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L’Amore al tempo dell’intelligenza artificiale, ma ‘Egli ci ha amati per primo’ (1Gv. 4,19)

Il filosofo e sociologo Zygmunt Bauman, nel 2003 coniava la definizione di ‘amore liquido’, dove indicava ormai lontana quell’idea di amore imperituro e inscalfibile su cui la società si era sempre fondata nelle generazioni precedenti. Amore liquido, perché liquida si è andata modificando la società e la famiglia, dove è andato emergendo l’individualismo sfrenato, sgretolando il buon vivere della comunità, priva del fondamento che è la fede: è l’amore, infatti, la forma della fede!

Mancando questo fondamento d’unità, mancando ‘il cuore’, la società non è più intesa come entità ‘solida’, ma appunto ‘liquida’: non fondandosi più sulla verità che promana da Dio, tutto è divenuto parziale, provvisorio e temporaneo. Esattamente un mese fa, a distanza di circa un ventennio, anche Papa Francesco ha parlato di questo concetto nella sua Lettera Enciclica ‘Dilexit Nos’ (24/10/2024), quando nelle prime battute dice che nell’attuale ‘società liquida’ si rende necessario parlare di cuore, perché è in atto una svalutazione del centro intimo dell’uomo.

L’Enciclica attualizza il concetto dell’amore umano, intrecciandolo in modo spirituale e sentimentale, senza mancare di fare riferimento alla società digitale, dove l’algoritmo è – potremmo dire – in antitesi con il cuore, poiché è il cuore che permette di mettere in comunione le persone (cfr. n. 14). Proprio in questo mondo in cui impera l’Intelligenza Artificiale, dice il Papa, ‘non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore’ (n. 20): caratteristiche che fanno parte dell’estro e dell’essenza umana e non riproducibili con calcoli computazionali.

Se da un lato non possiamo non riconoscere che l’Intelligenza Artificiale sia capace di elaborare dati complessi pressoché istantaneamente e con eccellenti risultati, essa non ha le caratteristiche sensoriali e delle emozioni che sono prettamente umane. L’Intelligenza Artificiale è e dovrà quindi essere uno strumento al servizio dell’umanità, per natura stessa delle macchine rispetto agli esseri umani: aspetti come la tenerezza, l’amore, i ricordi (non la memoria di un dato), sono tratti che identificano l’identità personale che non sono riproducibili dalla logica algoritmica.

Nonostante questi dati siano incontrovertibili, la tecnologia viene sempre più applicata anche per ‘promuovere’ le relazioni: dai siti di incontri agli assistenti virtuali, essa intende aiutare a trovare potenziali partner, a fornire consigli per migliorare le relazioni e comprendere le preferenze dell’altro attraverso l’analisi dei dati, sempre basandosi su algoritmi aventi l’intento di calcolare persino i sentimenti.  

Si avverte, tuttavia, l’urgenza di saper fare interagire quanto di buono viene dagli sviluppi relativi all’Intelligenza Artificiale con la capacità critica dell’essere umano, che pur avverte il desiderio di potenziare il suo pensiero. E’ in quest’orizzonte che si inserisce il ‘Sistema 0’, teorizzato recentemente da un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano sulla rivista ‘Nature Human Behaviour’, per promuovere l’interazione fra l’intelligenza umana e quella artificiale, quasi in una forma ibrida, al fine di aiutare il pensiero critico, che ha solo nel cuore il centro di discernimento.

In questi termini, si potrebbe dire che l’Intelligenza Artificiale non è del tutto ‘senza cuore’ perché si potrebbe osare affermare che in questa tecnologia si possa riscontrare l’avere ‘a cuore’ le sorti dei deboli e delle persone con disabilità, che attraverso il buon uso di essa, è in grado salvare vite.

Era veramente necessaria in questo tempo una Enciclica che facesse chiarezza sul senso del cuore: ‘il cuore è il luogo della sincerità, dove non si può ingannare né dissimulare’ (n. 5). Continua il Santo Padre: “Se il cuore è svalutato, si svaluta anche ciò che significa parlare dal cuore, agire con il cuore, maturare e curare il cuore. Quando non viene apprezzato lo specifico del cuore, perdiamo le risposte che l’intelligenza da sola non può dare, perdiamo l’incontro con gli altri, perdiamo la poesia. E perdiamo la storia e le nostre storie, perché la vera avventura personale è quella che si costruisce a partire dal cuore. Alla fine della vita conterà solo questo” (n. 11).

Potremmo dire in conclusione: ‘Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo’ (1Gv 4, 19). Solo un cuore che è dal cuore di Cristo può amare, e non una ‘macchina autoapprendente’ capace solo di calcoli.

Don Nicola Rotundo: necessaria visione antropocentrica dell’Intelligenza Artificiale secondo Tommaso d’Aquino

“Risulta essere sempre più impattante l’Intelligenza Artificiale sulla quotidianità di ciascuno; che lo faccia in maniera diretta o trasversalmente, sta cambiando inevitabilmente il mondo e le relazioni rispetto a come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Ciò accade soprattutto a seguito dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale Generativa, con la capacità, oltre che di auto-apprendere, di produrre contenuti complessi che imitano sempre più la creatività umana”.

Partiamo da queste brevi parole di don Nicola Rotundo, membro del consiglio direttivo del Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica (CIRB), condirettore delle collane ‘Tra storia e religioni’ e ‘Harmonic Innovation’ ed autore di ‘Intelligenza Artificiale: un punto di vista etico-sociale’, per cercare di comprendere il motivo per cui c’è tanta attenzione intorno all’Intelligenza Artificiale, che sta tracciando il futuro tecnologico della società:

“Il tema dell’Intelligenza Artificiale sta riscontrando grande interesse a tutti i livelli per via delle infinite applicazioni. Basti pensare a quelle in campo medico, dove l’Intelligenza Artificiale è divenuta fondamentale per la progettazione di nuovi farmaci o per lo sviluppo di nuove terapie. Sorprendente è l’ideazione di un particolare stetoscopio dotato di IA capace di identificare tempestivamente i segni di scompenso cardiaco, migliorando notevolmente la prevenzione del rischio cardiovascolare”.

Cosa è l’Intelligenza Artificiale generativa?

“Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale si sta orientando sempre più verso quella che viene definita IA generativa, avente capacità di creare nuovi contenuti o idee come immagini, video, musica e non solo, tentando di imitare sempre più l’intelligenza umana, dove con un vero e proprio addestramento, le “macchine auto-apprendenti”, sono capaci di elaborare velocemente una gran mole di dati e informazioni simulando sempre meglio il comportamento umano. Tale simulazione manca però di quella scintilla che è propria degli esseri umani: l’anima”.

In quale modo è possibile difendersi dalle fake news costruite dall’Intelligenza Artificiale?

“L’Intelligenza Artificiale, se non è condotta in ultima istanza dall’uomo, rischia di elaborare dati senza distinguere le notizie vere dalle fake news, come ad esempio è accaduto quando il noto social X ha dato risalto ad alcune breaking news generate dal chatbox Grok di X sulla base di post che diffondevano disinformazione. Questo caso assieme ad altri, mostra come l’automazione spinta e la rimozione delle verifiche umane possano trasformare e distorcere la realtà.

Urge pertanto una revisione di questo approccio, bilanciando l’efficienza dell’IA con la supervisione umana, come anche sostenuto dal papa nel messaggio per la 58° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore”.

C’è possibilità che l’Intelligenza Artificiale possa superare l’intelligenza umana?

“Partiamo dal sottolineare che l’intelligenza umana è dono di Dio (Siracide 17, 1-12). Attraverso di essa, afferma Tommaso d’Aquino, l’uomo è capace di cogliere l’essenza delle realtà materiali (Summa Theologiae. I, q. 85, a. 8, respondeo), per conoscere la verità che Dio ha impresso in ogni cosa da lui creata e per potersene servire secondo la volontà del suo Autore, rispettando sempre il fine per il quale, Egli, ha fatto ciascuna cosa.

L’uomo, però, non può affidarsi alla sola intelligenza umana per raggiungere il fine per il quale è stato creato da Dio, perché essa è fallibile. Deve lasciarsi illuminare dalla Rivelazione (che è certa) e dall’intelligenza teologica che su di essa si fonda (Summa Theologiae, I, q. 1, a. 1, respondeo). Questa intelligenza di cui stiamo parlando è, però, nell’uomo opera dello Spirito Santo, che con i suoi santi sette doni, compreso quello, proprio dell’intelletto, conduce l’uomo ad una conoscenza che altrimenti gli sarebbe preclusa (Summa Theologiae, II-II, q. 8, a. 1, respondeo). Da queste sintetiche considerazioni si evince chiaramente che l’Intelligenza Artificiale mai potrà superare l’intelligenza umana e, ancor meno, quella che si lascia illuminare dallo Spirito Santo”.

E’ possibile immettere competenze umanistiche nell’Intelligenza Artificiale?

“Non è solo possibile ma soprattutto doveroso. Affermo questo perché sviluppando l’Intelligenza Artificiale non ci si può solo fermare all’aspetto tecnico; è necessaria l’adozione di quei saperi metempirici capaci di dare un indirizzo alla ricerca scientifica e quella tecnologica di frontiera, dando giusto valore e rispetto alla dimensione etica.

A tal proposito ecco cosa scrive il papa per la 19^ Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato: Oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa a servizio della pace e dello sviluppo integrale”.

Allora in queste ‘situazioni’ quali capacità possono offrire le facoltà teologiche?

“Alcune Facoltà di Teologia si stanno premurando di mettere in dialogo la Filosofia e la Teologia Morale con l’Intelligenza Artificiale attraverso corsi rivolti agli sviluppatori ma anche ai fruitori dell’Intelligenza Artificiale. Sono percorsi che oserei dire necessari per i presbiteri e per i laici, poiché è fondamentale essere al passo coi tempi per gestire questa realtà ormai parte integrante del nostro quotidiano. Il mio personale auspicio è quello che in ogni Facoltà di Teologia possa essere istituito un corso curriculare atto a fornire gli elementi etici basilari che riguardano il rapporto con l’Intelligenza Artificiale, affinché i futuri presbiteri possano avere gli strumenti idonei per gestire una realtà così impattante sulla quotidianità”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco chiede ‘attenzione’ per i poveri

Oggi papa Francesco non ha tenuto incontri per una lieve indisposizione in vista del prossimo viaggio apostolico in Lussemburgo ed in Belgio, ma ha consegnato loro il discorso, dapprima ai partecipanti alla Pontificia Accademia delle Scienze, ai quali ha sottolineato le sfide sociali a cui siamo sottoposti:

“Tutti noi siamo sempre più preoccupati davanti al forte impatto dell’umanità sulla natura e sugli ecosistemi. Ho appreso che uno di voi, Paul Crutzen, nel descrivere tale impatto sul creato, vi si è complessivamente riferito come costituenti l’Era dell’Antropocene. Alcuni membri della vostra Accademia sono stati tra i primi a identificare l’impatto crescente delle attività umane sul creato, studiando rischi e problemi ad esso correlati. L’Antropocene sta infatti rivelando le sue conseguenze sempre più drammatiche per la natura e per gli esseri umani, soprattutto nella crisi climatica e nella perdita di biodiversità”.

Tali questioni sono importanti soprattutto nelle implicazioni verso i poveri: “Sono grato, pertanto, che la Pontificia Accademia delle Scienze continui a concentrarsi su questioni come queste, con particolare riguardo alle loro implicazioni verso i poveri e gli emarginati. Le scienze, nel loro tendere alla conoscenza e alla comprensione del mondo fisico, non devono mai perdere di vista l’importanza di utilizzare tale conoscenza per servire e promuovere la dignità delle persone e dell’umanità nel suo insieme”.

Inoltre il papa si è soffermato ad esaminare l’impatto dell’Intelligenza Artificiale nell’ambiente: “Quest’anno, la vostra Assemblea plenaria considera anche nuovi saperi emergenti e innovazioni, nonché le relative opportunità per la scienza e la salute del pianeta. Penso in particolare alle sfide poste dal progresso compiuto nell’Intelligenza Artificiale. Tale sviluppo può rivelarsi benefico per l’umanità, ad esempio promuovendo innovazioni nei settori della medicina e dell’assistenza sanitaria, così come aiutando a proteggere l’ambiente naturale e consentendo l’uso sostenibile di risorse alla luce dei cambiamenti climatici.

Tuttavia, come vediamo, può anche avere gravi implicazioni negative per la popolazione, specialmente per i bambini e gli adulti più vulnerabili. Inoltre, occorre riconoscere e prevenire i rischi di usi manipolatori dell’Intelligenza Artificiale per plasmare l’opinione pubblica, influenzare scelte di consumo e interferire con i processi elettorali”.

Il papa ha, infine, ricordato l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulla vita dei popoli: “Queste sfide ci ricordano le dimensioni immutabilmente umane ed etiche di tutto il progresso scientifico e tecnologico… In questo senso, l’impatto delle forme di Intelligenza Artificiale sui singoli popoli e sulla comunità internazionale richiede maggiore attenzione e studio. Sono lieto di sapere che la Pontificia Accademia delle Scienze sta lavorando, da parte sua, per proporre norme adeguate al fine di prevenire i rischi e promuovere i benefici in questo campo complesso”.

Ed ai partecipanti della Fondazione pontificia ‘Gravissimum Educationis – Cultura per l’Educazione’, in occasione del ‘Christmas Contest’, concorso di composizione musicale ideato da papa Francesco, ha ricordato la bellezza culturale del Natale: “Mi piace ricordare con voi, giovani cantanti e musicisti impegnati nel promuovere i valori dal Natale, che la nascita di Gesù fu accompagnata da un canto celeste: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che Egli ama’ (Lc 2,14). L’Incarnazione di Gesù Cristo, che porta al mondo la vera pace ha ispirato nei secoli innumerevoli artisti di ogni lingua e cultura, che hanno tracciato nel mondo sentieri di fratellanza. Voi vi inserite in questa grande scia, con la vostra originalità, le vostre storie, le vostre voci…

E così cantate la speranza anche per quei vostri coetanei che l’hanno smarrita per tanti motivi: la miseria, la malattia, la guerra, la migrazione forzata, i problemi in famiglia, a scuola, con gli amici. Forse qualcuno di questi giovani sarà toccato dalla vostra testimonianza! Sì, c’è bisogno del talento dei giovani, della creatività, spinti non dagli idoli del denaro e del successo ma dalla passione per la bellezza, per la fratellanza, per il Signore Gesù che salva e dà senso alla nostra vita”.

(Foto: Santa Sede)

Don Nicola Rotundo: Tommaso d’Aquino aiuta alla comprensione dell’Intelligenza Artificiale

“Infatti, vediamo che alcune cose, prive di conoscenza, cioè i corpi naturali, operano per un fine. Ciò appare dal fatto che sempre o per lo più operano nello stesso modo, per conseguire l’ottimo. Da ciò si rende evidente che pervengono al fine non per caso, ma per una tendenza. Ora, le cose prive di conoscenza tendono verso il fine, solo perché vi sono dirette da qualcuno che ha conoscenza e intelligenza, come la freccia [è diretta] dall’arciere. Dunque, c’è qualche essere intelligente, dal quale sono ordinate al fine tutte le cose naturali e quest’essere lo chiamiamo Dio”.

Partiamo da quest’affermazione di san Tommaso d’Aquino nella ‘Summa Teologica’(questio 2 articulus 3) per una riflessione sull’intelligenza artificiale con don Nicola Rotundo, sacerdote  dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e condirettore delle collane ‘Tra storia e religioni’ e ‘Harmonic Innovation’, autore di ‘Etica armonica’:

“E’ proprio qui che un nodo viene al pettine. Mentre, infatti, Dio essendo il Sommo Bene, muove ogni sua creatura verso il raggiungimento del suo fine ultimo, che è Dio stesso (secondo lo schema dell’exitus-reditus della Summa theologiae) e, quindi, lo conduce verso la sua piena e perfetta realizzazione, l’uomo, invece, non essendo il Sommo Bene, e non volendo, sovente, camminare secondo la parola di Dio, potrebbe anche indirizzare questa sua scoperta verso un falso fine, quale sarebbe ad esempio il guadagno, il potere, la distruzione di chi considera un nemico o un avversario”.

Perché l’intelligenza artificiale è uno strumento ‘complesso’?

“L’Intelligenza Aartificiale è uno strumento ‘complesso’ perché l’uomo, suo artefice, è un essere complesso, in quanto essendo dotato di ragione e volontà può aprirsi al bene aderendo alla volontà di Dio, oppure può contravvenire ad essa volgendo sé stesso e, di conseguenza, tutto ciò che ‘crea’ (compresa l’Intelligenza Aartificiale) al male. E’ necessario, quindi, l’esercizio delle virtù etiche perché venga realizzato il sommo bene”.

‘Oltre la complessità di legittime visioni che caratterizzano la famiglia umana, emerge un fattore che sembra accomunare queste diverse istanze. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana’: ha affermato papa Francesco al G7. Quanto incide l’intelligenza artificiale nella definizione di dignità umana?

“Di per sé l’Intelligenza Artificiale non incide nella definizione di dignità umana, poiché la persona umana ha un’altissima dignità in quanto creata a immagine somiglianza di Dio (Genesi 1, 26); essa può aiutare l’essere umano a vivere secondo questa sua dignità, oppure può condurlo a misconoscerla, a seconda dell’uso che se ne intenda fare”.

In quale modo Tommaso d’Aquino può offrire riflessioni sul rapporto tra intelligenza artificiale e dignità umana?

“Egli è un Dottore ‘perenne’, può quindi aiutare in svariati modi. Ne evidenzierò soltanto uno a partire da queste sue parole: ‘… l’uomo, peccando, si allontana dall’ordine della ragione e, quindi, decade dalla dignità umana…’ (S.Th., II-II, q. 64, a. 2, ad tertium). Questo significa che se la persona umana utilizzerà questa scoperta per peccare, decadrà dalla sua dignità; se, invece, se ne servirà per raggiungere il suo più grande bene (Gesù Cristo, l’uomo nuovo), aiuterà ognuno/a a scoprire la sua altissima dignità e a vivere secondo questa sua altissima dignità”.

Quale è il fine dell’uomo ed il fine di Dio per san Tommaso d’Aquino?

“Più che di fine di Dio, si dovrebbe parlare di volontà di Dio. E’ volontà di Dio che l’essere umano abbia la vita eterna e in un certo senso questo è anche il fine per il quale Dio tutto opera. Infatti è proprio per questo ch’Egli ha mandato il suo Figlio nel mondo (Gv 3, 16). Il raggiungimento della vita eterna, così da poter godere di Dio per sempre, è anche il fine ultimo di ogni persona umana.

Questo suo fine, però, ci ricorda l’Angelico, ognuno/a potrà raggiungerlo soltanto riponendo la propria fede in Gesù Cristo: ‘Per questo dice: Chi crede nel Figlio ha la vita eterna. E ciò risulta chiaro dalle cose dette sopra. Se il Padre ha dato al Figlio ogni cosa, ossia quanto possiede, ed egli possiede in sé la vita eterna, allora ha dato al Figlio di essere la vita eterna… Chi crede in lui possiede ciò a cui tende, ossia il Figlio in cui crede. Ma questi è la vita eterna: dunque chi crede in lui ha la vita eterna’ (Commento al Vangelo secondo Giovanni (capitoli 1-9), cap. 3, lez. 6, § 547)”.

In quale modo oggi san Tommaso d’Aquino può essere ‘maestro’ di dialogo?

“San Tommaso oggi può essere ‘maestro’ di dialogo, anche con i padroni dei cloud e con i fruitori dell’Intelligenza Artificiale, insegnandoci il ‘fine’ del dialogo e il ‘metodo’ di esso. Il fine del dialogo è la conoscenza della verità, che è l’oggetto proprio dell’intelletto umano (cf. S. Th., I-II, q. 2, a. 8, resp.). Il metodo consiste nell’assumere il linguaggio del tempo (egli, ad esempio, assunse soprattutto le categorie aristoteliche e le scienze all’epoca consolidate) per veicolare la verità, che è Gesù Cristo: ‘Dato poi che nessuno può conoscere la verità se non aderendo alla verità, è necessario che chiunque desidera conoscere la verità aderisca a questo Verbo’ (Commento al Vangelo secondo Giovanni (capitoli 10-21), cap. 14, lez. 2, § 1869, ESD-ESB, Bologna 2019). Se il dialogo non conduce alla Verità, non raggiunge il proprio fine”.

Cosa può dire la teologia morale di fronte all’intelligenza artificiale?

“La teologia morale, in dialogo con l’etica e la bioetica, ha per oggetto gli atti umani che sono quelli volontari (cf. S. Th., I-II, q. 6, a. 1, resp.), che procedono, cioè, da una deliberazione della volontà illuminata dalla ragione. Se un tale atto ‘… non è ordinato al fine dovuto, per questo stesso fatto esso è in contrasto con la ragione ed è per natura cattivo. Invece, se è ordinato al fine dovuto, è conforme all’ordine della ragione; perciò è per natura buono’ (S. Th., I-II, q. 18, a. 9, resp.).

Il fine dovuto verso il quale la persona tende (come espresso precedentemente) è Cristo Gesù e la vita eterna che si ha solo in Lui. Dunque un atto (anche quella della creazione e della gestione della ‘macchina pensante’) è per natura buono se porta fruitori e operatori all’accoglienza di Cristo; è per natura cattivo, invece, se porta al Suo rifiuto”.

(Tratto da Aci Stampa)

Al Meeting di Rimini l’Intelligenza Artificiale è ricerca dell’essenziale?

Al Meeting dell’Amicizia tra i popoli, in svolgimento alla fiera di Rimini è andata in scena l’Intelligenza Artificiale con p. Paolo Benanti, docente all’Università Gregoriana di Roma, consigliere di papa Francesco sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica della tecnologia e membro del Board Onu sull’ Intelligenza Artificiale e presidente della Commissione per l’Intelligenza Artificiale; dott. Luca Tagliaretti, direttore esecutivo del Centro europeo di competenza sulla cyber-sicurezza ed il prof. Mario Rasetti, presidente del Board scientifico di Centai, che hanno dibattuto sul tema ‘L’essenza dell’intelligenza artificiale. Strumento o limite per la libertà?’

Il ‘succo’ dell’incontro è stato il fatto che l’invenzione del transistor ha trasformato l’informatica da strumento di potere in mano a pochi ad innovazione diffusa, come ha sintetizzato il prof. Paolo Benanti, in quanto ‘sono stati inseriti elementi computazionali in qualsiasi aspetto della nostra vita’: “Se la realtà è definita dal software e noi possediamo il bene ma del software abbiamo solo una licenza a chi va usus, abusus e fructus del prodotto?”.

L’ultima innovazione in campo automotive, per esempio, “ha trasformato l’automobile in un oggetto definito dal software. Non si tratta più di acquistare l’oggetto macchina ma di pagare un canone che sblocca via software le funzioni volute. Rendersi conto di questo salto nella realtà definita dal software più che dalla materia ci serve per capire le sfide che viviamo. Di fatto oggi acquistiamo un bene ma abbiamo solo in licenza il software che lo rende fungibile. Nel diritto romano, la proprietà era definita come il pieno godimento assoluto di un oggetto o di un’entità corporea. A questi erano associati diversi elementi.

L’usus era il diritto che il possessore aveva di fare uso dell’oggetto secondo la sua destinazione o natura, il fructus era il diritto di ricevere i frutti, cioè lo sfruttamento economico e si riferisce ai frutti che possono essere raccolti periodicamente senza alterare la sostanza del bene stesso, l’abusus era, invece, il diritto di disposizione basato sul potere di modificare, vendere o distruggere l’oggetto o l’entità data”.

Con la ‘softwarizzazione pervasiva’, si rischia di ‘perderci il fructus’. “La realtà inizia ad essere definita sempre di più dal software e cambiano le catene del potere. Per questo, dobbiamo capire come fare a democratizzare il potere computazionale”.

Quindi la rivoluzione si chiama Intelligenza Artificiale, iniziata 15 anni fa ma solo adesso è da tutti riconoscibile grazie a Chapt Gpt; quindi l’Intelligenza Artificiale può cambiare il mondo ed in questa delicata fase l’uomo contemporaneo giocherà solo sulla difensiva o cercherà i fattori di crescita e sviluppo che l’IA porta con sé?, ha domandato p. Benanti: “E’ necessario costruire guard rail che impediscano alle macchine di finire fuori strada. Noi siamo la generazione che deve assumersi questa responsabilità…. Il 75% dell’umanità utilizza le ‘macchine’ programmate ma solo 27.000.000 sono in grado di parlare il loro linguaggio. Ciò significa che il 99% della popolazione è analfabeta”.

Quindi il problema è educativo: “Siamo di fronte a una questione educativa, di libertà e democrazia. E’ giusto inchinarsi allo 0,35% di ‘nuovi sacerdoti della nuova religione’, quella per la quale la realtà è definita dal software? Occorre democratizzare il potere computazionale. In gioco non c’è solo la tecnologia ma dunque la vita delle persone”.

D’accordo con p. Benanti è stato anche il prof. Mario Rasetti, che ha sottolineato che l’Intelligenza Artificiale è inevitabile: “L’Intelligenza Artificiale non è una bolla ma un processo da controllare, se vogliamo conservare i tratti caratteristici dell’umano, sapendo che il cervello umano è la macchina più strabiliante dell’universo”.

Però sull’uso dei dispositivi digitali da parte degli adolescenti occorre essere vigilanti, ha sottolineato lo psicoterapeuta Alberto Pellai, durante l’incontro ‘Social ed Intelligenza Artificiale: non serve lo schermo per crescere smart’, intervenuto con il prof. Luca Botturi, docente della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI):

“Uno smartphone in mano ad un bambino è come un go kart in autostrada… La vita online dei ragazzi è un contesto che spesso riserva sorprese ai genitori. Dentro all’alleanza educativa, che coinvolge scuola e famiglia, vanno analizzate funzioni e caratteristiche specifiche di strumenti e piattaforme. Per esempio, il mondo online è basato sull’attivazione dopaminergica: genera dipendenza e frammentazione dell’attenzione, viene meno il sonno e, tra l’altro,  i nostri figli dormono, grazie al digitale, due ore in meno a settimana rispetto a prima”.

Quindi per il prof. Luca Botturi è necessaria fornire ai ragazzi un’educazione al’uso digitale: “Non è l’iperconnessione dei ragazzi che sviluppa competenze digitali, ma una giusta formazione all’uso della tecnologia, perché lo sviluppo dei ragazzi ha bisogno di processi di elaborazione lenta”.

E sul tema educativo la Compagnia delle Opere ha sviluppato il  tema dell’uso dell’Intelligenza Artificiale nella scuola, ‘L’intelligenza artificiale va a scuola?’, organizzato in collaborazione con DiSAL (Dirigenti scuole autonome e libere), Diesse (Didattica e innovazione scolastica) e l’associazione ‘Il rischio educativo’ con gli interventi del prof. Emanuele Frontoni, docente di informatica nell’Università di Macerata e co-director ‘Vrai’ (Vision Robotics & Artificial Intelligence Lab) e del prof. Pier Cesare Rivoltella, docente di didattica e tecnologie dell’educazione all’Università di Bologna, fondatore e presidente della Sirem (Società italiana di ricerca sull’educazione mediale):

“L’intelligenza artificiale è uno dei nuovi (relativamente nuovi, a dire il vero, visto che il termine è stato coniato da McCarthy nel 1954 ormai 70 anni fa!) modi con cui entriamo nel mondo digitale e dobbiamo ricordarci che è un prodotto del lavoro dell’uomo nel campo dell’informatica, per poter acquisire dati e produrre elaborazioni sfruttando potenze di calcolo inimmaginabili fino a 15/20 anni fa. Ma un prodotto che resta senza una sua reale (e spesso temuta) autonomia”.

I relatori hanno evidenziato che al centro della scuola c’è la relazione discente-docente, ponendo alcune domande fondamentali: “L’Intelligenza Artificiale può aiutare tale relazione? Può anzi contribuire a creare un clima collaborativo di comprensione e costruzione del senso degli oggetti di studio e della realtà che ci circonda?”

A tali domande occorre fornire il giusto spazio allo sviluppo delle competenze disciplinari ed interdisciplinari: “L’avvento dell’intelligenza artificiale rompe (forse) definitivamente l’immagine di una scuola che si realizza in un metodo trasmissivo e unidirezionale. Che senso ha chiedere informazioni e informazioni fini a sé stesse in un rigido nozionismo di fronte alla possibilità di ottenere quelle stesse informazioni con un mirato prompt a ChatGpt o a Gemini? La strada per arrivare a quelle informazioni, i passi per costruire qualcosa di nuovo ed originale devono diventare l’assetto nuovo dell’impegno di studenti e docenti a scuola”.

(Tratto da Aci Stampa)

Per una visione antropocentrica dell’Intelligenza Artificiale

Risulta essere sempre più impattante l’Intelligenza Artificiale sulla quotidianità di ciascuno; che lo faccia in maniera diretta o trasversalmente, sta cambiando inevitabilmente il mondo e le relazioni rispetto a come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Ciò accade soprattutto a seguito dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale Generativa, con la capacità, oltre che di auto-apprendere, di produrre contenuti complessi che imitano sempre più la creatività umana.

Trova sempre maggiore applicazione, in diversi ambiti, la così detta GenAI, ad esempio in ambito clinico per una maggiore accuratezza delle diagnosi, in campo farmacologico per rendere più tempestiva la progettazione e lo sviluppo di nuove terapie, per aumentare l’accuratezza dei sistemi di identificazione facciale, contrastare le frodi e tanto altro.

A fronte di questo incremento e sviluppo positivo dell’Intelligenza Artificiale, sono cospicui gli investimenti delle grandi imprese, che vi vedono giustamente una fonte di affari. Basti pensare che per gli investimenti globali sull’Intelligenza Artificiale, il Fondo Monetario Internazionale prevede una costante e significativa progressione: circa 300 miliardi di dollari per il 2024, fino a 1847 miliardi di dollari per il 2030, mentre il McKinsey Global Institute stima addirittura che il potenziale economico dell’Intelligenza Artificiale potrebbe raggiungere cifre fino a 4,4 trilioni di dollari ogni anno.

E’ chiaro, pertanto, che questo modo di procedere nella “privatizzazione” in poche mani di tali mezzi, tenderà a concentrare il potere dell’Intelligenza Artificiale sempre più nelle mani dei grandi investitori, correndo il rischio che, questi ultimi, indirizzino e sviluppino la tecnologia con il solo fine di massimizzare i profitti, magari a discapito del bene comune e, soprattutto, di uno sviluppo etico.

Più volte Papa Francesco ci ha messo in guardia da questo rischio. Oltre all’intervento tenuto in Puglia il 14 giugno 2024 al G7, il Santo Padre, lo scorso 22 giugno, nel discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice sui temi dell’Intelligenza Artificiale, parlando di ‘pericolo di un rafforzamento del paradigma tecnocratico’ aveva lanciato una provocazione affermando: ‘siamo sicuri di voler continuare a chiamare intelligenza ciò che intelligenza non è?’.

Questo paradigma tecnocratico a discapito di una visione antropocentrica, si è riscontrato proprio in questi giorni, in alcune indiscrezioni dell’agenzia Reuters riguardanti la nota azienda OpenAI, la quale, forte degli investimenti finanziari che sta accumulando, intenderebbe raggiungere un nuovo obiettivo: con il progetto ‘Strawberry’, appartenente alla galassia della GenAI, avrebbe l’ardire di migliorare significativamente le capacità di ragionamento dell’Intelligenza Artificiale, eseguendo induzioni e deduzioni pari, se non superiori a quelli dell’essere umano.

Uno sviluppo dell’Intelligenza Artificiale che non sia nutrita di valori e non sia governata dalla persona umana, può portare al rischio che si ponga l’attenzione ad uno sviluppo tecnologico finalizzato solo alla massimizzazione del profitto a scapito del bene comune. Con una visione ristretta e settoriale dell’innovazione, nella quale viene meno il rapporto con l’etica, si giunge inevitabilmente ad assumere una visione miope e frazionata, che non porta beneficio globale ma individuale.

Probabilmente a tal proposito, qualche interrogativo riguardo cosa sia prioritario, se il beneficio individuale o quello globale, era già sorto anche a Jane Leike, ricercatore di alto livello e uomo chiave dell’azienda OpenIA, il quale venerdì 17 maggio 2024 si era dimesso sostenendo che, nello sviluppo di ChatGPT, ‘la sicurezza è stata messa in secondo piano rispetto alla creazione di prodotti sempre più scintillanti da vendere’.

In questo variegato mondo dell’Intelligenza Artificiale, c’è anche chi investe nelle competenze umanistiche come punto di partenza fondamentale per comprendere e guidare la GenAI nei processi aziendali. E’ il caso della ‘Generative AI Tamers – Domatori di Intelligenza Artificiale Generativa’: un corso di Alta Formazione realizzato da Umana, Agenzia per il lavoro, aperto ai laureati in discipline umanistiche, la quale ha avuto l’idea di formare dei veri e propri ‘domatori’ dell’Intelligenza Artificiale e il successivo inserimento nel mondo lavorativo.

Non mancano quindi le buone prassi per incentivare non solo il concetto di algoretica, ma anche la saggia intuizione di formare gli sviluppatori e gli utilizzatori dell’Intelligenza Artificiale, così che si possa avere una tecnologia fruibile dall’umanità e a favore del bene comune. Potrebbe essere auspicabile un’analoga formazione nelle Facoltà di teologia, a vantaggio dei futuri preti e dei laici che dovranno gestire una nuova e mai del tutto prevedibile situazione.

Papa Francesco continua ad invocare la pace

Papa Francesco

“Cari amici, vi giunga questo saluto per il vostro incontro dal titolo ‘AI Ethics for Peace’. Intelligenza artificiale e pace sono due temi di assoluta importanza, come ho avuto modo di sottolineare ai leader politici del G7: Conviene sempre ricordare che la macchina può, in alcune forme e con questi nuovi mezzi, produrre delle scelte algoritmiche. Ciò che la macchina fa è una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di decidere. La decisione è un elemento che potremmo definire maggiormente strategico di una scelta e richiede una valutazione pratica’.

Anche se luglio è un mese di riposo per papa Francesco non mancano i suoi messaggi, come quello inviato ai partecipanti dell’incontro ‘AI Ethics for Peace’, svoltosi ad Hiroshima, con l’obiettivo quello di promuovere lo sviluppo etico dell’Intelligenza Artificiale: “Nel lodare questa iniziativa vi chiedo di mostrare al mondo che uniti chiediamo un fattivo impegno per tutelare la dignità umana in questa nuova stagione di uso delle macchine.

Il fatto che vi ritroviate a Hiroshima per parlare di intelligenza artificiale e pace è di grande importanza simbolica. Tra gli attuali conflitti che scuotono il mondo, sempre più spesso purtroppo oltre all’odio della guerra si sente parlare di questa tecnologia. Per tale motivo ritengo di straordinaria importanza l’evento di Hiroshima”.

Ed ha chiesto che l’intelligenza artificiale possa diventare una ‘ricchezza’ per tutti a favore della pace: “Se guardiamo alla complessità delle questioni che abbiamo davanti, includere nel governo delle intelligenze artificiali le ricchezze culturali dei popoli e delle religioni è una chiave strategica per il successo del vostro impegno per una saggia gestione dell’innovazione tecnologica. Mentre auguro che questo incontro porti frutti di fraternità e di collaborazione, prego affinché ognuno di noi possa farsi strumento di pace per il mondo”.

Ed ha espresso dolore per gli attacchi contro i civili in Ucraina ed in Terra Santa: “Il Papa manifesta il suo profondo turbamento affinché la violenza si accresca. Mentre esprime vicinanza alle vittime e ai feriti innocenti, auspica e prega che si possano presto identificare percorsi concreti che mettano fine ai conflitti in corso”.

Nel frattempo aveva inviato una lettera ai partecipanti al Congresso Eucaristico Nazionale negli Stati Uniti d’America affinchè possano essere consapevoli del dono eucaristico: “Tutti i partecipanti a questo evento, infatti, saranno incoraggiati affinché, uniti a Gesù nel Santissimo Sacramento della nostra Redenzione, siano pienamente consapevoli dei doni universali che ricevono dal cibo celeste e possano trasmetterli agli altri”.

Papa Francesco: l’Intelligenza Artificiale è il futuro della civiltà?

Questa mattina papa Francesco ha ricevuto i partecipanti alla Conferenza Internazionale promossa dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, sul tema ‘L’Intelligenza Artificiale e il paradigma tecnocratico: come promuovere il benessere dell’umanità, la cura per la natura e un mondo di pace’, richiamando il proprio discorso pronunciato al G7 nella scorsa settimana nella valorizzazione del tema intorno all’Intelligenza Artificiale:

“E’ un tema che merita particolare attenzione, perché l’IA influenza in modo dirompente l’economia e la società e può avere impatti negativi sulla qualità della vita, sulle relazioni tra persone e tra Paesi, sulla stabilità internazionale e sulla casa comune…

Apprezzo che la Centesimus Annus abbia dato ampio spazio a questa materia, coinvolgendo studiosi ed esperti di diversi Paesi e discipline, analizzando le opportunità e i rischi connessi allo sviluppo e all’utilizzo dell’IA, con un approccio trasversale e soprattutto con uno sguardo antropocentrico, e avendo ben presente il pericolo di un rafforzamento del paradigma tecnocratico”.

Ed ha richiamato alcuni temi fondamentali emersi in quell’incontro: “Come altri utensili-chiave nel corso dei millenni, anche questo attesta la capacità dell’essere umano di andare oltre sé stesso, la sua ‘ulteriorità’, e può apportare grandi trasformazioni, positive o negative. In questo secondo senso, l’IA potrebbe rafforzare il paradigma tecnocratico e la cultura dello scarto, la disparità tra le nazioni avanzate e quelle in via di sviluppo, la delega alle macchine di decisioni essenziali per la vita degli esseri umani. Ho dunque affermato l’assoluta necessità di uno sviluppo e di un utilizzo etico dell’IA, invitando la politica ad adottare azioni concrete per governare il processo tecnologico in corso nella direzione della fraternità universale e della pace”.

Ma la domanda fondamentale è quella che aiuta a comprendere a cosa serve l’Intelligenza Artificiale: “Serve a soddisfare i bisogni dell’umanità, a migliorare il benessere e lo sviluppo integrale delle persone, oppure serve ad arricchire e aumentare il già elevato potere dei pochi giganti tecnologici nonostante i pericoli per l’umanità? E questa è la domanda di base. La risposta dipende da tanti fattori e diversi sono gli aspetti da esplorare”.

E’ ha proposto alcune sollecitazioni, che possono essere utili ad ulteriori approfondimenti: “Va approfondito il delicato e strategico tema della responsabilità delle decisioni prese utilizzando l’IA; questo aspetto interpella vari rami della filosofia e del diritto, oltre a discipline più specifiche. Vanno individuati gli opportuni incentivi e una efficace regolamentazione, da un lato per stimolare l’innovazione etica utile al progresso dell’umanità, dall’altro per vietare o limitare gli effetti indesiderati.

Tutto il mondo dell’educazione, della formazione e della comunicazione dovrebbe avviare un processo coordinato, per accrescere la conoscenza e la consapevolezza di come usare correttamente l’IA e per trasmettere alle nuove generazioni, sin dall’infanzia, la capacità critica nei confronti di tale strumento.

Vanno valutati gli effetti dell’IA sul mondo del lavoro. Invito i membri della Fondazione ‘Centesimus Annus’ e quanti partecipano alle sue iniziative a farsi parte attiva, nei rispettivi ambiti, per sollecitare un processo di riqualificazione professionale e l’adozione di forme atte a facilitare il ricollocamento delle persone in esubero presso altre attività.

Vanno esaminati attentamente gli effetti positivi e negativi dell’IA nel campo della sicurezza e della riservatezza. Vanno considerati e approfonditi gli effetti sulla capacità relazionale e cognitiva delle persone, e sui loro comportamenti. Non possiamo accettare che queste capacità vengano ridotte o condizionate da uno strumento tecnologico, cioè da chi ne detiene il possesso e l’uso. Infine (ma questo elenco non vuol essere esaustivo) occorre ricordare gli enormi consumi di energia richiesti per sviluppare l’IA, mentre l’umanità sta affrontando una delicata transizione energetica”.

Quindi per il papa il futuro dell’economia si ‘gioca’ sull’innovazione tecnologica: “Non dobbiamo perdere l’occasione di pensare e agire in un modo nuovo, con la mente, con il cuore e con le mani, per indirizzare l’innovazione verso una configurazione centrata sul primato della dignità umana. Questo non va discusso. Un’innovazione che favorisca sviluppo, benessere e convivenza pacifica e che protegga i più svantaggiati. E ciò richiede un ambiente normativo, economico e finanziario che limiti il potere monopolistico di pochi e consenta allo sviluppo di andare a beneficio di tutta l’umanità”.

Quella del papa, perciò, è una ‘sana’ provocazione’: “Mi congratulo per l’avvio della seconda ricerca comune tra la Fondazione e l’Alleanza Strategica di Università Cattoliche di Ricerca (SACRU) sul tema ‘Intelligenza Artificiale e cura della casa comune: un focus su imprese, finanza e comunicazione’, coordinata dalla signora Tarantola. Per favore, tenetemi al corrente di questo!

E concludo con una provocazione: siamo sicuri di voler continuare a chiamare ‘intelligenza’ ciò che intelligenza non è? E’ una provocazione. Pensiamoci, e chiediamoci se l’usare impropriamente questa parola così importante, così umana, non è già un cedimento al potere tecnocratico”.

(Foto:Santa Sede)

Papa Francesco: l’intelligenza artificiale non è neutrale

“Mi rivolgo oggi a Voi, leader del Forum Intergovernativo del G7, con una riflessione sugli effetti dell’intelligenza artificiale sul futuro dell’umanità. ‘La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano ‘saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro’ (Es. 35,31’. La scienza e la tecnologia sono dunque prodotti straordinari del potenziale creativo di noi esseri umani. Ebbene, è proprio dall’utilizzo di questo potenziale creativo che Dio ci ha donato che viene alla luce l’intelligenza artificiale”: con la citazione dell’ultimo messaggio per la Giornata mondiale per la pace papa Francesco ha iniziato il discorso al G7, riunito in Puglia, sottolineando il valore della dignità umana.

Il tema centrale del discorso del papa ha riguardato, infatti, la dignità umana che si deve confrontare con l’intelligenza artificiale: “Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. A questo proposito si può dire che tutti noi siamo, anche se in misura diversa, attraversati da due emozioni: siamo entusiasti, quando immaginiamo i progressi che dall’intelligenza artificiale possono derivare, ma, al tempo stesso, siamo impauriti quando constatiamo i pericoli inerenti al suo uso”.

Il pensiero del papa non è un atto di condanna nei confronti dell’intelligenza artificiale: “Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. A questo proposito si può dire che tutti noi siamo, anche se in misura diversa, attraversati da due emozioni: siamo entusiasti, quando immaginiamo i progressi che dall’intelligenza artificiale possono derivare, ma, al tempo stesso, siamo impauriti quando constatiamo i pericoli inerenti al suo uso”.

E ne ha sottolineato i vantaggi pur richiamandone i ‘pericoli’ di creare una più larga ingiustizia: “Non possiamo, del resto, dubitare che l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione cognitivo-industriale, che contribuirà alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali. Ad esempio, l’intelligenza artificiale potrebbe permettere una democratizzazione dell’accesso al sapere, il progresso esponenziale della ricerca scientifica, la possibilità di delegare alle macchine i lavori usuranti; ma, al tempo stesso, essa potrebbe portare con sé una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi, mettendo così in pericolo la possibilità di una cultura dell’incontro a vantaggio di una cultura dello scarto”.

Quindi il papa ha chiesto di ridare rilievo alla dignità della persona: “Oltre la complessità di legittime visioni che caratterizzano la famiglia umana, emerge un fattore che sembra accomunare queste diverse istanze. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana. Sembra che si stia perdendo il valore e il profondo significato di una delle categorie fondamentali dell’Occidente: la categoria di persona umana..

Non dobbiamo dimenticare infatti che nessuna innovazione è neutrale. La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata”.

Ed ha rimesso al centro la necessità dell’azione politica: “Non possiamo, quindi, nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi.

Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di ‘paradigma tecnocratico’. Non possiamo permettere a uno strumento così potente e così indispensabile come l’intelligenza artificiale di rinforzare un tale paradigma, ma anzi, dobbiamo fare dell’intelligenza artificiale un baluardo proprio contro la sua espansione”.

(Foto: Santa Sede)

Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, un colloquio con don Cosimo Schena

“L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta ‘intelligenza artificiale’, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?”

Quest’anno, in occasione della 58^ Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, in programma domenica 12 maggio, papa Francesco ha scritto il messaggio ‘Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana’ con l’invito a riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e cuore con una citazione iniziale del filosofo cattolico Romano Guardini:

“Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi”.

Per comprendere meglio il messaggio papale abbiamo chiesto a don Cosimo Schena, parroco nella parrocchia ‘San Francesco d’Assisi’ a Brindisi, con 180.000 follower su instagram, però anche attivo su facebook, youtube e spotify con lo scopo di raggiungere le persone, soprattutto i giovani, che si trovano lontane dalla Chiesa e dal Vangelo, e di offrire loro un messaggio di speranza e di vicinanza, condividendo le sue poesie, accompagnate da musiche e immagini, che raccontano la bellezza dell’amore di Dio e della vita.

Allora per tale occasione chiediamo di spiegarci quale rapporto ci può essere tra intelligenza artificiale e la sapienza del cuore: “L’interazione tra intelligenza artificiale e la profondità emotiva dell’essere umano è affascinante. Consideriamo l’Intelligenza Artificiale come un alleato potenziale nel nostro percorso verso il bene comune.

Se guidata dalla saggezza intrinseca del cuore umano, l’Intelligenza Artificiale può diventare uno strumento per manifestare la compassione e l’empatia. Tuttavia, va ricordato che l’Intelligenza Artificiale non può replicare la complessità delle emozioni umane, ma può aiutarci a comprendere meglio noi stessi e gli altri”.

L’intelligenza artificiale permette di crescere in umanità?

“L’Intelligenza Artificiale offre promettenti opportunità per il progresso umano. Se utilizzata con discernimento e orientata verso valori etici e morali, può migliorare la nostra qualità di vita, rendendo l’apprendimento più accessibile e promuovendo una maggiore comprensione tra le persone. Tuttavia, è fondamentale che l’umanità mantenga il controllo su come l’Intelligenza Artificiale viene sviluppata e utilizzata, assicurandosi che gli aspetti umani e spirituali siano sempre al centro di ogni innovazione”.

E’ vero che la rivoluzione digitale rende più liberi?

“La rivoluzione digitale ci offre un universo di possibilità, consentendoci di accedere a un’enorme quantità di informazioni e di comunicare in modi che erano impensabili solo pochi decenni fa. Questo potenziale di liberazione è straordinario, ma richiede anche una profonda riflessione sul modo in cui utilizziamo queste tecnologie. La vera libertà non è solo l’accesso illimitato, ma anche la capacità di fare scelte consapevoli e responsabili, orientate al bene comune e al rispetto degli altri”.

‘Credo che la Chiesa abbia bisogno di esplorare nuove strade per essere più inclusiva e accogliente nei confronti di coloro che hanno bisogno di riscoprire o trovare la fede. Così questo libro è per me un nuovo tentativo di costruire un ponte di speranza, di portare Dio nella vita di tutti’: così scrive nel libro ‘Dio è il mio coach. Consigli evangelici su misura per te’ con la prefazione di mons. Lucio Adrián Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, in cui interagisce con i giovani attraverso consigli evangelici pratici per superare le difficoltà e ricominciare ad apprezzare il presente, con le sue sfide ma anche con i momenti felici che spesso diamo per scontati. Per quale motivo Dio è un coach?

“La visione di Dio come un coach spirituale è affascinante e toccante. Immaginare Dio come colui che ci guida con amore e saggezza attraverso le sfide della vita, incoraggiandoci a realizzare il nostro pieno potenziale e ad abbracciare i valori spirituali, ci offre conforto e ispirazione. Questa prospettiva ci invita a vedere ogni esperienza come un’opportunità di crescita e di avvicinamento a Dio”.

Quali strade deve esplorare la Chiesa per comunicare il Vangelo?

“La Chiesa si trova di fronte a nuove sfide e opportunità nella comunicazione del Vangelo nell’era digitale. Esplorare piattaforme come i social media, le app e le piattaforme digitali può essere un modo efficace per raggiungere un pubblico più ampio e diversificato. Tuttavia, è essenziale che la Chiesa mantenga la sua autenticità e fedeltà al messaggio evangelico, adattando le sue modalità di comunicazione senza compromettere la sua identità e la sua missione spirituale”.

Come comunicare il messaggio evangelico attraverso la rete?

“Per comunicare il messaggio evangelico in modo efficace online, dobbiamo essere presenti nei luoghi virtuali dove le persone si riuniscono. Utilizzare un linguaggio chiaro e accessibile è importante, così come condividere storie ed esperienze che risuonino con le sfide e le gioie della vita quotidiana delle persone. In questo modo, possiamo trasmettere il messaggio evangelico in modo autentico e significativo, offrendo speranza e ispirazione a coloro che incontriamo online”.

Allora, è possibile coniugare la fede con il mondo digitale?

“Coniugare religione e digitale significa poter vivere la propria fede anche online e nei modi più diversi in un connubio che fa da propulsore per una maggiore partecipazione ed in un impegno profuso all’interno della comunità, che, in tal modo, si estende ben oltre i limiti fisici. Ho compreso che i nuovi media sono strumenti efficaci per diffondere la Parola di Dio, soprattutto in un momento storico che spinge fortemente verso l’individualismo e dove emerge sempre di più la drammaticità della solitudine, il bisogno di amare ed essere amati, ascoltare ed essere ascoltati.

Non dobbiamo dimenticare che noi siamo stati creati dall’amore, di conseguenza non possiamo non amare. L’arte dell’ascolto crea ponti solidi ed invita a considerare e a rispettare ogni essere umano per la sua unicità e la preziosa testimonianza del vissuto di cui ciascuno è portatore”.

(Tratto da Aci Stampa)

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