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Tende di Natale di AVSI: educazione è speranza di sviluppo

“Educazione è speranza: il titolo scelto per la Campagna ‘Tende di Natale’ di quest’anno è teso tra due poli: educazione, che per AVSI è la condizione necessaria per lo sviluppo giusto, sostenibile e duraturo, e speranza, cioè ciò che ci tiene in piedi e ci permette di vivere in pienezza in ogni circostanza, anche nelle più drammatiche. Lavorando in Paesi feriti da conflitti e crisi che tendono a cronicizzarsi, crediamo che lo sviluppo non sia qualcosa che si possa imporre dall’esterno, né che sia riducibile all’offerta di assistenza, che può precipitare poi in forme di assistenzialismo.

Lo sviluppo chiede un lavoro comune, è un percorso lungo che si può intraprendere solo insieme e inizia là dove si apre la possibilità di un’educazione vera. Dove, all’interno di una relazione personale, la persona è accompagnata a scoprire la propria dignità irriducibile e il bene che è l’altro. Lo sviluppo per AVSI è possibile solo grazie a un’educazione così intesa che è capace di mettere in moto la persona, anche la più vulnerabile”.

Prendiamo spnnto dall’articolo di ‘Buone Notizie’ dell’ong AVSI per presentare la campagna ‘Tende di Natale’, intitolata ‘Educazione è speranza’, con la responsabile dell’ufficio stampa dell’ong, Anna Zamboni: perchè ‘educazione è speranza’?

Per AVSI, l’educazione è la condizione necessaria per raggiungere uno sviluppo giusto, sostenibile e duraturo, in cui la persona venga accompagnata a scoprire il proprio valore. Un’educazione, quindi, per tutti e tutte, che permetta di mettere in moto ogni individuo, anche il più vulnerabile.
Da questo tipo di educazione, ne consegue la speranza, ovvero ciò che permette alle persone di restare in piedi e vivere in pienezza in ogni circostanza, anche nelle più drammatiche”.

Come sostenere la speranza di uno sviluppo?

Lavorando in Paesi segnati da conflitti e crisi che tendono a cronicizzarsi, crediamo che lo sviluppo non sia qualcosa che possa essere imposto dall’esterno, né che possa ridursi alla semplice offerta di assistenza, che rischia di sfociare in forme di assistenzialismo. Al contrario, lo sviluppo per AVSI è possibile solo grazie a un’educazione inclusiva così intesa, capace di fornire ad ogni persona, indipendentemente dall’età o dal paese di provenienza, gli strumenti per cambiare la propria vita e immaginare un futuro migliore”.

Quest’anno quali progetti sostengono le ‘Tende di Natale’?

“La Campagna Tende si articola, come ormai da decenni, in una serie di eventi e incontri nelle scuole, nelle aziende, nelle università e nei luoghi di aggregazione. Iniziative che invitano tutti a donare per sostenere i nostri progetti, ma anche a coinvolgersi in prima persona nell’organizzazione di eventi di sensibilizzazione su alcune tematiche legate ai Paesi in cui operiamo.

La Campagna Tende 2024-25 ci invita a sostenere progetti che alimentano concretamente, giorno dopo giorno, la speranza. In Uganda, a sostegno del Meeting Point International e delle Scuole Luigi Giussani, luoghi di educazione continua per centinaia di bambini e ragazzi. In Ecuador, dove la ‘Fundación Sembrar’ sostiene i rifugiati venezuelani, offrendo loro accoglienza, integrazione e formazione.

In Camerun, presso il ‘Centro Edimar’, che si prende cura dei giovani più in difficoltà, accompagnandoli a ritrovare il loro posto nella comunità. In Italia, dove l’associazione ‘Emmaus’ accoglie chi fugge dalla guerra, offrendo conforto e opportunità di crescita. In Palestina, per rafforzare i programmi educativi del Patriarcato di Gerusalemme. Ed infine, in Libano, precipitato ancora una volta in una crisi profonda, e dove il ‘Centro Fada2i’ promuove attività educative nel Sud, permettendo di sperare ancora che l’attuale emergenza possa lasciare un giorno spazio a pace e ricostruzione. Link alla campagna: https://shorturl.at/2K0PB oppure con bonifico bancario intestato a Fondazione AVSI presso Unicredit SPA IBAN: IT 22 T 02008 01603 000102945081 BIC (Swift code): UNCRITMM; anche con conto corrente postale n. 000000522474 intestato a Fondazione AVSI Onlus Ong”.

In quale modo ‘lo sguardo’ può diventare accoglienza?

“Lo sguardo può diventare accoglienza nel momento in cui si presta attenzione a certe tematiche e si sceglie di guardare alla differenza non con diffidenza, ma con apertura, ponendo attenzione a tematiche e persone troppo spesso dimenticate”.

In quale modo AVSI sostiene la popolazione in Libano?

“AVSI è presente in Libano dal 1996 e, nonostante le difficoltà affrontate, non se n’è mai andata. Attualmente, 60 membri del nostro staff si trovano nel Paese. Con l’escalation del conflitto, la situazione umanitaria è catastrofica: oltre 1.200.000 persone sono sfollate e vivono nelle scuole adibite a rifugio o per strada. Da settembre 2024, AVSI ha assistito oltre 16.000 persone distribuendo beni di prima necessità, come acqua, cibo, materassi, coperte, kit igienico-sanitari, e realizzando attività psicosociale. I bisogni, però, sono continui e c’è ancora tanto lavoro da fare. Ogni donazione ricevuta è un aiuto concreto”.

(Tratto da Aci Stampa)

La CEI ha l’obiettivo della ‘Fame zero’

Il mondo è tornato a livelli di sottoalimentazione paragonabili a quelli del 2008-2009 e si allontana così sempre più dal raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile 2, ‘Fame zero’, entro il 2030: è quanto emerge dal nuovo rapporto delle Nazioni Unite ‘Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo 2024’, secondo cui nel 2023 circa 733.000.000 persone (una persona su undici)– hanno sofferto la fame: in 2.033.000.000, nel mondo, hanno dovuto fare i conti con l’insicurezza alimentare.

Comunque per i vescovi, i conflitti rimangono la principale causa, ma anche le condizioni metereologiche estreme acuite dai cambiamenti climatici hanno un impatto disastroso sulla produzione agricola. Inoltre, in molti Paesi l’inflazione sta causando un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, aggravando ulteriormente le condizioni delle popolazioni locali.

Riprendendo il messaggio di papa Francesco alla FAO nello scorso anno la Cei ha supportato le popolazioni con le offerte dell’8xmille: “Oggi più che mai, affinché nessuno sia lasciato indietro, serve una grande sinergia in grado di coinvolgere i governi, le imprese, il mondo accademico, le istituzioni internazionali, la società civile e gli individui. Da parte sua, la Chiesa italiana, per far fronte alla mancanza di cibo, attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, grazie ai fondi dell’8xmille, ha finanziato dal 1991 a oggi 416 progetti per un totale di € 47.000.000 di euro in 80 Paesi di tutti i continenti. Si tratta di iniziative in risposta ad emergenze, per la prevenzione, l’adattamento o la mitigazione dell’impatto negativo dei cambiamenti climatici, per l’avvio, il sostegno e il potenziamento di pratiche agricole in una prospettiva di sostenibilità”.

Ed ha citato alcune situazioni di aiuto: “Tutti i progetti nascono dall’ascolto dei bisogni dei territori e puntano a consentire alle persone e alle comunità locali di essere protagoniste del loro sviluppo. Come in India, nel Tamil Nadu, dove la Diocesi di Dindigul, grazie a questi fondi è riuscita a fornire orientamento e formazione, favorendo l’avvio di orti biologici.

Ha individuato 500 famiglie in 30 villaggi, alle quali sono stati anche forniti semi e piantine: insalata, fagioli, noce di cocco, coriandolo, curry, zenzero, peperoncino verde, melanzane. Tutto rigorosamente biologico per aiutare il pianeta, ma anche per trovare finalmente un mercato redditizio… Tutto il villaggio è stato coinvolto nella sensibilizzazione e nella cura degli orti, inclusa la raccolta dei rifiuti e la loro preparazione per poi utilizzarli come concime”.

In Perù è stato dato vita ad iniziative per combattere l’insicurezza alimentare: “Anche in Perù, nella parrocchia di San Andrés de Huaycán, nel distretto di Ate a Lima, le famiglie più povere si sono organizzate in quelle che vengono chiamate ‘Ollas Comunes’, una sorta di mense condivise, per far fronte alla fame, aggravata da una disoccupazione crescente e dall’aumento dei prezzi degli alimenti di base. L’insicurezza alimentare nel Paese causa malnutrizione cronica in molti bambini di età inferiore ai 5 anni, e problemi di anemia nel 38% dei piccoli tra i 6 e i 35 mesi.

Ogni ‘Olla’ fornisce 80 razioni di cibo al giorno per un totale di 3600 persone al giorno. Con il ricavato dalle vendite delle razioni a prezzi calmierati si pagano i servizi idrici, l’elettricità e le forniture di gas. Il progetto ha consentito, grazie anche all’ASPEm, di rafforzare gli interventi del Banco Alimentare locale con operatori socio-pastorali, di migliorare l’organizzazione delle ‘Ollas Comunes’ e il sistema di recupero degli alimenti e riduzione degli sprechi delle aziende alimentari di Ate. Complessivamente l’iniziativa ha coinvolto 20 organizzazioni di ‘Ollas Comunes’, 80 donne, 400 famiglie e 90 operatori socio-pastorali”.

Però la preoccupazione della Chiesa italiana è rivolta al continente africano, portando l’esempio dell’Angola: “In particolare la fame sta aumentando in modo allarmante nel continente africano, dove coinvolge 1 persona su 5. Oltre ai necessari interventi di emergenza per far fronte alle ricorrenti crisi, carestie e siccità, anche in Africa la Conferenza Episcopale Italiana sostiene interventi attraverso i quali, grazie alle Chiese e ai partner locali, si cerca di mantenere la massima attenzione e rispetto verso le singole comunità, la diversità culturale e le specificità tradizionali. Perché non ci può essere cambiamento senza ascolto e pieno coinvolgimento di tutti.

Così è avvenuto in Angola, nella provincia di Cuando Muango, nella Diocesi di Menongue, dove più di 77.000 famiglie hanno problemi dovuti alla siccità nonostante la presenza nella regione di fiumi importanti. La Diocesi ha costruito un centro di piscicoltura con varie vasche per allevare la tilapia e produrre 150 kg di pesce al giorno. Sono state create le vasche, acquistate le pompe, allestito uno stabile per la preparazione degli alimenti e effettuate sessioni formative per la popolazione locale per favorire anche la commercializzazione del pesce prodotto”.

Cei ed Aiuto alla Chiesa che Soffre stanziano € 2.000.000 per il supporto in Libano

La Presidenza della CEI, ha stanziato € 1.000.000 dai fondi dell’8xmille, che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per far fronte alle necessità della popolazione del Libano. L’erogazione, attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, servirà a fornire accoglienza e assistenza umanitaria alle centinaia di migliaia di profughi e sfollati, assicurando aiuti d’urgenza in ambito alimentare e socio-sanitario, supporto psicosociale e accompagnamento.

In questo modo sarà possibile rispondere alle numerose richieste della Caritas e di altri enti e soggetti ecclesiali locali, già impegnati sul territorio, con i quali negli ultimi 30 anni sono stati realizzati 143 progetti di sviluppo in diversi settori per quasi € 34.000.000, sempre con il sostegno della CEI, come ha affermato l’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Zuppi, presidente della CEI:

“Le Chiese in Italia si uniscono al grido del Santo Padre per esprimere ai fratelli e alle sorelle del Libano e di tutto il Medio Oriente vicinanza e solidarietà: siamo con voi! Mentre continuiamo a invocare il dono della pace, ci rivolgiamo a quanti hanno responsabilità politiche affinché tacciano le armi e si imbocchi la via del dialogo e della diplomazia. Al contempo, ci facciamo prossimi concretamente a quanti vivono sulla propria pelle il dramma della guerra e della violenza”.

Infatti la Chiesa italiana è accanto alla popolazione locale, come racconta il dossier ‘Libano: nel buio della notte’ che, con dati e testimonianze, fa il punto sui 143 progetti finanziati dal 1991 attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli. Con quasi € 34.000.000 provenienti dai fondi 8xmille sono state sostenute iniziative in diversi settori, in particolare istruzione e accompagnamento di bambini e ragazzi, formazione e sensibilizzazione per educare alla pace e alla convivenza, inclusione, sanità, attività per lo sviluppo integrato economico e sociale.

Significativo l’impegno per percorsi di uscita dalla tossicodipendenza e di sostegno e inclusione comunitaria delle persone con disabilità. Pronte anche le risposte a situazioni di emergenza come l’assistenza umanitaria ai profughi e agli sfollati e aiuti d’urgenza, supporto psicosociale, formazione, accompagnamento.

Il dossier traccia un quadro economico e politico, che ha colpito il Libano negli ultimi 5 anni: “Duramente provato da cinque anni di crisi finanziaria e dalla paralisi istituzionale, il Libano è ancora una volta teatro di guerra. Dopo il conflitto del 1982 e quello del 2006, da cui è uscito in ginocchio, il Paese si trova di nuovo al centro di bombardamenti e operazioni militari che hanno causato finora più di 1200 morti e centinaia di migliaia di sfollati.

Gli scontri (intensificatisi a seguito dell’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah) hanno provocato morte e distruzione che vanno ad aggravare le condizioni socioeconomiche già precarie. In un Rapporto di maggio 2024 la Banca Mondiale ha rilevato che negli ultimi dieci anni la popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà è passata dal 12 al 44%, con sproporzioni a livello geografico e punte del 70% (come nel distretto settentrionale di Akkar, al confine con la Siria).

Già prima del recente inasprimento del conflitto, gli scontri tra Hezbollah e l’esercito israeliano nel sud del Paese avevano causato 95.000 sfollati e, secondo il Ministero dell’Agricoltura, i bombardamenti avevano distrutto quasi 2.000 ettari di terra, con danni a proprietà e infrastrutture che si aggirano attorno a $ 1.500.000.000.

Da due anni il Libano si trova con un governo dimissionario e senza un Capo di Stato. La paralisi politica ha impedito l’elezione del successore di Michel Aoun, il cui mandato da Presidente della Repubblica è scaduto a ottobre 2022. Gli scontri tra Hezbollah e l’esercito israeliano hanno cristallizzato una polarizzazione tra il partito-milizia ed i suoi rivali   politici locali. A ciò si aggiunge la decisione di rinviare, per la terza volta in tre anni, le elezioni municipali.

Oltre ai campi con rifugiati palestinesi, il Libano ospita inoltre circa 2.000.000 di siriani. Nei confronti di questi ultimi, in un clima di crescente tensione, a maggio 2024 si sono inserite nuove misure restrittive. Più di 50.000 libanesi e siriani che vivono in Libano sono già entrati in Siria a causa dell’acuirsi del conflitto”.

Nell’introduzione, riprendendo gli appelli dei papi per il Libano, il dossier chiede un deciso impegno della diplomazia internazionale: “In un Medio Oriente sempre più in fiamme, c’è bisogno dell’impegno deciso della diplomazia e della comunità internazionale, ma anche di un lavoro educativo e solidale nella quotidianità con iniziative concrete nel segno del dialogo, per aiutare la popolazione libanese a rialzarsi e a mantenere sempre accesa la speranza di tornare ad essere un progetto di pace.

Il futuro sarà pacifico solo se comune. Lo sanno bene quanti ogni giorno danno concretezza alla cultura dell’incontro, del vivere insieme nella pace e nella fratellanza tra tutte le tradizioni religiose. In queste pagine vogliamo dar voce a loro, operatori di concordia e di rinnovamento. Occorre attraversare la notte per giungere all’alba, ma attingendo alle radici del vivere insieme nel rispetto e nel pluralismo: il popolo libanese, come il cedro, saprà resistere anche a questa tempesta e ritornare a seminare pace”.

Anche Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) ha annunciato una campagna di emergenza per raccogliere almeno € 1.000.000 per aiutare la Chiesa in Libano, avendo già contattato le sette diocesi e le cinque congregazioni religiose più direttamente coinvolte nelle operazioni di soccorso e sta raccogliendo i fondi necessari per soddisfare i loro bisogni, che nella maggior parte dei casi includono cibo, prodotti sanitari, materassi e coperte, farmaci e altri beni di prima necessità.

Molti dei cristiani nel sud del Libano sono agricoltori rimasti senza reddito a causa della distruzione dei loro campi e delle loro piantagioni. Anche le scuole cattoliche, la maggior parte delle quali ha aperto le lezioni online, avranno bisogno di assistenza poiché i genitori, nelle regioni più colpite dalla guerra, a causa della mancanza di reddito faranno fatica a pagare le tasse scolastiche.

Sebbene la crisi stia colpendo l’intero Paese, le aree più minacciate si trovano nelle regioni di confine tra Israele e Libano. I cristiani costituiscono una parte significativa della popolazione di quest’area e ne sono direttamente colpiti. Per migliaia di loro salvarsi significa rompere i legami familiari, poiché le madri e i figli cercano rifugio nelle strutture della Chiesa o nelle case dei parenti in zone più sicure, mentre i padri restano nella casa di famiglia per prevenire il furto di proprietà.

Delle Site (Ucid): governo è consapevole, senza natalità niente sviluppo

 “Un incontro positivo perché nel Governo c’è finalmente maggiore consapevolezza che in assenza di una linea d’investimento importante sulla natalità non è possibile garantire la crescita sostenibile e lo sviluppo economico del Paese” lo afferma Benedetto Delle Site, presidente del Movimento Giovani dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), che con una delegazione di associazioni del network Ditelo sui tetti e del Forum delle associazioni familiari ha incontrato a Palazzo Chigi una delegazione del Governo composta dal Ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, il Ministro per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella, il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, il Ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, il Ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, il Viceministro al Lavoro e alle politiche sociali, Maria Teresa Bellucci e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

“Nonostante le costrizioni per l’indebitamento del Paese e i vincoli di bilancio – continua Delle Site – c’è la volontà da parte del Governo di condividere con le nostre associazioni un percorso che consenta di mettere in cima alle priorità nazionali il sostegno alla natalità e la cura della fragilità, e di attivarsi in questo senso anche a livello europeo e internazionale.”

“Come imprenditori cattolici – ha sottolineato leader nazionale dei giovani dell’Ucid – crediamo che anche la dimensione professionale debba assumere l’emergenza demografica come primaria necessità del Paese, abbattendo gli eccessivi ostacoli che l’organizzazione e la disciplina del lavoro frappongono alla possibilità di avere figli per i lavoratori. In tal senso va approvata con urgenza la proposta di legge di Cisl per l’attuazione dell’art. 46 della Costituzione, al fine di sostenere accordi decentrati e partecipazione dei lavoratori che diano la maggiore concretezza al lavoro delle madri e dei padri”.

“C’è grande soddisfazione – conclude Delle Site – per l’annunciato sforzo di mantenere la riduzione del cuneo fiscale. Si chiede, però, di confermare l’esonero dai contributi sociali per le mamme lavoratrici introdotto dalla legge di bilancio 2024 e di introdurre un mater premium sul costo che il datore di lavoro sostiene per il salario di madri di figli piccoli o durante la gestazione.”

Papa Francesco: promuovere la giustizia sociale

Questa mattina papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Movimento internazionale di studenti cattolici ‘Pax Romana’ a Roma per un convegno, apprezzando l’impegno “a promuovere la giustizia sociale e lo sviluppo umano integrale, ispirato dalla fede cattolica e dalla sua visione di un mondo sempre più conforme al disegno d’amore di Dio per la famiglia umana”.

Interloquendo con i giovani il papa ha esortato i giovani studenti ad essere ‘protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio’, con la citazione dell’esortazione apostolica ‘Christus vivit’: “La vostra presenza, la vostra attività (in contesti accademici, negli ambienti di lavoro o per le strade delle città) persegue questo fine operando per costruire un mondo più compassionevole, armonioso e fraterno.

Penso, ad esempio, all’opera di educazione e di formazione condotta dai vostri centri in Francia, Thailandia e Kenya, basata sulla testimonianza del Vangelo e sulla dottrina sociale della Chiesa. Promuovendo un senso di cittadinanza globale e incoraggiando l’azione a livello locale, il vostro Movimento prepara i giovani ad approfondire la comprensione delle più urgenti questioni sociali del nostro tempo, e li abilita a promuovere cambiamenti efficaci nelle proprie comunità, servendo così da lievito evangelico”.

Quindi li ha incoraggiati a partecipare alla vita della Chiesa: “In questi giorni, mentre procediamo nell’attuale Sinodo sulla sinodalità, vorrei incoraggiarvi, come singoli e tutti insieme, a coinvolgervi nel percorso sinodale della Chiesa, fatto di cammino condiviso, di ascolto, di partecipazione e di impegno in un dialogo aperto al discernimento, e così pure ad essere attenti alla dolce voce dello Spirito Santo”.

E’ stato anche un invito affinché l’Anno Santo diventi un personale rinnovamento di vita: “Vi incoraggio inoltre ad accogliere la prossima celebrazione dell’Anno Santo 2025 come speciale occasione di rinnovamento personale e di arricchimento spirituale in unione con tutta la Chiesa. L’eloquente simbolo della Porta Santa attraversata dai fedeli a Roma, ci ricorda che noi siamo tutti pellegrini, tutti in cammino, chiamati insieme a un’unione più profonda col Signore Gesù e alla disponibilità alla forza della sua grazia, che trasforma la nostra vita e il mondo in cui viviamo”.

Eppoi ai Movimenti Popolari, in occasione del Simposio organizzato per il X Anniversario del primo incontro mondiale dei Movimenti Popolari, che si tenne in Vaticano nel 2014, i papa ha affermato: “La terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri. Che nessuno vi tolga questa convinzione, che nessuno vi privi di questa speranza, che nessuno spenga i vostri sogni”.

Nel discorso papa Francesco ha evidenziato che “Il grido degli esclusi può anche risvegliare le coscienze assopite di tanti leader politici che sono, alla fine, quelli che devono far rispettare i diritti economici, sociali e culturali… Vi chiedo di confrontarvi tra di voi e continuate a combattere l’economia criminale con l’economia popolare… Capisco che è difficile, ma è necessario. I bambini non possono essere un bene di scambio in mano dei trafficanti di persone. Se non ci prendiamo cura dei bambini, il popolo non ha futuro”.

Ed infine ha proposto una riflessione sulla necessità di ‘fermare’ il crimine organizzato: “Voi avete l’obbligo di evitare la propagazione dell’odio. Anche l’obbligo che le reti vengano disseminate per la ludopatia o per promuovere crimine organizzato. Dobbiamo per favore qualche cosa. Ed iniziate a pagare le tasse, è importante. Nessuno resti tagliato fuori ed a nessuno vengano negati i beni basici della sussistenza”.

Inoltre con una lettera ai cardinali del Collegio cardinalizio il papa ha chiesto ‘uno sforzo ulteriore’ per impiantare la riforma economica della Santa Sede: “Per queste ragioni, è doveroso ora uno sforzo ulteriore da parte di tutti affinché un ‘deficit zero’ non sia solo un obiettivo teorico, ma una meta effettivamente realizzabile.

La riforma ha posto le basi per l’attuazione di politiche etiche che consentano di migliorare il rendimento economico del patrimonio esistente. A ciò si accompagna l’esigenza che ciascuna Istituzione si adoperi per reperire risorse esterne per la propria missione, facendosi esempio di una gestione trasparente e responsabile al servizio della Chiesa”.

L’obiettivo può essere raggiunto con le riforme già richieste e messe in atto: “Gli anni trascorsi hanno dimostrato che le richieste di riforma sollecitate nel passato da tanti esponenti nel Collegio Cardinalizio sono state lungimiranti e hanno permesso di acquisire una maggiore coscienza del fatto che le risorse economiche al servizio della missione sono limitate e vanno gestite con rigore e serietà perché gli sforzi di quanti hanno contribuito al patrimonio della Santa Sede non siano dispersi”.

Insomma il papa ha chiesto essenzialità e concretezza come è in uso nelle famiglie: “Sul versante della riduzione dei costi, occorre dare un esempio concreto affinché il nostro servizio sia realizzato con spirito di essenzialità, evitando il superfluo e selezionando bene le nostre priorità, favorendo la collaborazione reciproca e le sinergie. Dobbiamo essere consapevoli che oggi siamo di fronte a decisioni strategiche da assumere con grande responsabilità, perché siamo chiamati a garantire il futuro della missione”.

Per questo è necessario ‘solidarietà’ tra uffici: “Le Istituzioni della Santa Sede hanno molto da imparare dalla solidarietà delle buone famiglie. Così come in queste famiglie coloro che godono di una buona situazione economica vengono in aiuto dei membri più bisognosi, gli Enti che registrano un avanzo dovrebbero contribuire a coprire il deficit generale. Questo significa avere cura del bene della nostra comunità, agendo con generosità, nel senso evangelico del termine, come presupposto indispensabile per chiedere generosità anche all’esterno”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco in Papua Nuova Guinea invita a cessare le violenze tribali

“Rivolgo il mio saluto all’intero popolo del Paese, augurandogli pace e prosperità. E fin d’ora esprimo la mia gratitudine alle Autorità per l’aiuto che offrono a molte attività della Chiesa nello spirito di mutua collaborazione per il bene comune. Nella vostra Patria, un arcipelago con centinaia di isole, si parlano più di ottocento lingue, in corrispondenza ad altrettanti gruppi etnici: questo evidenzia una straordinaria ricchezza culturale e umana; e vi confesso che si tratta di un aspetto che mi affascina molto, anche sul piano spirituale, perché immagino che questa enorme varietà sia una sfida per lo Spirito Santo, che crea l’armonia delle differenze!”

E’ il saluto rivolto dal papa alle autorità di Papua Nuova Guinea, seconda tappa del viaggio apostolico, alle autorità di questo Stato dalla cultura antica e dalla giovane indipendenza dalle grandi potenze che gli hanno fatto concorrenza per secoli e ancora oggi continuano a farlo, in cui metà popolazione è sotto la soglia della povertà, nonostante le ricchezze naturali:

“Il vostro Paese, poi, oltre che di isole e di idiomi, è ricco anche di risorse della terra e delle acque. Questi beni sono destinati da Dio all’intera collettività e, anche se per il loro sfruttamento è necessario coinvolgere più vaste competenze e grandi imprese internazionali, è giusto che nella distribuzione dei proventi e nell’impiego della mano d’opera si tengano nel dovuto conto le esigenze delle popolazioni locali, in modo da produrre un effettivo miglioramento delle loro condizioni di vita”.

Però tali ‘ricchezze’ invitano alla responsabilità per uno sviluppo sostenibile: “Questa ricchezza ambientale e culturale rappresenta al tempo stesso una grande responsabilità, perché impegna tutti, i governanti insieme ai cittadini, a favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane, in modo tale da dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso, attraverso programmi concretamente eseguibili e mediante la cooperazione internazionale, nel mutuo rispetto e con accordi vantaggiosi per tutti i contraenti”.

Ma uno sviluppo sostenibile è raggiunto solo in tempo di pace e con la collaborazione delle popolazioni: “Condizione necessaria per ottenere tali risultati duraturi è la stabilità delle istituzioni, la quale è favorita dalla concordia su alcuni punti essenziali tra le differenti concezioni e sensibilità presenti nella società. Accrescere la solidità istituzionale e costruire il consenso sulle scelte fondamentali rappresenta infatti un requisito indispensabile per uno sviluppo integrale e solidale. Esso richiede inoltre una visione di lungo periodo e un clima di collaborazione tra tutti, pur nella distinzione dei ruoli e nella differenza delle opinioni”.

Quindi un invito a cessare le guerre tribali, molto forti nel Paese: “Auspico, in particolare, che cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo. Faccio pertanto appello al senso di responsabilità di tutti, affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese. Nel clima generato da questi atteggiamenti, potrà trovare un assetto definitivo anche la questione dello status dell’isola di Bougainville, evitando il riaccendersi di antiche tensioni”.

Solo in questo modo il Paese può prosperare: “Consolidando la concordia sui fondamenti della società civile, e con la disponibilità di ciascuno a sacrificare qualcosa delle proprie posizioni a vantaggio del bene di tutti, si potranno mettere in moto le forze necessarie a migliorare le infrastrutture, ad affrontare i bisogni sanitari ed educativi della popolazione e ad accrescere le opportunità di lavoro dignitoso”.

Il papa, quindi, ha invitato alla speranza ed ad un buon uso dei beni: “Tuttavia, anche se a volte ce ne dimentichiamo, l’essere umano ha bisogno, oltre che del necessario per vivere, di una grande speranza nel cuore, che lo faccia vivere bene, gli dia il gusto e il coraggio di intraprendere progetti di ampio respiro e gli consenta di elevare lo sguardo verso l’alto e verso vasti orizzonti. L’abbondanza dei beni materiali, senza questo respiro dell’anima, non basta a dar vita a una società vitale e serena, laboriosa e gioiosa, anzi, la fa ripiegare su sé stessa”.

E’ stato un invito a non dimenticare i valori e gli ideali: “L’aridità del cuore le fa perdere l’orientamento e dimenticare la giusta scala dei valori; le toglie slancio e la blocca fino al punto (come accade in alcune società opulente) che essa smarrisce la speranza nell’avvenire e non trova più ragioni per trasmettere la vita.

Per questo è necessario orientare lo spirito verso realtà più grandi; occorre che i comportamenti siano sostenuti da una forza interiore, che li metta al riparo dal rischio di corrompersi e di perdere lungo la strada la capacità di riconoscere il significato del proprio operare e di eseguirlo con dedizione e costanza”.

Infine ha ricordato il motto di questo viaggio che è essenziale per un popolo: “Lo ricordano anche il logo e il motto di questa mia visita in Papua Nuova Guinea. Il motto dice tutto con una sola parola: ‘Pray – Pregare’. Forse qualcuno, troppo osservante del ‘politicamente corretto’, potrà stupirsi di questa scelta; ma in realtà si sbaglia, perché un popolo che prega ha un futuro, attingendo forza e speranza dall’alto. E anche l’emblema dell’uccello del paradiso, nel logo del viaggio, è simbolo di libertà: di quella libertà che niente e nessuno può soffocare perché è interiore, ed è custodita da Dio che è amore e vuole che i suoi figli siano liberi”.

E’ stato un invito ai cattolici ad amare con sincerità Gesù: “Per tutti coloro che si professano cristiani (la grande maggioranza del vostro popolo) auspico vivamente che la fede non si riduca mai all’osservanza di riti e di precetti, ma che consista nell’amore, nell’amare Gesù Cristo e seguirlo, e che possa farsi cultura vissuta, ispirando le menti e le azioni e diventando un faro di luce che illumina la rotta. In questo modo, la fede potrà aiutare anche la società nel suo insieme a crescere e a individuare buone ed efficaci soluzioni alle sue grandi sfide”.

E non poteva non ricordare il beato Pietro To Rot, beatificato da san Giovanni Paolo II, non dimenticando le donne: “Il suo esempio, insieme a quelli del Beato Giovanni Mazzucconi, del PIME, e di tutti i missionari che hanno annunciato il Vangelo in questa vostra terra, vi doni forza e speranza… Eccellenza, Lei ha parlato delle donne. Non dimentichiamo che sono loro a portare avanti un Paese. Le donne hanno la forza di dare vita, di costruire, di far crescere un Paese. Non dimentichiamo le donne che sono al primo posto dello sviluppo umano e spirituale…

Il Vangelo si incultura e le culture vanno evangelizzate. Possa questo Regno di Dio trovare piena accoglienza in questa terra, così che tutte le popolazioni della Papua Nuova Guinea, con la varietà delle loro tradizioni, vivano insieme in armonia e diano al mondo un segno di fraternità”.

(Foto: Santa Sede)

Giornata del Creato per sperare e agire insieme

Sostenere la rinascita della Creazione ‘che geme’, contribuendo, come chiede papa Francesco, a “passare dall’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura, ridotta a oggetto da manipolare, all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del Creato”. E’ quanto fa la Chiesa in Italia, tramite il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli e grazie ai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica.

Dal 1991 sono stati finanziati 107 progetti volti a contrastare il degrado ambientale, il cambiamento climatico e a salvaguardia delle ricchezze naturali e tutela degli ecosistemi in 31 Paesi, per un totale di oltre € 11.500.000. ‘Spera e agisci con il Creato’ è l’invito di Papa Francesco per la Giornata Mondiale di preghiera per la cura del Creato che si celebra oggi. Sperare e agire con il Creato significa anzitutto unire le forze “nella responsabilità per un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo”. Un lavoro ‘sinfonico’ ed ‘armonico’ per la riduzione delle emissioni, l’educazione degli stili di vita, i finanziamenti innovativi e l’uso di soluzioni collaudate basate sulla natura.

Del resto, lo spettro del cambiamento climatico minaccia l’acqua, l’aria, il cibo e i sistemi energetici, ma anche la salute pubblica. Sono oltre tre miliardi e mezzo coloro che vivono in regioni altamente sensibili alle devastazioni provocate dalla crisi ambientali, che provocano anche migrazioni forzate delle famiglie, con milioni di persone che perdono la vita in viaggi disperati. Il degrado ambientale, poi, causa guerre, accresce la povertà che, a sua volta, può aumentare, in un circolo che si autoalimenta.

Sono sempre i poveri della Terra a risentire maggiormente dell’inquinamento atmosferico, nonostante contribuiscano in misura minore al problema. I 46 Paesi meno sviluppati (per lo più africani) rappresentano solo l’1% delle emissioni globali di CO2, mentre le nazioni del G20 sono responsabili dell’80% di queste emissioni. Si tratta di sfide sistemiche distinte ma interconnesse che accrescono disparità e disuguaglianze: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, il degrado ambientale.

Proprio per questo occorrono cooperazione e solidarietà globale. E’ necessario agire con urgenza e insieme: “E’ incluso nel nostro piano strategico quinquennale per la pastorale complessiva, avviato nel 2022”, sottolinea monsignor Fulgence Muteba, Arcivescovo di Lubumbashi e Presidente della Conferenza Episcopale della Repubblica Democratica del Congo. “Le priorità ruotano attorno all’educazione ambientale, all’operazione ‘Wangarii Maathai’ consistente nella piantumazione di alberi, al supporto ad azioni di conversione ecologica, alla promozione della saggezza ecologica già presente nella cultura tradizionale, alle iniziative di sanificazione ambientale e gestione responsabile dei rifiuti”.

Come avviene anche nella diocesi di Bukavu, dove la popolazione più povera soffre di problemi di approvvigionamento di acqua e di igiene nonché di mala gestione dei rifiuti domestici che rendono insalubre l’acqua e i terreni circostanti. Grazie a un progetto sostenuto dalla CEI è stato possibile formare donne e giovani e avviare 24 imprese agro-ecologiche per il riciclo, lo smaltimento e la trasformazione dei rifiuti organici utilizzati nelle colture domestiche per migliorare il rendimento agricolo di orti e campi.

Un altro approccio, nel rispetto dell’ambiente, è dunque possibile quando i piccoli si organizzano. Lo testimoniano, ad esempio, i progetti che, con i fondi 8xmille, hanno consentito a cooperative locali nel Nord est del Brasile di rafforzare reti formative innovative per l’agricoltura comunitaria e le filiere alimentari: “Abbiamo lavorato – evidenzia la nutrizionista Clara Terko Takaki – sulla sovranità e sulla sicurezza alimentare basate sul bioma amazzonico e sulle stagioni dell’anno, sulla valorizzazione delle abitudini alimentari regionali e il pieno utilizzo di questi alimenti con eccedenze fermentate e disidratate, in particolare la manioca. In questo modo possiamo evitare gli sprechi, eliminare i gas che aumentano l’effetto serra, ridurre la fame, migliorare le difese immunitarie e generare reddito”.

Nello specifico il progetto sulle filiere alimentari ha contribuito alla formazione di un centinaio di giovani e al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione rurale di Santa Luzia e Limoeiro do Norte tramite il rafforzamento delle proposte formative in ambito agro-zootecnico e la creazione di una rete di collaborazione tra entità formative brasiliane per un periodico scambio di conoscenze, esperienze, buone pratiche e competenze, per facilitare uno sviluppo agricolo sostenibile delle aree rurali coinvolte.

L’impegno della Chiesa cattolica italiana per il mondo

Di fronte alle sofferenze che continuano ad affliggere la popolazione della Repubblica Democratica del Congo, la Chiesa italiana cerca i far sentire la sua vicinanza alle comunità locali, come racconta, attraverso schede e testimonianze, il terzo Dossier curato dal Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. Infatti dal 1991, grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, la CEI ha sostenuto 1.236 interventi per € 136.000.000: si tratta di progetti in risposta a emergenze e di sviluppo socioeconomico in vari settori: sanità, agricoltura, educazione, formazione.

Particolare attenzione è stata data a interventi con taglio promozionale, pedagogico, di animazione, rivolti alle comunità e con approcci comunitari basati su tutela dei diritti, advocacy, lavoro in rete, nella prospettiva di offrire opportunità anche alle categorie più vulnerabili e discriminate, come donne, anziani e bambini, e di trasmettere conoscenze e strumenti che rendano lo sviluppo autonomo e sostenibile.

Pur essendo un Paese immenso, il più esteso del continente africano dopo l’Algeria, con un’enorme ricchezza naturale nel sottosuolo, ha un’economia fragile ed è costantemente afflitto da violenze, povertà e sconvolgimenti, come racconta il dossier: “Negli ultimi vent’anni l’appetito, mai saziato, di accaparramento di risorse naturali da parte dei tanti soggetti in competizione è stato alla radice dei ripetuti conflitti civili che hanno provocato oltre 6 milioni di vittime, milioni di feriti, mutilati e orfani oltre che un impressionante numero di sfollati e profughi verso i Paesi circostanti”.

Tuttavia, quella della Repubblica Democratica del Congo “è sempre stata una Chiesa profetica: questa dimensione dona speranza alla popolazione. Una popolazione che ha tutti i motivi per essere davvero sconfortata, ma che, con l’aiuto della Chiesa, riesce a mantenere accesa la flebile fiamma della speranza per un futuro migliore. Questa voce profetica è osteggiata dal potere politico, ma noi Pastori non abbiamo paura di svolgere il nostro compito a servizio della popolazione”, sottolinea il card. Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam).

Inoltre per la Cei offrire assistenza sanitaria e migliorare le condizioni di vita delle persone più fragili sono alcune delle sfide che la Chiesa ha raccolto con decisione e dedizione, facendosi prossima a tutti, in ogni angolo del mondo, come dimostrano i numerosi progetti realizzati in diversi Paesi con i fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica.

Infatti nell’ultima riunione di luglio, il Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha approvato 81 nuovi progetti, decidendo lo stanziamento di € 15.262.116, che permetterà di concretizzare 38 iniziative in Africa (€ 8.106.569), 19 in America Latina (€ 2.689.321), 22 in Asia (€ 4.268.302), 1 in Europa (€ 148.580) e 1 in Medio Oriente (€ 49.344). Tra queste, molte riguardano l’ambito sanitario e della cura, come quella promosso in Costa d’Avorio dalle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, che aiuteranno (grazie a materiali, attrezzature e trattamenti farmacologici personalizzati) 50 bambini con patologie gravi, congenite e croniche.

Ad Oweri, in Nigeria, i Servi della Carità dell’Opera Don Guanella amplieranno l’attuale Centro di salute mentale che potrà così garantire riabilitazione, consulenza e cure a 60 ragazzi, dai 6 ai 25 anni, affetti da varie patologie, dalla sindrome di Down e da disturbi dello spettro autistico. Il nuovo edificio erogherà anche trattamenti ambulatoriali ad altri 20 giovani.

In India, le Soeurs des Missions Etrangeres, che gestiscono un Centro a Rawthankuppam nella Diocesi di Pondicherry and Cuddalore, offriranno assistenza sanitaria, alloggio e pasti ai malati di lebbra oltre che formazione professionale agli abitanti di 129 villaggi rurali. In Kazakhstan, la diocesi di Karaganda costruirà la ‘Casa della misericordia’, un luogo dove verrà promosso lo sviluppo integrale di adolescenti e giovani disabili attraverso fisioterapia specifica e percorsi professionali formativi volti all’inserimento sociale e lavorativo. Per assicurare l’approvvigionamento energetico all’ospedale ‘Holy Family’ che fornisce assistenza medica a circa 60.000 persone l’anno, l’arcidiocesi di Karachi, in Pakistan, installerà un impianto fotovoltaico.

Papa Francesco: l’Intelligenza Artificiale è il futuro della civiltà?

Questa mattina papa Francesco ha ricevuto i partecipanti alla Conferenza Internazionale promossa dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, sul tema ‘L’Intelligenza Artificiale e il paradigma tecnocratico: come promuovere il benessere dell’umanità, la cura per la natura e un mondo di pace’, richiamando il proprio discorso pronunciato al G7 nella scorsa settimana nella valorizzazione del tema intorno all’Intelligenza Artificiale:

“E’ un tema che merita particolare attenzione, perché l’IA influenza in modo dirompente l’economia e la società e può avere impatti negativi sulla qualità della vita, sulle relazioni tra persone e tra Paesi, sulla stabilità internazionale e sulla casa comune…

Apprezzo che la Centesimus Annus abbia dato ampio spazio a questa materia, coinvolgendo studiosi ed esperti di diversi Paesi e discipline, analizzando le opportunità e i rischi connessi allo sviluppo e all’utilizzo dell’IA, con un approccio trasversale e soprattutto con uno sguardo antropocentrico, e avendo ben presente il pericolo di un rafforzamento del paradigma tecnocratico”.

Ed ha richiamato alcuni temi fondamentali emersi in quell’incontro: “Come altri utensili-chiave nel corso dei millenni, anche questo attesta la capacità dell’essere umano di andare oltre sé stesso, la sua ‘ulteriorità’, e può apportare grandi trasformazioni, positive o negative. In questo secondo senso, l’IA potrebbe rafforzare il paradigma tecnocratico e la cultura dello scarto, la disparità tra le nazioni avanzate e quelle in via di sviluppo, la delega alle macchine di decisioni essenziali per la vita degli esseri umani. Ho dunque affermato l’assoluta necessità di uno sviluppo e di un utilizzo etico dell’IA, invitando la politica ad adottare azioni concrete per governare il processo tecnologico in corso nella direzione della fraternità universale e della pace”.

Ma la domanda fondamentale è quella che aiuta a comprendere a cosa serve l’Intelligenza Artificiale: “Serve a soddisfare i bisogni dell’umanità, a migliorare il benessere e lo sviluppo integrale delle persone, oppure serve ad arricchire e aumentare il già elevato potere dei pochi giganti tecnologici nonostante i pericoli per l’umanità? E questa è la domanda di base. La risposta dipende da tanti fattori e diversi sono gli aspetti da esplorare”.

E’ ha proposto alcune sollecitazioni, che possono essere utili ad ulteriori approfondimenti: “Va approfondito il delicato e strategico tema della responsabilità delle decisioni prese utilizzando l’IA; questo aspetto interpella vari rami della filosofia e del diritto, oltre a discipline più specifiche. Vanno individuati gli opportuni incentivi e una efficace regolamentazione, da un lato per stimolare l’innovazione etica utile al progresso dell’umanità, dall’altro per vietare o limitare gli effetti indesiderati.

Tutto il mondo dell’educazione, della formazione e della comunicazione dovrebbe avviare un processo coordinato, per accrescere la conoscenza e la consapevolezza di come usare correttamente l’IA e per trasmettere alle nuove generazioni, sin dall’infanzia, la capacità critica nei confronti di tale strumento.

Vanno valutati gli effetti dell’IA sul mondo del lavoro. Invito i membri della Fondazione ‘Centesimus Annus’ e quanti partecipano alle sue iniziative a farsi parte attiva, nei rispettivi ambiti, per sollecitare un processo di riqualificazione professionale e l’adozione di forme atte a facilitare il ricollocamento delle persone in esubero presso altre attività.

Vanno esaminati attentamente gli effetti positivi e negativi dell’IA nel campo della sicurezza e della riservatezza. Vanno considerati e approfonditi gli effetti sulla capacità relazionale e cognitiva delle persone, e sui loro comportamenti. Non possiamo accettare che queste capacità vengano ridotte o condizionate da uno strumento tecnologico, cioè da chi ne detiene il possesso e l’uso. Infine (ma questo elenco non vuol essere esaustivo) occorre ricordare gli enormi consumi di energia richiesti per sviluppare l’IA, mentre l’umanità sta affrontando una delicata transizione energetica”.

Quindi per il papa il futuro dell’economia si ‘gioca’ sull’innovazione tecnologica: “Non dobbiamo perdere l’occasione di pensare e agire in un modo nuovo, con la mente, con il cuore e con le mani, per indirizzare l’innovazione verso una configurazione centrata sul primato della dignità umana. Questo non va discusso. Un’innovazione che favorisca sviluppo, benessere e convivenza pacifica e che protegga i più svantaggiati. E ciò richiede un ambiente normativo, economico e finanziario che limiti il potere monopolistico di pochi e consenta allo sviluppo di andare a beneficio di tutta l’umanità”.

Quella del papa, perciò, è una ‘sana’ provocazione’: “Mi congratulo per l’avvio della seconda ricerca comune tra la Fondazione e l’Alleanza Strategica di Università Cattoliche di Ricerca (SACRU) sul tema ‘Intelligenza Artificiale e cura della casa comune: un focus su imprese, finanza e comunicazione’, coordinata dalla signora Tarantola. Per favore, tenetemi al corrente di questo!

E concludo con una provocazione: siamo sicuri di voler continuare a chiamare ‘intelligenza’ ciò che intelligenza non è? E’ una provocazione. Pensiamoci, e chiediamoci se l’usare impropriamente questa parola così importante, così umana, non è già un cedimento al potere tecnocratico”.

(Foto:Santa Sede)

La Chiesa italiana sostiene la popolazione del Myanmar

Restare accanto a quanti soffrono, sostenere le comunità locali, incoraggiare i giovani con iniziative nel campo educativo e professionale, promuovere un processo di riconciliazione. Sono queste le principali sfide che la Chiesa si trova ad affrontare in Myanmar, un Paese alle prese con una crisi politica prolungata, con scontri e violenze tra le truppe del governo militare e gruppi etnici armati, con milioni di sfollati e ingenti danni provocati dalle calamità naturali. A questo si aggiunge la drammatica situazione dei Rohingya, i musulmani del Rakhine, rifugiati nei campi profughi in Bangladesh da dove molti cercano di fuggire, spesso perdendo la vita.

Quindi dopo quello su Haiti, il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, presenta il dossier ‘Myanmar, abbracciare l’alba della pace’ che racconta, attraverso dati e testimonianze, l’impegno della Chiesa in Italia. Sul campo operano religiose, sacerdoti e volontari che, con i vescovi, cercano ogni giorno di ravvivare la speranza e lo spirito di solidarietà tra la popolazione cattolica ed appartenente ad altre religioni.

Dal 1991, la Chiesa italiana ha sostenuto interventi in Myanmar per circa € 23.000.000, inclusi € 4.500.000 provenienti direttamente da Caritas Italiana per attività in vari settori: sono stati 238 i progetti approvati dalla CEI attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli. Grazie ai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, “con quasi € 18.500.000 si è potuto intervenire in diversi settori, in particolare accoglienza, istruzione e accompagnamento principalmente di bambini e ragazzi, assistenza, formazione e sensibilizzazione in ambito sanitario, sviluppo integrato economico e sociale a favore delle comunità rurali, promozione della microimprenditorialità, agricoltura, riforestazione.

Significativo l’impegno per percorsi di uscita dalla tossicodipendenza e per attività di sostegno e inclusione comunitaria dei disabili. Così come le risposte a situazioni di emergenza quali l’assistenza umanitaria ai più vulnerabili, interventi di aiuti d’urgenza per calamità naturali e di riduzione del rischio da fenomeni alluvionali”.

Nel dossier Patrizia Caiffa ha chiesto al card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Myanmar e della Federazione della Conferenza episcopale asiatica (Fabc), ha chiesto di raccontare il cammino sinodale: “Il nostro viaggio sinodale in Myanmar riguarda la guarigione e la riconciliazione del mondo nella giustizia e nella pace. Il nostro cammino di fede è piuttosto messo alla prova dall’attuale crisi politica. Stiamo dunque vivendo una nuova esperienza di esodo dentro e fuori il Paese.

Molte case e chiese vengono bruciate, e tutti noi incontriamo una crudeltà continua. Il recente attacco al prete cattolico p. Paul Khwi Shane Aung da parte di uomini armati non identificati mostra quanto siamo vulnerabili: viviamo una Via Crucis permanente, una realtà dolorosa e ferita in diverse zone del Myanmar. E’ qui che abbiamo bisogno della riconciliazione con Dio, con la natura e con gli altri. E’ qui che dobbiamo diventare una Chiesa in ascolto, come Gesù, degli sfollati e delle persone ferite. Conoscendo il Myanmar con i suoi vari gruppi etnici, dobbiamo continuare ad essere una Chiesa missionaria con una cultura del rispetto reciproco e di una convivenza pacifica con tutti, con una chiara azione profetica collettiva”.

Nella conclusione mons. Andrea Ferrante, incaricato della Nunziatura della Santa Sede, ha sottolineato il lavoro della ‘sinodalità’: “La sinodalità qui è visibile e tangibile nel vissuto quotidiano. Lasciandosi guidare dall’ispirazione dello Spirito Santo, vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi, catechisti, volontari e comunità parrocchiali sono all’opera per non lasciare soli i fratelli più in difficoltà, donando loro la speranza e creando occasioni di incontro e di crescita.

Grazie alla eredità dei grandi missionari che hanno attraversato il Paese (PIME, MEP, Colombani) ci sono radici profonde di una fede viva e creativa, un vero amore all’adorazione eucaristica e una sincera devozione alla Beata Vergine Maria. Questi sono i pilastri del tessuto ecclesiale e della speranza che anima l’azione pastorale in un clima di forti tensioni e conflitti armati. In un contesto di destrutturazione del tessuto sociale, la sfida più grande è mantenere viva la speranza che ha radici nel passato, nel presente e lascia guardare con fiducia verso il futuro”.

(Foto: CEI)

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