Papa Francesco: il Collegio Cardinalizio è una sinfonia

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Questa mattina papa Francesco ha ‘creato’ 21 nuovi cardinali, di cui 18 elettori, diventando 136 i cardinali che potrebbero entrare in conclave per eleggere il successore del papa e celebreranno la messa con papa Francesco mercoledì 4 ottobre, inizio del Sinodo.

Nel saluto di omaggio il prefetto del dicastero dei vescovi, card. Robert Francis Prevost, ha espresso la gratitudine dei neo cardinali: “Le siamo grati perché, con questa nomina, ci considera degni della Sua fiducia e in grado di esprimere un discernimento utile al complesso governo della Chiesa universale.

Dal Suo esempio personale, ci sentiamo esortati a cercare la radicalità evangelica di ogni nostra azione, ad orientare il pensiero ad una lettura della Chiesa e del mondo che vorremmo vedere con uno sguardo capace di comunicare l’amore e la misericordia di Dio”.

Ed ha sottolineato la bellezza dell’universalità della Chiesa: “La bellezza dell’universalità della Chiesa che si manifesterà nello svolgimento del Sinodo, sarà un segno molto importante, che saprà parlare della missione che tutti noi battezzati abbiamo ricevuto, nella comunione con il successore di Pietro e nella professione della stessa fede”.

Nell’omelia della concelebrazione eucaristica papa Francesco ha scelto la pagina della Pentecoste, tratta dal racconto degli Atti degli Apostoli: “E’ un testo fondamentale: il racconto della Pentecoste, il battesimo della Chiesa… Ma in realtà il mio pensiero era attratto da una cosa particolare: da quell’espressione uscita dalla bocca dei Giudei che ‘abitavano allora a Gerusalemme’.

Essi dicono: ‘Siamo Parti, Medi, Elamiti…’ e così via. Questo lungo elenco di popoli mi ha fatto pensare ai Cardinali, che grazie a Dio sono di tutte le parti del mondo, delle nazioni più diverse. Ecco il motivo per cui ho scelto questo brano biblico”.

Ed ha parlato di sorpresa: “Essa consiste nel fatto che normalmente noi pastori, quando leggiamo il racconto della Pentecoste, ci identifichiamo con gli Apostoli. E’ naturale che sia così. Invece quei ‘Parti, Medi, Elamiti’ eccetera, che nella mia mente avevo associato ai Cardinali, non appartengono al gruppo dei discepoli, sono fuori dal cenacolo, sono parte di quella ‘folla’ che ‘si radunò’ sentendo il rumore provocato dal vento impetuoso.

Gli Apostoli erano ‘tutti Galilei’, mentre la gente che si era radunata era ‘di ogni nazione che è sotto il cielo’, proprio come sono i Vescovi e i Cardinali nel nostro tempo”.     

L’omelia papale ha sottolineato questa differenza di popolo: “Ecco, questa Parola del Libro degli Atti ci fa pensare che, prima di essere ‘apostoli’, prima di essere sacerdoti, vescovi, cardinali, siamo ‘Parti, Medi, Elamiti’… E questo dovrebbe risvegliare in noi lo stupore e la riconoscenza per aver ricevuto la grazia del Vangelo nei nostri rispettivi popoli di origine. Ritengo che ciò sia molto importante e da non dimenticare”.

Ed ha evidenziato che la fede nasce da una comunicazione del popolo: “Perché lì, nella storia del nostro popolo, direi nella “carne” del nostro popolo, lo Spirito Santo ha operato il prodigio della comunicazione del mistero di Gesù Cristo morto e risorto.

Ed è arrivato a noi ‘nelle nostre lingue’, sulle labbra e nei gesti dei nostri nonni e dei nostri genitori, dei catechisti, dei sacerdoti, dei religiosi… Ognuno di noi può ricordare voci e volti concreti. La fede viene trasmessa ‘in dialetto’. Non dimenticatevi questo: la fede viene trasmessa in dialetto, dalle mamme e dalle nonne”.

Quindi l’evangelizzazione nasce dallo stupore: “In effetti, siamo evangelizzatori nella misura in cui conserviamo nel cuore lo stupore e la gratitudine di essere stati evangelizzati. Anzi, di essere evangelizzati, perché in realtà si tratta di un dono sempre attuale, che chiede di essere continuamente rinnovato nella memoria e nella fede. Evangelizzatori evangelizzati, e non funzionari.

Fratelli e sorelle, carissimi Cardinali, la Pentecoste, come il Battesimo di ciascuno di noi, non è un fatto del passato, è un atto creativo che Dio rinnova continuamente. La Chiesa, ed ogni suo membro, vive di questo mistero sempre attuale. Non vive ‘di rendita’, no, e tanto meno di un patrimonio archeologico, per quanto prezioso e nobile. La Chiesa, e ogni battezzato, vive dell’oggi di Dio, per l’azione dello Spirito Santo”.

Quindi il collegio cardinalizio è una sinfonia: “Una sinfonia vive della sapiente composizione dei timbri dei diversi strumenti: ognuno dà il suo apporto, a volte da solo, a volte unito a qualcun altro, a volte con tutto l’insieme. La diversità è necessaria, è indispensabile. Ma ogni suono deve concorrere al disegno comune”.

Ma la sinfonia è possibile attraverso l’ascolto: “E per questo è fondamentale l’ascolto reciproco: ogni musicista deve ascoltare gli altri. Se uno ascoltasse solo sé stesso, per quanto sublime possa essere il suo suono, non gioverà alla sinfonia; e lo stesso avverrebbe se una sezione dell’orchestra non ascoltasse le altre, ma suonasse come se fosse da sola, come se fosse il tutto.

Ed il direttore dell’orchestra è al servizio di questa specie di miracolo che ogni volta è l’esecuzione di una sinfonia. Egli deve ascoltare più di tutti gli altri, e nello stesso tempo il suo compito è aiutare ciascuno e tutta l’orchestra a sviluppare al massimo la fedeltà creativa, fedeltà all’opera che si sta eseguendo, ma creativa, capace di dare un’anima a quello spartito, di farlo risuonare nel qui e ora in maniera unica”.

(Foto: Santa Sede)

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