La santità della famiglia Martin nell’epistolario di Zeline e Louis

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“Durante le sue visite quotidiane al Santissimo Sacramento i suoi occhi si riempivano spesso di lacrime e il suo viso traspirava una beatitudine di cielo: così in ‘Storia di un’anima’ santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo (santa Teresa di Lisieux) descrive così le adorazioni eucaristiche pomeridiane con il papà Louis Martin”.

L’episodio è stato ricordato da don Luca Bartoccini, direttore del Centro di Formazione Pastorale della diocesi di Perugia, che nel monastero delle Carmelitane a Tolentino nelle settimane scorse ha presentato i genitori di santa Teresa del Bambin Gesù, Luigi e Zelia Martin.

Durante l’incontro don Batoccini ha sottolineato l’importanza dell’Eucarestia nella vita della famiglia Martin: “L’Eucaristia insegna pian piano a vivere come Cristo.  Insegna a perdonare, a condividere, a essere strumento dell’amore di Dio. L’Eucaristia è uno dei segreti della santità dei coniugi Martin. La stessa Teresina nella sua biografia spiega come la testimonianza dei genitori sia stata preziosa per scoprire la bellezza del Santissimo Sacramento”.

Ed ha proseguito nel racconto: “Louis, avendo studiato la dottrina e la vita dei santi, propose a Zélie di vivere un matrimonio virginale ed ella acconsentì. Tuttavia, dopo dieci mesi, dietro consiglio di un direttore spirituale, maturarono una diversa scelta e si avviarono a vivere in pieno la loro vocazione di sposi e genitori.

Il ricco epistolario di Zélie ci mostra la vita intima di questa splendida famiglia. Come in una Certosa le giornate erano scandite dalla preghiera e dal lavoro, senza mai che le normali preoccupazioni temporali impedissero ai cuori devoti e delicati dei coniugi di ripiegarsi su di sé.

Zélie gestiva una produzione di pizzo di Alençon avvalendosi della collaborazione di diverse lavoranti. Lavorava indefessamente, fino a tarda sera, ma non mancava mai alla Santa Messa quotidiana delle ore 5.30 del mattino. Louis, ormai titolare di una bottega d’orologeria, si univa a lei. I vicini, sentendoli uscire di casa di buon mattino, esclamavano: Ecco i santi coniugi Martin che vanno alla Messa!”.

Al termine dell’incontro abbiamo chiesto a don Luca Bartoccini di raccontare la vita di questa famiglia ‘ordinaria’ nella santità: “Era davvero una famiglia ordinaria e, nello stesso, tempo straordinaria, perché hanno saputo vivere la vita quotidiana di ogni famiglia, in quanto non hanno niente di diverso da altre famiglie, vivendo lutti e preoccupazioni per i figli o per il lavoro. Insomma quello che vive ogni famiglia, anche moderna, hanno saputo viverlo sempre in un assoluto abbandono al Signore e con la  concretezza di metterlo al centro di tutta la loro vita”.

Cosa era per loro la vocazione al matrimonio?

“Sono due persone che sono passate per una vera ricerca della loro strada nel seguire il Signore: tutte e due hanno pensato di dover seguire una vocazione religiosa e quando si sono resi conto che quella strada non era percorribile, non si sono assolutamente chiusi alla ricerca, ma si sono aperti alla vocazione matrimoniale.

E’ stata una scoperta di come il Signore guidava la loro vita e la vocazione matrimoniale è esplosa come il dono di un amore profondo di donazione, che poi si è riversata nei figli attraverso una donazione totale verso i figli senza essere mai possessivi, ma considerando sempre che appartenevano a Dio ed a Dio andavano restituiti, sia i figli morti da piccoli, sia le altre che sono state chiamate da Dio alla vita religiosa. Erano da restituire a Dio, in quanto le avevano allevate per Dio ed a Lui le hanno riconsegnate”.

Allora cosa significava per la famiglia Martin ‘allevare i figli per il Cielo’?

“Significa che tutto quello che possono dare ai figli glielo devono dare, perché la loro vita sia bella su questa terra, ma sempre con la prospettiva che tutto questo è solo di passaggio, perché la patria è quella del Cielo. Allevare i figli per il Cielo significa donare tutto quello che è necessario nella vita terrena, ma sempre nella prospettiva di quello che è la meta finale della vita”.

Nella loro vita i coniugi Martin avevano al primo posto Dio, affermando ‘Dio primo servito’: cosa significa?

“Dio, primo servito’ significa che Dio è al centro di tutto. La loro vita, anche quella familiare, era organizzata intorno a questo principio: Dio viene prima di tutto ciò che si viveva. Un segnale era il loro modo di vivere il giorno festivo. Tutto ruotava intorno a quello che era il centro della loro vita: Dio era il ‘primo servito’, perché veniva prima di ogni attività, il fondamento di tutte le cose”.

Eppoi i coniugi Martin erano anche assidui nella carità: “E’ straordinaria la carità che i coniugi Martin hanno vissuto. Non si sono mai limitati all’elemosina, che la facevano ordinariamente: non c’è nessuno che si è accostato a loro senza sentirsi pienamente accolti. Si facevano carico delle situazioni, investendo energie e denari per poter aiutare i poveri.

Un racconto molto bello, che viene fatto, è quello di un povero senza tetto, per il quale Luigi si è speso tantissimo, finché non è riuscito a farlo accogliere in uno ospizio. Questa educazione alla carità era trasmessa alle figlie attraverso anche gesti molto semplici e concreti, anche nell’educarle ad accogliere i poveri. Quello della carità è stato uno stile di vita, che ha contraddistinto questa famiglia”.    

(Tratto da Aci Stampa)

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