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Patù: dieci anni di Infiorata, fiori, fede e comunità nel cuore del Salento

Un tappeto di fiori lungo 250 metri per celebrare la fede, la bellezza e la forza della tradizione: è questo lo spirito con cui il borgo del sud, sito di interesse archeologico e Bandiera Blu per le sue marine, si prepara alla decima edizione dell’Infiorata, in programma tra sabato 21 e domenica 22 giugno, in occasione della solennità del Corpus Domini. I tappeti floreali saranno visitabili fino al 24 giugno giorno in cui a Patù si festeggia San Giovanni Battista, offrendo così un’occasione prolungata per ammirare questo capolavoro di arte e fede.
L’Infiorata di Patù ha ormai conquistato un posto di rilievo nel panorama culturale salentino. Grazie all’impegno e alla passione della comunità locale, ogni anno la strada principale del borgo si trasforma in un vero e proprio capolavoro floreale, realizzato esclusivamente con fiori e foglie raccolti nei campi. I bozzetti, ispirati a tematiche religiose e sociali, vengono minuziosamente elaborati e poi riportati in vita grazie al sapiente lavoro di infioratori esperti e volontari. I preparativi iniziano con largo anticipo: si raccolgono fiori di campo, si essiccano petali ed erbe spontanee, ma anche fondi di caffè utilizzati per le sfumature dei volti e dei dettagli.
I lavori cominceranno nel pomeriggio di sabato 21 giugno, per culminare nella notte con la composizione dei tappeti floreali lungo via Principe di Napoli. La domenica mattina, le opere saranno benedette dal Vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, Monsignor Vito Angiuli, prima della tradizionale processione eucaristica guidata dal parroco don Carmine Peluso.
Un momento corale e silenzioso, in cui il gesto diventa preghiera e l’arte si fa liturgia. Nella notte tra sabato e domenica, tutta la comunità si ritrova per realizzare insieme i quadri: famiglie intere, bambini entusiasti, giovani e anziani.
Uno degli aspetti più belli e caratterizzanti dell’Infiorata di Patù è il messaggio di inclusione che questa manifestazione pone al centro. Accanto ai volontari locali e ai ragazzi dell’oratorio, hanno partecipato attivamente anche i giovani ospiti dei progetti sai msna e ord del Comune di Patù, gestiti da ARCI Lecce solidarietà cooperativa sociale.
Insieme ad altri giovani provenienti da progetti attivi in vari comuni del Salento, hanno contribuito alla raccolta dei fiori e al loro trasporto fino a Patù. Un gesto semplice ma potente, che rinnova lo spirito autentico di questa manifestazione: una comunità che si apre, accoglie e costruisce bellezza condivisa e collettiva, petalo dopo petalo.
Durante i giorni di festa, i visitatori potranno esplorare il MAV – Museo Archeologico di Vereto. Un luogo immersivo che racconta la storia del territorio, in particolare quella del misterioso insediamento dei Messapi e dei leggendari resti della città di Vereto.
Per l’occasione, il 21 e il 22 giugno, sono previste visite guidate speciali per gruppi e famiglie in occasione della notte della Cultura che coincide con questi eventi. Il punto di ritrovo è Palazzo Liborio Romano. È possibile prenotare la visita inviando un messaggio al numero 3476404009. Esperti locali vi guideranno in un tour esperienziale alla scoperta del patrimonio culturale patuense.
Domani a Roma serata in ricordo di Pippo Corigliano con Gianni Letta e Costanza Miriano

Domani sera alle ore 18.00, organizzata dall’Associazione Civita, si terrà nel centro di Roma (Terrazza Civita, piazza Venezia 11), in occasione del primo anniversario dalla morte (8 giugno 2024), una serata in ricordo del giornalista e scrittore cattolico Pippo Corigliano (1942-2024), storico direttore dell’Ufficio Informazioni dell’Opus Dei dal 1970 al 2011.
A introdurre l’incontro sarà il presidente onorario del sodalizio promotore Gianni Letta, noto per esser stato direttore del quotidiano “Il Tempo” dal 1973 al 1987 e sottosegretario del Consiglio dei Ministri durante il Governo Berlusconi IV (2008-2011). Fra i relatori la giornalista di Rai Vaticano Costanza Miriano, amica personale di Pippo Corigliano e autrice della Prefazione della nuova edizione del suo primo libro “Un lavoro soprannaturale. La mia vita nell’Opus Dei”, che nella ricorrenza le Edizioni Ares hanno meritoriamente deciso di pubblicare (Milano 2025, pp. 176, € 18).
A conclusione della serata l’attuale direttore dell’Ufficio Comunicazione Opus Dei Italia Raffaele Buscemi presenterà origini e finalità della “Fondazione Pippo Corigliano”, un progetto destinato non solo ad amici ed estimatori del giornalista e scrittore ma anche a chi, come lui, intende «santificare il proprio lavoro, santificarsi nel lavoro e santificare gli altri per mezzo del lavoro» nel mondo della comunicazione e della cultura in generale.
Non a caso nel presentarsi Corigliano diceva in ogni occasione di amare san Josemaría Escrivá (1902-1975), fondatore dell’Opus Dei, san Giovanni Paolo II, Joseph Ratzinger e Papa Francesco. Nello stile di questi grandi testimoni della Fede, come ha ricordato Costanza Miriano nella sua Prefazione, «gran parte del bene che ha fatto lo conosce solo lui e le persone che ne hanno beneficiato».
Pippo Corigliano ha pubblicato nello scorso decennio diversi interessanti libri per Mondadori come Preferisco il Paradiso. La vita eterna com’è e come arrivarci (2012), Quando Dio è contento. Il segreto della felicità (2013), Siamo in missione per conto di Dio. La santificazione del lavoro (2015) e Il cammino di San Josemaría. Il fondatore dell’Opus Dei e i giovani (2019). Con le Edizioni Ares, invece, oltre al volume appena ripubblicato Un lavoro soprannaturale (la prima edizione – ormai fuori catalogo per Mondadori – risaliva al 2008), ha firmato i due volumi delle Cartoline dal Paradiso. La speranza oltre la crisi (2014 e 2017) e la biografia Alfonso Maria de’ Liguori. Il più napoletano dei santi, il più santo dei napoletani (2023).
Il libro-testimonianza che sarà ripresentato domani sera a Roma è il racconto del suo incontro con la Fede attraverso san Josemaría Escrivá e l’Opus Dei ma è anche la cronaca vivace delle amicizie che hanno costellato la sua vita come quelle con Indro Montanelli (1909-2001), Leonardo Mondadori (1946-2002), Ettore Bernabei (1921-2016) e tanti altri. Il tono lieve e pieno di gioia rispecchia perfettamente il carattere dell’autore. «L’intento dell’Opera», spiegava, «è risvegliare nei nostri tempi lo spirito dei primi cristiani. Questi erano gente comune, toccata da un messaggio straordinario che la rendeva capace di cose altrettanto straordinarie: generosità, dinamismo apostolico, fede operosa, amore reciproco, laboriosità, affidabilità. Una fede operativa insomma…».
L’accredito per la serata in ricordo di Pippo Corigliano è obbligatorio e può essere richiesto scrivendo una email a: segreteria@comitatopippocorigliano.it.
Papa Leone XIV invita a chiedere la guarigione

“Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime della tragedia avvenuta nella scuola di Graz. Sono vicino alle famiglie, agli insegnanti, e ai compagni di scuola… Il Signore accolga nella sua pace questi suoi figli”: al termine dell’udienza generale in piazza san Pietro, papa Leone XIV ha invitato a pregare per le vittime della strage avvenuta alla scuola Borg di Graz, in Stiria, la seconda città più grande dell’Austria, dove un ex studente ha aperto il fuoco nelle aule, con 11 vittime, tra cui 9 alunni, ed una trentina di feriti tra ragazzi e insegnanti, alcuni dei quali in gravi condizioni.
Mentre la catechesi dell’udienza generale il papa ha parlato delle guarigioni operate da Gesù, iniziando da Bartimeo, con l’invito a chiedere di lasciarsi guarire: “con questa catechesi vorrei portare il nostro sguardo su un altro aspetto essenziale della vita di Gesù, cioè sulle sue guarigioni. Per questo vi invito a mettere davanti al Cuore di Cristo le vostre parti più doloranti o fragili, quei luoghi della vostra vita dove vi sentite fermi e bloccati. Chiediamo al Signore con fiducia di ascoltare il nostro grido e di guarirci!”
Come ha fatto Bartimeo: “Il personaggio che ci accompagna in questa riflessione ci aiuta a capire che non bisogna mai abbandonare la speranza, anche quando ci sentiamo perduti. Si tratta di Bartimeo, un uomo cieco e mendicante, che Gesù incontrò a Gerico. Il luogo è significativo: Gesù sta andando a Gerusalemme, ma inizia il suo viaggio, per così dire, dagli ‘inferi’ di Gerico, città che sta sotto il livello del mare. Gesù, infatti, con la sua morte, è andato a riprendere quell’Adamo che è caduto in basso e che rappresenta ognuno di noi”.
Ed ha chiarito il significato del nome: “Bartimeo significa ‘figlio di Timeo’: descrive quell’uomo attraverso una relazione, eppure lui è drammaticamente solo. Questo nome, però, potrebbe anche significare ‘figlio dell’onore’ o ‘dell’ammirazione’, esattamente al contrario della situazione in cui si trova. E poiché il nome è così importante nella cultura ebraica, vuol dire che Bartimeo non riesce a vivere ciò che è chiamato ad essere”.
Un’altra annotazione riguarda la richiesta di aiuto: “A differenza poi del grande movimento di gente che cammina dietro a Gesù, Bartimeo è fermo. L’Evangelista dice che è seduto lungo la strada, dunque ha bisogno di qualcuno che lo rimetta in piedi e lo aiuti a riprendere il cammino.
Cosa possiamo fare quando ci troviamo in una situazione che sembra senza via d’uscita? Bartimeo ci insegna a fare appello alle risorse che ci portiamo dentro e che fanno parte di noi. Lui è un mendicante, sa chiedere, anzi, può gridare! Se desideri veramente qualcosa, fai di tutto per poterlo raggiungere, anche quando gli altri ti rimproverano, ti umiliano e ti dicono di lasciar perdere. Se lo desideri davvero, continua a gridare!”
Ecco il motivo per cui egli grida: “Bartimeo è cieco, ma paradossalmente vede meglio degli altri e riconosce chi è Gesù! Davanti al suo grido, Gesù si ferma e lo fa chiamare, perché non c’è nessun grido che Dio non ascolti, anche quando non siamo consapevoli di rivolgerci a lui. Sembra strano che, davanti a un uomo cieco, Gesù non vada subito da lui; ma, se ci pensiamo, è il modo per riattivare la vita di Bartimeo: lo spinge a rialzarsi, si fida della sua possibilità di camminare”.
Ma Gesù non lo guarisce senza la sua partecipazione: “Quell’uomo può rimettersi in piedi, può risorgere dalle sue situazioni di morte. Ma per fare questo deve compiere un gesto molto significativo: deve buttare via il suo mantello!”
Gesù gli chiede di compiere un ‘passo’ per guarire: “Per un mendicante, il mantello è tutto: è la sicurezza, è la casa, è la difesa che lo protegge. Persino la legge tutelava il mantello del mendicante e imponeva di restituirlo alla sera, qualora fosse stato preso in pegno. Eppure, molte volte, quello che ci blocca sono proprio le nostre apparenti sicurezze, quello che ci siamo messi addosso per difenderci e che invece ci sta impedendo di camminare. Per andare da Gesù e lasciarsi guarire, Bartimeo deve esporsi a Lui in tutta la sua vulnerabilità. Questo è il passaggio fondamentale per ogni cammino di guarigione”.
Ecco il motivo per cui Gesù attende una risposta alla domanda: “Ma, in realtà, non è scontato che noi vogliamo guarire dalle nostre malattie, a volte preferiamo restare fermi per non assumerci responsabilità. La risposta di Bartimeo è profonda: usa il verbo anablepein, che può significare ‘vedere di nuovo’, ma che potremmo tradurre anche con ‘alzare lo sguardo’. Bartimeo, infatti, non vuole solo tornare a vedere, vuole ritrovare anche la sua dignità! Per guardare in alto, occorre rialzare la testa. A volte le persone sono bloccate perché la vita le ha umiliate e desiderano solo ritrovare il proprio valore”.
Il papa ha concluso l’udienza generale affermando che la fede salva: “Ciò che salva Bartimeo, e ciascuno di noi, è la fede. Gesù ci guarisce perché possiamo diventare liberi. Egli non invita Bartimeo a seguirlo, ma gli dice di andare, di rimettersi in cammino. Marco però conclude il racconto riferendo che Bartimeo prese a seguire Gesù: ha scelto liberamente di seguire colui che è la Via!”
Quindi la conclusione della catechesi rimanda all’inizio di essa: “Cari fratelli e sorelle, portiamo con fiducia davanti a Gesù le nostre malattie, e anche quelle dei nostri cari, portiamo il dolore di quanti si sentono persi e senza via d’uscita. Gridiamo anche per loro, e siamo certi che il Signore ci ascolterà e si fermerà”.
(Foto: Santa Sede)
Giornata del Turismo: la Chiesa chiede che sia sostenibile

“La bellezza del creato e il patrimonio culturale dell’umanità educano tutti noi a leggere i segni della sapienza di Dio. In questa prospettiva, anche il turismo è occasione di crescita, incontro e reciproca conoscenza: mentre arricchisce le relazioni tra i popoli, l’esperienza del viaggio invita ciascuno a prendersi cura della casa comune”: con queste parole inizia il messaggio che mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo, ha inviato in occasione della 46^ Giornata Mondiale del Turismo che si celebra il 27 settembre prossimo, che si intitola ‘Turismo e trasformazione sostenibile’, scelto dall’Organizzazione Mondiale del Turismo.
Nel messaggio mons. Fisichella ha coniugato le due parole del tema: “Il legame così espresso è lungimirante e trova significativo riscontro nell’enciclica ‘Laudato sì’ di papa Francesco, che afferma: ‘La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale’. Questo atteggiamento di salvaguardia interessa anche il turismo: ogni anno aumenta, infatti, il numero di persone che si muovono da una parte all’altra del pianeta per gli scopi più disparati e con vari mezzi di trasporto”.
Con la crescita della mobilità turistica è importante rispettare l’ambiente: “Questa mobilità globale richiede un impiego di risorse che ha un impatto notevole sulla salute delle persone e sulla natura. Mentre cresce la consapevolezza di abitare un mondo che diventa sempre più piccolo proprio in forza della mobilità, è importante entrare nell’orizzonte della trasformazione sostenibile anche per gli operatori del turismo.
L’ampiezza delle risorse in campo può far trovare strumenti più coerenti per rendere più agevole il trasporto e la salute dei passeggeri. D’altronde, il turista stesso valuta con favore quelle situazioni che rispettano la sostenibilità dell’ambiente. La preoccupazione e la cura per il creato richiedono, dunque, la responsabilità personale e collettiva, perché nulla vada perduto di quanto abbiamo ricevuto”.
Quindi un viaggio ‘sostenibile’ consente maggiore consapevolezza nella conoscenza della realtà: “Mettersi in viaggio stimola a sviluppare una visione più ampia della realtà; favorisce la contemplazione della bellezza naturale e artistica presente in ogni angolo del mondo. Il turismo è anche occasione di incontro tra le persone e può consentire di rendere migliore la relazione tra i popoli favorendo il rispetto reciproco e la solidarietà”.
Un ramo importante è rivestito anche dal turismo religioso: “Non si può trascurare, quindi, il grande impatto relazionale che il turismo possiede e che assume aspetti ancora più profondi quando la meta è un luogo sacro. Mentre recuperano le forze del corpo e dello spirito, infatti, i turisti possono trovare speciale edificazione nei Santuari, meditando sia sul proprio cammino di fede, sia sull’impegno per la sostenibilità che abbraccia ormai grandi spazi della vita sociale”.
Per questo il messaggio della Chiesa chiede di valorizzare il bene dell’acqua: “Si pensi al bene prezioso dell’acqua e al suo consumo. Chi ammira le grandi cascate, ad esempio, dovrebbe riflettere sul fatto che l’acqua non è nostra esclusiva proprietà: è un bene che ci è stato donato e come tale richiede rispetto e difesa. Auguriamo pertanto a quanti godranno qualche giorno di riposo al mare o in montagna di apprezzare il valore dell’acqua, considerando come essa sia un bene che non può essere sprecato o, peggio, inquinato. E possa tale consapevolezza indurre a stili di vita più saggi nell’uso quotidiano di questa risorsa”.
Però l’uso sostenibile non riguarda solo l’acqua, come ha scritto papa Benedetto XVI nell’enciclica ‘Caritas in veritate’: “L’uso sostenibile ovviamente non riguarda solo l’acqua, ma si estende a tanti altri elementi che permettono l’esistenza di un ecosistema: poiché tutti siamo ospiti, non possiamo delegare la cura dell’ambiente comune ai pochi che intuiscono la problematica della sua custodia e la drammaticità del momento storico… Di questo amore siamo testimoni anche come turisti, mentre beneficiamo di un mondo meraviglioso, che proprio per questo dobbiamo custodire intatto”.
Per questo il turismo sostenibile rimanda al tema del sovraffollamento: “E’ inevitabile che l’aumento dei viaggiatori debba trovare corrispondenza nelle offerte per loro disponibili. Gli operatori turistici potrebbero allora cadere nella tentazione di fare del turismo un oggetto di speculazione. Gli esempi negativi, purtroppo, sono molti e suscitano non poche perplessità.
La crescita sproporzionata dei turisti in alcuni luoghi ha portato le autorità a fissare dei limiti agli ingressi. Si riscontrano perfino contestazioni dei residenti che vorrebbero chiudere le porte ai turisti. Certo, il sovraffollamento di alcune località pone seri problemi, ma li si può prevenire attraverso opportuni interventi e avvalendosi anche degli strumenti che la tecnologia ci offre. Sono gli stessi turisti che chiedono di essere tutelati, mentre si studiano progetti per favorirne l’incremento”.
Un altro tema collegato al turismo responsabile riguarda il tema del lavoro: “La precarietà, cui spesso i giovani sono sottoposti, non è mai fonte di un futuro sostenibile. La giustizia non può essere eclissata dalla sete di guadagno né da condizioni che feriscono la dignità del lavoratore. Una vera giustizia diventa sostegno per combattere la povertà e per aiutare le persone a esprimere le proprie capacità lavorative”.
Richiamando l’enciclica ‘Laudato sì’ di papa Francesco il messaggio invita a mettere in pratica le ‘buone pratiche’ del turismo: “Ciò che piuttosto si riscontra sembra essere il desiderio del mero profitto, realizzato in fretta senza molta fatica: questa frenesia abbaglia e porta a soluzioni che umiliano i dipendenti, i turisti e gli stessi operatori… Al contrario, l’autentica promozione del turismo si accompagna sempre a buone pratiche di giustizia sociale e al rispetto dell’ambiente”.
Infine un richiamo al turismo in chiave giubilare: “La comunità cristiana non solo è direttamente partecipe del turismo, ma spesso ne è artefice attraverso una rete di servizi creati per esprimere l’accoglienza ai pellegrini e ai turisti. E’ dovere dei responsabili dei Santuari vigilare attentamente affinché questi luoghi rimangano sacri spazi di autentica spiritualità, dove il cuore trova conforto ed è favorita la riflessione sulle domande umane di fondo, attraverso il silenzio, la preghiera e il dialogo con uomini e donne di Dio.
In proposito, la preparazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali che hanno la responsabilità dei Santuari è un’esigenza che non può essere trascurata. Queste oasi di pace e serenità sono una risorsa preziosa e possono diventare una scuola di vita che, attraverso il patrimonio spirituale antico e sempre attuale, aiuta a guardare con fiducia al futuro”.
Il messaggio si chiude con un richiamo ad impegnarsi per rendere chiara la speranza: “E’ bene che, come i Santuari, così anche le comunità parrocchiali, soprattutto quelle che per tradizione sono luoghi di turismo, si aprano alle istanze di uno stile sostenibile, contribuendo a preparare un avvenire promettente per le giovani generazioni. L’impegno per la salvaguardia del creato inizia dall’attenzione alle piccole cose: da qui possiamo muovere i primi passi per farci carico di quel ‘debito ecologico’ che coinvolge l’umanità intera. In questo Anno giubilare, auspichiamo dunque che quanti operano nel settore del turismo esprimano segni concreti, che rendano tangibile la speranza cristiana, investendo su un uso sostenibile delle risorse naturali e strutturali a nostra disposizione”.
Profili teologici e scientifici dello ‘sguardo dell’anima e della ragione’: da occhi di ombra ad occhi di fede

Condivido anche il commento di Enzo Bianchi per il quale ogni lettore, in determinati periodi della sua vita, può identificarsi con il cieco Bartimeo, essendo non vedente, non aveva ovviamente mai visto Gesù, né l’aveva incontrato, ma la fama di questo rabbi galileo l’aveva raggiunto (Mc 10,46-52). Deve solo prendere coscienza della propria cecità e gridare al Signore Gesù: “Abbi pietà di me!”, con piena fiducia che egli può salvarlo, cioè può strapparlo dalla tenebra ( nella duplice accezione) e fargli vedere quello che i suoi occhi non riescono a vedere, sta di fronte al figlio di David, animato dalla fiducia che il Messia avrebbe aperto gli occhi ai ciechi, compiendo anche in questo le sante Scritture (cf. Is 35,5; 42,7). Questo il primo atteggiamento necessario all’incontro con Gesù: occorre uscire dal timore, dalla sfiducia, dalla mancanza di attesa, dalla visione di se stessi come non degni di essere da lui amati. A quel punto si tratta di alzarsi – verbo egheíro, che esprime anche il risorgere (cf. Mc 5,41; 6,14.16; 12,26; 14,28; 16,6)! – dal giaciglio alla postura dell’uomo che ha speranza (homo spe erectus).
Una volta in piedi, si può ascoltare e comprendere che il Signore chiama ciascuno in modo personalissimo e pieno di affetto (“Chiama te”). La preghiera è desiderio espresso davanti a Gesù, e Bartimeo desidera vedere, ben oltre la semplice visione con gli occhi ( prima accezione): vuole vedere anche con il cuore, vuole vedere nella fede ( seconda accezione), vuole essere nella luce e non nella tenebra…Gesù, sempre attento a ogni singolo uomo o donna che incontra, sempre capace di comunicare “in situazione”, si accorge di ciò che Bartimeo sta vivendo. Per questo si rivolge a lui con un’affermazione straordinaria: “Va’, la tua fede ti ha salvato”, parole che egli ha ripetuto spesso di fronte a chi gli chiedeva salvezza (cf. Mc 5,34 e par.; Lc 7,50; 17,19; 18,42). Questo episodio è molto di più di un semplice racconto di miracolo, come il lettore di Marco può ormai capire. Gesù sta per entrare nella città santa per la sua passione e morte, ma i suoi Dodici discepoli lungo tutto quel cammino sono rimasti ciechi. Ascoltavano le sue parole ma non capivano, mostrando di essere ben lontani dal vedere gli eventi come li vedeva Gesù (https://www.ilblogdienzobianchi.it/blog-detail/post/249270/la-tua-fede-ti-ha-salvato ).
Concludo la mia disamina con la recente catechesi in materia del Vicario di Cristo, Papa Francesco (Gv 3,1-3: “Nicodemo va da Gesù di notte: un orario insolito per un incontro. Nel linguaggio di Giovanni, i riferimenti temporali hanno spesso un valore simbolico: qui la notte è probabilmente quella che c’è nel cuore di Nicodemo. È un uomo che si trova nel buio dei dubbi, in quell’oscurità che viviamo quando non capiamo più quello che sta avvenendo nella nostra vita e non vediamo bene la strada da seguire.
Se sei nel buio, ovviamente cerchi la luce. E Giovanni, all’inizio del suo Vangelo, scrive così: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» -1,9- Nicodemo cerca dunque Gesù perché ha intuito che Lui può illuminare il buio del suo cuore…..Nicodemo, come tutti noi, potrà guardare il Crocifisso..” (cfr.https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2025-03/papa-francesco-catechesi-udienza-generale-nicodemo-cambiamento.html ).
Ringrazio il mio amico Dr. Simone Baroncia (https://www.korazym.org/argomenti/bussole-per-la-fede/ : giornalista vaticanista, v. dir. Riv. Cattolica internazionale “KORAZYM”) l’oculista Dr. Giuseppe Giunchiglia ed il suo eccellente staff, mia moglie Marcella Varia, il mio amico fraterno rev.mo Padre Salvatore Lazzara (http://facebook.com/salvatore.lazzara ), i coniugi Mineo, i miei amici di facebook e di whatsapp (a cui invierò questo articolo), i miei parenti, residenti in Italia ed in varie parti del mondo, che mi hanno seguito e supportato durante la mia convalescenza in 1 chat da me creata, e tutti gli amici ed autori qui menzionati dai quali ho imparato nozioni scientifiche a me in precedenza ignote.
Papa Leone XIV: farsi pescatori di famiglie

“Sono lieto che, all’indomani della celebrazione del Giubileo delle Famiglie, dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, un gruppo di esperti si sia riunito presso il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita a riflettere sul tema: ‘Evangelizzare con le famiglie di oggi e di domani. Sfide ecclesiologiche e pastorali’. Tale tema ben esprime la preoccupazione materna della Chiesa per le famiglie cristiane presenti in tutto il mondo: membra vive del Corpo mistico di Cristo e primo nucleo ecclesiale a cui il Signore affida la trasmissione della fede e del Vangelo, specialmente alle nuove generazioni”.
In un messaggio inviato ad un seminario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, in programma fino a domani, papa Leone XIV ha invitato a farsi ‘pescatori di famiglie’ per offrire loro l’incontro con la tenerezza di Dio attraverso la testimonianza della grazia del matrimonio, riprendendo le ‘Confessioni’ di sant’Agostino: “La domanda profonda d’infinito scritta nel cuore di ogni uomo conferisce ai padri e alle madri il compito di rendere i propri figli consapevoli della paternità di Dio”.
E’ stato un invito ad accogliere le ‘sfide’ del mondo: “Il nostro è un tempo caratterizzato da una crescente ricerca di spiritualità, riscontrabile soprattutto nei giovani, desiderosi di relazioni autentiche e di maestri di vita. Proprio per questo è importante che la comunità cristiana sappia gettare lo sguardo lontano, facendosi custode, davanti alle sfide del mondo, dell’anelito di fede che alberga nel cuore di ognuno”.
Il papa ha invitato a raggiungere le famiglie ‘lontane’: “Ed è particolarmente urgente, in questo sforzo, rivolgere un’attenzione speciale a quelle famiglie che, per vari motivi, sono spiritualmente più lontane: a quelle che non si sentono coinvolte, che si dicono non interessate, oppure che si sentono escluse dai percorsi comuni, ma nondimeno vorrebbero essere in qualche modo parte di una comunità, in cui crescere e con cui camminare. Quante persone, oggi, ignorano l’invito all’incontro con Dio!”
Quindi è un invito a non ‘privatizzare’ la fede: “Così, pur con sani e santi desideri, mentre cercano sinceramente dei punti di appoggio per salire i sentieri belli della vita e della gioia piena, molti finiscono coll’affidarsi a falsi appigli che, non reggendo il peso delle loro istanze più profonde, li lasciano scivolare di nuovo verso il basso, allontanandoli da Dio e rendendoli naufraghi in un mare di sollecitazioni mondane”.
Perciò il papa ha chiesto di gettare comunque le ‘reti’: “Tra loro ci sono papà e mamme, bambini, giovani e adolescenti, a volte alienati da modelli di vita illusori, dove non c’è spazio per la fede, alla cui diffusione contribuisce non poco l’uso distorto di mezzi in sé potenzialmente buoni, come i social, ma dannosi quando fatti veicolo di messaggi ingannevoli.
Ebbene, ciò che muove la Chiesa nel suo sforzo pastorale e missionario, è proprio il desiderio di andare a ‘pescare’ questa umanità, per salvarla dalle acque del male e della morte attraverso l’incontro con Cristo”.
Riprendendo gli insegnamenti di papa san Giovanni Paolo II e di papa Francesco, papa Leone XIV ha sottolineato che la fede è risposta a uno sguardo d’amore, come affermava sant’Agostino: “Quante volte, in un passato forse non molto lontano, ci siamo dimenticati di questa verità e abbiamo presentato la vita cristiana principalmente come un insieme di precetti da rispettare, sostituendo all’esperienza meravigliosa dell’incontro con Gesù, Dio che si dona a noi, una religione moralistica, pesante, poco attraente e, per certi versi, irrealizzabile nella concretezza del quotidiano”.
Ed il compito dei vescovi è gettare le ‘reti’: “In questo contesto tocca prima di tutto ai vescovi, successori degli Apostoli e Pastori del gregge di Cristo, gettare la rete in mare facendosi ‘pescatori di famiglie’. Anche i laici, però, sono chiamati a lasciarsi coinvolgere in tale missione, divenendo, accanto ai Ministri ordinati, ‘pescatori’ di coppie, di giovani, di bambini, di donne e uomini di ogni età e condizione, affinché tutti possano incontrare Colui che solo può salvare”.
Quindi come afferma l’esortazione apostolica ‘Amoris Laetitia’ occorre ‘promuovere l’incontro con la tenerezza di Dio’: “Non si tratta di dare, a domande impegnative, risposte affrettate, quanto piuttosto di farsi vicini alle persone, di ascoltarle, cercando di comprendere con loro come affrontare le difficoltà, pronti anche ad aprirsi, quando necessario, a nuovi criteri di valutazione e a diverse modalità di azione, perché ogni generazione è diversa dall’altra e presenta sfide, sogni e interrogativi propri.
Ma, in mezzo a tanti cambiamenti, Gesù Cristo rimane ‘lo stesso ieri e oggi e per sempre’. Perciò, se vogliamo aiutare le famiglie a vivere cammini gioiosi di comunione e ad essere semi di fede le une per le altre, è necessario che prima di tutto coltiviamo e rinnoviamo la nostra identità di credenti”.
(Foto: Santa Sede)
Profili teologici e scientifici dello ‘sguardo dell’anima e della ragione’: da occhi di ombra ad occhi di fede

In qualunque fase della vita, la salute degli occhi va tutelata con una dieta e uno stile di vita equilibrati. Assicurarsi di riposare molto, ridurre il tempo speso davanti agli schermi, fare esercizio fisico e sottoporsi regolarmente a controlli oculistici sono gli accorgimenti da avere per proteggere la vista. Inoltre, è importante essere consapevoli delle diverse condizioni che possono colpire l’occhio nell’arco dell’intera vita, partendo dalla nascita fino alla vecchiaia (https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.osservatoriomalattierare.it/news/attualita/16314-malattie-dell-occhio-sono-tante-e-possono-colpire-a-tutte-le-eta&ved=2ahUKEwjz1NLe9ZWMAxWY2AIHHWDyH5gQFnoECBYQAQ&usg=AOvVaw1JG__TC_7ia04nMVvmRF-u Roshni Patel si é laureata in Optometria nel 2004, presso il College degli Optometristi a Londra. La sua esperienza professionale si divide tra gli aspetti clinici e commerciali dell’optometria, dal fornire un training professionale agli optometristi pre-registrati fino a ricoprire ruoli nel settore universitario e in collaborazione con il College degli Optometristi, oltre a collaborare con esperti alla sperimentazione di nuove tecnologie nel campo dell’optometria ) :
-NASCITA E PRIMA INFANZIA
Durante il primo anno di vita la vista si sviluppa molto velocemente, ma ci vogliono diversi mesi prima che i neonati siano in grado di mettere a fuoco. Poiché la vista si sviluppa proprio in questi primi mesi critici, non è strano che lo sguardo del neonato sia perso o poco focalizzato.
-ADOLESCENZA
Un primo fattore chiave a cui prestare attenzione tra gli adolescenti è rappresentato dagli infortuni, che possono essere conseguenza di sport o di uno stile di vita particolarmente attivo e che possono causare anche traumi agli occhi.
-ETÁ ADULTA: 20-40 ANNI
Con l’età adulta termina la fase di sviluppo dell’occhio ma rimangono comunque delle misure e degli accorgimenti da adottare per proteggere la vista. Oltre a mantenere uno stile di vita sano, seguendo una dieta equilibrata e ricca di antiossidanti, evitando di fumare e facendo regolare attività fisica, ci sono alcune malattie dell’occhio a cui prestare attenzione.
-ETÁ ADULTA: 40-60 ANNI
Quando si raggiunge la mezza età, tra i cambiamenti più comuni nella vista vi è una diminuzione della capacità di vedere da vicino, che spesso risulta in una difficoltà a leggere. Questo problema prende il nome di presbiopia e progredisce con il tempo. Per coloro che già indossano occhiali o lenti a contatto sarà possibile correggere questo difetto con lenti multifocali. La presbiopia non va confusa con sintomi quali sfocatura generale, sensibilità alla luce, secchezza e infiammazione, che possono essere associati ad altre patologie come, ad esempio, cataratta e glaucoma.
Cataratta
Opacizzazione parziale o totale del cristallino che è la lente biconvessa posizionata all’interno del bulbo oculare (tra l’iride e il corpo vitreo). Il cristallino ha il compito di mettere a fuoco l’immagine e, nel momento in cui viene danneggiato, perde la propria trasparenza e si ha una riduzione della capacità visiva. Se non viene curata, può causare una cecità permanente.
Percepita come un annebbiamento delle lenti dell’occhio, questa condizione, di solito, è segno di invecchiamento ed è molto comune nei più anziani. La cataratta può anche manifestarsi prematuramente a causa di certe condizioni mediche o di alcuni medicinali, come gli steroidi. I sintomi possono includere visione offuscata, colori sfocati, sensibilità alla luce, riduzione della capacità di vedere di notte e visione doppia.
-ETÁ AVANZATA: 60 ANNI O PIÚ
Gli ultrasessantenni possono manifestare una degradazione della vista dovuta all’età. La presbiopia continua in questa fascia d’età, spingendo al bisogno di occhiali per la lettura o di lenti a contatto multifocali…..
( cfr. https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.polimedalab.it/2022/01/20/le-principali-patologie-oculari-come-riconoscerle/&ved=2ahUKEwjg4Pzm8pWMAxUM2AIHHRnyKLMQFnoECBQQAw&usg=AOvVaw2U-6bdVdWWOpAwBlhi7mZo )
Pertanto, ritengo utile, opportuno ed importante per tutti riportare un recente evento dell’Associazione Italiana Medici Oculisti “il riconoscimento alla carriera al Direttore della Banca degli Occhi del Veneto”
Ha all’attivo più di trent’anni di attività nel settore, ed è a tutti gli effetti uno dei principali esperti di eye banking a livello internazionale. Sperimentatore e innovatore, Diego Ponzin è stato insignito in questi giorni del Premio AIMO 2022, riconoscimento alla carriera conferito dall’Associazione italiana Medici Oculisti (AIMO).Padovano, oculista e Direttore sanitario di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, attualmente Presidente di SIBO (Società Italiana Banche degli Occhi), Diego Ponzin ha conosciuto e condiviso la visione pionieristica del prof. Giovanni Rama, che immaginò già negli anni ‘80, primo in Italia, la creazione di una banca che potesse conservare i tessuti oculari
(cfr. https://www.osservatoriomalattierare.it/news/attualita/19297-dall-associazione-italiana-medici-oculisti-il-riconoscimento-alla-carriera-al-direttore-della-banca-degli-occhi-del-veneto ).
Io ho avuto recentemente l’onore di apprezzare personalmente un grande professionista che, congiuntamente ad un eccellente staff, ha risolto patologie che affliggevano da alcuni mesi i miei occhi che nel momento in cui scrivo sono ancora destinatari di quasi “gocce” terapeutiche ( 750 in 3 mesi) molto efficaci da cui è anche derivata una positiva, bellissima sorpresa non programmata ( eliminazione di ogni tipo di occhiali, semplicisticamente per guardare lontano, per leggere, per usare computer, tablet e cellulare che mi ha consentito di elaborare, come speciale ringraziamento, questo articolo dedicato a tutti ed in particolare al Dott. Giuseppe Giunchiglia-Palermo, c.v. straordinario).
Proseguendo nell’ “ottica” religiosa ho apprezzato pure questo stupendo commento teologico di Padre Ermes Ronchi che con mia moglie Marcella abbiamo conosciuto quando illustrò una catechesi durante il nostro secondo corso annuale di specializzazione ( in cui il Prof. Damiano Cadar svolse un’ originale lezione su “lo sguardo di Gesù menzionato dal Vangelo”,link citato in premessa) in Teologia (dopo il Titolo conseguito dopo 3 anni di Corso ordinario al Centro accademico diocesano San Luca Evangelista-Palermo).
“Ciascuno di noi può adottare verso il campo del cuore questo sguardo positivo e vitale, liberandosi dai falsi esami di coscienza negativi. La nostra coscienza matura, chiara e sincera deve mettere a fuoco non tanto i difetti, ma il bene e il bello che è stato seminato in noi.
Una parabola leggera e potente che, accolta, può cambiare il nostro rapporto con Dio, portandoci dal negativo al positivo, dallo sguardo giudicante a quello abbracciante, da occhi d’ombra a occhi di mattino. È successo anche a me, tanti anni fa: mi ha fatto uscire dalla fede intesa come un’aula di tribunale, e mi sono felicemente perso in un campo di grano. Questione di sguardo: gli occhi dei servi si fissano sulla zizzania, sul negativo, quelli del padrone riposano sul buon grano. Questione di priorità: vuoi che andiamo a strapparla via? La risposta è netta: no, perché mettete a rischio il grano, che viene prima e vale di più. Prospettiva solare, fiduciosa, divina: il male non revoca il bene; è invece il bene che revoca il male nella tua vita”.
( cfr. https://youtu.be/_gGzqw6Nj48?si=vbxZBm3SUW2qrDG8 : Sapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Rom,ani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/da-occhi-d-ombra-a-occhi-di-mattino&ved=2ahUKEwjqi-C10vKLAxWB-AIHHVGvOlMQFnoECCoQAQ&usg=AOvVaw13iH2muTgj6qkQlPP8PJNP).
Profili teologici e scientifici dello ‘sguardo dell’anima e della ragione’: da occhi di ombra ad occhi di fede

Tuttavia, è importante ricordare che questi segnali non verbali trasmessi attraverso gli occhi non sono sempre validi a livello universale. Sono fortemente influenzati da fattori come il carattere individuale della persona, la sua cultura, l’educazione ricevuta e il contesto specifico in cui si trova. Pertanto, mentre gli occhi possono essere potenti narratori, la loro ‘storia’ deve essere interpretata considerando queste variabili, ricordando che la comunicazione (verbale e non) è sempre un linguaggio complesso, che può prestarsi a più interpretazioni.
Uno degli esempi più notevoli proviene da Gustavo Adolfo Bécquer, un influente scrittore spagnolo della seconda metà dell’800. Bécquer ha descritto con poesia l’intensità espressiva degli occhi, affermando che:‘L’anima che può parlare con gli occhi, può anche baciare con lo sguardo.’
Sebbene non permettano di stabilire con certezza l’origine dell’espressione, queste citazioni letterarie evidenziano il fascino duraturo del legame tra occhi e anima attraverso la letteratura e la cultura popolare degli scorsi secoli.
La connessione tra gli occhi e l’anima è stata ampiamente esplorata nel campo della psicologia, sia nella teoria psicoanalitica sia nella ricerca empirica. La scuola freudiana e post-freudiana, con figure come Jacques Lacan, ha profondamente indagato il ruolo dello sguardo nello sviluppo psichico, nelle relazioni sociali e affettive, e nell’empatia.
Non posso non illustrare in materia (gli occhi sono lo specchio dell’anima) la dottrina di Sant’Agostino d’Ippona, Dottore della Chiesa cattolica
( cfr. https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://psiche.santagostino.it/occhi-specchio-anima/&ved=2ahUKEwjU9c2i6vKLAxVKywIHHTpWKskQFnoECBMQAw&usg=AOvVaw2n6MTxRvJ1BFFxPvQ6yMWs ).
In questo testo, che condivido pienamente, viene evidenziato che vi sono alcuni i quali ritengono che la religione cristiana debba essere derisa piuttosto che accettata, perché in essa, anziché mostrare cose che si vedono, si comanda agli uomini la fede in cose che non si vedono. Dunque, per confutare coloro ai quali sembra prudente rifiutarsi di credere ciò che non possono vedere, noi, benché non siamo in grado di mostrare a occhi umani le realtà divine che crediamo, tuttavia dimostriamo alle menti umane che si devono credere anche quelle cose che non si vedono.
E, in primo luogo, a coloro che la stoltezza ha reso così schiavi degli occhi carnali che giudicano di non dover credere ciò che con quelli non scorgono, va ricordato quante cose non solo credano ma anche conoscano, che pure non possono vedere con tali occhi. Già nel nostro animo, che è di natura invisibile, ce ne sono innumerevoli. Per non parlare di altro, proprio la fede con la quale crediamo o il pensiero con il quale sappiamo di credere o di non credere qualcosa, sono totalmente estranei agli sguardi di codesti occhi; eppure che c’è di più manifesto, di più evidente, di più certo dell’interiore visione dell’animo?
Come dunque possiamo non credere ciò che non vediamo con gli occhi del corpo, quando ci accorgiamo di credere o di non credere pur non potendo giovarci degli occhi del corpo? Cfr. https://www.monasterovirtuale.it/s-agostino/la-fede-nelle-cose-che-non-si-vedono.html
In riferimento alla memoria ed al corpo, si discute affinché sia evidente che l’anima non può essere considerata piccola o grande secondo l’ estensione (“oculare” ); in tale “ottica” si pongono delle domande esplicative:
(cfr. Sant’ Agostino https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.monasterovirtuale.it/s-agostino/la-grandezza-dell-anima.html&ved=2ahUKEwjxwbzgnvWLAxX03AIHHbWuNCsQFnoECCMQAQ&usg=AOvVaw3MGsgFZ2efVikjjcFTUUiS :
“ Dimmi, per gentilezza, se ritieni che la facoltà, denominata memoria, è un nome vuoto. E chi lo riterrebbe? E pensi che appartiene all’anima ovvero al corpo? Anche qui sarebbe ridicolo dubitare. Non può essere oggetto né di fede né di pensiero che un corpo esanime si ricordi di qualche cosa. Ti ricordi ancora di Milano? La ricordo bene. Ed ora, dal momento che è stata rievocata alla mente, ricordi la sua grandezza e configurazione? Certo che ricordo, anzi nessun ricordo è così fresco e completo. Ed ora, sebbene non la vedi con gli occhi, la rievochi nella coscienza. Sì. Ricordi, penso, quanto ora dista da noi? Sì, anche questo ricordo. Vedi dunque nella coscienza la distanza stessa.? Sì. Quindi se la tua anima è dove è il tuo corpo e non si estende al di fuori di esso, come è stato dianzi dimostrato, come avviene che essa intuisce tutte quelle cose? Avviene mediante la memoria, penso, e non perché è presente a quei luoghi.
Sul piano giuridico sottolinea “ Non ti colpisce una certa grande e stabile giustizia anche in queste cose? E come? Perché, a mio avviso, noi concepiamo la giustizia come equità ed è manifesto che equità è denominata da eguaglianza. Ora l’equità in questa virtù comporta che sia dato a ciascuno il suo. E certamente non si può dare a ciascuno il suo, se non mediante una certa distinzione. La pensi diversamente?. È chiaro e son pienamente d’accordo. E ritieni che si dia distinzione, se tutte le cose fossero eguali e non differissero in nulla fra di loro? No, certamente. Quindi non si può attuare la giustizia, se nelle cose, in cui è attuata, vi sia una certa, per così dire, ineguaglianza e dissimiglianza. Capisco.
Dunque noi ammettiamo che le figure, di cui stiamo trattando, una che risulta di tre angoli e l’altra di quattro, sono dissimili, sebbene siano composte di linee eguali. Non ti sembra quindi che è stata conservata una certa giustizia, nel senso che la prima, la quale non può avere l’eguaglianza dei contrari, mantiene una rigida eguaglianza degli angoli, nella seconda invece, poiché v’è grande corrispondenza dei contrari, la legge degli angoli tolleri una certa ineguaglianza? Il principio mi ha colpito profondamente. Perciò mi è sembrato opportuno chiederti in quale misura “vedevi” l’esteticità di questa verità, equità, eguaglianza ??…”
Per il momento, compreso che cosa sono il segno, la lunghezza e la superficie, rifletti quale di essi, secondo te, necessita, per essere, dell’altro e di quale. “Vedo” che la superficie necessita della lunghezza, senza di cui è inconcepibile. Hai mai visto con “ gli occhi del corpo “un tale punto, una tale linea o una tale superficie? Mai, non sono oggetti sensibili. Dunque se gli oggetti sensibili per una certa mirabile affinità sono percepiti dagli occhi del corpo, è necessario che lo spirito, con cui vediamo gli oggetti sovrasensibili, non sia corporeo o corpo. La pensi diversamente? Suvvia, ormai sono d’accordo che lo spirito non è corpo o qualche cosa di corporeo. “Il punto mediano dell’occhio, la pupilla, non è in certo senso che il centro dell’occhio”. Ma vi risiede tanta funzionalità, che con esso da un luogo elevato può osservare, spaziando, la metà del cielo, la cui estensione è inesprimibile. Dunque non è illogico che lo spirito sia totalmente immune da grandezza corporea, la quale si ottiene con le tre dimensioni, sebbene possa rappresentarsi qualsiasi grandezza corporea. Ma a pochi è concesso “ lo spirito con lo spirito stesso, cioè che lo spirito veda se stesso. Si vede mediante l’intelligenza !!!!!!”
Cessa di stupirtene. Ti darò una risposta simile alla precedente. Lo sviluppo delle membra non è dimostrazione valida che l’anima ne tragga vantaggio, poiché molti con corporatura esile e gracile sono più prudenti di altri che hanno una gagliarda complessione. Allo stesso modo noi “vediamo” che alcuni giovani sono più attivi e costanti di parecchi anziani.
Pertanto, sembra strano, ma, come hanno confermato gli autori citati, gli occhi, gli sguardi, la vista possono essere analizzati sotto i profili più variegati e secondo le differenziate scienze e religioni, infatti in questa angolazione posso confermare che il tema è trattato anche dal Vangelo…. per cui sono indispensabili le visite costanti da parte degli specialisti in grado di descrivere tutte le forme patologiche che possono emergere purtroppo in tutte le età.
Papa Leone XIV invita a coltivare la carità

“Il brano biblico che abbiamo ascoltato è l’inizio di una bellissima lettera indirizzata da San Paolo ai cristiani di Roma, il cui messaggio ruota attorno a tre grandi temi: la grazia, la fede e la giustizia. Mentre affidiamo all’intercessione dell’Apostolo delle genti l’inizio di questo nuovo Pontificato, riflettiamo insieme sul suo messaggio”: nel pomeriggio papa Leone XIV si è recato nella basilica dedicata all’apostolo Paolo, fermandosi in preghiera al sepolcro.
Dopo i riti introduttivi della celebrazione e la proclamazione di un passaggio dalla lettera di san Paolo ai Romani, papa Leone XIV ha richiamato i temi fondamentali del messaggio paolino, incentrato su grazia, fede e giustizia con particolare sottolineatura alla grazia della chiamata: “San Paolo dice prima di tutto di aver avuto da Dio la grazia della chiamata. Riconosce, cioè, che il suo incontro con Cristo e il suo ministero sono legati all’amore con cui Dio lo ha preceduto, chiamandolo ad un’esistenza nuova mentre era ancora lontano dal Vangelo e perseguitava la Chiesa”.
Però san Paolo richiama sant’Agostino: “Sant’Agostino (anche lui un convertito) parla della stessa esperienza dicendo: ‘Cosa potremo noi scegliere, se prima non siamo stati scelti noi stessi? In effetti, se non siamo stati prima amati, non possiamo nemmeno amare’. Alla radice di ogni vocazione c’è Dio: la sua misericordia, la sua bontà, generosa come quella di una madre, che naturalmente, attraverso il suo stesso corpo, nutre il suo bambino quando è ancora incapace di alimentarsi da solo”.
In questo consiste ‘l’obbedienza della fede’: “Paolo, però, nello stesso brano, parla anche di ‘obbedienza della fede’, e pure qui condivide ciò che ha vissuto. Il Signore, infatti, apparendogli sulla via di Damasco, non lo ha privato della sua libertà, ma gli ha lasciato la possibilità di una scelta, di una obbedienza frutto di fatica, di lotte interiori ed esteriori, che lui ha accettato di affrontare. La salvezza non viene per incanto, ma per un mistero di grazia e di fede, di amore preveniente di Dio, e di adesione fiduciosa e libera da parte dell’uomo”.
Quindi la chiamata di san Paolo riguarda ogni credente, come aveva sottolineato lo scorso anno papa Francesco: “Mentre allora ringraziamo il Signore per la chiamata con cui ha trasformato la vita di Saulo, gli chiediamo di saper anche noi rispondere ai suoi inviti allo stesso modo, facendoci testimoni dell’amore ‘riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato’. Gli chiediamo di saper coltivare e diffondere la sua carità, facendoci prossimi gli uni per gli altri, nella stessa gara di affetti che, dall’incontro con Cristo, ha spinto l’antico persecutore a farsi ‘tutto a tutti’, fino al martirio. Così, per noi come per lui, nella debolezza della carne si rivelerà la potenza della fede in Dio che giustifica”.
Infine ha ricordato san Benedetto da Norcia e papa Benedetto XVI, che hanno sempre ripetuto che Dio ci ama: “Questa Basilica da secoli è affidata alla cura di una Comunità benedettina. Come non ricordare, allora, parlando dell’amore come fonte e motore dell’annuncio del Vangelo, gli insistenti appelli di san Benedetto, nella sua Regola, alla carità fraterna nel cenobio e all’ospitalità verso tutti?
Ma vorrei concludere richiamando le parole che, più di mille anni dopo, un altro Benedetto, Papa Benedetto XVI, rivolgeva ai giovani: ‘Cari amici, diceva, Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto… All’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio’… E’ qui la radice, semplice e unica, di ogni missione, anche della mia, come successore di Pietro ed erede dello zelo apostolico di Paolo. Mi dia il Signore la grazia di rispondere fedelmente alla sua chiamata”.
In mattinata il papa aveva inviato un videomessaggio alla Pontifica Università Cattolica di Rio de Janeiro per ricordare il decimo anniversario dell’enciclica ‘Laudato sì’: “Cari fratelli e sorelle, voglio inviare questo saluto, un grande saluto, alla Rete delle Università per la Cura della Casa Comune. So che siete riuniti alla Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro e che avete questa bella occasione del 10° anniversario del documento del Santo Padre Francesco, l’enciclica ‘Laudato sì’.
So che state per fare un lavoro sinodale di discernimento in preparazione alla COP30. Rifletterete insieme su una possibile remissione del debito pubblico e del debito ecologico, una proposta che Papa Francesco aveva suggerito nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. E in questo anno giubilare, un anno di speranza, questo messaggio è così importante”.
E’ un incoraggiamento a costruire ponti:”Vorrei incoraggiare voi, rettori universitari, in questa missione che avete assunto: essere costruttori di ponti di integrazione tra le Americhe e la Penisola Iberica, lavorando per la giustizia ecologica, sociale e ambientale. Vi ringrazio tutti per i vostri sforzi e il vostro lavoro. Vi incoraggio a continuare a costruire ponti”.
(Foto: Santa Sede)