Il presidente della Repubblica: costruire una mentalità di pace

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“Care concittadine e cari concittadini, questa sera ci stiamo preparando a festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Nella consueta speranza che si aprano giorni positivi e rassicuranti. Naturalmente, non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo. Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità”.

Alle ore 20.30 di ieri sera il presidente della Repubblica, in diretta televisiva, nel messaggio di fine anno agli italiani ha fatto un bilancio del 2023 e un augurio per il 2024, esprimendo allarme per la fase storica attuale: “Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana. Anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso; e di quelle evocate e minacciate. Le devastazioni che vediamo nell’Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla.

L’orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d’Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità. La reazione del governo israeliano, con un’azione militare che provoca anche migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti”.

E’ chiaro per il presidente della Repubblica che la guerra è fonte di odio, che continuerà anche dopo la conclusione dei conflitti: “La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare. Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia.  Rifiutando il progresso della civiltà umana”.

E genera orrore: “Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore. Alle morti di civili, donne, bambini. Come, sempre più spesso, accade nelle guerre. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata; menandone vanto. Vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta”.

E’ una guerra che avviene in Europa e nel Mediterraneo: “E tutto questo accade vicino a noi. Nel cuore dell’Europa. Sulle rive del Mediterraneo. Macerie, non solo fisiche. Che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni. Di fronte alle quali si presentano oggi, e nel loro possibile avvenire, brutalità che pensavamo, ormai, scomparse; oltre che condannate dalla storia”.

Per il Presidente della Repubblica la guerra nasce da una mentalità:  “La guerra non nasce da sola. Non basterebbe neppure la spinta di tante armi, che ne sono lo strumento di morte. Così diffuse. Sempre più letali. Fonte di enormi guadagni. Nasce da quel che c’è nell’animo degli uomini. Dalla mentalità che si coltiva. Dagli atteggiamenti di violenza, di sopraffazione, che si manifestano”.

Quindi occorre pensare ad una mentalità di pace: “E’ indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità della pace. Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità. Sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti”.

E la cultura di pace si costruisce con l’educazione: “Ma impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola per il prossimo futuro. Volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole…

Per conseguire pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi”.

E, rivolgendosi ai giovani, la pace nasce dal rispetto della persona: “Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, dominio, malinteso orgoglio. L’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità. Penso anche alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella rete.

Penso alla violenza che qualche gruppo di giovani sembra coltivare, talvolta come espressione di rabbia. Penso al risentimento che cresce nelle periferie. Frutto, spesso, dell’indifferenza; e del senso di abbandono. Penso alla pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività. Anche attraverso le accuse più gravi e infondate. Spesso, travolgendo il confine che separa il vero dal falso”.

E’ un invito a debellare la violenza nei luoghi in cui essa si genera: “Penso al risentimento che cresce nelle periferie. Frutto, spesso, dell’indifferenza; e del senso di abbandono. Penso alla pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività. Anche attraverso le accuse più gravi e infondate. Spesso, travolgendo il confine che separa il vero dal falso. Queste modalità aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze che, cittadini e famiglie, devono affrontare, giorno per giorno”.

Nel lavoro e nella convivenza: “Il lavoro che manca. Pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Quello sottopagato. Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime. Le immani differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio…

La sicurezza della convivenza. Che lo Stato deve garantire. Anche contro il rischio di diffusione delle armi. Rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale”.

Ed ha invitato al rispetto della Costituzione italiana: “Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo ‘riconoscere’. Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacità di ascoltare. Occorre coraggio per ascoltare. E vedere, senza filtri, situazioni spesso ignorate; che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare”.

Diritti per i giovani e per le famiglie: “Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie. Significa rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle  responsabilità familiari”.

Diritti per i migranti: “Significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti. Ma ascoltare significa, anche, saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Mutamenti che possono recare effetti positivi sulle nostre vite… Viviamo, quindi, un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia.

Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere,  è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà”.

Tutti questi diritti e doveri sono custoditi dalla Costituzione Italiana, che garantisce la democratica convivenza, espressi da molti cittadini: “L’unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all’identità stessa dell’Italia”.

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