Da Assisi un grido di pace per la Terra Santa

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“75 anni fa, il 10 dicembre 1948, veniva firmata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Essa è come una via maestra, sulla quale molti passi avanti sono stati fatti, ma tanti ancora ne mancano, e a volte purtroppo si torna indietro. L’impegno per i diritti umani non è mai finito! A questo proposito, sono vicino a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno, lottano e pagano di persona per difendere i diritti di chi non conta”.

Questo messaggio di papa Francesco a conclusione della recita dell’Angelus di domenica 10 dicembre è stato ricordato dal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, che ha aperto l’edizione straordinaria della Marcia della pace per una cessazione del fuoco a Gaza con partenza dal piazzale antistante la basilica di Santa Maria degli Angeli per concludere l’evento davanti al Sacro Convento alla presenza di circa 5000 persone provenienti da tutta Italia e conclusa con l’intervento di padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, il quale, testimoniando della tragedia che si sta consumando a Gaza, ha osservato come anche la situazione a Betlemme prefiguri un Natale di grave sofferenza e dolore in Palestina:

“Occorre un impegno forte di tutti noi affinché i potenti ascoltino le nostre grida e il pianto di tanti bambini e si decidano a imporre un immediato cessate il fuoco”.

Nella mattinata Flavio Lotti, organizzatore e punto di riferimento della Perugia-Assisi, legge l’editoriale del leader palestinese Feisal Husseini del 25 novembre 2000:

“Se come palestinesi non saremo in grado di ripristinare il diritto e di avere un nostro Stato indipendente con Gerusalemme capitale e se non si risolve questione palestinese… l’Europa deve sapere che la nostra leadership sarà l’ultima laica e secolare del popolo palestinese, perché verremo spazzati via dalle forza più estremiste del mondo islamico”.

Le dimensioni del dramma umanitario in corso a Gaza sono al centro degli interventi di Andrea De Domenico, direttore dell’Ufficio dell’ONU per il coordinamento degli affari umanitari, e Francesca Albanese, relatrice speciale del consiglio dei diritti umani nei territori palestinesi occupati: “Gaza non esiste più, è tabula rasa. Il 60% delle infrastrutture civili è distrutto. Sono stati bombardati ospedali sostenendo che fossero basi militari, senza alcuna prova.

E’ stata demolitala chiesa più antica del mondo. Non c’è più niente. E’ gravissimo accusare di antisemitismo chiunque provi a divulgare conoscenza, fatti e nomi. L’antisemitismo esiste ancora e come qualsiasi forma di discriminazione è pericolosissima, ma esiste anche una forma di razzismo che non viene ancora riconosciuta, quello antipalestinese”.

Durante la celebrazione eucaristica il custode del Sacro Convento di Assisi, p. Marco Moroni, ha sottolineato il significato di giustizia: “Giustizia è assicurare che ogni fratello e sorella nel mondo abbia il necessario per una vita dignitosa e sicura, che possa accedere alle risorse, alle cure, all’istruzione, alla possibilità di lavorare e di riceverne un salario equo per mantenere se stessi e la propria famiglia. Nel mondo odierno l’esistenza dei poveri non si può considerare una fatalità, ma è piuttosto una responsabilità di tutti.

Finché vi saranno uomini e donne considerati degli scarti, rifiutati, non accolti, non vi sarà giustizia e sarà impossibile la pace. Finché prevarrà una visione meritocratica così come è coltivata oggi, continueranno ad essere condannati a perdere coloro che non sono stati messi in grado di venir fuori dalla miseria, dalla fame, dall’analfabetismo. Come comunità credente e come uomini e donne di buona volontà non possiamo esimerci dal compito di umanizzare la terra e di garantire vita per tutti”.

A conclusione della marcia ha portato la testimonianza p. Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa: “Basta a questa guerra! Ognuno ha diritto di vivere. Son stati uccisi migliaia di bambini. Siamo qui per pregare e chiedere aiuto a Francesco, che è il santo della pace, affinchè israeliani e palestinesi tornino a vivere in pace nella Terra Santa”.

Ha ribadito il messaggio di pace della popolazione di Betlemme: “Da Betlemme arriva un messaggio di pace, perché non vogliamo la guerra: basta guerra e basta vittime! I bambini hanno gli occhi tristi. Non riescono a sorridere, perché hanno davanti solo immagini di guerra che sconvolgono e impauriscono. Sono le prime vittime di questa tragedia. Ci sono stati 7.000 bambini morti solo a Gaza, e tanti bambini anche piccolissimi sono rimasti senza genitori, con un futuro incerto e già segnato”.

Ed ha raccontato la vita dei cristiani a Betlemme: “I cristiani di Betlemme vivono malissimo. La guerra ha impedito la possibilità di avere lavoro. La maggior parte dei cristiani di Betlemme lavora nel turismo, e i pellegrinaggi portavano tanto lavoro. Dopo due anni di pandemia, eravamo tornati a vedere la Terra Santa piena di pellegrini.

Ora siamo tornati a vedere Betlemme chiusa, vuota, triste. Tante famiglie non hanno più il sostegno che arriva dalla dignità del lavoro. Pensate agli alberghi, ai ristoranti, ai trasporti, all’artigianato. Tutto fermo e senza poter immaginare quando finirà il dramma della guerra”.

Quale ruolo hanno i cristiani palestinesi?

“Da sempre i cristiani sono stimati e apprezzati da tutti per la capacità di essere mediatori saggi fra le due parti. Sono responsabile per la Custodia dei rapporti con lo Stato d’Israele e l’Autorità palestinese, e conosco bene entrambe le parti. Come cristiani possiamo e dobbiamo continuare a chiedere la pace, e a lavorare per poterla ottenere in Terra Santa”.

E’ possibile una convivenza pacifica in Terra Santa?

“L’unica strada da percorrere è quella che porta alla pace, e bisogna percorrerla dialogando. Chi ha il potere ora deve cessare il fuoco, deve avere e sentire la responsabilità di tante vite perdute. Deve farlo perché, nonostante tanto dolore, dobbiamo credere che la pace sia ancora possibile”.

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