Papa Francesco: le religioni siano argine al fondamentalismo
Stamattina in Kazakistam, presso il Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan si è svolta la Preghiera in silenzio dei leader religiosi, e cioè ciascuno ha pregato con le proprie preghiere. Il Palazzo dell’Indipendenza, insieme al monumento Eli, al Museo Nazionale della Repubblica del Kazakhstan, all’Università Nazionale delle Arti e alla Moschea Hazret Sultan, fa parte del complesso architettonico della piazza centrale di Nur Sultan.
In apertura del Congresso dei Leader del Mondo e delle Religioni Tradizionali papa Francesco ha sottolineato che tutti sono creature: “Di fronte al mistero dell’infinito che ci sovrasta e ci attira, le religioni ci ricordano che siamo creature: non siamo onnipotenti, ma donne e uomini in cammino verso la medesima meta celeste.
La creaturalità che condividiamo instaura così una comunanza, una reale fraternità. Ci rammenta che il senso della vita non può ridursi ai nostri interessi personali, ma si inscrive nella fratellanza che ci contraddistingue. Cresciamo solo con gli altri e grazie agli altri”.
Eppoi ha ricordato una caratteristica del Paese ospitante: “Cari Leader e Rappresentanti delle religioni mondiali e tradizionali, ci troviamo in una terra percorsa nei secoli da grandi carovane: in questi luoghi, anche attraverso l’antica via della seta, si sono intrecciate tante storie, idee, fedi e speranze.
Possa il Kazakhstan essere ancora una volta terra d’incontro tra chi è distante. Possa aprire una nuova via di incontro, incentrata sui rapporti umani: sul rispetto, sull’onestà del dialogo, sul valore imprescindibile di ciascuno, sulla collaborazione; una via fraterna per camminare insieme verso la pace”.
L’appello del papa è un invito ad abbandonare ogni forma di fondamentalismo: “Fratelli e sorelle, il mondo attende da noi l’esempio di anime deste e di menti limpide, attende religiosità autentica. E’ venuta l’ora di destarsi da quel fondamentalismo che inquina e corrode ogni credo, l’ora di rendere limpido e compassionevole il cuore.
Ma è anche l’ora di lasciare solo ai libri di storia i discorsi che per troppo tempo, qui e altrove, hanno inculcato sospetto e disprezzo nei riguardi della religione, quasi fosse un fattore di destabilizzazione della società moderna”.
E’ un invito a riscoprire la parola ‘religione’: “In questi luoghi è ben nota l’eredità dell’ateismo di Stato, imposto per decenni, quella mentalità opprimente e soffocante per la quale il solo uso della parola ‘religione’ creava imbarazzo. In realtà, le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa”.
Infatti anche le religioni contribuiscono ad alimentare la pace: “La ricerca della trascendenza e il sacro valore della fraternità possono infatti ispirare e illuminare le scelte da prendere nel contesto delle crisi geopolitiche, sociali, economiche, ecologiche ma, alla radice, spirituali che attraversano molte istituzioni odierne, anche le democrazie, mettendo a repentaglio la sicurezza e la concordia tra i popoli. Abbiamo dunque bisogno di religione per rispondere alla sete di pace del mondo e alla sete di infinito che abita il cuore di ogni uomo”.
Perciò è necessaria la libertà religiosa, ricordando le parole del poeta Abai: “Fratelli, sorelle, siamo creature libere. Il nostro Creatore si è ‘fatto da parte per noi’, ha, per così dire, ‘limitato’ la sua libertà assoluta per fare anche di noi delle creature libere…
La libertà religiosa è un diritto fondamentale, primario e inalienabile, che occorre promuovere ovunque e che non può limitarsi alla sola libertà di culto. E’ infatti diritto di ogni persona rendere pubblica testimonianza al proprio credo: proporlo senza mai imporlo. E’ la buona pratica dell’annuncio, differente dal proselitismo e dall’indottrinamento, da cui tutti sono chiamati a tenersi distanti”.
La religione è una ricchezza per la società: “Relegare alla sfera del privato il credo più importante della vita priverebbe la società di una ricchezza immensa; favorire, al contrario, contesti dove si respira una rispettosa convivenza delle diversità religiose, etniche e culturali è il modo migliore per valorizzare i tratti specifici di ciascuno, di unire gli esseri umani senza uniformarli, di promuoverne le aspirazioni più alte senza tarparne lo slancio”.
Inoltre le religioni sono occasioni di pace: “Negli ultimi decenni il dialogo tra i responsabili delle religioni ha riguardato soprattutto questa tematica. Eppure, vediamo i nostri giorni ancora segnati dalla piaga della guerra, da un clima di esasperati confronti, dall’incapacità di fare un passo indietro e tendere la mano all’altro.
Occorre un sussulto e occorre, fratelli e sorelle, che venga da noi. Se il Creatore, a cui dedichiamo l’esistenza, ha dato origine alla vita umana, come possiamo noi, che ci professiamo credenti, acconsentire che essa venga distrutta?
E come possiamo pensare che gli uomini del nostro tempo, molti dei quali vivono come se Dio non esistesse, siano motivati a impegnarsi in un dialogo rispettoso e responsabile se le grandi religioni, che costituiscono l’anima di tante culture e tradizioni, non si impegnano attivamente per la pace?”
Sono domande complesse a cui il papa chiede una ‘purificazione dal male’: “Fratelli e sorelle, purifichiamoci, dunque, dalla presunzione di sentirci giusti e di non avere nulla da imparare dagli altri; liberiamoci da quelle concezioni riduttive e rovinose che offendono il nome di Dio attraverso rigidità, estremismi e fondamentalismi, e lo profanano mediante l’odio, il fanatismo e il terrorismo, sfigurando anche l’immagine dell’uomo…
Non giustifichiamo mai la violenza. Non permettiamo che il sacro venga strumentalizzato da ciò che è profano. Il sacro non sia puntello del potere e il potere non si puntelli di sacralità!”
La pace è una benedizione di Dio: “Dio è pace e conduce sempre alla pace, mai alla guerra. Impegniamoci dunque, ancora di più, a promuovere e rafforzare la necessità che i conflitti si risolvano non con le inconcludenti ragioni della forza, con le armi e le minacce, ma con gli unici mezzi benedetti dal Cielo e degni dell’uomo: l’incontro, il dialogo, le trattative pazienti, che si portano avanti pensando in particolare ai bambini e alle giovani generazioni.
Esse incarnano la speranza che la pace non sia il fragile risultato di affannosi negoziati, ma il frutto di un impegno educativo costante, che promuova i loro sogni di sviluppo e di futuro. Abai, in tal senso, incoraggiava a espandere il sapere, a valicare il confine della propria cultura, ad abbracciare la conoscenza, la storia e la letteratura degli altri. Investiamo, vi prego, in questo: non negli armamenti, ma nell’istruzione!”
Ed infine le religioni si devono confrontare con il tema dell’accoglienza contro la cultura dello scarto: “Oggi è grande la fatica di accettare l’essere umano. Ogni giorno nascituri e bambini, migranti e anziani vengono scartati. C’è una cultura dello scarto.
Tanti fratelli e sorelle muoiono sacrificati sull’altare del profitto, avvolti dall’incenso sacrilego dell’indifferenza… Un grande esodo è in corso: dalle aree più disagiate si cerca di raggiungere quelle più benestanti. Lo vediamo tutti i giorni, nelle diverse migrazioni nel mondo. Non è un dato di cronaca, è un fatto storico che richiede soluzioni condivise e lungimiranti”.
Il papa non ha nascosto le difficoltà dell’accoglienza, ma ha invitato ad avere uno sguardo simile a quello di Dio: “Certo, viene istintivo difendere le proprie sicurezze acquisite e chiudere le porte per paura; è più facile sospettare dello straniero, accusarlo e condannarlo piuttosto che conoscerlo e capirlo.
Ma è nostro dovere ricordare che il Creatore, il quale veglia sui passi di ogni creatura, ci esorta ad avere uno sguardo simile al suo, uno sguardo che riconosca il volto del fratello. Il fratello migrante bisogna riceverlo, accompagnarlo, promuoverlo e integrarlo”.
Ed infine la custodia della ‘casa comune’: “Di fronte agli stravolgimenti climatici occorre proteggerla, perché non sia assoggettata alle logiche del guadagno, ma preservata per le generazioni future, a lode del Creatore… Uniamo gli sforzi anche in questa sfida. Non è l’ultima per importanza…
E’ la mentalità dello sfruttamento a devastare la casa che abitiamo. Non solo: essa porta a eclissare quella visione rispettosa e religiosa del mondo voluta dal Creatore. Perciò è imprescindibile favorire e promuovere la custodia della vita in ogni sua forma”.
(Foto: Santa Sede)