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Open Doors: aumentano le persecuzioni contro i cristiani
Nei giorni scorsi è stato pubblicato il nuovo report dell’associazione ‘Open Doors – Porte Aperte’ sulla persecuzione contro i cristiani, che salgono da 365.000.000 ad oltre 380.000.000: 15.000.000 in più rispetto allo scorso anno, come ha sottolineato Cristian Nani, direttore della sezione italiana di ‘Porte aperte/Open doors’:
“Non solo i massacri e i rapimenti ma le oltre 7.600 chiese, cliniche e scuole cristiane attaccate o chiuse, le oltre 28.000 case o attività economiche saccheggiate o distrutte, costringono alla fuga famiglie e intere comunità cristiane, dando vita a esodi inumani e a una Chiesa profuga che grida aiuto. In 32 anni di ricerca, registriamo un costante aumento della persecuzione anticristiana in termini assoluti! Il 2024 è di nuovo anno record dell’intolleranza: 1 cristiano su 7 patisce discriminazione o persecuzione a causa della sua fede: è cruciale tornare a parlare di libertà religiosa nel dibattito pubblico”.
Però sono 13 i luoghi più pericolosi del mondo per essere cristiani: in cima alla classifica c’è sempre la Corea del Nord che obbliga i battezzati a vivere il proprio credo in assoluta segretezza, rinchiudendo tra i 50.000 ed i 70.000 credenti nei campi di lavoro forzato. Seguono Somalia, Yemen, Libia e Sudan nei quali la persecuzione è intimamente legata al conflitto. Poi l’Eritrea (scesa al sesto posto non per un calo del fenomeno bensì per l’aumento negli altri Stati) e la Nigeria, la nazione con più vittime cristiane: 3.100. Pakistan e Iran sono stabili in ottava e decima posizione. L’Afghanistan dei taleban è decimo.
Intanto in India (undicesima nell’elenco) prosegue il declino dei diritti e delle libertà fondamentali: nello scorso anno sono stati assassinati almeno 20 cristiani, mentre 459 chiese sono state distrutte ed oltre 2000 persone sono detenute senza processo. Mentre qualche spiraglio positivo si registra in Arabia Saudita dove, soprattutto nelle grandi città, c’è stata una maggiore tolleranza per le decorazioni natalizie anche se la pratica di religioni non musulmane resta vietato.
Resta sempre allarmante la condizione del Myanmar, che la guerra, seguita al colpo di Stato del 2021, ha catapultato nel gruppo di Paesi dove le persecuzioni sono estreme, ‘scalando’ 4 posizioni nella lista: i battezzati, che costituiscono l’8% della popolazione, sono intrappolati nei combattimenti in corso, i luoghi di culto sono attaccati con la falsa accusa di accogliere i ribelli, oltre 100.000 di loro, nella sola regione di Kachin, sono sfollati a causa delle violenze.
Preoccupante anche la situazione dell’Asia centrale: l’epicentro è il Kirghizistan, balzato dal 61^ al 47^ posto; anche nel Kazakistan di Nursultan Narbayev, messo a dura prova dai disordini seguiti alla crescita dei prezzi dell’energia, hanno ridotto la libertà di fede. I battezzati ne hanno fatto le spese, soprattutto per quanto riguarda la maggior diffusione dei matrimoni forzati e degli stupri.
In compenso le uccisioni di cristiani per motivi legati alla fede diminuiscono ancora a 4.476 da 4.998: è la Nigeria a determinare questa diminuzione, visto che le uccisioni scendono da 4.118 a 3.100, pur rimanendo epicentro di atrocità, poiché di fatto aumentano la violenza e gli attacchi alle comunità, così come aumentano le vittime cristiane in altri paesi della WWL 2025 (da 880 a 1.376).
Il numero di chiese o proprietà cristiane pubbliche attaccate, chiuse o confiscate, con diversi livelli di gravità, è quasi dimezzato da 14.766 a 7.679, diminuzione dovuta alla Cina, che tuttavia mantiene un record di 31.000 chiese chiuse, confiscate o demolite (vedasi più avanti approfondimento sulle dinamiche). Nel frattempo, il numero in Rwanda è aumentato da 120 a 4.000.
Dietro i numeri relativi agli edifici attaccati si nascondono la paura e l’insicurezza di molte comunità cristiane che utilizzano quegli edifici. Tali attacchi possono portare alla disgregazione delle comunità ecclesiali, anche se i cristiani non vengono costretti con la forza a lasciare le loro case o proprietà.
La ‘persecuzione digitale’ rimane uno degli strumenti più efficaci usati dal governo cinese e, di recente, da altri Stati autocratici per limitare la libertà religiosa: il cosiddetto ‘modello cinese’ di controllo della popolazione e sviluppo senza diritti viene pericolosamente emulato da altri stati, a cui la Cina esporta tecnologia a tal scopo.
I cristiani detenuti o condannati per ragioni legate alla fede aumentano da 4.125 a 4.744. Il livello di ingiustizia in questi casi rasenta la parodia: in carcere finiscono uomini e donne senza processi e senza prove. Inoltre, il grado di impunità spesso concesso a coloro che invece accusano falsamente e/o aggrediscono fino a uccidere i cristiani in vari paesi è davvero preoccupante. L’India è anche quest’anno il paese con dati più preoccupanti (2.176).
I rapimenti decrescono da 3.906 a 3.775, con la Nigeria sempre terra di sequestri per riscatto (2.830), ma sorprende il Messico con almeno 116 casi, sintomo di quanto impatto abbia la criminalità organizzata in questa società. Seguono varie nazioni dell’Africa Subsahariana (Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Ciad, ma anche Etiopia, Uganda, Mozambico) e dal sempre presente Pakistan, con la piaga dei rapimenti di donne cristiane per darle in sposa a musulmani (matrimoni forzati).
Invece sono decine di migliaia ogni anno i cristiani aggrediti (picchiati o vessati con minacce di morte) esclusivamente a causa della loro fede: la stragrande maggioranza di questi casi non viene alla luce, ma un dato minimo di partenza per il periodo da ottobre 2023 a settembre 2024 va oltre le 54.700 (erano 42.800 l’anno precedente).
Il livello di insicurezza e paura causato dall’incessante flusso di attacchi ai cristiani e alle comunità cristiane da parte di gruppi di terroristi islamici e altri gruppi religiosi radicali in molti paesi subsahariani e asiatici non è ben fotografato da questo numero, poiché sono milioni a subirne le conseguenze (16.200.000 cristiani sfollati solo in Africa Subsahariana, senza contare le famiglie delle vittime di uccisioni, stupri, detenzioni…). Gli attacchi a case, negozi e attività economiche di cristiani crescono ancora nonostante il record dell’anno precedente di oltre 27.100 unità: sale infatti a 28.368 creando sovente un danno permanente alla capacità di sostentamento di queste persone e costringendole spesso alla fuga.
Francesco Lorenzi: fare ‘ponte’ tra mondo cristiano ed evangelico
‘Il segreto del successo di questa serie è Dio. E un altro ruolo importate lo svolge lo Spirito Santo’: lo ha affermato nei giorni scorsi a Tv2000 l’attore Jonathan Roumie che interpreta Gesù nella serie ‘The Chosen’ in onda sull’emittente della Cei da venerdì 6 dicembre, che prosegue: “Raccontiamo delle storie, che il pubblico ha un bisogno enorme di riscoprire: una forma di narrazione ampia e articolata su Gesù, la sua vita, il suo ministero, la sua missione con una grande profondità umana”.
‘The Chosen’, serie diretta dal regista Dallas Jenkins, le cui prime edizioni sono andate in onda doppiate in italiano in chiaro su Tv2000, è un progetto partito dal basso negli Stati Uniti (finanziato tramite un crowdfunding da record mondiale, ben $ 10.000.000 raccolti solo per la prima serie) e lanciato nel 2019 gratuitamente sul web, che ha raggiunto finora numeri da record: oltre 200.000.000 di spettatori, più di 770.000.000 di visualizzazioni di singoli episodi, e conta più di 12.000.000 di follower sui social media. Ha una fan base mondiale oltre i 110.000.000 di persone, parte delle quali sono proprio in Italia, nazione in Europa con il più alto numero di app scaricare ed oltre 3.000.000 di episodi visti.
Per supportare l’uscita di questa serie per la nuova stagione di ‘The Chosen’ a fine maggio è uscito il singolo ‘Senza te non si può fare’, in cui per la prima volta in Italia una band cattolica (The Sun) ed un cantante evangelico (Angelo Maugeri), i più seguiti nei loro relativi contesti, collaborano insieme per un progetto straordinario.
Infatti in un articolo apparso all’interno del suo blog ‘Per Anime Libere’, Francesco Lorenzi, cofondatore della band vicentina, ha riflettuto sul rapporto di Dio con Mosè, e viceversa: “Vedevo di fronte a me in modo nitido come questa relazione parlasse al cuore di ogni uomo pronto a guardarsi dentro per lasciarsi guidare oltre l’Egitto interiore, superando il deserto e giungendo alla propria Terra Promessa. Così, parole e musica si sono mostrate in modo unitario, quasi come una dichiarazione di fiducia, vicinanza e supporto dal Padre verso ognuno di noi”.
Incontrati nella città di Giacomo Leopardi su invito dalle Missioni Estere dei Cappuccini, abbiamo chiesto il motivo per cui ‘senza Te non si può fare’: “Ognuno di noi è un tassello di un grande progetto ed ogni progetto ha bisogno di ogni singola parte. Partendo dalla relazione che Dio ha con Mosè e che Mosè ha con Dio, quell’esempio si ‘sposa’ con la vita che tutti noi. Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte ed essere quell’elemento senza il quale non si può compiere in pieno il progetto di Dio”.
Band cattolica e cantante evangelica: quale è il progetto?
“Il progetto è nato per supportare la produzione cinematografica della quarta serie ‘The Chosen’ in italiano. Tale produzione nasce nel mondo evangelico e sta avendo buon successo anche nel mondo cattolico. Da qui il desiderio di fare un ponte tra mondo evangelico e quello cattolico”.
Per quale motivo ha definito questa canzone una ‘benedizione’ per chi la ascolta?
“Nella vita di ognuno ci sono attese talvolta incomprensibili: momenti in cui dobbiamo decidere di fare un passo indietro o in cui qualcosa a cui teniamo ci pare venga tolta vita o visibilità o importanza. Ma se cerchiamo la volontà del Padre affinché diriga i nostri passi, se cerchiamo la Sua volontà nelle scelte che compiamo, avviene poi che si manifestano meraviglie, che avevano solo bisogno di un certo tempo per mostrarsi e della nostra personale adesione a quel tempo, proprio come Mosè”.
Quindi ‘ostinato e controcorrente’?
“Il progetto è ‘ostinato e controcorrente’, come quello che tutto facciamo, cioè qualcosa di originale, che nel mondo musicale si vede sempre meno, perché c’è un grande appiattimento nelle produzioni ed anche nelle intenzioni. Lentamente abbiamo acquisito questo gusto di fare cose un po’ particolari, tal volte un po’ strane, ma molto belle e molto libere”.
Ed allora come si custodisce l’amore?
“L’amore è un sentimento molto importante che cambia la vita di tante persone. Quindi trovare il vero amore è difficile, ma importante è coltivarlo, in quanto vedo tante persone disperate alla ricerca dell’amore, ma non lo cercano fino in fondo. Io sono stato fortunato, ma parte di quella fortuna me la sono cercata attraverso la fatica”.
In quale modo comunicare la fede ai giovani?
“San Francesco di Assisi diceva di comunicare la fede attraverso i gesti e, se era proprio necessario, di usare anche le parole. Da buon francescano cerco di mettere in pratica ciò, anche se confesso di non riuscirci in pieno. Tante persone mi dicono, quando mi vedono, mi dicono che sono gli occhi che parlano: cerco di comunicare la fede attraverso gli occhi”.
Uno sguardo, infine, alla Terra Santa, in cui avete fatto molti pellegrinaggi ed avete anche un progetto riguardante Gerusalemme: “La Terra Santa è un capitolo aperto nella nostra vita e la sentiamo come una seconda casa. Ora c’è una grande sofferenza nel vedere quello che sta succedendo in una terra così importante per tutto il mondo cristiano “.
(Foto: The Sun)
Papa Francesco: per Natale tacciano le armi
Prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha incontrato i bambini del dispensario pediatrico Santa Marta: “Questa mattina ho avuto la gioia di stare con i bambini, con le loro mamme, che frequentano il Dispensario Santa Marta in Vaticano, portato avanti dalle Suore Vincenziane. Brave suore queste! Fra di loro c’è una suora che è come la nonna di tutti, la brava suor Antonietta, che ricordano con tanto amore. Ed a me questi bambini, erano tanti, mi hanno riempito il cuore di gioia. Ripeto: ‘Nessun bambino è un errore”. I bambini hanno consegnato un regalo al papa e la festa è continuata con i giocolieri.
Eppoi ha benedetto i ‘Bambinelli’: “E ora benedico i ‘Bambinelli’, io ho portato il mio. Le statuine di Gesù Bambino che voi, cari bambini e ragazzi, avete portato qui e che poi, tornando a casa, metterete nel presepe. Vi ringrazio di questo gesto semplice ma importante. Benedico di cuore tutti voi, i vostri genitori, i nonni, le vostre famiglie! E per favore non dimenticatevi dei vostri nonni! Che nessuno rimanga solo in questi giorni”.
Eppoi ha invitato i fedeli a pregare per la pace nelle zone di guerra: “Seguo sempre con attenzione e preoccupazione le notizie che giungono dal Mozambico, e desidero rinnovare a quell’amato popolo il mio messaggio di speranza, di pace e di riconciliazione. Prego affinché il dialogo e la ricerca del bene comune, sostenuti dalla fede e dalla buona volontà, prevalgano sulla sfiducia e sulla discordia.
La martoriata Ucraina continua ad essere colpita da attacchi contro le città, che a volte danneggiano scuole, ospedali, chiese. Tacciano le armi e risuonino i canti natalizi! Preghiamo perché a Natale possa cessare il fuoco su tutti i fronti di guerra, in Ucraina, in Terra Santa, in tutto il Medio Oriente e nel mondo intero. E con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà; ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali… Quanta crudeltà!”
Prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha raccontato l’incontro tra due donne in cinta, Maria ed Elisabetta, felici per la vita: “Entrambe hanno tanto di cui gioire, e forse potremmo sentirle lontane, protagoniste di miracoli così grandi, che non si verificano normalmente nella nostra esperienza. Il messaggio che l’Evangelista vuol darci, però, a pochi giorni dal Natale, è diverso.
Infatti, contemplare i segni prodigiosi dell’azione salvifica di Dio non deve mai farci sentire lontani da Lui, ma piuttosto aiutarci a riconoscere la sua presenza e il suo amore vicino a noi, ad esempio nel dono di ogni vita, di ogni bambino, e della sua mamma. Il dono della vita”.
Ed ha chiesto di non essere indifferenti davanti alla vita: “Per favore, non restiamo indifferenti alla loro presenza, impariamo a stupirci della loro bellezza, come hanno fatto Elisabetta e Maria, quella bellezza delle donne in attesa. Benediciamo le mamme e diamo lode a Dio per il miracolo della vita!”
E’ stato un invito a gioire davanti ad ogni nascita: “Ricordiamoci, però, di esprimere sentimenti di gioia ogni volta che incontriamo una madre che porta in braccio o in grembo il suo bambino. E quando ci succede, preghiamo nel nostro cuore e diciamo anche noi, come Elisabetta: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!’; cantiamo come Maria: ‘L’anima mia magnifica il Signore’, perché sia benedetta ogni maternità, e in ogni mamma del mondo sia ringraziato ed esaltato il nome di Dio, che affida agli uomini e alle donne il potere di donare la vita ai bambini”.
E dalla Terra Santa è arrivato un messaggio natalizio dei capi delle Chiese di Terra Santa ai loro fedeli e a tutto il mondo, che prende le mosse dal versetto 16 del quarto capitolo del Vangelo di Matteo: “Nella Natività di Cristo, la luce della salvezza di Dio è venuta per la prima volta nel mondo, illuminando tutti coloro che Lo avrebbero accolto, sia allora sia oggi, offrendo loro ‘grazia su grazia’ per sconfiggere le forze oscure del male che cospirano incessantemente per portare alla distruzione della creazione di Dio”.
Di questa ‘Luce’ sono testimoni molti cristiani: “Esteriormente poco sembra essere cambiato. Eppure interiormente, la santa nascita del nostro Signore Gesù Cristo ha innescato una rivoluzione spirituale che continua a trasformare e indirizzare innumerevoli cuori e menti verso le vie della giustizia, della misericordia e della pace”.
Ed hanno pregato per il ‘cessate il fuoco’ raggiunto nel Libano, auspicando che esso sia raggiunto anche a Gaza: “In questo spirito natalizio colmo di speranza, rendiamo grazie all’Onnipotente per il recente cessate il fuoco tra due delle parti in guerra nella nostra regione e chiediamo che venga esteso a Gaza e a molti altri luoghi, ponendo fine alle guerre che affliggono questa parte del mondo.
Rinnoviamo inoltre il nostro appello per il rilascio di tutti i prigionieri e delle persone private della libertà, il ritorno dei senzatetto e degli sfollati, la cura dei malati e dei feriti, il soccorso di coloro che hanno fame e sete, il ripristino di proprietà ingiustamente sequestrate o minacciate; la ricostruzione di tutte le strutture civili, pubbliche e private, che sono state danneggiate o distrutte”.
(Foto: Santa Sede)
Per non dimenticare i diritti umani
“Nella vita della comunità internazionale, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, rappresenta una tappa fondamentale, riconoscendo l’insopprimibile dignità della persona, principio che ispira la nostra Costituzione. Nonostante la sottoscrizione della Dichiarazione da parte degli Stati aderenti alle Nazioni Unite, i diritti umani continuano a essere minacciati e violati in diverse parti del mondo.
Violenze e abusi nei confronti delle donne, dei bambini e dei soggetti più fragili sono accadimenti quotidiani, soprattutto laddove sono in corso conflitti armati. In alcuni Paesi le più elementari libertà democratiche sono brutalmente ignorate, e perfino l’esercizio del voto (cardine di ogni democrazia) è vanificato.
In una congiuntura internazionale caratterizzata da crisi occorre ribadire la necessità della tutela dei diritti di ogni persona, in ogni circostanza. In occasione della Giornata che sottolinea la centralità dei diritti umani, la Repubblica riafferma il valore delle norme del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario, senza le quali è illusoria ogni prospettiva di pace duratura e di sviluppo dei popoli”.
In occasione della Giornata per i diritti umani il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riconosciuto le continue violazioni di essi, ribadendo la necessità della tutela di ogni persona; ed anche papa Francesco ha lanciato un appello con un messaggio su X in occasione dell’odierna Giornata mondiale dei diritti umani: “I #DirittiUmani alla vita e alla pace sono condizione essenziale per l’esercizio di tutti gli altri diritti. I governanti ascoltino il grido di pace dei milioni di persone private dei diritti più elementari a causa della guerra, madre di tutte le povertà!”
mentre il presidente della Croce Rossa italiana, Rosario Valastro, ha invitato a non abituarsi alla mancanza di rispetto dei diritti umani: “Questo momento storico ha un grande nemico: l’abitudine.
Non abituiamoci mai a rimanere indifferenti davanti a tutte le persone che nelle zone di conflitto sono prive di acqua, cibo, vestiti e supporto sanitario, a quanti sono in difficoltà economica, a chi è margini della società, a chi subisce violenze. Il nostro compito è quello di non voltarci dall’altra parte e di impegnarci ancora di più per difendere quei diritti fondamentali propri ad ogni persona, affinché siano sempre più una base solida della nostra società, della nostra democrazia, e riescano a garantire a tutti gli esseri umani eguale dignità, in ogni circostanza”.
Ed il pensiero è rivolto a chi per problemi di libertà di parola è costretto a fuggire: “L’azione dei 150.000 Volontarie e Volontari della Croce Rossa Italiana è nel primo Principio dell’Associazione, l’Umanità. Da Lampedusa agli altri porti italiani dove svolgiamo accoglienza alle persone migranti, nei quartieri delle nostre città dove i senza fissa dimora vivono in solitudine, nei centri dove assistiamo le persone indigenti o che non hanno accesso alle cure mediche necessarie, da Gaza all’Ucraina, quella stessa Umanità ci permette da 160 anni di essere ovunque c’è gente che soffre. Quella stessa Umanità è la ragione per cui non ci abitueremo mai all’odio, non resteremo mai indifferenti e non ci volteremo dall’altra parte davanti a chi si trova in difficoltà”.
Da queste premesse il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, “nella Giornata mondiale dei Diritti Umani la Comunità internazionale deve ribadire a gran voce l’impegno a tutela della libertà e dell’uguaglianza di ogni donna, uomo, bambina e bambino. Solo così potremo costruire una società libera da ogni forma di odio e violenza. Tutti fattori che, purtroppo, sono molto frequenti sia tra gli operatori umanitari che tra gli operatori sanitari”.
In effetti, secondo il rapporto di Amnesty International, nello scorso anno le violazioni dei diritti umani sono state dilaganti: “Gli stati e i gruppi armati hanno frequentemente perpetrato attacchi e uccisioni illegali in un numero crescente di conflitti armati. Le autorità in varie parti del mondo hanno represso il dissenso imponendo restrizioni alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica, ricorrendo all’uso illegale della forza contro manifestanti, arrestando arbitrariamente e detenendo difensori dei diritti umani, oppositori politici e altri attivisti, e sottoponendoli in alcuni casi a tortura e altro maltrattamento. Molti stati non hanno saputo adottare misure in grado di realizzare i diritti delle persone al cibo, alla salute, all’istruzione e a un ambiente salubre, trascurando le ingiustizie economiche e la crisi climatica.
I governi hanno spesso trattato rifugiati e migranti in maniera violenta e razzista. Una radicata discriminazione contro donne, ragazze, persone Lgbti, popolazioni native e comunità razzializzate o religiose ha emarginato sempre di più queste persone e le ha esposte a un rischio sproporzionato di violenza e violazioni dei diritti economici e sociali. Le imprese multinazionali hanno svolto un ruolo rilevante in alcuni di questi abusi. Le panoramiche regionali approfondiscono queste tendenze a livello delle singole regioni”.
Nel rapporto sono state delineate quattro tematiche essenziali per Amnesty International: “Questa analisi globale pone l’attenzione su quattro tematiche che evidenziano alcune di queste tendenze negative a livello globale: il trattamento dei civili come un elemento sacrificabile nelle situazioni di conflitto armato; la crescente reazione violenta contro la giustizia di genere; l’impatto sproporzionato delle crisi economiche, del cambiamento climatico e del degrado ambientale sulle comunità più marginalizzate; e le minacce di tecnologie nuove e già esistenti, come l’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence – Ai) generativa.
Queste rappresentano, dal punto di vista di Amnesty International, le problematiche cruciali per i diritti umani a livello mondiale per il 2024 ed oltre. Gli stati devono intraprendere un’azione concertata per contrastarle e prevenire ulteriori conflitti, crisi emergenti o il peggioramento di quelle attuali”.
Papa Francesco: Maria Immacolata è una bellezza per noi
“In questa solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, sono vicino in modo particolare ai nicaraguensi. Vi invito ad unirvi in preghiera per la Chiesa e il popolo del Nicaragua, che celebra la Purissima, come Madre e Patrona, e innalza a Lei un grido di fede e di speranza. Che la Madre celeste sia per loro di consolazione nelle difficoltà e nelle incertezze, e apra i cuori di tutti, affinché si cerchi sempre la via di un dialogo rispettoso e costruttivo al fine di promuovere la pace, la fraternità e l’armonia nel Paese. E continuiamo a pregare per la pace, nella martoriata Ucraina, in Medio Oriente (Palestina, Israele, Libano, adesso la Siria), in Myanmar, Sudan e dovunque si soffre per la guerra e le violenze. Faccio appello ai Governanti e alla Comunità internazionale, perché si possa arrivare alla festa del Natale con un cessate-il-fuoco su tutti i fronti di guerra… Oggi, mi viene al cuore chiedere a tutti voi di pregare per i detenuti che negli Stati Uniti sono nel corridoio della morte. Credo che sono 13 o 15. Preghiamo perché la loro pena sia commutata, cambiata. Pensiamo a questi fratelli e sorelle nostri e chiediamo al Signore la grazia di salvarli dalla morte”.
Sono gli appelli di papa Francesco al termine della recita dell’Angelus della festività dell’Immacolata Concezione, che ha concluso la celebrazione eucaristica con i nuovi cardinali, soffermandosi a contemplarLa in tre aspetti: “Maria figlia, Maria sposa e Maria madre. Prima di tutto guardiamo all’Immacolata come figlia. Della sua infanzia i Testi sacri non parlano. Il Vangelo ce la presenta invece, al suo ingresso sulla scena della storia, come una giovane ragazza ricca di fede, umile e semplice. E’ la ‘vergine’, nel cui sguardo si riflette l’amore del Padre e nel cui Cuore puro la gratuità e la riconoscenza sono il colore e il profumo della santità. Qui la Madonna ci appare bella come un fiore cresciuto inosservato e finalmente pronto a sbocciare nel dono di sé. Perché la vita di Maria è un continuo dono di sé”.
Essendo figlia è potuta diventare sposa, come è stata definita dalla costituzione dogmatica ‘Lumen Gentium’: “Il che ci porta alla seconda dimensione della sua bellezza: quella di sposa, cioè di colei che Dio ha scelto come compagna per il suo progetto di salvezza. ‘Serva’ non nel senso di ‘asservita’ e ‘umiliata’, ma di persona ‘fidata’, ‘stimata’, a cui il Signore affida i tesori più cari e le missioni più importanti. La sua bellezza allora, poliedrica come quella di un diamante, rivela una faccia nuova: quella della fedeltà, della lealtà e della premura che caratterizzano l’amore reciproco degli sposi”.
Mentre la terza dimensione è la bellezza della Madre: “Qual è questa terza dimensione della bellezza di Maria? Quella di madre. E’ il modo più comune in cui la raffiguriamo: con in braccio il Bambino Gesù, oppure nel presepe, chinata sul Figlio di Dio che giace nella mangiatoia. Sempre presente accanto a suo Figlio in tutte le circostanze della vita: vicina nella cura e nascosta nell’umiltà; come a Cana, dove intercede per gli sposi, o a Cafarnao, dove è lodata per il suo ascolto della Parola di Dio o infine ai piedi della croce (la mamma di un condannato), dove Gesù stesso ce la consegna come madre. Qui l’Immacolata è bella nella sua fecondità, cioè nel suo saper morire per dare la vita, nel suo dimenticare sé stessa per prendersi cura di chi, piccolo e indifeso, si stringe a Lei”.
Per il papa tale bellezza non è irraggiungibile: “Il rischio, però, sarebbe di pensare che si tratti di una bellezza lontana, una bellezza troppo alta, irraggiungibile. Non è così. Anche noi infatti la riceviamo in dono, nel Battesimo, quando veniamo liberati dal peccato e fatti figli di Dio. E con essa ci è affidata la chiamata a coltivarla, come la Vergine, con amore filiale, sponsale e materno, grati nel ricevere e generosi nel donare, uomini e donne del ‘grazie’ e del ‘sì’, detti con le parole, ma soprattutto con la vita (è bello trovare uomini e donne che con la vita dicono grazie e dicono ‘sì’); pronti a far posto al Signore nei nostri progetti e ad accogliere con tenerezza materna tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino”.
Per questo la Madre di Dio è una donna che è a ‘portata’ di tutti: “L’Immacolata allora non è un mito, una dottrina astratta o un ideale impossibile: è la proposta di un progetto bello e concreto, il modello pienamente realizzato della nostra umanità, attraverso cui, per grazia di Dio, possiamo tutti contribuire a cambiare in meglio il nostro mondo. Vediamo purtroppo, attorno a noi, come la pretesa del primo peccato, di voler essere ‘come Dio’, continui a ferire l’umanità, e come questa presunzione di autosufficienza non generi né amore, né felicità.
Chi esalta come conquista il rifiuto di ogni legame stabile e duraturo, infatti, non dona libertà. Chi toglie il rispetto al padre e alla madre, chi non vuole i figli, chi considera gli altri come un oggetto o come un fastidio, chi ritiene la condivisione una perdita e la solidarietà un impoverimento, non diffonde gioia né futuro”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco invita ad essere portatori di gioia
Al termine dell’Udienza generale papa Francesco ha pregato per la pace in Ucraina ed in Terra Santa, rivolgendosi agli studenti del College Saint Michel des Batignolles di Parigi: “Voi bambini, ragazzi, pensate ai bambini e ragazzi ucraini che soffrono questo tempo senza riscaldamento con un inverno molto duro…
E non dimentichiamo il martoriato popolo ucraino. Soffre tanto. E voi bambini, ragazzi, pensate ai bambini e ai ragazzi ucraini che soffrono in questo tempo, senza riscaldamento, con un inverno molto duro, molto forte. Pregate per i bambini e i ragazzi ucraini. Lo farete? Pregherete? Tutti voi. Non dimenticate. E preghiamo anche per la pace in Terra Santa; Nazareth, Palestina, Israele … Che ci sia la pace, che ci sia la pace. La gente soffre tanto. Preghiamo per la pace tutti insieme”.
Mentre nella catechesi sullo Spirito Santo papa Francesco ha evidenziato i suoi frutti: “A differenza dei carismi, che lo Spirito dà a chi vuole e quando vuole per il bene della Chiesa, i frutti dello Spirito (ripeto: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé) sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la nostra libertà.
Questi frutti esprimono sempre la creatività della persona, nella quale ‘la fede opera per mezzo della carità’, talvolta in modo sorprendente e gioioso. Non tutti nella Chiesa possono essere apostoli, profeti, evangelisti; ma tutti indistintamente possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, operatori di pace e così via. Tutti noi, sì, dobbiamo essere caritatevoli, dobbiamo essere pazienti, dobbiamo essere umili, operatori di pace e non di guerra”.
Ed ha raccontato alcuni frutti: “La gioia, frutto dello Spirito, ha in comune con ogni altra gioia umana un certo sentimento di pienezza e di appagamento, che fa desiderare che duri per sempre. Sappiamo per esperienza, però, che questo non avviene, perché tutto quaggiù passa in fretta. Tutto passa in fretta. Pensiamo insieme: la giovinezza: passa in fretta, la salute, le forze, il benessere, le amicizie, gli amori…
Durano cent’anni? Ma poi non di più. Del resto, anche se queste cose non passassero presto, dopo un po’ non bastano più, o vengono addirittura a noia, perché, come diceva Sant’Agostino rivolto a Dio: ‘Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non risposa in te’. C’è l’inquietudine del cuore per cercare la bellezza, la pace, l’amore, la gioia”.
Sant’Agostino descrive bene la gioia evangelica, descritta anche nell’esortazione lettera apostolica ‘Evangelii Gaudium’: “La gioia del Vangelo, la gioia evangelica, a differenza di ogni altra gioia, può rinnovarsi ogni giorno e diventare contagiosa. ‘Solo grazie all’incontro (o reincontro) con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità… Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. P
erché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può astenersi dal comunicarlo agli altri?’ E’ la duplice caratteristica della gioia frutto dello Spirito: non solo essa non va soggetta all’inevitabile usura del tempo, ma si moltiplica condividendola con gli altri! Una vera gioia si condivide con gli altri, e si “contagia”.
E’ stato un invito vivere la gioia del Vangelo come san Filippo Neri: “Egli è passato alla storia come il santo della gioia… Meno conosciuta, però, è la sorgente da cui veniva la sua gioia. San Filippo Neri aveva un tale amore per Dio che a volte sembrava che il cuore gli scoppiasse nel petto. La sua gioia era, nel senso più pieno, un frutto dello Spirito. Il santo partecipò al Giubileo del 1575, che egli arricchì con la pratica, mantenuta in seguito, della visita alle Sette Chiese. Fu, al suo tempo, un vero evangelizzatore mediante la gioia. E aveva questo tratto proprio di Gesù: perdonava sempre, perdonava tutto”.
Ed ha concluso invitando ad essere portatori di gioia: “La parola ‘Vangelo’ significa lieta notizia. Perciò non si può comunicare con musi lunghi e volto scuro, ma con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto e la perla preziosa”.
(Foto: Santa Sede)
A Milano un Rosario di Aiuto alla Chiesa che Soffre per i cristiani perseguitati
Domani sera alle ore 19 in piazza della Scala a Milano, mons. Carlo Azzimonti, Moderator Curiae dell’Arcidiocesi, presiederà il Rosario per i Cristiani perseguitati promosso da Aiuto alla Chiesa che Soffre. L’iniziativa si inserisce nella 10^ ‘RedWeek per la libertà religiosa’. Durante la preghiera verranno accesi ceri rossi in ricordo del sangue dei martiri di ieri e di oggi, come ha spiegato una nota della diocesi di Milano:
“L’iniziativa RedWeek di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) per la libertà religiosa ha inizio nel 2015, durante la persecuzione dei cristiani in Iraq per mano dell’Isis, per sensibilizzare la società civile e le istituzioni in tema di violazioni alla libertà religiosa e sulla persecuzione religiosa ai danni dei cristiani nel mondo”.
Consiste in momenti di liturgia e di preghiera per i cristiani perseguitati, testimonianze, concerti e mostre, accompagnati dall’illuminazione di rosso di edifici di culto o civili, o di monumenti salienti, per ricordare simbolicamente il sangue dei martiri di ieri e di oggi. Finora sono stati illuminati di rosso complessivamente circa 600 tra edifici di culto e civili nei 24 Paesi dove Acs è presente con una sede.
Papa Francesco ai giovani: la speranza non delude mai
“Sono felice di incontrarvi in occasione del ventesimo anniversario di questo organismo: un traguardo che diventa occasione per continuare a impegnarsi con fiducia, prima che la gioventù se ne vada”: con queste parole oggi papa Francesco ha incontrato i membri del Consiglio Nazionale dei giovani, invitandoli a non perdere la capacità di sognare, in occasione del ventennale della fondazione.
In occasione della prossima Giornata mondiale della Gioventù diocesana il papa ha sottolineato che le parole con le quali ha indetto il Giubileo aderiscono alle rilevazioni del Consiglio, in quanto la speranza non delude: “Sentite bene questo: la speranza non delude. Mai. Con queste parole ho indetto il Giubileo Ordinario del 2025. Mi ha fatto piacere leggere dalla vostra ‘Quarta Rilevazione dell’Indice di Fiducia’ che la speranza è l’atteggiamento interiore in cui i giovani italiani oggi si riconoscono di più. Incontriamo spesso persone sfiduciate perché guardano al futuro con scetticismo e pessimismo”.
E’ stato un invito ad essere artigiani di speranza e non ‘pessimisti’: “Quelle persone dalla faccia lunga, così… il pessimismo. E’ importante dunque sapere che i giovani italiani sanno essere artigiani di speranza perché sono capaci di sognare. Per favore, non perdere la capacità di sognare: quando un giovane perde questa capacità, non dico che diventa vecchio, no, perché i vecchi sognano. Diventa un ‘pensionato della vita’. E’ molto brutto. Per favore, giovani, non siate ‘pensionati della vita’, e non lasciatevi rubare la speranza! Mai! La speranza non delude mai!”
E’ stato un invito ad affrontare le sfide della vita senza smettere di sognare: “Come sappiamo (anche dalla cronaca di questi giorni) le sfide che vi riguardano sono tante: la dignità del lavoro, la famiglia, l’istruzione, l’impegno civico, la cura del creato e le nuove tecnologie. L’aumento di atti di violenza e di autolesionismo, fino al gesto più estremo di togliersi la vita, sono segni di un disagio preoccupante e complesso. Voi sapete che, nel mondo, i suicidi giovanili non si pubblicano tutti, si nascondono. E’ un cambiamento d’epoca, una metamorfosi non solo culturale ma anche antropologica. Per questo è fondamentale un cammino educativo che coinvolga tutti”.
Ecco l’invito ad essere testimoni della vita: “C’è una bellezza che va al di là dell’apparenza: è quella di ogni uomo e ogni donna che vivono con amore la loro vocazione personale, nel servizio disinteressato alla comunità, nel lavoro generoso per la felicità della famiglia, nell’impegno gratuito per far crescere l’amicizia sociale.
Scoprire, mostrare e mettere in risalto questa bellezza significa porre le basi della solidarietà sociale e della cultura dell’incontro. Il vostro servizio disinteressato per la verità e la libertà, per la giustizia e la pace, per la famiglia e la politica è il contributo più bello e più necessario che potete offrire alle istituzioni per la costruzione di una società nuova”.
Infine il papa ha invitato loro a non temere le difficoltà della vita: “Di fronte alle sfide e alle difficoltà che potrete incontrare nel vostro lavoro, non temete! Non abbiate paura di attraversare anche i conflitti. I conflitti ci fanno crescere. Ma non dimenticate che il conflitto è come un labirinto: dal labirinto non si può uscire da soli, si esce in compagnia di un altro che ci aiuti. Primo. E dal labirinto si esce dall’alto. Lasciatevi aiutare dagli altri”.
Quindi per il papa occorre guardare in alto: “E sempre guardare in alto perché la vita non sia un giro labirintico, che uccide la gioventù. Invecchiare in un labirinto è invecchiare nei valori superficiali. E’ triste vedere un uomo o una donna, giovane, che vive la sua vita nella superficialità… Serve, nella vostra vita (anche per attraversare i conflitti) serve la pazienza di trasformarli in capacità di ascolto, di riconoscimento dell’altro, di crescita reciproca.
Provare a superare i conflitti è il segno che abbiamo puntato più in alto, più in alto dei nostri interessi particolari, per uscire dalle sabbie mobili dell’inimicizia sociale. Andate avanti nel vostro servizio: cercare, custodire e portare la voce e la speranza dei giovani italiani nelle sedi istituzionali per partecipare insieme al bene comune”.
E li ha affidati al beato Pier Giorgio Frassati: “Vi affido al Beato Pier Giorgio Frassati. Lo conoscete? Io da bambino avevo sentito parlare di lui, perché il mio papà era membro dell’Azione Cattolica. E’ un giovane come voi, che ha testimoniato con la vita la gioia del Vangelo. Vi invito a conoscerlo e imitare la sua coerenza e il suo coraggio, la sua gioia”.
Mentre ai rappresentanti delle principali istituzioni di settore nel mondo, che partecipano ad un incontro internazionale promosso dalla Biblioteca Apostolica Vaticana papa Francesco ha chiesto la cura della cultura: “Molte istituzioni culturali si trovano così indifese davanti alla violenza delle guerre e della depredazione. Quante volte è già successo in passato! Impegniamoci perché non succeda più: allo scontro di civiltà, al colonialismo ideologico e alla cancellazione della memoria rispondiamo con la cura della cultura.
Sarebbe grave che, oltre alle tante barriere tra gli Stati, si innalzassero anche muri virtuali. A tale riguardo, voi bibliotecari avete un ruolo importante, oltre che per la difesa del patrimonio storico, anche per la promozione della conoscenza. Vi incoraggio a continuare a lavorare affinché le vostre istituzioni siano luoghi di pace, oasi di incontro e di libera discussione”.
Ed ecco i quattro criteri consegnati dal papa: “Il primo criterio: che il tempo sia superiore allo spazio. Voi custodite giacimenti immensi di sapere: possano diventare luoghi in cui sia dato il tempo di riflettere, aprendosi alla dimensione spirituale e trascendente. E così possiate favorire studi a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati, favorendo nel silenzio e nella meditazione la crescita di un nuovo umanesimo.
Secondo criterio: l’unità prevalga sul conflitto. La ricerca accademica suscita inevitabilmente momenti di controversia, che vanno svolti all’interno di un dibattito serio, per non giungere alla prevaricazione. Le biblioteche devono essere aperte a tutti gli ambiti di conoscenza, testimoniando una comunione d’intenti tra differenti prospettive.
Terzo criterio: che la realtà sia più importante dell’idea. E’ bene che la concretezza delle scelte e l’attenzione alla realtà crescano a stretto contatto con l’approccio critico e speculativo, per evitare ogni falsa opposizione tra pensiero ed esperienza, tra fatti e principi, tra prassi e teoria. C’è un primato della realtà che la riflessione deve sempre onorare, se vuole cercare sinceramente la verità.
E quarto criterio: che il tutto sia superiore alla parte. Siamo chiamati ad armonizzare la tensione tra locale e globale, ricordando che nessuno è un individuo isolato, ma ognuno è una persona che vive di legami e reti sociali, cui partecipare con responsabilità”.
Mentre nell’incontro con i seminaristi di Pamplona e San Sebastian il papa ha sottolineato che “il seminario non è una prigione, è un luogo dove imparare che un sacerdote è un uomo, un essere umano che vuole redimere, come il vostro arcivescovo mercedario, un redentore di prigionieri; perché un sacerdote non può essere altro che un’immagine viva di Gesù, il Redentore con la R maiuscola”.
E’ stato un invito ad andare nelle carceri: “Questo significa molte cose, ma una molto precisa è che dobbiamo scendere nelle carceri; certamente nelle carceri governative, per offrire a quanti vi sono reclusi l’olio della consolazione e il vino della speranza, ma anche in tutte quelle carceri che rinchiudono uomini e donne della nostra società: le prigioni ideologiche, quelle morali, quelle che creano lo sfruttamento, lo sconforto, l’ignoranza e la dimenticanza di Dio”.
(Foto: Santa Sede)
La prof.ssa Boni spiega l’importanza dello studio della storia del diritto canonico
Nella nuova formulazione quest’anno il Codice di Diritto Canonico ha compiuto 40 anni, ed è stato con una iniziativa di alto profilo all’Università di Bologna, presentando il manuale ‘Il diritto nella storia della Chiesa’ per aiutare a comprendere come l’idea di diritto si sia sviluppato nella storia della Chiesa, grazie alla prof.ssa Geraldina Boni, ordinario di Diritto Canonico, Diritto Ecclesiastico e Storia del Diritto presso la stessa Università, e la dott.ssa Ilaria Samoré, che collabora alla sua cattedra e alla quale si deve il lavoro di raccolta di appunti e temi delle lezioni che hanno affrontato le questioni del diritto nella Chiesa.
Dalla prof.ssa Geraldina Boni ci facciamo spiegare il motivo per cui la Chiesa si è data un diritto ‘canonico’?
“Nell’ottica cattolica la Chiesa non si è ‘data’, non ha cioè ‘inventato’ un diritto canonico, in quanto gli elementi essenziali di giuridicità che la contrassegnano scaturiscono dalla volontà divina: la rispondenza a giustizia delle prescrizioni e degli istituti in cui essa si articola è indelebilmente impressa dal suo Fondatore e non può essere tradita. Benché la parabola storica della comunità ecclesiale sia stata costellata di frequente da fermenti di contestazione della dimensione giuridica, essi sono sempre stati intransigentemente respinti, poiché il diritto canonico si radica e trova legittimazione nello ‘ius divinum’. Il quale ultimo non può essere discrezionalmente mutato né in alcun modo scalfito dall’autorità gerarchica, neppure da quella suprema.
Può tuttavia evolvere e approfondirsi la comprensione e la penetrazione del diritto divino da parte dell’intelligenza dell’uomo di ogni tempo: determinando aggiustamenti normativi che rispecchino questa più matura consapevolezza del disegno superiore. Per questo, con tali trasformazioni, non si induce alcun relativismo, dovendosi comunque tutte le riforme giuridiche innestare saldamente nella Tradizione. Ciò è particolarmente evidente pure in tematiche delicate e continuamente dibattute nella Chiesa, anche attualmente: come la configurazione del primato del vescovo di Roma o la collegialità episcopale, ovvero quella sinodalità che tanto sta a cuore a Papa Francesco; o, ancora, come il ruolo dei chierici e dei laici, ovvero delle donne”.
Quanto è importante il diritto canonico?
Ovviamente io sono un poco “partigiana” nel rispondere alla domanda, occupandomi di tale materia da trent’anni. Ma al di là della necessità per così dire ‘ad intra’ della compagine ecclesiale di studiare il diritto canonico per le ragioni appena dette, ad extra (io del resto lo insegno in una Università statale) sono convinta che conoscerlo sia importantissimo: esso, infatti, rappresenta una chiave di lettura straordinariamente illuminante (oltre che avvincente) per investigare l’origine e lo sviluppo della civiltà occidentale.
Per più di un millennio la Chiesa romana ha dispiegato una funzione cruciale nella guida spirituale e altresì politica dell’Europa; ne discende che il diritto canonico e il graduale dipanarsi delle sue istituzioni hanno sensibilmente contribuito a delineare non solo la fisionomia degli odierni ordinamenti di ‘civil law’ e di ‘common law’, specie in riferimento a capitali principi che li attraversano e li fondano: ma hanno segnato a fondo il linguaggio, il sapere condiviso e il patrimonio intellettuale collettivo, pure le sembianze dei territori.
Esplorare la storia del diritto canonico costituisce dunque uno strumento prezioso e impareggiabile per la decodificazione del nostro passato: e, di conseguenza, per una più piena cognizione dell’identità che ad esso si ricollega. Aggiungo che alcune connotazioni intrinsecamente caratterizzanti ancor oggi lo ‘ius canonicum’, in particolare la sua plastica elasticità nel piegarsi ad ogni realtà concreta affinché in ognuna affiori e si affermi la ‘res iusta’, possono offrire ai cultori dei diritti secolari non poche suggestioni per pervenire a soluzioni più ragionevoli perché più confacenti, appunto, a giustizia.
Come si è sviluppato nei secoli il diritto canonico?
Fermi i capisaldi innervati nello ‘ius divinum’, il diritto canonico di produzione umana, pur tra crisi e regressi, non ha mai cessato di progredire e perfezionarsi, adattandosi costantemente al mutare delle diversificate e capillari domande di giustizia dei ‘christifideles’: lasciandosi interrogare e aderendo al mutare delle contingenze temporali e ambientali. Ciò del resto risponde pienamente alla fisionomia inconfondibile di una religione incarnata come quella cristiana: la Chiesa, con il suo diritto, si è fatta così ‘romana’ coi ‘romani’, ‘barbara’ coi ‘barbari’…
La logica dell’incarnazione si proietta e si ripercuote nell’aspirazione a una perpetua inculturazione anche del diritto canonico. Esso viene sollecitato, arricchito, spronato a nuove e inedite soluzioni giuridiche dal rapporto e dal confronto con le varie culture, ‘filtrandole’ alla luce della buona novella evangelica affinché si mantenga integra la conformità al progetto divino”.
Come si inserisce il diritto canonico nell’azione missionaria della Chiesa?
“Proprio quanto appena ricordato permette di capire come l’azione missionaria della Chiesa non possa comportare l’esportazione e l’imposizione di schemi giuridici del tutto alieni a coloro cui viene proposto l’annuncio cristiano. In passato, ad esempio, con il superamento dei confini dell’Occidente al seguito delle potenze iberiche, la ‘societas Ecclesiae’ entrò in contatto con popoli estranei all’universo greco-latino nel grembo del quale il cristianesimo e il suo diritto si erano formati: e quest’ultimo fu in grado di adeguarsi e plasmarsi alla cultura dei convertiti, alimentando tra l’altro un laboratorio di soluzioni giuridiche inedite e innovative che poi in gran parte, per la loro proficuità, sono state estese all’intera cristianità.
Anche oggi la sfida missionaria, volta semmai ai Paesi di antica cristianità oramai pressoché completamente secolarizzati, richiede strumenti giuridici differenti, che sappiano rispondere alle impellenze esistenziali degli uomini e delle donne del postmoderno. Le urgenze poste quindi dalle esigenze missionarie dimostrano eloquentemente la capacità del diritto della Chiesa di elaborare istituti canonistici calati e forgiati sui bisogni via via emergenti, escogitando disposizioni sempre ispirate alla giustizia di ogni situazione”.
Quindi il diritto canonico è un esercizio di libertà della Chiesa?
“Anzitutto il diritto salvaguarda la libertà: una Chiesa senza diritto sarebbe, come molti hanno osservato, una Chiesa dell’arbitrio e della prevaricazione. Il diritto canonico può essere inoltre considerato un esercizio di libertà nella Chiesa perché ha congegnato e sperimenta criteri di flessibilità che permettono di modellarlo caso per caso, nonostante la rigidità e l’immutabilità che contraddistinguono lo ‘ius divinum’, e pertanto rimanendo sempre entro quella cornice che neppure il papa può varcare o forzare. Ciò è veicolato ed espresso attraverso quell’aequitas canonica che, rinvenendo i suoi primi barlumi nei precorritori dell’età aurea del diritto canonico medievale, si esercita creativamente consentendo di attenuare la durezza del rigor iuris con la dolcezza della misericordia.
Un esercizio di libertà, infine, che è garantito non soltanto all’autorità ecclesiastica, ma che spetta a tutti fedeli: tra essi, in forza della rigenerazione battesimale, vige una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, come recita il can. 208 del Codex Iuris Canonici vigente, cooperando a pieno titolo all’edificazione del Corpo di Cristo”.
Nel prossimo anno si celebrano 1700 anni del Concilio di Nicea, che fu presieduto dall’imperatore Costantino: ciò provocò problemi nella Chiesa e come si risolsero?
Non solo Nicea, ma tutti i primi otto concili ecumenici del primo millennio, come noto, si riuniscono sotto l’egida dell’imperatore, il quale, specie dal momento in cui il cristianesimo viene elevato a ‘religione di Stato’, si fa ‘custos et vindex’ (protettore e garante) di quest’ultima. La figura di Costantino, ricca di chiaroscuri e di ambigue sfaccettature, sin da subito fa sorgere il problema di una difesa della Chiesa da parte del potere politico che rischia di divenire un controllo opprimente e asfissiante. La presenza di Costantino a Nicea quale ‘vescovo di foro esterno’ (stando alla testimonianza di Eusebio) è un sintomo, cioè, di quella pericolosa pretesa di commistione tra autorità secolare e autorità spirituale che a lungo perdurerà nei secoli e che cagionerà non pochi conflitti e danni funesti.
Il principio dualista cristiano del ‘date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’, seppur teoricamente di una chiarezza cristallina, ha faticato e stenta ancor oggi a realizzarsi nell’esperienza pratica: con invasioni ed esorbitanze, invero da una parte e dall’altra, continue e difficilmente contenibili, ma che vanno tuttavia tenacemente contrastate. Anche proprio rivendicando e facendo valere quella libertà dei figli di Dio che il diritto canonico tutela e promuove per ammonire le autorità civili e quelle ecclesiastiche al rispetto della libertà religiosa, da una parte, e dell’autonomia dell’ordine temporale, dall’altra”.
Papa Francesco: lo Spirito Santo consente la preghiera
“Ho voluto salutare la Virgen de los Desamparados, la Madonna che si prende cura dei poveri, la patrona di Valencia, Valencia che soffre tanto, e anche altre parti della Spagna, ma soprattutto Valencia, che è sotto l’acqua e soffre. Ho voluto che fosse qui, la patrona di Valencia. Questa immagine che gli stessi valenciani mi hanno regalato. Oggi, in modo speciale, preghiamo per Valencia e per altre zone della Spagna che stanno soffrendo per l’acqua”: è stato il pensiero di papa Francesco prima della catechesi per ricordare i morti dei nubifragi in Spagna.
Pensiero ritornato a conclusione dell’udienza generale con l’invito a pregare anche per le popolazioni succubi della guerra: “E preghiamo per la pace. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, che soffre tanto; non dimentichiamo Gaza e Israele. L’altro giorno sono stati mitragliati 153 civili che andavano per la strada. E’ molto triste. Non dimentichiamo il Myanmar. E non dimentichiamo Valencia né la Spagna. Per questo, come ho detto, c’è oggi, presiede, la Virgen de los Desamparados, la Madonna de Desamparados, che è la patrona di Valencia. Vi invito a pregare per Valencia un Ave Maria a Lei. Ave Maria”.
E continuando la catechesi sullo Spirito Santo il papa ha incentrato la riflessione sul rapporto tra Spirito Santo e preghiera: “L’azione santificatrice dello Spirito Santo, oltre che attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, si esplica nella preghiera, ed è a questa che vogliamo dedicare la riflessione di oggi: la preghiera. Lo Spirito Santo è nello stesso tempo soggetto e oggetto della preghiera cristiana. Egli, cioè, è Colui che dona la preghiera ed è Colui che è donato dalla preghiera”.
Quindi tra preghiera e Spirito Santo esiste un rapporto ‘intimo’ e libero: “Noi preghiamo per ricevere lo Spirito Santo e riceviamo lo Spirito Santo per poter pregare veramente, cioè da figli di Dio, non da schiavi. Pensiamo un po’ a questo: pregare da figli di Dio, non da schiavi. Si deve pregare sempre con libertà… La preghiera è libera. Tu preghi quando lo Spirito ti aiuta a pregare.
Tu preghi quando senti nel cuore il bisogno di pregare; e quando non senti nulla, fermati e domandati: perché non sento la voglia di pregare, cosa succede nella mia vita? Sempre, la spontaneità nella preghiera è quello che ci aiuta di più. Questo vuol dire pregare da figli, non da schiavi”.
La preghiera consente la discesa dello Spirito Santo: “C’è, a questo riguardo, una parola ben precisa di Gesù nel Vangelo: ‘Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!’ Ognuno di noi ai piccolini sappiamo dare le cose buone, siano i figli, siano i nipoti o gli amici. I piccolini sempre ricevono da noi cose buone. E come il Padre non darà lo Spirito a noi?
E questo ci dà coraggio e possiamo andare avanti. Nel Nuovo Testamento vediamo lo Spirito Santo discendere sempre durante la preghiera. Scende su Gesù nel battesimo al Giordano, mentre ‘stava in preghiera’ e scende a Pentecoste sui discepoli, mentre ‘erano perseveranti e concordi nella preghiera’”.
La preghiera permette l’azione dello Spirito Santo: “E’ l’unico ‘potere’ che abbiamo sullo Spirito di Dio. Il potere della preghiera: lui non resiste alla preghiera. Preghiamo e viene. Sul Monte Carmelo i falsi profeti di Baal (ricordate quel passo della Bibbia) si agitavano per invocare il fuoco dal cielo sul loro sacrificio, ma non accadde nulla, perché erano idolatri, adoravano un dio che non esiste; Elia si mise in preghiera e il fuoco scese e consumò l’olocausto. La Chiesa segue fedelmente questo esempio… E lo fa soprattutto nella Messa perché discenda come rugiada e santifichi il pane e il vino per il sacrificio eucaristico”.
Purtroppo non sappiamo pregare: “Il motivo di questa debolezza della nostra preghiera veniva espresso in passato in una sola parola, usata in tre modi diversi: come aggettivo, come sostantivo e come avverbio. E’ facile da ricordare, anche per chi non sa di latino, e vale la pena tenerlo a mente, perché da solo contiene un intero trattato. Noi esseri umani, diceva quel detto, ‘mali, mala, male petimus’, che vuol dire: essendo cattivi (mali), chiediamo cose sbagliate (mala) e in modo sbagliato (male)”.
Quindi la preghiera è invocazione allo Spirito Santo: “E’ proprio nella preghiera che lo Spirito Santo si rivela come “Paraclito”, cioè avvocato e difensore. Non ci accusa davanti al Padre, ma ci difende. Sì, ci difende, ci convince del fatto che siamo peccatori, ma lo fa per poterci far gustare la gioia della misericordia del Padre, non per distruggerci con sterili sensi di colpa. Anche quando il nostro cuore ci rimprovera di qualcosa”.
Attraverso la preghiera lo Spirito Santo intercede: “Lo Spirito Santo intercede per noi e ci insegna anche a intercedere, a nostra volta, per i fratelli; ci insegna la preghiera di intercessione: pregare per questa persona, pregare per quel malato, per quello che è in carcere, pregare…; pregare per la suocera pure, e pregare sempre, sempre. Questa preghiera è particolarmente gradita a Dio perché è la più gratuita e disinteressata. Quando ognuno prega per tutti, avviene (lo diceva sant’Ambrogio) che tutti pregano per ognuno; la preghiera si moltiplica. La preghiera è così”.
(Foto: Santa Sede)