Il robot SanTo: un aiuto a pregare guardando al futuro

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“L’umanità ha sempre sognato i robot, sin dai tempi antichi. Storicamente, i robot, originariamente chiamati automi, sono stati concepiti come prodotti della tecnologia insieme alla fede. Il connubio tra robot e religione si è consumato negli ultimi due secoli, quando scienza e religione si sono separate, e da allora in genere sono state viste in opposizione. Oggi, mentre i robot e l’IA iniziano a diffondersi nella società, nuove possibilità e nuove sfide etiche sono all’orizzonte”.

Così nella rivista ‘Filosofia’ inizia un articolo scientifico, ‘Il robot SanTO: il nuovo con uno sguardo al passato’, del prof. Gabriele Trovato, docente associato all’Innovative global program del Shibaura Institute of technology di Tokyo, che ha creato il primo robot, che aiuta il fedele nella ricerca di un passo biblico o di una preghiera, basato sulla ‘semplicità’ della nonna, nato cinque anni prima presso l’Università Pontificia di Lima, in cui si sviluppa il prototipo:

“Ma l’idea mi è venuta in Giappone, mentre approfondivo lo studio del design dei robot, per meglio adattarli alle diverse culture. Da lì alla religione il passo è stato breve. Stavo preparando un volto artificiale che sembrasse il più giapponese possibile.

Un robot non solo antropomorfo, insomma, ma dotato anche di un elemento soprannaturale. Ebbene mi sono chiesto: come si potrebbe traslare il concetto sul cristianesimo? Ho risposto progettando un robot fatto a immagine e somiglianza di un santo, che fosse capace di rispondere alle domande sulla fede e di pregare insieme al suo utente”.

Insomma tradizione ed innovazione: “Infine, un’occhiata al presente e al futuro: come è evidente in molte storie di fantascienza e l’interazione con gli attuali robot umanoidi, i rapporti umani con l’intelligenza artificiale e la tecnologia robotica manifestano una qualche forma di santità.

Simile al potere divino, che stupisce, sconvolge e spaventa e allo stesso tempo affascina con la promessa di salvezza, la tecnologia robotica nella mente delle persone rappresenta sia una promessa (ad esempio di una vita più lunga ed eterna) che una minaccia (il rischio di essere sostituiti completamente dalle macchine e di essere da loro disumanizzati)”.

Uno scenario fino a ieri fantascienza: “Inoltre, si potrebbe anche arrivare ad un punto in cui un’intelligenza sovraumana diventa oggetto di venerazione da parte degli esseri umani, in modo simile ai cosiddetti Cargo Cults avvenuti dopo la seconda guerra mondiale, quando i popoli indigeni delle isolate isole del Pacifico entrarono in contatto con l’esercito americano e successivamente svilupparono un culto per la loro inspiegabile tecnologia.

Uno scenario diverso da quello immaginato da Asimov, in cui i robot svolgono il proprio lavoro proprio nel nome di una divinità e del suo profeta (robotico) piuttosto che obbedire alle tre leggi a beneficio degli umani”.

Esperimento che è stato superato con utilizzo in un ospizio di Siegen, vicino a Colonia, pregando in tedesco assieme agli ospiti della struttura: “Il robot SanTO (Sanctified Theomorphic Operator) è il primo robot in tempi moderni che abbia a che fare con il cattolicesimo…

Le persone anziane potrebbero trarre beneficio dalla conversazione quotidiana con una personalità artificiale piuttosto che stare soli; tuttavia, la loro interazione con i robot è una questione molto delicata per quanto riguarda la loro accettazione, poiché spesso incontrano difficoltà nell’uso di dispositivi tecnologici come i telefoni cellulari.

Anche recenti sondaggi hanno evidenziato che la visione positiva dei robot, almeno in alcuni paesi, diminuisce con l’età. Pertanto, il processo di progettazione dei robot sociali è un fattore di fondamentale importanza per garantire l’accettazione degli utenti, in particolare con determinati tipi di utenti, e l’uso della religione può essere una chiave per ottenere l’accettazione”. 

Ed ha spiegato il significato di robot ‘teomorfo’: “Teomorfo è una parola che deriva dal dio greco (theo) + forma (morphḗ), il che implica che il design del robot è realizzato prendendo ispirazione da entità divine o sacre, al contrario ad esempio di antropomorfo (forma umana) o zoomorfo (forma animale). 

L’aspetto dei robot teomorfi può variare a seconda della religione specifica. Questa idea astratta prende una forma concreta quando un robot si ispira a una forma esistente con la quale gli umani in genere rappresentano entità divine o oggetti sacri: pertanto la categorizzazione ‘teomorfa’ si sovrappone a una forma concreta (che può essere antropomorfa o altro).

Un primo esempio è stato la realizzazione di un robot teomorfo con l’aspetto di una bambola Daruma, per il contesto religioso giapponese. DarumaTO (Daruma Theomorphic Operator) è una rivisitazione in chiave tecnologica prodotta dall’Università di Waseda di un talismano molto comune nello Shintoismo e nel Buddhismo chiamato Daruma, di cui si crede che aiuti a realizzare i desideri. Il robot ha una funzione puramente sociale di supporto emotivo e cognitivo agli anziani”.

Ed ha spiegato le applicazioni del robot: “SanTO, creato nella Pontificia Università Cattolica del Perù, è il secondo robot teomorfo, e può essere impiegato in diversi usi: tenere compagnia durante la preghiera, insegnare catechismo o catechesi.

Nella sua attuale implementazione, può raccontare la storia della vita dei santi, riferire le omelie del Papa, citare versi della Bibbia o proporre una preghiera. In particolare è pensato per praticanti anziani”.

Infine ha raccolto alcune ‘reazioni’ del mondo cattolico: “La risposta ufficiale della CEI (Conferenza episcopale d’Italia) su SanTO è stata cauta: la Chiesa è favorevole all’uso della tecnologia per una buona causa, ma avverte che è difficile progettare i robot per dare sempre la risposta appropriata alle richieste che vengono avanzate dall’utente:

è possibile limitare la criticità del problema programmando una preghiera o una citazione indiscutibilmente pertinenti in corrispondenza di certe ricorrenze o richieste, senza aggiungere alcuna interpretazione.

Tuttavia, si tratta di capire in che modo si può limitare la libertà di una macchina intelligente e come si posso gestire eventuali bias che si possono presentare nel sistema”.

(Foto: tech.everyeye.it)

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