Papa Francesco ai maltesi: siete il tesoro della Chiesa

Condividi su...

La prima giornata di papa Francesco a Malta è terminata con una veglia di preghiera, perché la crisi della fede non si deve ‘addolcire’, e la Madre di Dio sotto la croce è la testimonianza, mentre 3000 fedeli erano nel piazzale del santuario nazionale di Ta’ Pinu:

“Presso la croce di Gesù ci sono Maria e Giovanni. La Madre che ha dato alla luce il Figlio di Dio è addolorata per la sua morte mentre le tenebre avvolgono il mondo; il discepolo amato, che aveva lasciato tutto per seguirlo, ora è fermo ai piedi del Maestro crocifisso. Tutto sembra perduto, tutto sembra finito per sempre.

E mentre prende su di sé le piaghe dell’umanità, Gesù prega: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’ Questa è anche la nostra preghiera nei momenti della vita segnati dalla sofferenza; è la preghiera che ogni giorno sale a Dio dal vostro cuore, Sandi e Domenico: grazie per la perseveranza del vostro amore e per la vostra testimonianza di fede!”

Per il papa l’ ‘ora della morte di Gesù’ è l’ora della vita: “Eppure, l’ora di Gesù (che nel Vangelo di Giovanni è l’ora della morte sulla croce) non rappresenta la conclusione della storia, ma segna l’inizio di una vita nuova. Presso la croce, infatti, contempliamo l’amore misericordioso di Cristo, che spalanca le braccia verso di noi e, attraverso la sua morte, ci apre alla gioia della vita eterna.

Dall’ora della fine si dischiude una vita che comincia; da quell’ora della morte inizia un’altra ora piena di vita: è il tempo della Chiesa che nasce. Da quella cellula originaria il Signore radunerà un popolo, che continuerà ad attraversare le strade impervie della storia, portando nel cuore la consolazione dello Spirito, con la quale asciugare le lacrime dell’umanità”.

Dal santuario nazionale di  Ta’ Pinu, una Chiesa di stile gotico a croce latina che era abbandonato, il papa ha meditato il fatto che la morte di Gesù è l’inizio della vita: “Anche in questo luogo, prima dello splendido edificio che vediamo oggi, c’era solo una piccola cappella in stato di abbandono. Ne era stata disposta la demolizione: sembrava la fine…

Quella chiesetta è diventata il Santuario nazionale, meta di pellegrini e sorgente di vita nuova. Ce lo hai ricordato tu, Jennifer: qui molti affidano alla Madonna le loro sofferenze e le loro gioie, e tutti si sentono accolti. Qui venne pellegrino anche San Giovanni Paolo II, del quale oggi ricorre l’anniversario della morte. Un posto che sembrava perduto, ora rigenera fede e speranza nel Popolo di Dio”.

E’ un invito ad un ritorno alla Chiesa ‘nascente’: “Anzitutto, si tratta di riscoprire l’essenziale della fede. Tornare alla Chiesa delle origini non significa guardare all’indietro per copiare il modello ecclesiale della prima comunità cristiana.

Non possiamo ‘saltare la storia’, come se il Signore non avesse parlato e operato grandi cose anche nella vita della Chiesa dei secoli successivi. Non significa nemmeno essere troppo idealisti, immaginando che in quella comunità non ci fossero difficoltà; al contrario, leggiamo che i discepoli discutono e arrivano persino a litigare tra di loro, e che non sempre comprendono gli insegnamenti del Signore”.

Il papa ha invitato a diffondere la gioia del Vangelo: “A volte, infatti, l’impalcatura può essere religiosa, ma dietro a quel vestito la fede invecchia. L’elegante guardaroba degli abiti religiosi, infatti, non sempre corrisponde a una fede vivace animata dal dinamismo dell’evangelizzazione.

Occorre vigilare perché le pratiche religiose non si riducano alla ripetizione di un repertorio del passato, ma esprimano una fede viva, aperta, che diffonda la gioia del Vangelo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare”.

E’ un invito a tornare alle origini del cristianesimo, anche attraverso il Sinodo: “So che avete iniziato, attraverso il Sinodo, un processo di rinnovamento: vi ringrazio per questo cammino. Fratelli, sorelle, questa è l’ora in cui tornare a quell’inizio, sotto la croce, guardando alla prima comunità cristiana.

Per essere una Chiesa a cui stanno a cuore l’amicizia con Gesù e l’annuncio del suo Vangelo, non la ricerca di spazi e attenzioni; una Chiesa che ha al centro la testimonianza e non qualche usanza religiosa; una Chiesa che desidera andare incontro a tutti con la lampada accesa del Vangelo e non essere un circolo chiuso.

Non abbiate paura di intraprendere, come già fate, percorsi nuovi, magari anche rischiosi, di evangelizzazione e di annuncio, che toccano la vita, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare”.

Ed ha invitato ad affidarsi reciprocamente: “Alle sorgenti della Chiesa c’è il loro reciproco gesto di affidamento. Il Signore, infatti, affida ciascuno alle cure dell’altro: Giovanni a Maria e Maria a Giovanni, così che ‘da quell’ora il discepolo l’accolse con sé’. Ritornare all’inizio significa anche sviluppare l’arte dell’accoglienza.

Tra le ultime parole di Gesù dalla croce, quelle rivolte alla Madre e a Giovanni esortano a fare dell’accoglienza lo stile perenne del discepolato. Non si trattò, infatti, di un semplice gesto di pietà, per cui Gesù affidò la mamma a Giovanni perché non rimanesse da sola dopo la sua morte, ma di un’indicazione concreta su come vivere il comandamento sommo, quello dell’amore. Il culto a Dio passa per la vicinanza al fratello”.

Il papa ha sottolineato l’importanza dell’accoglienza: “E quanto è importante nella Chiesa l’amore tra i fratelli e l’accoglienza del prossimo! Il Signore ce lo ricorda nell’ora della croce, nella reciproca accoglienza di Maria e Giovanni, esortando la comunità cristiana di ogni tempo a non smarrire questa priorità…

Carissimi, l’accoglienza reciproca, non per pura formalità ma in nome di Cristo, è una sfida permanente. Lo è anzitutto per le nostre relazioni ecclesiali, perché la nostra missione porta frutto se lavoriamo nell’amicizia e nella comunione fraterna”.

L’accoglienza è la cartina al tornasole della Chiesa: “E anche noi, non possiamo accoglierci solo tra di noi, all’ombra delle nostre belle Chiese, mentre fuori tanti fratelli e sorelle soffrono e sono crocifissi dal dolore, dalla miseria, dalla povertà, dalla violenza.

Vi trovate in una posizione geografica cruciale, che si affaccia sul Mediterraneo come polo di attrazione e approdo di salvezza per tante persone sballottate dalle tempeste della vita che, per motivi diversi, arrivano sulle vostre sponde.

Nel volto di questi poveri è Cristo stesso che si presenta a voi. Questa è stata l’esperienza dell’Apostolo Paolo che, dopo un terribile naufragio, fu calorosamente accolto dai vostri antenati”.

Insomma la Chiesa maltese è un tesoro: “Siete un tesoro nella Chiesa e per la Chiesa. Lo dico un’altra volta: siete un tesoro nella Chiesa e per la Chiesa. Per custodirlo, bisogna tornare all’essenza del cristianesimo: all’amore di Dio, motore della nostra gioia, che ci fa uscire e percorrere le strade del mondo; e all’accoglienza del prossimo, che è la nostra testimonianza più semplice e bella nel mondo, e così andare avanti percorrendo le strade del mondo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare”.

(Foto: Santa Sede)

151.11.48.50