Quaresima: dal deserto alla libertà

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“Quando il nostro Dio si rivela, comunica libertà: ‘Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile’ (Es 20,2). Così si apre il Decalogo dato a Mosè sul monte Sinai. Il popolo sa bene di quale esodo Dio parli: l’esperienza della schiavitù è ancora impressa nella sua carne. Riceve le dieci parole nel deserto come via di libertà. Noi li chiamiamo ‘comandamenti’, accentuando la forza d’amore con cui Dio educa il suo popolo. E’ infatti una chiamata vigorosa, quella alla libertà. Non si esaurisce in un singolo evento, perché matura in un cammino”.

Così inizia il messaggio per la Quaresima di quest’anno, intitolata ‘Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà’, che prende lo spunto dal libro dell’Esodo, presentata ieri da don Andrea Cavallini, incaricato dell’Ufficio per la catechesi della diocesi di Roma; dalla prof.ssa Emilia Palladino, docente straordinaria presso la Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana; dall’artista Mauro Pallotta (in arte ‘Maupal’), e dal card. Michael Czerny, prefetto del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha sottolineato il significato di libertà:

“La Quaresima porta alla luce i molti ostacoli personali e sociali che si frappongono al cammino, prima che tale vita in abbondanza, promossa dalla Chiesa, possa realizzarsi tra i popoli. Il messaggio del Papa per la Quaresima di quest’anno abbraccia il cammino delle persone, delle Chiese e dei popoli è, prima di tutto, un cammino nel deserto e, poi, un cammino di fede da cui dipende la possibilità di sperare. Sperare significa sia avere fiducia in Dio che guardare avanti nella storia. Sperare permette allo Spirito di superare paure e ostacoli. Si diventa disposti a impegnarsi fattivamente, anche disposti a pagarne il prezzo di persona, perché venga il Regno di Dio”.

Per il cardinale il papa è concreto: “Il messaggio di papa Francesco ci ricorda che il dominio di Faraone non è solo esteriore, ma anche interiore. I nostri pensieri e i nostri cuori possono ancora facilmente cadere sotto il suo potere”.

Nel messaggio quaresimale il papa unisce la fede alla vita con indicazioni precise: “Vita e fede sono unite intimamente. Abbracciando il dono della Quaresima, ogni comunità cristiana può accompagnare i suoi membri nell’affrontare le sfide del nostro tempo. Perché, che ci si creda o no, i cambiamenti sperati nel mondo iniziano dal cambiamento di ciascuno di noi. Siamo già in cammino, ma dobbiamo scegliere di andare avanti e andare oltre”.

Mentre don Cavallini ha ribadito che l’anelito alla libertà nasce dal cuore: “Sappiamo che il primo luogo della libertà o della sua mancanza è il nostro cuore. Accanto alla dimensione esteriore e sociale della libertà, ce n’è una interiore. E’ emblematica la storia del Libro dell’Esodo, richiamata nel Messaggio di quest’anno: il popolo di Israele è stato liberato dalla schiavitù del Faraone, ma porta con sé la schiavitù nel suo cuore. E’ esteriormente libero ed interiormente schiavo. Paradossalmente, non desidera la libertà, la Terra Promessa, anzi rimpiange la schiavitù, l’Egitto”.

La sfida principale consiste nel vincere l’assuefazione: “E siamo assuefatti alle nostre schiavitù interiori. Non siamo prigionieri ansiosi di evadere, né schiavi che cercano di scappare. Se nessuno ci aiuta, non ci rendiamo conto che è questa mancanza di libertà interiore che rovina la nostra vita. Mi viene in mente la splendida immagine che usa Platone nella Repubblica: gli uomini sono come dei prigionieri in una caverna, convinti che esista solo ciò che vedono dentro la caverna, ignari dell’esistenza di un mondo esterno. Se non c’è qualcuno che si libera e scopre per loro un altro mondo e gliene parla, neanche sospettano di essere prigionieri”.

Ed ha concluso affermando che la Parola di Dio stimola la libertà: “E’ la Parola che ci fa prendere consapevolezza della nostra mancanza di libertà, perché ci mostra un modo di vivere più vero, più libero, più amante, e così accende nel cuore il desiderio. In qualche modo, ascoltando la Parola vediamo la nostra vita con gli occhi di Dio, che sono occhi liberi, che ci vedono già santi, già liberi, già amanti. Come nella storia dell’Esodo: Dio vede un popolo schiavo e sogna un popolo libero. E coinvolge Mosè nel suo sogno… E’ questo che mette in moto la vita”.

La prof.ssa Palladino, partendo dall’esperienza di partoriente, ha auspicato che la Quaresima diventi una ‘conversione sociale’: “Questa Quaresima, quindi, può essere anche una ‘conversione sociale’ se, nel vedere la realtà così com’è, possiamo agire fermandoci e modificare quel poco possibile, riprendendo fiato e speranza. Possiamo scegliere, come dice il papa, di abbracciare il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto.

Da donna che ha partorito, posso dire di aver vissuto un momento molto concreto, in cui ho creduto che la morte avrebbe vinto sulla mia vita e su quella di mia figlia, che stava per nascere. Non so se tutte le donne che partoriscono attraversano questo istante terribile, in cui morte e vita si fondono, agonia e nascita lottano per chi debba avere la meglio”.

E’ un invito a riflettere sulla speranza: “Possiamo allora accogliere i suggerimenti al cambiamento contenuti in questo Messaggio e permettere così alla speranza, anche se piccola, di ricominciare a camminare, portando con sé fede e carità, fuori, all’aperto, lì dove ci sono spazi per promuovere la vita e agire la fraternità umana”.

Infine l’artista Pallotta ha sottolineato il ruolo comunicativo dell’arte: “Rappresentare i valori cristiani attraverso l’arte è da sempre uno dei maggiori compiti della pittura e della scultura. Inoltre, bisogna anche sottolineare che pittura, scultura ed altre forme d’arte, hanno innalzato la propria qualità e hanno acquisito una enorme importanza sociale e politica, proprio grazie alle rappresentazioni di tematiche cristiane”.

Ed attraverso il suo racconto personale ha interpretato il significato di libertà nell’attraversamento del deserto: “Questa sfida è già viva nella mia vita artistica e personale. Negli ultimi due anni, infatti, sono stato coinvolto in alcuni progetti all’interno delle carceri. Lavorare con i detenuti dona una ricchezza inaspettata, spesso si incontrano persone che hanno vissuto l’inferno e ora sanno indicare meglio di chiunque altro qual è la via per il Paradiso”.

Attraverso l’arte si riesce a gustare il sapore della libertà: “Ho conosciuto persone che il deserto lo hanno attraversato e, paradossalmente, hanno raggiunto la libertà, quella interiore, quella che Dio dona. Altri sono ancora in cammino, stanno procedendo nel deserto ma, benché l’orizzonte non dia segni di ristoro, continuano a camminare, certi che il sollievo arriverà.

Essere là con loro e donare, attraverso l’arte, uno strumento per proseguire più spediti e aiutarli a valicare i confini delle proprie fragilità e del proprio passato è una responsabilità ma anche un’esperienza che fa gustare anche a me il sapore della libertà nei deserti quotidiani”.

Una libertà che conduce alla Terra promessa anche con l’arte: “In questa prima illustrazione, ho raffigurato il deserto usando l’immagine di papa Francesco mentre spinge una carriola che contiene un ‘sacco’ di fede. E’ un deserto di chiodi che rappresentano idoli vecchi e nuovi, tutte le nostre prigionie.

Questi pungenti ostacoli potrebbero bucare la ruota gommata della carriola ma, seguendo papa Francesco, che apre il sentiero con la forza della fede, spariscono: la strada diventa per tutti percorribile e la meta raggiungibile”.

(Foto: Vatican News)

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