Nell’arcidiocesi di Agrigento si invoca san Gerlando per rigenerare la comunità
E’ stato celebrato sabato 25 febbraio nella cattedrale della città il pontificale in onore di san Gerlando, vissuto nel XII secolo e patrono dell’arcidiocesi e della città di Agrigento, presieduto da mons. Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa, e concelebrato da mons. Salvatore Muratore, vescovo emerito di Nicosia, e dall’arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, che all’inizio della celebrazione eucaristica ha letto alla città, ricordando i ‘legami di figliolanza’, un messaggio incentrato su tre parole di cui la prima è migrazione:
“Gerlando, lo si sa, non era un agrigentino di nascita e nemmeno un siciliano. Potremmo definirlo un ‘illustre emigrato’. Nativo di Besançon, in Francia, approda nelle nostre terre dopo l’entrata dei normanni guidati da Ruggero I degli Altavilla il 25 luglio 1086 divenendo in seguito vescovo di Agrigento.
Gerlando è dunque un’emigrante che si incultura e integra. Oggi la nostra diocesi e provincia è, specialmente a Lampedusa, luogo d’approdo di emigrati. L’immigrazione comporta accoglienza e integrazione. Non basta accogliere ‘spazialmente’, ci ricorda la vita di san Gerlando, ma occorre fare il possibile per favorire un’integrazione sociale e una inculturazione, un dialogo tra culture”.
Ed ha sottolineato che la cultura cristiana non ha influenzato per niente il pensiero europeo sul fenomeno migratorio: “Potrebbe destare meraviglia come la cultura cristiana, che da due millenni è parte integrante dell’identità europea, non abbia influito sul modo di vedere il fenomeno migratorio. La costruzione di frontiere costituite da barriere fisiche, pregiudizi, presunzione di superiorità culturale e finanziaria, dalla paura del diverso, è uno dei sintomi più evidenti di quelle che il papa chiama ‘le ombre di un mondo chiuso’…
Al migrante cristiano, che riesce ad approdare sulle nostre coste, siamo chiamati a mostrare il volto fraterno e accogliente della Chiesa che accoglie il fratello piagato e spesso vittima di persecuzione. Al migrante non cristiano siamo in dovere di mostrare una comunità coerente con il Vangelo che predica e celebra”.
La seconda parola riguarda l’evangelizzazione: “Gerlando ha evangelizzato le nostre terre, ossia ha annunciato la persona di Gesù, crocifisso e risorto da morte, figlio di Dio fatto uomo. L’annuncio cristiano, proclamando il fatto dell’incarnazione, comporta come ‘effetto collaterale’ l’annuncio della dignità insopprimibile di ogni uomo e di ogni donna, della vita umana, di ogni vita umana, di ogni persona”.
Ecco la Chiesa con un cuore missionario che “mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità autodifensiva… Le nostre comunità continuino a dire ‘Gesù il Cristo’ con cuore missionario e con la certezza che ‘chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo’”.
Infine san Gerlando ha rigenerato una comunità: “San Gerlando è considerato il rifondatore della diocesi agrigentina, dopo la presenza musulmana dal 829 al 1086. La situazione economica e sociale non era florida.
Eppure Gerlando si è ‘rimboccato le mani’, ha ricominciato rigenerando e dando speranza. E’ l’uomo del ri-cominciare, del nuovo inizio, della ri-generazione. In breve: Gerlando è l’uomo della speranza! Ma affinché ciò non sia solo un sogno, occorre la collaborazione di tutti e di ciascuno. Occorre inter-azione”.
Il discorso dell’arcivescovo è stata una ‘chiamata’ a rinnovare la passione per l’uomo per sconfiggere la ‘mentalità’ mafiosa: Riscoprire il senso pieno del diritto-dovere del lavoro, e di organizzarlo in termini di sicurezza, combattendo la disoccupazione, aprendo prospettive ai giovani.
Superando la mentalità mafiosa che ancora connota tanti dei nostri atteggiamenti; penso al ruolo della scuola quando Bufalino scrive che ‘la mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari’. Concludo: Gerlando ci ricorda che l’immigrazione è integrazione, l’evangelizzazione è promozione, la rigenerazione è interazione!”
Ed a proposito di migrazioni l’arcivescovo di Agrigento ha chiesto, dopo il naufragio di un barcone a largo delle coste calabresi, scelte politiche ‘coraggiose’: “A fronte di questa situazione il sostanziale silenzio delle istituzioni politiche di governo e di opposizione, malgrado l’efficace copertura mediatica dei recenti accadimenti, aumenta notevolmente la preoccupazione che tutto si ripeta secondo lo schema ormai ciclicamente registrato e, quindi, prevedibile.
In questo scenario riteniamo urgente e necessario porre in essere scelte politiche coraggiose che possano portare a un definitivo cambio di rotta. Proponiamo, in particolare, di aprire immediatamente canali legali di ingresso in Europa che consentano alle persone di intraprendere viaggi sicuri e legali, come già sperimentato grazie alla prassi dei ‘corridoi umanitari’, ma anche favorendo il rilascio di visti regolari;
limitare unicamente ai soggetti particolarmente vulnerabili l’accoglienza sull’isola di Lampedusa; destinare risorse consistenti alla cooperazione internazionale per favorire lo sviluppo politico, sociale ed economico dei paesi di provenienza e rendere la scelta di migrare realmente libera; sospendere qualsiasi accordo in materia di migrazioni con paesi governati da dittature e/o che non rispettino i diritti umani”.
Mentre nell’omelia del pontificale l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, ha invitato a camminare nella strada tracciata dai santi: “Siamo chiamati a crescere nella continuità con il passato e a rinnovarsi alla luce delle indicazioni del Concilio Vaticano II e del magistero papale; immaginare una metodologia formativa per piccoli grandi giovani adulti gruppi e famiglie con una catechesi interattiva e partecipativa;
a riscoprire l’importanza della donazione, della messa, della confessione e della formazione biblica liturgica; a custodire e sostenere tempi di discernimento vocazionale; a valorizzare la pietà popolare che permette alla fede di essere incarnata in una cultura e di diventare manifestazione di una vita teologale. Se non torniamo agli uomini Dio, se non restituiamo agli uomini la fede in Cristo che ci salva, verrà meno ben presto ogni speranza”.
(Foto: arcidiocesi di Agrigento)