla fede, non bisogna mai smettere di trovare il coraggio di sognare un futuro di speranza, pace e riconciliazione.

Perché l’amore di Cristo Risorto è stato riversato nei nostri cuori, perché Lui è la nostra pace, Lui la nostra vera vittoria. E niente ci separerà mai dal suo amore”.

La conclusione è stato un ringraziamento:  “Grazie, Signore Gesù, per la mitezza che confonde la prepotenza. Grazie, per il coraggio con cui hai abbracciato la croce. Grazie, per la pace che sgorga dalle tue ferite. Grazie, per averci donato come nostra Madre la tua santa Madre.

Grazie, per l’amore mostrato davanti al tradimento. Grazie, per aver mutato le lacrime in sorriso. Grazie, per aver amato tutti senza escludere nessuno. Grazie, per la speranza che infondi nell’ora della prova.

Grazie, per la misericordia che risana le miserie. Grazie, per esserti spogliato di tutto per arricchirci. Grazie, per aver mutato la croce in albero di vita. Grazie, per il perdono che hai offerto ai tuoi uccisori. 

Grazie, per avere sconfitto la morte. Grazie, Signore Gesù, per la luce che hai acceso nelle nostre notti e riconciliando ogni divisione ci ha reso tutti fratelli, figli dello stesso Padre che sta nei cieli”.

(Foto: Santa Sede)

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