Gli auguri di papa Francesco: camminare nel Mistero del Natale

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Giornata di auguri natalizi per papa Francesco ai dipendenti della Santa Sede e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, con i propri familiari, proponendo una riflessione su nascondimento e piccolezza:

“Contemplando insieme il Mistero della nascita di Gesù è bello poter cogliere lo stile di Dio, che non è grandioso, non è rumoroso ma, al contrario, è lo stile del nascondimento e della piccolezza. Due parole importanti: nascondimento e piccolezza.

Esse ci trasmettono il tratto mite di Dio, che non viene a noi per atterrirci con la sua grandezza o per imporsi con la sua magnificenza, ma si rende presente nel modo più comune possibile, facendosi uno di noi”.

Dio si fa ‘piccolo’ per scelta: “Dio si nasconde nella piccolezza di un Bambino che nasce, in una coppia di sposi, Maria e Giuseppe, che non sta sotto i riflettori, nella povertà di una stalla perché non c’era posto per loro nell’alloggio.

Questi sono i tratti distintivi del Figlio di Dio, che poi si presenta al mondo come un piccolo seme che muore nascosto nella terra per portare frutto. Egli è il Dio dei piccoli, il Dio degli ultimi e, con Lui, noi tutti impariamo la strada da seguire per entrare nel Regno di Dio: non una religiosità apparente e artificiale, ma il diventare piccoli come bambini”.

Anche nel lavoro occorre umiltà e ‘nascondimento’: “Il vostro lavoro qui in Vaticano si svolge per lo più nel nascondimento quotidiano, spesso portando avanti cose che possono sembrare insignificanti e che, invece, contribuiscono a offrire un servizio alla Chiesa e alla società.

Vi ringrazio per questo, e vi auguro che possiate continuare il vostro lavoro con spirito di gratitudine, con serenità e con umiltà, e dando proprio lì, nelle relazioni con i vostri colleghi e colleghe, testimonianza cristiana”.

In questo consiste la testimonianza cristiana: “Anche qui, anzi, prima di tutto qui, c’è bisogno (vero?) di questa testimonianza cristiana. Guardate il nascondimento e la piccolezza di Gesù nella grotta; guardate la semplicità del presepe che avete fatto a casa; e state certi che il bene, anche quando è nascosto e invisibile, cresce senza fare rumore.

Il bene cresce senza fare rumore, si moltiplica in modo inaspettato e diffonde il profumo della gioia. Non dimenticare questo: il bene cresce senza fare rumore e dà quella pace, quella gioia al cuore, che è tanto bella”.

E nel tempo dei social occorre nascondimento: “Oggi viviamo in un tempo che a volte appare ossessionato dall’apparire, tutti cercano di mettere in vetrina sé stessi. E’ il tempo del ‘trucco’: tutti si truccano, non solo la faccia, ma si truccano l’anima e questo è brutto, e cercano di mettere in vetrina sé stessi. Apparire, specialmente attraverso i cosiddetti social. E’ un po’ come volere dei preziosi bicchieri di cristallo senza preoccuparsi che il vino sia buono. Il vino buono lo si beve in un bicchiere comune”.

E’ questo lo stile di Dio, che non fa mai mancare il ‘vino buono’: “E l’amore, lo sappiamo bene, non fa rumore. Lo viviamo nel nascondimento e nella piccolezza dei gesti quotidiani, nelle attenzioni che sappiamo scambiarci.

Questo vi auguro: di essere attenti, nelle vostre case e nelle vostre famiglie, alle piccole cose di ogni giorno, ai piccoli gesti di gratitudine, alla premura del prendersi cura. Guardando il presepe possiamo immaginare la premura, la tenerezza di Maria e di Giuseppe per il Bambino che è nato. Voglio augurare questo stile a tutti voi”.

Mentre negli auguri alla curia romana ha parlato di stupore: “Il Mistero del Natale ridesta il nostro cuore allo stupore, parola chiave, di un annuncio inatteso: Dio viene, Dio è qui in mezzo a noi e la Sua luce ha squarciato per sempre le tenebre del mondo.

Abbiamo bisogno di ascoltare e ricevere sempre questo annuncio, soprattutto in un tempo ancora tristemente segnato dalle violenze della guerra, dai rischi epocali a cui siamo esposti a causa dei cambiamenti climatici, dalla povertà, dalla sofferenza, dalla fame (c’è fame nel mondo!) e da altre ferite che abitano la nostra storia.

E’ confortante scoprire che anche in questi “luoghi” di dolore come in tutti gli spazi della nostra fragile umanità, Dio si fa presente in questa culla, la mangiatoia che oggi Egli sceglie per nascere e per portare a tutti l’amore del Padre; e lo fa con lo stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza”.

Natale chiede di mettersi in ascolto: “La fanciulla di Nazaret, che stringe fra le braccia Colui che è venuto ad abbracciare il mondo, è la Vergine dell’ascolto perché ha prestato l’orecchio all’annuncio dell’Angelo e ha aperto il cuore al progetto di Dio…

Ascoltare con il cuore è molto più che udire un messaggio o scambiarsi delle informazioni; si tratta di un ascolto interiore capace di intercettare i desideri e i bisogni dell’altro, di una relazione che ci invita a superare gli schemi e a vincere i pregiudizi in cui a volte incaselliamo la vita di chi ci sta accanto. Ascoltare è sempre l’inizio di un cammino. Il Signore chiede al suo popolo questo ascolto del cuore, una relazione con Lui, che è il Dio vivente”.

Anzi la Madre di Dio si mette in ginocchio per ascoltare: “Ascoltare ‘in ginocchio’ è il modo migliore per ascoltare davvero, perché significa che non stiamo prima ancora di ascoltare, di chi guarda dall’alto in basso ma, al contrario, ci si apre al mistero dell’altro, pronti a ricevere con umiltà quanto vorrà consegnarci. Non dimentichiamo che soltanto in una occasione è lecito guardare una persona dall’alto in basso: soltanto per aiutarla a sollevarsi. E’ l’unica occasione in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso”.

Dopo l’ascolto, si riflette e si risponde: “Prima si ascolta, poi nel silenzio si accoglie, si riflette, si interpreta e, soltanto dopo, possiamo dare una risposta. Tutto questo lo si impara nella preghiera, perché essa allarga il cuore, fa scendere dal piedistallo il nostro egocentrismo, ci educa all’ascolto dell’altro e genera in noi il silenzio della contemplazione. Impariamo la contemplazione nella preghiera, stando in ginocchio davanti al Signore, ma non solo con le gambe, stando in ginocchio con il cuore!”

E’ un invito alla Curia, citando sant’Ignazio di Loyola: “Con il cuore e in ginocchio. Ascoltiamoci di più, senza pregiudizi, con apertura e sincerità; con il cuore in ginocchio. Ascoltiamoci, cercando di capire bene cosa dice il fratello, di cogliere i suoi bisogni e in qualche modo la sua stessa vita, che si nasconde dietro quelle parole, senza giudicare… E’ tutto un lavoro per capire bene l’altro”.

Dopo l’ascolto c’è il discernimento, ripetendo un ammonimento del card. Martini: “Ecco, per tutti noi è importante il discernimento, questa arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie.

La vita è superiore alle idee, sempre. Abbiamo bisogno di praticare il discernimento spirituale, di scrutare la volontà di Dio, di interrogare le mozioni interiori del nostro cuore, per poi valutare le decisioni da prendere e le scelte da compiere….

Il discernimento deve aiutarci, anche nel lavoro della Curia, ad essere docili allo Spirito Santo, per poter scegliere gli orientamenti e prendere le decisioni non in base a criteri mondani, o semplicemente applicando dei regolamenti, ma secondo il Vangelo”.

Ed infine occorre camminare come hanno fatto i Magi: “Ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. E’ questione di amore. Ci vuole coraggio per amare. Mi piace ricordare la riflessione di uno zelante sacerdote sull’argomento, che può aiutare anche noi nel nostro lavoro di Curia. Egli dice che si fa fatica a riaccendere le braci sotto la cenere della Chiesa.

La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A 60 anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra ‘progressisti’ e ‘conservatori’, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra ‘innamorati’ ed ‘abituati’. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare”.

(Foto: Santa Sede)

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