Natale: il dono delle scarpe

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Hanno camminato tanto, infinitamente, tra deserto e frontiere. Dal Senegal come Moussa, dalla Guinea Conakry come Aboubakr o dal Ghana… Sfiniti, hanno attraversato Mauritania, Mali, Algeria. Sono decine e decine, girano per Rabat, ormai in Marocco, chiedendo l’elemosina, raccolgono 25-30 dirham al giorno (2-3 €). Sono giovani migranti subsahariani,  cercano ad ogni costo di entrare in Spagna. Anche a costo  della vita. E lo sanno.

Non vogliono continuare a vivere in un Paese, il loro, che non sa offrire opportunità, nè chances, nè prospettive. Laggiù non hanno futuro, troppe difficoltà per vivere. Per questo prossimo Natale, con Modeste, giovane missionario congolese, ordinato prete un anno fa, abbiamo pensato di dare loro un segno di solidarietà. Sì, a loro, ‘camminatori del mondo’. Sarà un piccolo tesoro: un paio di scarpe nuove. Girano con delle vere e proprie ciabatte o con scarpe bucate o semidistrutte, e alzando il piede ve lo mostrano…

Un giorno, (non sanno mai per quale destino), sono diventati dei camminatori maledetti. Anche a piedi scalzi, – come dice la lettera di Moussa – perfino camminando in Algeria senza mangiare, nè bere per tre giorni. Anche ora continuano a fare chilometri quotidiani a piedi: dalle periferie, come Takadoum o Camara, arrivano in centro città a Rabat, peregrinando per un’elemosina…

Li incontro ogni sera dopo cena, quando esco per le strade, nella zona della stazione. E’ la mia missione preferita, la chiamo ‘la missione della strada’. Avanzo liberamente con quell’apertura di sguardo e di cuore, come faceva Gesù ogni giorno per le strade di Galilea.

Così, mi imbatto in questi giovani migranti: si riconoscono subito da lontano dal cappuccio in testa, faccia tirata, abiti trascurati o stracciati. Camminando, senza parlare, vi tendono la mano per chiedervi un dirham. Così comincio con uno scambio di parole, che finisce sempre in un negozio (sono aperti fino alle 23.00), dove ordino un paniere alimentare (olio, riso, sardine…) per tutta la camerata. Vivono, infatti, ammassati in stanze di cinque o sei, pagando un affitto mensile, che a fatica raccolgono con le loro elemosine. Ed hanno sempre fame.

Quando usciamo dal negozio, con le mani piene di ogni cosa, ti fanno un sorriso che ti conquista. Ti ripetono più volte: “Allah ti benedica, … ti dia lunga vita!” Resto senza parole. Ma in cuore mio, in fondo, ringrazio quanti con una loro offerta mi permettono di aggiungere alla mia compassione la generosità. Io sono semplicemente le loro mani. Sì, per ‘umanizzare’ questa emigrazione giovane, disperata e selvaggia…

A volte sono dei medicinali che servono loro, allora si svicola insieme in farmacia. L’altra sera, mi veniva da sorridere dentro di me, pensando a San Martino. Un giovane subsahariano sui venti anni, Jaka della Costa d’Avorio, dormiva su un cartone in un angolo fuori della stazione: non c’è stato di meglio che togliermi il berretto di lana, la sciarpa e il giubbotto per rivestirlo. Mi guardava… non credeva ai suoi occhi, mentre mi affrettavo a rientrare per il freddo ! 

Qualcuno di loro a fatica si riesce a convincere a fare dietro-front, a ritornare al loro Paese tramite l’OIM, ma è un’umiliazione infinita presentarsi a mani vuote, dopo una tale odissea di mesi o di anni! Gli metto, a volte, in mano qualche soldo.

E’ indispensabile amare questi giovani, in un calvario per loro impensabile e senza dignità, abbattere i pregiudizi, essere umani, costruire ponti e relazioni di fraternità. In realtà, è questo costruire il Regno di Dio. Anche con un paio di scarpe nuove a Natale! Essere più umani è la lezione più grande, quel giorno, dalla grotta di Betlemme…  Buon Natale!

Se desideri partecipare a questo progetto, puoi inviare qualcosa con causale: PROGETTO ‘SCARPE DI NATALE’ a: Renato Zilio IBAN IT 98 W02008 36081000106403903 Unicredit.

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