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Papa Leone XIV invita i giovani a dare testimonianza

“All’inizio di questo mio primo messaggio rivolto a voi, desidero anzitutto dirvi grazie! Grazie per la gioia che avete trasmesso quando siete venuti a Roma per il vostro Giubileo e grazie anche a tutti i giovani che si sono uniti a noi nella preghiera da ogni parte del mondo. E’ stato un evento prezioso per rinnovare l’entusiasmo della fede e condividere la speranza che arde nei nostri cuori! Perciò facciamo in modo che l’incontro giubilare non rimanga un momento isolato, ma segni, per ognuno di voi, un passo avanti nella vita cristiana e un forte incoraggiamento a perseverare nella testimonianza della fede”: nel primo messaggio per la Giornata mondiale della Gioventù, che si celebra nelle diocesi domenica 23 novembre, intitolato ‘Anche voi date testimonianza, perché siete con me’, tratto dal passo del vangelo di san Giovanni, papa Leone XIV ringrazia i giovani che hanno partecipato al giubileo.

Il tema del messaggio apre un percorso che arriva fino a Seoul, città che ospita la prossima Giornata mondiale della Gioventù nel 2027: “Con la forza dello Spirito Santo, da pellegrini di speranza ci prepariamo a diventare testimoni coraggiosi di Cristo. Iniziamo dunque, da ora, un percorso che ci guiderà fino all’edizione internazionale della GMG a Seoul, nel 2027. In tale prospettiva, vorrei soffermarmi su due aspetti della testimonianza: la nostra amicizia con Gesù, che accogliamo da Dio come dono; e l’impegno di ciascuno nella società, come costruttori di pace”.

Infatti l’amico è anche un testimone: “La testimonianza cristiana nasce dall’amicizia con il Signore, crocifisso e risorto per la salvezza di tutti. Essa non si confonde con una propaganda ideologica, ma è un vero principio di trasformazione interiore e di sensibilizzazione sociale. Gesù ha voluto chiamare ‘amici’ i discepoli ai quali ha fatto conoscere il Regno di Dio e ha chiesto di rimanere con Lui, per formare la sua comunità e per inviarli a proclamare il Vangelo. Quando dunque Gesù ci dice: ‘Date testimonianza’, ci sta assicurando che ci considera suoi amici”.

Gesù conosce il cuore di ciascuno, chiamandoci amici: “Lo sguardo di Gesù, che vuole sempre e solo il nostro bene, ci precede. Non ci vuole come servi, né come ‘attivisti’ di un partito: ci chiama a stare con Lui come amici, perché la nostra vita venga rinnovata. E la testimonianza deriva spontaneamente dalla gioiosa novità di questa amicizia. E’ un’amicizia unica, che ci dona la comunione con Dio; un’amicizia fedele, che ci fa scoprire la nostra dignità e quella altrui; un’amicizia eterna, che neanche la morte può distruggere, perché ha nel Crocifisso risorto il suo principio”.

Ed il racconto evangelico dell’apostolo Giovanni è una testimonianza dell’amicizia di Gesù: “Tutto il racconto precedente viene riassunto come una ‘testimonianza’, piena di gratitudine e di stupore, da parte di un discepolo che non dice mai il proprio nome, ma si definisce ‘il discepolo che Gesù amava’. Questo appellativo è il riflesso di una relazione: non è il nome di un individuo, ma la testimonianza di un legame personale con Cristo. Ecco cosa importa davvero per Giovanni: essere discepolo del Signore e sentirsi amato da Lui”.

La testimonianza cristiana è frutto di una relazione: “Comprendiamo allora che la testimonianza cristiana è frutto della relazione di fede e di amore con Gesù, nel quale troviamo la salvezza della nostra vita. Ciò che scrive l’apostolo Giovanni vale anche per voi, carissimi giovani. Siete invitati da Cristo a seguirlo e a sedervi accanto a Lui, per ascoltare il suo cuore e condividere da vicino la sua vita! Ognuno per Lui è un ‘discepolo amato’, e da questo amore nasce la gioia della testimonianza”.

Anche Giovanni Battista è stato un testimone: “Pur godendo di grande fama fra il popolo, egli sapeva bene di essere solo una ‘voce’ che indica il Salvatore: ‘Ecco l’Agnello di Dio’. Il suo esempio ci ricorda che il vero testimone non ha l’obiettivo di occupare la scena, non cerca seguaci da legare a sé. Il vero testimone è umile e interiormente libero, anzitutto da sé stesso, cioè dalla pretesa di essere al centro dell’attenzione. Perciò è libero di ascoltare, di interpretare e anche di dire la verità a tutti, anche di fronte ai potenti”.

Quindi la testimonianza è ‘uscire’: “Da Giovanni il Battista impariamo che la testimonianza cristiana non è un annuncio di noi stessi e non celebra le nostre capacità spirituali, intellettuali o morali. La vera testimonianza è riconoscere e mostrare Gesù, l’unico che ci salva, quando Egli appare. Giovanni lo riconobbe tra i peccatori, immerso nella comune umanità. Per questo papa Francesco ha tanto insistito: se non usciamo da noi stessi e dalle nostre zone di comodità, se non andiamo verso i poveri e chi si sente escluso dal Regno di Dio, noi non incontriamo e non testimoniamo Cristo. Smarriamo la dolce gioia di essere evangelizzati e di evangelizzare”.

Inoltre il testimone è un missionario: “In questo modo voi giovani, con l’aiuto dello Spirito Santo, potete diventare missionari di Cristo nel mondo. Tanti vostri coetanei sono esposti alla violenza, costretti ad usare le armi, obbligati alla separazione dai propri cari, alla migrazione e alla fuga. Molti mancano dell’istruzione e di altri beni essenziali. Tutti condividono con voi la ricerca di senso e l’insicurezza che l’accompagna, il disagio per le crescenti pressioni sociali o lavorative, la difficoltà di affrontare le crisi familiari, la sensazione dolorosa della mancanza di opportunità, il rimorso per gli errori commessi. Voi stessi potete mettervi al fianco di altri giovani, camminare con loro e mostrare che Dio, in Gesù, si è fatto vicino ad ogni persona”.

Però la testimonianza non è mai facile: “Nei Vangeli troviamo spesso la tensione fra accoglienza e rifiuto di Gesù: ‘La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta’. In modo simile, il discepolo-testimone sperimenta in prima persona il rifiuto e a volte persino l’opposizione violenta. Il Signore non nasconde questa dolorosa realtà: ‘Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi’… E’ ciò che hanno fatto i martiri fin dall’inizio della Chiesa”.

Quindi il testimone può essere anche perseguitato: “Ancora oggi, in tanti luoghi del mondo, i cristiani e le persone di buona volontà soffrono persecuzione, menzogna e violenza. Forse anche voi siete stati toccati da questa dolorosa esperienza e forse siete stati tentati di reagire istintivamente mettendovi al livello di chi vi ha rifiutato, assumendo atteggiamenti aggressivi… Non lasciatevi dunque scoraggiare: come i santi, anche voi siete chiamati a perseverare con speranza, soprattutto davanti a difficoltà e ostacoli”.

Infine dalla testimonianza nasce la fraternità: “Dall’amicizia con Cristo, che è dono dello Spirito Santo in noi, nasce un modo di vivere che porta in sé il carattere della fraternità. Un giovane che ha incontrato Cristo porta ovunque il ‘calore’ ed il ‘sapore’ della fraternità, e chiunque entra in contatto con lui o con lei è attratto in una dimensione nuova e profonda, fatta di vicinanza disinteressata, di compassione sincera e di tenerezza fedele. Lo Spirito Santo ci fa vedere il prossimo con occhi nuovi: nell’altro c’è un fratello, una sorella!”

Tale testimonianza apre al mondo con l’invito ad essere ‘artigiani di pace’: “La testimonianza della fraternità e della pace, che l’amicizia con Cristo suscita in noi, ci solleva dall’indifferenza e dalla pigrizia spirituale, facendoci superare chiusure e sospetti. Ci lega inoltre gli uni agli altri, sospingendoci a impegnarci insieme, dal volontariato alla carità politica, per costruire nuove condizioni di vita per tutti. Non seguite chi usa le parole della fede per dividere: organizzatevi, invece, per rimuovere le disuguaglianze e riconciliare comunità polarizzate e oppresse.

Perciò, cari amici, ascoltiamo la voce di Dio in noi e vinciamo il nostro egoismo, diventando operosi artigiani di pace. Allora quella pace, che è dono del Signore Risorto, si renderà visibile nel mondo tramite la comune testimonianza di chi porta nel cuore il suo Spirito”.

E’ un invito a fissare lo ‘sguardo’ su Gesù: “Mentre stava per morire sulla croce, Egli affidò la Vergine Maria a Giovanni come madre, e lui a lei come figlio. Quel dono estremo d’amore è per ogni discepolo, per tutti noi. Vi invito perciò ad accogliere questo santo legame con Maria, Madre piena di affetto e di comprensione, coltivandolo in particolare con la preghiera del Rosario. Così, in ogni situazione della vita, sperimenteremo che non siamo mai soli, ma sempre figli amati, perdonati e incoraggiati da Dio. Di questo, con gioia, date testimonianza!”

‘Pier Giorgio Frassati: un esempio per i giovani’:  una giornata formativa e culturale a Savigliano

Venerdì 26 settembre 2025 alle ore 9:00, il Cinema Aurora di Savigliano ospiterà una giornata formativa sul tema ‘Pier Giorgio Frassati: un esempio per i giovani’, rivolta a 500 studenti delle scuole superiori ma aperta anche alla cittadinanza con ingresso libero.

A guidare l’incontro sarà Alessandro Ginotta, giornalista, scrittore, responsabile dell’Ufficio Comunicazione della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV e membro del Comitato di Canonizzazione di Pier Giorgio Frassati. Sarà lui a proporre ai ragazzi una lezione interattiva dal titolo ‘Pier Giorgio Frassati: verso l’altro’, pensata per coinvolgerli attivamente e stimolare un dialogo autentico.Non sarà una tradizionale conferenza, ma un percorso esperienziale che alternerà storytelling, esercizi di ascolto reciproco, momenti di empatia e riflessioni guidate.

I ragazzi saranno invitati a confrontarsi tra loro, a condividere esperienze personali, a mettersi nei panni dell’altro e infine a immaginare piccoli gesti concreti di solidarietà da portare nella loro vita quotidiana. Il percorso terminerà con una suggestiva riflessione che richiama l’immagine cara a Pier Giorgio Frassati: la montagna come simbolo della vita, da scalare passo dopo passo fino a lasciare un segno indelebile, lasciando dietro di sé orme di solidarietà, amicizia e coraggio. Ed è proprio qui che l’invito diventa personale: ‘Quale montagna volete scalare voi?’’In contemporanea all’incontro sarà allestita la mostra itinerante su san Pier Giorgio Frassati a cura di Alessandro Ginotta.

Otto pannelli, visivamente potenti, che raccontano il suo cammino, i suoi gesti, il suo amore per i bisognosi, perché come era solito dire: ‘la Carità non basta sentirla, bisogna praticarla!’Un appuntamento che unisce formazione, cultura e partecipazione, con l’obiettivo di offrire ai giovani un modello capace di ispirare speranza, responsabilità e desiderio di costruire relazioni autentiche.  

Tra la gente dell’Azione Cattolica per la Canonizzazione di Piergiorgio Frassati

“Buongiorno a tutti! Buona domenica e benvenuti! Grazie! Fratelli e sorelle, oggi è una festa bellissima per tutta l’Italia, per tutta la Chiesa, per tutto il mondo! E prima di cominciare la solenne celebrazione della Canonizzazione, volevo dire un saluto e una parola a tutti voi, perché, se da una parte la celebrazione è molto solenne, è anche un giorno di molta gioia! E volevo salutare soprattutto tanti giovani, ragazzi, che sono venuti per questa santa Messa! Veramente una benedizione del Signore: trovarci insieme con tutti voi che siete venuti da diversi Paesi”: a queste parole di papa Leone XIV pronunciate prima della celebrazione eucaristica per la canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e di Carlo Acutis gli 80.000 fedeli, un po’ ancora assonnati ed un po’ sorpresi, lo hanno accolto con un lungo e caloroso applauso.

Applauso che si è ripreso al termine della messa, mentre il papa sulla ‘papamobile’ passava a salutare i presenti ed ad accarezzare i bambini, che i genitori mettevano nelle braccia del papa per ricevere una benedizione, tra l’entusiasmo dei giovani che, urlando, continuavano a chiamarlo con gli stessi slogan usati un mese prima a Tor Vergata, come ha detto Giulio, proveniente dalla Sicilia: “E’ stato un momento bellissimo. Frassati ci insegna che la vita deve essere vissuta interamente e non a pezzi… Vivere e non vivacchiare”.

A poca distanza di metri dalle bandiere dell’Azione Cattolica uno striscione ha evidenziato una richiesta dei giovani: ‘Rendici Acuti (s) come Te’, tantoché Sara, da Milano, ha specificato: “La strada percorsa da Carlo Acutis è molto intricante per noi. Ci invita ad accostarci a Gesù con costanza ed a vivere con autenticità”.

Percorrendo via della Conciliazione trovo molti giovani che allegramente stanno esprimendo con canti e bans, propri dei ragazzi dell’Azione Cattolica, sentimenti di gioia per festeggiare un ‘tipo losco’, come dice Giorgio con accento romano: “Pier Giorgio non è il santo da figurina ingiallita, ma un ‘tipo losco’, nel quale rivedo me ed i miei amici: imperfetto, con le proprie incoerenze, ma così capace di far spazio a Dio”.

Però non solo giovani, ma anche genitori come Aldo da Perugia: “Sembrano ragazzi della porta accanto. Vedere santi così giovani mi ricorda che tutti, nel quotidiano,possiamo esserlo. Da papà, mi fa impressione che avessero 15 e 24 anni: nei loro occhi vedo i miei figli”.

Però la festa per san Pier Giorgio Frassati si era aperta il giorno precedente con il convegno alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) con il convegno ‘Dentro la vita, dentro la storia’, a cui è seguita la veglia di preghiera nella basilica di san Giovanni Battista dei Fiorentini, presieduta da mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana e dell’Università Cattolica ‘Sacro Cuore’ di Milano, che ha ripreso la definizione di san Giovanni Paolo II, ‘L’uomo delle otto beatitudini’: “Pier Giorgio Frassati parla ancora agli uomini e alle donne di questo tempo: l’amicizia, la carità, la gioia. Temi che non appartengono solo alla sua biografia, ma che attraversano anche il vissuto dei nostri giorni, segnati da conflitti, solitudini e diseguaglianze.

 La canonizzazione, ormai imminente, di Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati ci fa comprendere quanto tutto questo sia vero e come i santi siano i grandi compagni di viaggio di tutti coloro che affrontano il cammino della vita facendo proprio l’invito di san Paolo… Questo non significa che i santi rifuggano dalla vita terrena o siano estranei all’agone del vivere umano, tutt’altro. Sono esattamente coloro che vivendo in Cristo sanno trasformare l’ordinario in straordinario”.

Però tutte le sue attività non avrebbero avuto senso senza la preghiera: “Ma tutto questo sarebbe stato impossibile se non avesse vissuto in modo particolarmente intenso la prima delle beatitudini: ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli’. La centralità della vita spirituale, l’assiduità nella preghiera, l’Eucaristia quotidiana e il Rosario, ci dicono quanto avesse interiorizzato la necessità di affidarsi totalmente al Signore e di volersi sempre più conformare a Lui”.

Il convegno pomeridiano era stato aperto dal presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano: “La canonizzazione di Pier Giorgio rappresenta un momento significativo per tutta l’Azione Cattolica Italiana e la sua figura è un esempio per generazioni di laici giovani ed adulti impegnati nella Chiesa e nel mondo. Per l’Ac è un momento di grazia e di gratitudine profonda. Al cuore della sua esistenza, attraverso esperienze di servizio ai poveri, di legami fraterni di amicizia, di impegno sociale e politico, c’è una profonda spiritualità che connette e tiene insieme tutto, cercando una sintesi che prende sempre una forma evangelica, gioiosa e appassionata”.

Mentre  il prefetto del Dicastero delle cause dei santi, card. Marcello Semeraro, ha tratteggiato i lineamenti di questo ‘alpinista dello spirito’: “I santi, come Pier Giorgio sono anzitutto donne e uomini di comunione. Di vere relazioni. Sono in comunione con Dio e con le cose sante di Dio, in comunione tra di loro, che sono stati conquistati da Cristo, ed in comunione con noi. Ci pare che questa consegna sia troppo importante per essere data per scontata. I santi, come Pier Giorgio, sono donne e uomini interi, che hanno preso seriamente in considerazione la propria umanità. Per questo continuano a parlare alle generazioni che li hanno seguiti”.

Roberto Falciola, vicepostulatore della causa di canonizzazione, ha ricordato come l’amicizia fosse per Frassati non solo un legame umano, ma un luogo privilegiato di evangelizzazione e sostegno reciproco e per questo aveva dato vita alla Compagnia dei ‘Tipi loschi’: “Fidandosi totalmente delle parole di Gesù, vede nel prossimo la presenza di Dio, si considera ‘povero come tutti i poveri’: si prodiga in parole e gesti di carità fraterna, sia da solo che nella forma organizzata delle Conferenze di San Vincenzo, per le strade di Torino, nei quartieri poveri, al Cottolengo. Nelle forti tensioni del primo dopoguerra è impegnato in un apostolato sociale, che lo vede presente anche nelle fabbriche”.

Insomma essere cristiani è possibile, solo se si vive con umorismo e serietà: “Il messaggio che la figura di Frassati diffonde nel mondo è che essere giovani cristiani non solo è possibile, ma che è anche il modo di vivere la propria età in pienezza e in totale armonia, godendone fino in fondo. Emerge da Pier Giorgio una santità adatta al nostro mondo ed al nostro tempo, avendo egli vissuto tutte le dimensioni che sono proprie della vita dei giovani di oggi ed attraversato con coraggio e lucidità un tempo difficile, duro e provocatorio, testimoniando la fede e seminando speranza”.

Inoltre Luca Liverani, giornalista di Avvenire, ha raccontato un ‘curioso’ episodio familiare del padre, mentre Rosanna Tabasso, presidente del Sermig, ha riflettuto sul desiderio di pace che lo animava, raccontando l’accoglienza offerta dal Sermig ai poveri. Infine Tatiana Giannone, rappresentante di Libera, ed Irene Ioffredo, rappresentante del Dicastero per lo Sviluppo umano e integrale, hanno ribadito come la sete di giustizia di Frassati resti attualissima.  

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Leone XIV: cura e dono sono basi di un’economia di fraternità

“Il pianeta è segnato da conflitti e divisioni, e a maggior ragione siete uniti da un forte e coraggioso ‘no’ alla guerra e dal ‘sì’ alla pace e alla fraternità. Come papa Francesco ci ha insegnato, infatti, la guerra non è la via giusta per uscire dai conflitti. ‘Sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo’ è il cammino più sapiente, il cammino dei forti.

La vostra presenza testimonia tale sapienza, che unisce le culture e le religioni, quella forza silenziosa che ci fa riconoscere fratelli e sorelle, nonostante tutte le nostre differenze”: citando l’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ papa Leone XIV ha accolto in udienza i partecipanti al ‘World Meeting on Human Fraternity’, in programma a Roma fino a domani con 15 tavoli tematici su argomenti come agricoltura, ambiente, sostenibilità, lavoro, intelligenza artificiale, arte, sport, politica.

Nel dare il benvenuto papa Leone XIV ha proposto il racconto biblico della Genesi: “Secondo il racconto biblico, il primo rapporto fraterno, quella tra Caino e Abele, fu subito drammaticamente conflittuale. Tuttavia, quel primo omicidio non deve indurre a concludere: ‘è sempre andata così’. Per quanto antica, per quanto diffusa, la violenza di Caino non si può tollerare come ‘normale’. Al contrario, la norma risuona nella domanda divina rivolta al colpevole: ‘Dov’è tuo fratello?’ E’ in questa domanda la nostra vocazione, la regola, il canone della giustizia. Dio non si vendica di Abele con Caino, ma gli pone una domanda che accompagna tutto il cammino della storia”.

Quindi tale domanda di Dio è importante rivolgerla oggi all’umanità: “Questa stessa domanda, oggi più che mai, va fatta nostra, come principio di riconciliazione. Interiorizzata, risuonerà così: ‘Fratello, sorella, dove sei?’ Dove sei nel business delle guerre che spezzano le vite dei giovani costretti alle armi, colpiscono i civili, bambini, donne e anziani indifesi, devastano città, campagne e interi ecosistemi, lasciando dietro di sé solo macerie e dolore?

Fratello, sorella, dove sei tra i migranti disprezzati, imprigionati e respinti, tra quelli che cercano salvezza e speranza e trovano muri e indifferenza? Dove sei, fratello, quando i poveri vengono incolpati della loro povertà, dimenticati e scartati, in un mondo che stima più il profitto delle persone? Fratello, sorella, dove sei in una vita iperconnessa ma in cui la solitudine corrode i legami sociali e ci rende estranei anche a noi stessi?”

Di fronte a tali domande non resta che il silenzio: “La risposta non può essere il silenzio. E una risposta siete voi, con la vostra presenza, il vostro impegno e il vostro coraggio. La risposta è la scelta di un’altra direzione di vita, di crescita, di sviluppo”.

La domanda biblica è interessante perché non isola dal mondo: “Riconoscere che l’altro è un fratello, una sorella, significa liberarci dalla finzione di crederci figli unici e anche dalla logica dei soci, che stanno insieme solo per interesse. Non è soltanto l’interesse a farci vivere insieme. Le grandi tradizioni spirituali e anche la maturazione del pensiero critico ci fanno andare oltre i legami di sangue o etnici, oltre quelle fratellanze che riconoscono solo chi è simile e negano chi è diverso”.

Ed ha ripreso il concetto espresso da papa Francesco di ‘amicizia sociale’, che sfocia nella fraternità: “E’ interessante che nella Bibbia, come ci ha fatto scoprire l’esegesi scientifica, sono i testi più recenti e più maturi a narrare una fraternità che supera i confini etnici del popolo di Dio e che si fonda nella comune umanità.

Lo testimoniano i racconti di creazione e le genealogie: una sola è l’origine dei diversi popoli (anche dei nemici) e la Terra, coi suoi beni, è per tutti, non per alcuni… La fraternità è il nome più vero della prossimità. Essa significa ritrovare il volto dell’altro. E nel volto del povero, del rifugiato, anche dell’avversario, riconoscere il Mistero: per chi crede, l’immagine stessa di Dio”.

E’ un’esortazione a trovare nuove modalità di ‘carità sociale’: “Cari amici, vi esorto a individuare percorsi, locali e internazionali, che sviluppino nuove forme di carità sociale, di alleanze tra saperi e di solidarietà tra le generazioni. Siano percorsi popolari, che includano anche i poveri, non come destinatari di aiuto, ma come soggetti di discernimento e di parola. Vi incoraggio a proseguire in questo lavoro di semina silenziosa”.

E da questa ‘semina’ può nascere una nuova vita economica e sociale partecipativa: “Da essa può nascere un processo partecipativo sull’umano e sulla fraternità, che non si limiti a elencare i diritti, ma includa anche azioni e motivazioni concrete che ci rendono diversi nella vita di tutti i giorni. Abbiamo bisogno di una estesa ‘alleanza dell’umano’, fondata non sul potere, ma sulla cura; non sul profitto, ma sul dono; non sul sospetto, ma sulla fiducia. La cura, il dono, la fiducia non sono virtù per il tempo libero: sono pilastri di un’economia che non uccide, ma intensifica e allarga la partecipazione alla vita”.

Inoltre ha ringraziato i partecipanti per la creatività dei messaggi: “Desidero ringraziare gli artisti che, con la loro creatività, lanceranno questo messaggio al mondo, dal magnifico abbraccio del colonnato del Bernini. Un ringraziamento speciale va agli illustri Premi Nobel presenti, sia per aver redatto la Dichiarazione sulla fraternità umana del 10 giugno 2023, sia per la testimonianza che danno nei consessi internazionali”.

Infine ha concluso l’incontro con l’invito del vangelo di san Giovanni: “Continuate a far crescere la spiritualità della fraternità attraverso la cultura, i rapporti di lavoro, l’azione diplomatica. Portate sempre nel cuore le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: ‘Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri’. Vi accompagni e vi sostenga la mia benedizione”.

E domani alle ore 21.00 in piazza san Pietro ci sarà il concerto gratuito ‘Grace for the World’ con artisti di fama internazionale, tra cui Andrea Bocelli, Pharrell Williams, John Legend, Karol G. La serata sarà resa unica da uno spettacolo di 3500 droni che illumineranno il cielo sopra la cupola di san Pietro.

(Foto: Santa Sede)

Giubileo dei Giovani: papa Leone XIV e la riscoperta della fede

Lo scorso sabato, 2 agosto, papa Leone XIV ha incontrato un milione di giovani a Tor Vergata in occasione della veglia per il Giubileo dei Giovani. Durante l’evento, ragazzi e ragazze provenienti da tutto il mondo hanno rivolto al Pontefice alcune domande profonde e significative: sul senso autentico dell’amicizia come legame che favorisce la crescita personale e la maturazione; sulle scelte che definiscono l’identità e il cammino di ciascuno; e infine sul valore del bene e del silenzio.

Attraverso le sue risposte, papa Leone XIV ha posto al centro della vita dei giovani la figura di Gesù Cristo, ribadendo l’urgenza di promuovere, nel tempo presente, una vera e propria paideia della fede, capace di educare le coscienze e orientare le scelte. In questo contesto, il Papa ha acceso i riflettori sulla figura di Sant’Agostino, indicandolo come modello da conoscere e approfondire per crescere e maturare nella fede, soprattutto nell’attuale scenario socioculturale.

Significativi sono apparsi anche i continui richiami ai suoi predecessori: papa Francesco, papa san Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI. Di particolare intensità alcuni stralci delle sue esortazioni:

Adorate l’Eucaristia, fonte della vita eterna! Studiate, lavorate, amate secondo lo stile di Gesù, il Maestro buono che cammina sempre al nostro fianco […]. Come amava ripetere Papa Benedetto XVI, chi crede non è mai solo. Perciò incontriamo veramente Cristo nella Chiesa, cioè nella comunione di coloro che il Signore stesso riunisce attorno a sé per farsi incontro, lungo la storia, ad ogni uomo che sinceramente lo cerca.

Ritornare alle sorgenti della fede per ripartire con rinnovato slancio, affrontando le sfide dell’epoca presente con consapevolezza e coraggio. Leone XIV, a proposito del profondo legame dell’amicizia, ricorda quanto questo valore, se opportunamente “educato”, possa diventare fonte di crescita, di conoscenza di sé e un supporto indispensabile per riscoprire la propria dimensione creaturale. Egli ribadisce che — proprio riscoprendo nell’amicizia un’esperienza forte di relazione — si possa gettare un ponte verso la pace nel mondo. Si leggano le sue parole:

Nessuna amicizia è fedele se non in Cristo. È in Lui solo che essa può essere felice ed eterna» (Contro le due lettere dei pelagiani, I, I, 1); e la vera amicizia è sempre in Gesù Cristo con fiducia, amore e rispetto. «Ama veramente il suo amico colui che nel suo amico ama Dio» (Discorso 336), ci dice Sant’Agostino. L’amicizia con Cristo, che sta alla base delle fede, non è solo un aiuto tra tanti altri per costruire il futuro: è la nostra stella polare.

Come scriveva il beato Pier Giorgio Frassati, «vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere una lotta per la Verità non è vivere, ma vivacchiare» (Lettere, 27 febbraio 1925). Quando le nostre amicizie riflettono questo intenso legame con Gesù, diventano certamente sincere, generose e vere[…]. L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada verso la pace.

L’essere umano, uomo e donna, nella misura in cui coltiva la propria dimensione spirituale, può sviluppare e comprendere — nella fede in Cristo — il senso più profondo del legame dell’amicizia e della relazione in generale. In altre parole, come non riconoscere, in queste profonde esortazioni, il celebre assioma di san Tommaso d’Aquino: la grazia non mortifica la natura dell’essere umano, ma la purifica e la eleva?

Papa Leone XIV ha dunque richiamato l’attenzione dei giovani contemporanei sulla validità educativa della fede, evidenziando come il “discorso su Dio” nel tempo presente sia tutt’altro che marginale, e contribuendo a sottolinearne la cruciale importanza. Infine, ad una ragazza italiana che ha espresso al pontefice la paura e l’incertezza che l’attuale scenario globale genera nei giovani circa una speranza per il futuro, il Papa ha ricordato quanto la fede cristiana – adeguatamente intesa e ancorata alla ragione- costituisca un elemento fondamentale per un percorso formativo ed educativo in merito alla decision making ovvero allo sviluppo e all’acquisizione della capacità di prendere decisioni e compiere scelte consapevoli che concorrono al benessere integrale della personalità dei giovani. Si legga quanto segue:

La scelta è un atto umano fondamentale. Osservandolo con attenzione, capiamo che non si tratta solo di scegliere qualcosa, ma di scegliere qualcuno. Quando scegliamo, in senso forte, decidiamo chi vogliamo diventare. La scelta per eccellenza, infatti, è la decisione per la nostra vita: quale uomo vuoi essere? Quale donna vuoi essere?

Carissimi giovani, a scegliere si impara attraverso le prove della vita, e prima di tutto ricordando che noi siamo stati scelti. Tale memoria va esplorata ed educata. Abbiamo ricevuto la vita gratis, senza sceglierla! All’origine di noi stessi non c’è stata una nostra decisione, ma un amore che ci ha voluti […]. Questa roccia è un amore che ci precede, ci sorprende e ci supera infinitamente: è l’amore di Dio. Perciò davanti a Lui la scelta diventa un giudizio che non toglie alcun bene, ma porta sempre al meglio.

Scommettere su Dio non significa che i giovani debbano evitare le sfide della vita, le difficoltà o i momenti di fallimento. Al contrario, scegliere di affidare la propria vita a Gesù vuol dire avere un punto di riferimento profondo, un orizzonte di senso che aiuta a vivere ogni giorno con la certezza nel cuore di non essere mai soli.

In questo senso, la fede diventa per i giovani una vera e propria ancora: qualcosa a cui aggrapparsi quando si attraversano le tempeste interiori tipiche dell’adolescenza — come i dubbi, le insicurezze, il senso di inadeguatezza, la precarietà e le fragilità emotive e caratteriali.

Credere in Cristo significa anche avere una marcia in più per affrontare la vita con entusiasmo, serenità e ottimismo, nonostante le difficoltà. Il cristianesimo non propone una soluzione già pronta per ogni problema, ma si offre come una bussola: uno strumento capace di orientare i passi dei giovani verso il bene, per costruire insieme quella ‘civiltà dell’amore’ di cui parla il Vangelo.

Papa Leone XIV ai giovani: coltiviamo l’amicizia di Gesù

A sorpresa al termine della recita dell’Angelus papa Leone XIV è riapparso sul palco ed ha ringraziato i giovani ricordando il prossimo appuntamento in Corea del Sud per la giornata Mondiale della Gioventù nel 2027: “Bene, ragazzi e ragazze, un ultimo saluto. Grazie di nuovo a tutti voi! Grazie per la musica, grazie a tutti coloro che hanno lavorato per preparare tante cose durante questa settimana, questo Giubileo. Abbiamo detto già che il prossimo appuntamento sarà in Corea. Un applauso ai tanti coreani presenti!”

Infine ha invitato i giovani a portare l’entusiasmo evangelico ai coetanei, con un pensiero a chi soffre per la guerra: “Chiedo a voi di portare un saluto anche ai tanti giovani che non sono potuti venire e stare qui con noi, in tanti Paesi da dove era impossibile uscire. Ci sono posti da dove i giovani non hanno potuto [venire], per le ragioni che conosciamo. Portate questa gioia, questo entusiasmo a tutto il mondo. Voi siete sale della terra, luce del mondo: portate questo saluto a tutti i vostri amici, a tutti i giovani che hanno bisogno di un messaggio di speranza. Grazie di nuovo a tutti voi! E buon viaggio!”.

Mentre prima della recita dell’Angelus ha ringraziato per il giubileo dei giovani, nel ricordo delle due giovani decedute: “E’ stato una cascata di grazia per la Chiesa e per il mondo intero! E lo è stato attraverso la partecipazione di ognuno di voi. Per questo voglio ringraziarvi ad uno ad uno, con tutto il cuore.

In particolare ricordo e affido al Signore María e Pascale, le due giovani pellegrine, una spagnola e l’altra egiziana, che ci hanno lasciato in questi giorni. Ringrazio i Vescovi, i sacerdoti, le religiose e i religiosi, gli educatori che vi hanno accompagnato; e anche tutti coloro che hanno pregato per questo evento e hanno partecipato spiritualmente”

Quindi un invito a ritrovarsi in Corea nell’agosto 2027: “Dopo questo Giubileo, il ‘pellegrinaggio di speranza’ dei giovani continua e ci porterà in Asia! Rinnovo l’invito che papa Francesco ha rivolto a Lisbona due anni fa: i giovani di tutto il mondo si ritroveranno insieme al successore di Pietro per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù a Seoul, in Corea, dal 3 all’8 agosto 2027. Questa Giornata avrà per tema ‘Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!’

Proprio la speranza che abita nei nostri cuori ci dà la forza di annunciare la vittoria di Cristo Risorto sul male e sulla morte; e di questo voi, giovani pellegrini di speranza, sarete testimoni sino ai confini della terra. Vi do allora appuntamento a Seoul: continuiamo a sognare insieme, a sperare insieme!”

Nella celebrazione eucaristica papa Leone XIV ha invitato i giovani a celebrare l’Eucarestia: “Possiamo immaginare di ripercorrere, in questa esperienza, il cammino compiuto la sera di Pasqua dai discepoli di Emmaus: prima si allontanavano da Gerusalemme intimoriti e delusi; andavano via convinti che, dopo la morte di Gesù, non ci fosse più niente da aspettarsi, niente in cui sperare.

Ed invece hanno incontrato proprio Lui, lo hanno accolto come compagno di viaggio, lo hanno ascoltato mentre spiegava loro le Scritture, e infine lo hanno riconosciuto allo spezzare del pane. I loro occhi allora si sono aperti e l’annuncio gioioso della Pasqua ha trovato posto nel loro cuore”.

Ripercorrendo le letture liturgiche il papa ha sottolineato che la liturgia  oggi ha raccontato l’incontro con Gesù risorto: “La prima Lettura, tratta dal Libro del Qoelet, ci invita a prendere contatto, come i due discepoli di cui abbiamo parlato, con l’esperienza del nostro limite, della finitezza delle cose che passano; e il Salmo responsoriale, che le fa eco, ci propone l’immagine dell’ ‘erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca’. Sono due richiami forti, forse un pò scioccanti, che però non devono spaventarci, quasi fossero argomenti ‘tabù’, da evitare”.

E la fragilità è parte dell’umanità: “La fragilità di cui ci parlano, infatti, è parte della meraviglia che siamo. Pensiamo al simbolo dell’erba: non è bellissimo un prato in fiore? Certo, è delicato, fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti a seccarsi, piegarsi, spezzarsi, e però al tempo stesso subito rimpiazzati da altri che spuntano dopo di loro, e di cui generosamente i primi si fanno nutrimento e concime, con il loro consumarsi sul terreno. E’ così che vive il campo, rinnovandosi continuamente, e anche durante i mesi gelidi dell’inverno, quando tutto sembra tacere, la sua energia freme sotto terra e si prepara ad esplodere, a primavera, in mille colori”.

I giovani sono fatti per la meraviglia: “Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un ‘di più’ che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere”.

E’ un invito a non cadere nell’inganno: “Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di spegnerla con surrogati inefficaci! Ascoltiamola, piuttosto! Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio. Ci troveremo di fronte a Lui, che ci aspetta, anzi che bussa gentilmente al vetro della nostra anima. Ed è bello, anche a vent’anni, spalancargli il cuore, permettergli di entrare, per poi avventurarci con Lui verso gli spazi eterni dell’infinito”.

Ricordando le parole di papa Francesco nella Gmg di Lisbona il papa invita a vivere la pienezza della vita: “In tutto questo potete cogliere una risposta importante: la pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, come abbiamo sentito nel Vangelo, da ciò che possediamo. E’ legata piuttosto a ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere.

Comprare, ammassare, consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle ‘cose di lassù’, per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli nella carità, facendo crescere in noi ‘sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità’, di perdono, di pace, come quelli di Cristo”.

In conclusione ha ribadito che la speranza è Cristo, ritornando alle parole di san Giovanni Paolo II pronunciate nella giornata mondiale della gioventù del 2000: “Carissimi giovani, la nostra speranza è Gesù… Teniamoci uniti a Lui, rimaniamo nella sua amicizia, sempre, coltivandola con la preghiera, l’adorazione, la Comunione eucaristica, la Confessione frequente, la carità generosa, come ci hanno insegnato i beati Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, che presto saranno proclamati Santi. Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Leone XIV invita a coltivare la fraternità nella fede

“Carissimi formatori, carissimi fratelli Saveriani, sono contento di incontrarvi al termine di due momenti importanti che avete vissuto qui a Roma: il Corso per formatori nei Seminari, promosso ormai da tanti anni dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e il Capitolo Generale, al quale alcuni hanno partecipato come delegati”: con questo inizio papa Leone XIV ha incontrato i formatori del Corso di Formazione organizzato dall’Ateneo pontificio Regina Apostolorum ed i partecipanti al capitolo generale dei fratelli saveriani ed esorta al dinamismo della missione offrendo tre indicazioni: vivere l’intimità con Cristo, sperimentare la fraternità e condividere la missione con tutti i battezzati.

Anche se sono due ‘realtà’ diverse, il papa ha comunque trovato un comune denominatore: “Si tratta certamente di due occasioni diverse tra di loro, eppure possiamo cogliere un filo conduttore che le unisce perché, in modo diverso, siamo chiamati a entrare nel dinamismo della missione e ad affrontare le sfide dell’evangelizzazione. Questa chiamata esige da tutti, ministri ordinati e fedeli laici, una formazione solida e integrale, che non si riduce solo ad alcune competenze conoscitive, ma che deve mirare a trasformare la nostra umanità e la nostra spiritualità perché assumano la forma del Vangelo, e in noi si facciano spazio ‘gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù’.

A voi formatori, a coloro che si prendono cura della formazione dei formatori e a voi fratelli Saveriani impegnati in modo particolare nella missione ad gentes, vorrei allora offrire qualche spunto di riflessione”.

Quindi è stato un invito a coltivare l’amicizia con Gesù: “Questo è il fondamento della casa, che deve essere messo al centro di ogni vocazione e missione apostolica. Occorre vivere in prima persona l’esperienza dell’intimità con il Maestro, l’essere stati guardati, amati e scelti da Lui senza merito e per pura grazia, perché è anzitutto questa nostra esperienza che poi trasmettiamo nel ministero: quando formiamo altri alla vita sacerdotale e quando, nella nostra specifica vocazione, annunciamo il Vangelo nelle terre di missione, per prima cosa trasmettiamo la nostra personale esperienza di amicizia con Cristo, che traspare dal nostro modo di essere, dal nostro stile, dalla nostra umanità, da come siamo capaci di vivere buone relazioni”.

Ed ecco la fraternità vissuta: “Questo implica un continuo cammino di conversione. I formatori e coloro che si occupano di loro non devono dimenticare di essere loro stessi in un cammino di permanente conversione evangelica; i missionari, allo stesso tempo, non devono dimenticare di essere sempre i primi destinatari del Vangelo, i primi a dover essere evangelizzati.

E ciò significa un lavoro costante su se stessi, l’impegno di scendere nel proprio cuore e di guardare anche le zone d’ombra e le ferite che ci segnano, il coraggio di lasciar cadere, coltivando l’intima amicizia con Cristo, le nostre maschere…

In questo senso, è necessario imparare a vivere come fratelli tra sacerdoti, così come nelle Comunità Religiose e con i propri Vescovi e Superiori; bisogna lavorare molto su se stessi per vincere l’individualismo e la smania di superare gli altri, che ci fa diventare concorrenti, per imparare a costruire gradualmente relazioni umane e spirituali buone e fraterne. In linea di principio, penso, sono tutti d’accordo su questo, ma nella realtà c’è ancora tanta strada da fare”.

Infine l’invito a condividere la missione con tutti i battezzati come nei primi secoli della Chiesa: “Oggi sentiamo con forza di dover tornare a questa partecipazione di tutti i battezzati alla testimonianza e all’annuncio del Vangelo. Nelle terre in cui voi fratelli Saveriani, portate avanti la missione, certamente avrete toccato con mano quanto sia importante lavorare insieme alle sorelle e ai fratelli di quelle Comunità cristiane; allo stesso tempo, ai formatori vorrei dire che bisogna formare i presbiteri a questo, a non pensarsi come condottieri solitari, a non assumere il sacerdozio ordinato nella prospettiva del sentirsi superiori.

Abbiamo bisogno di preti capaci di discernere e riconoscere in tutti la grazia del Battesimo e i carismi che ne scaturiscono, magari anche aiutando le persone ad aprirsi a questi doni, per trovare il coraggio e l’entusiasmo di impegnarsi nella vita della Chiesa e nella società. Concretamente ciò significa che la preparazione dei futuri sacerdoti dovrà essere sempre più immersa nella realtà del Popolo di Dio e svolta con l’apporto di tutti i suoi componenti: sacerdoti, laici e consacrati, uomini e donne”.

Ugualmente in un messaggio ai catechisti vietnamiti ha proposto il beato Andrew, protomartire della Chiesa vietnamita e patrono dei catechisti: “In Vietnam, la Chiesa è piena di catechisti devoti (laici e laiche, la maggior parte giovani) che ogni settimana insegnano la fede i bambini e ad adolescenti. Di fatto, ci sono oltre 64.000 catechisti dentro e fuori il vostro Paese. Questo vasto gruppo di educatori della fede è parte fondamentale della vita parrocchiale.

Sono grato per la vostra generosità, a ciascuno di voi. Non sottovalutate mai il dono che siete: con il vostro insegnamento e il vostro esempio, attirate bambini e giovani all’amicizia con Gesù. Siete inviati dalla Chiesa per essere segni viventi dell’amore di Dio: umili servitori come il beato Andrea, colmi di zelo missionario. La Chiesa gioisce in voi e vi incoraggia a camminare con gioia in questa nobile missione”.

Il beato Andrew è stato ucciso per la fedeltà a Gesù: “Si dice che mentre era in prigione, Andrea incoraggiava i suoi compagni cristiani a restare saldi nella loro fede e chiedeva loro di pregare affinché lui potesse rimanere fedele fino alla fine. In effetti, quel momento profondo ci ricorda che la vita cristiana, specialmente il servizio catechetico, non è mai un’impresa solitaria: noi insegniamo e la nostra comunità prega; noi testimoniamo e il Corpo di Cristo ci sostiene nella prova. Questa unità di preghiera e di servizio sottolinea l’unità della Chiesa e la pace che Cristo ci dona”.

(Foto: Santa Sede)

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