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In Vaticano ‘Concerto con i poveri’
Oggi l’Aula Paolo VI ospita la V edizione del ‘Concerto con i poveri’, evento musicale che unisce bellezza artistica e solidarietà con la partecipazione del compositore premio Oscar Hans Zimmer, insieme a mons. Marco Frisina, Dario Vero e la violoncellista Tina Guo, patrocinato dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, dal Dicastero per il Servizio della Carità – Elemosineria Apostolica, dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione e dal Pontificio Istituto di Musica Sacra.
Presentando l’evento il direttore artistico del Concerto con i Poveri e direttore del Coro della diocesi di Roma, mons. Marco Frisina, ha sottolineato che esso “rappresenta un’occasione straordinaria per condividere con i nostri fratelli più deboli il dono della musica. Il nostro desiderio è quello di offrire loro, nella maestosità dell’Aula Paolo VI, la possibilità di partecipare ad un Concerto di alto livello, con grande orchestra e coro e con ospiti straordinari. Questo significa donare ai nostri amici qualcosa di grande ed elevato mettendoli al centro dell’evento, in prima fila, quella che solitamente è riservata alle personalità cosiddette importanti. Questa volta, invece, saranno i poveri ad essere gli ospiti d’onore di questo grande evento che è stato preparato per loro”.
Ed ha raccontato lo svolgimento della serata, condotta da Serena Autieri: “Nella prima parte del concerto dirigerò alcuni temi dalle mie colonne sonore tratte dai film televisivi sulla Bibbia e ispirati alla vita dei santi. Avrò con me preziosi solisti come la pianista Gilda Buttà, la violoncellista Tina Guo e il flauto dolce di Giorgio Matteoli. Si passerà dal brano ‘Come le stelle del cielo’, dal film ‘Abramo’, ad alcuni temi del ‘Mosè’, per terminare con l’Incontro con i fratelli dal film ‘Giuseppe’, tutte musiche che commentano scene ed episodi dell’Antico Testamento”.
Anche la conduttrice si esibirà: “Serena Autieri poi interpreterà il ‘Magnificat’ che scrissi per Mina nel 2000 che ci introdurrà nei temi ispirati a temi e personaggi del Nuovo Testamento. Il coro e l’orchestra eseguirà ‘Pacem in terris’, tema del film ‘Papa Giovanni XXIII’, un’occasione per unirci al grido di tante vittime della guerra che chiedono al Signore: dona nobis pacem”.
Perciò il concerto offre molti spunti di riflessione: “Ci saranno poi i temi dei films ‘Maddalena’ e ‘Giuda’. Il brano ‘Dio è amore’, invece, ci introdurrà a ‘Open the doors’, dal film ‘Giovanni Paolo II’, un forte appello al mondo perché apra le porte del cuore a Cristo redentore. Spero che la musica possa sempre più divenire uno strumento di incontro e di condivisione, essa è un prezioso mezzo di evangelizzazione, perché abbatte i muri, apre finestre e permette ai grandi contenuti spirituali di potersi diffondere universalmente”.
Insomma è un auspicio affinché la musica possa essere un momento importante per costruire la pace: “La musica non ha bisogno di traduzione o di tante spiegazioni, tutti possono comprenderla, inoltre, unisce i diversi e i lontani, sa coinvolgere ed elevare ogni uomo, può toccare la loro anima offrendo allo Spirito Santo la possibilità di entrare nel cuore per fargli sperimentare l’amore di Dio. Il mondo di oggi ha bisogno della musica affinché ritrovi la sua anima e la gioia di incontrarsi, ascoltarsi, comprendersi per camminare insieme e costruire un mondo di pace”.
Anche il maestro Hans Zimmer ha sottolineato l’universalità della musica: “Ogni brano che ho scelto per questa occasione porta con sé un significato speciale. La suite di ‘Pearl Harbor’ ricorda un anniversario storico che ci esorta a non dimenticare le lezioni del passato, trasformando il dolore in un messaggio di pace e di riconciliazione. ‘Time’, da ‘Inception’, è un pezzo che esplora il concetto di tempo, un brano iconico di tutta la mia produzione, mentre ‘Angeli e Demoni’ è un omaggio alla città di Roma, un luogo che racchiude secoli di storia, fede e cultura; Infine i temi di ‘Pirati dei Caraibi’ sono una dedica al pubblico italiano, che ha molto amato questo film”.
Infine ha ricordato il valore universale della musica: “Questo evento è un viaggio musicale che ci permette di connetterci con gli ospiti d’onore, i nostri fratelli più vulnerabili, ricordandoci che la vera ricchezza è la capacità di condividere e di donare. Ogni gesto, ogni nota suonata, sono un segno tangibile di vicinanza e sostegno. Ringrazio Nova Opera per la visione che anima questa iniziativa e per aver creato una piattaforma che unisce la bellezza della musica ai valori universali della solidarietà e dell’amore per il prossimo”.
Per la violoncellista Tina Guo questo concerto è una straordinaria esperienza: “Partecipare al Concerto con i Poveri è per me un’esperienza straordinaria e profondamente toccante. La musica ha sempre avuto il potere di unire, di oltrepassare le barriere culturali e sociali, e questa occasione rappresenta una testimonianza luminosa di come l’arte possa ispirare speranza e coesione…
Spero che la musica possa portare conforto, speranza e gioia, ricordandoci tutti che, anche nei momenti più difficili, c’è sempre una bellezza da condividere per un bene comune. Questo Concerto non è solo un evento di una serata, ma un messaggio di pace e amore che dimostra come le arti della musica e della solidarietà possano trasformare il mondo, una nota alla volta, una mano tesa ogni volta che incontri qualcuno in difficoltà”.
Infine il compositore e direttore d’orchestra Mario Vero ha definito il concerto come un evento ‘speciale’: “Questo concerto è speciale perché rappresenta un messaggio universale: la musica unisce, supera barriere e confini. E’ il linguaggio più potente che esista. Quando suoniamo insieme, non servono parole: basta leggere poche battute e l’emozione ci travolge”.
(Foto: Vatican News)
Papa Francesco: la carità è strumento di evangelizzazione
Oggi papa Francesco, ricevendo i membri della Caritas della diocesi di Toledo in occasione del 60° anniversario dell’organismo caritativo, istituito il 2 giugno 1964, ha richiamato i principi di carità e giustizia per risvegliare ‘una coscienza più fraterna’ nella società: “Ricevendovi in questa casa dell’Apostolo, ho voluto unirmi al vostro ringraziamento per i sessanta anni di servizio caritativo nella Chiesa di Toledo. Un impegno che, come ho potuto constatare, va oltre il bene concreto che si può fare alla persona, assumendo la sfida di essere motore del cambiamento all’interno della società diffondendo lo spirito di carità e giustizia, per risvegliare in tutti coloro che hanno buona volontà una coscienza più fraterna”.
Nel saluto il papa ha sottolineato che le opere di carità sono ‘strumenti’ per l’evangelizzazione: “In questo modo non siete solo esempio di civiltà o di filantropia, ma divenite strumenti di evangelizzazione, attraverso il linguaggio universale delle opere di carità. E’ curioso, le opere di carità non hanno bisogno di traduttore, non c’è un dizionario per tradurre, è una lingua universale, la lingua universale delle opere di carità, tutti lo capiscono, è una lingua comprensibile a tutti, scritta con la testimonianza e l’impegno di tutti gli operatori della Caritas, impegnati in Gesù Cristo e nel suo Vangelo”.
E tali opere si realizzano attraverso la sinodalità: “Un traguardo, sicuramente alto, che si realizza attraverso l’abilità artigianale di ciascuno dei responsabili dell’azione socio-caritativa, fondata su una formazione umana e spirituale che consenta di affrontare con fermezza i problemi sociali, in continua evoluzione, alla luce della Dottrina Sociale. della Chiesa. Senza mai dimenticare lo spirito di collaborazione e sinodalità con tante realtà pastorali che compongono l’intera Chiesa diocesana”.
E’ un incoraggiamento ad essere ‘maestri artigianali’ attraverso la preghiera: “Sorelle, fratelli, vi incoraggio a proseguire in questo sforzo, imparando sempre dal Signore, nel libro vivo della preghiera, e nella lettura della sua Parola, nel libro vivo del vivere i sacramenti, e nell’ascolto attento della voce dei loro Pastori. e la loro presenza nell’Eucaristia ed in coloro che servono. Una cosa che vi chiedo è che siate maestri di questa saggezza, di quella saggezza di cui il mondo ha tanto bisogno. La stupidità è impressionante, la stupidità si vende e si compra, e i prezzi non sono occasioni, prezzi di liquidazione, sono prezzi stagionali, prezzi cari”.
Inoltre alle suore canonichesse dello Spirito Santo in Sassia ed alle altre comunità legate al carisma di Guido di Montepellier, beatificato nello scorso maggio, il papa ha evidenziato l’impegno del religioso francese verso poveri e malati e si sofferma sulla vita rigorosamente sobria e distaccata’ dei consacrati dell’ordine ospedaliero da lui fondato:
“La Regola del Beato Guido inizia nel nome della Santissima e Individuale Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, per proporre a tutti i fratelli e sorelle presenti e futuri, dell’Ordine, un appassionante progetto di vita. E qual è il progetto?: dedicarci principalmente alla cura e al servizio dei poveri”.
La cura dei poveri è stato il suo progetto all’interno della Chiesa: “Si tratta di un progetto che si allinea con la riforma che Innocenzo III promosse nella vita religiosa e che si sarebbe poi cristallizzata nei nuovi Ordini mendicanti. Un interesse del Pontefice che lo Spirito Santo ha saputo guidare nell’ascolto di alcuni santi come il Beato Guido e San Juan de Mata, con i quali ha coinciso agli albori del suo pontificato, essendo promotori di questo progetto”.
E’ un progetto con il sapore della cucina: “E’ interessante come il disegno di Dio marci nella cucina del cuore (e le suore e le suore lo sanno bene) e le note di sapore e di colore permeano le regole della vita, per poi diffondere il loro profumo su tutta la Chiesa. E tra queste note vorrei evidenziarne tre: comunione, sine proprio e servizio”.
E’ la regola dell’Ordine, basandosi sull’esempio della Chiesa di Gerusalemme: “Nella vostra Regola il voto di povertà è espresso in modo particolare: vivere senza nulla di proprio. Questa espressione non significa semplicemente una vita vigorosamente sobria e distaccata, come oggi viene definito il voto, ma piuttosto comprendere che siamo ospiti nella Casa di Dio, Casa della Trinità che ci accoglie, condividendola con i poveri che siamo chiamato a servire”.
Ciò significa privilegiare la fraternità: “In questo modo la vita fraterna va oltre la condivisione di spazi, compiti, servizi, la vita fraterna è fare una donazione di noi stessi a Dio nel fratello, una donazione senza riserve. Senza più nulla di suo nella camera delle sicurezze mondane, nascosto nella cella, in tasca o, peggio ancora, nel cuore. Senza niente di nostro, lasciato nella camera delle sicurezze mondane, o niente di nostro nascosto lì nella cella, o in tasca o, peggio ancora, nel cuore, perché solo da quella libertà, senza niente di nostro, possiamo iniziare un progetto in quello che portiamo avanti insieme e di cui siamo segno escatologico, il cammino verso dove il Signore ci chiama, il cammino verso il Cielo”.
Tale fraternità è un cammino che conduce alla santità: “Che è un cammino verso Dio, che è guidato dallo Spirito Santo, che ci rende seguaci di Gesù. E quando parliamo di Gesù non dimentichiamo che Lui non è venuto per essere servito, ma per servire. Questo è il nostro modello. La nostra santità sarà nella misura in cui sapremo diventare piccoli e servitori di tutti”.
(Foto: Santa Sede)
A Tolentino un convegno su francescani e Marco Polo: appunti di viaggio
“In occasione del convegno di studi sulle figure di fra Tommaso da Tolentino e di padre Matteo Ricci, come pure di Marco Polo nei suoi rapporti con i francescani il Sommo Pontefice è lieto di rivolgere il cordiale saluto, esprimendo apprezzamento per l’iniziativa volta ad approfondire l’opera missionaria e l’attività culturale di così illustri personaggi, amici e benefattori dell’Oriente, Sua Santità auspica che il ricordo di questi protagonisti del loro tempo, attenti ai mutamenti sociali e impegnati nel tessere rapporti tra la civiltà europea e quella asiatica riaffermi l’importanza del dialogo tra popolazioni, tradizioni e religioni diverse nel rispetto reciproco, per costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere e da abbracciare. Con tali sentimenti il Santo Padre augura ogni buon esito ai lavori congressuali ed invia agli organizzatori, ai relatori ed ai presenti tutti la benedizione apostolica”.
Con questo messaggio augurale del segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, a nome di papa Francesco, nei giorni 18 e 19 ottobre, in occasione del Centenario per i 700 anni della morte di Marco Polo, con la partecipazione dell’Università ‘Ca’ Foscari’ di Venezia, della Pontificia Università ‘Antonianum’ di Roma, del ‘Kyrgyz-Russian Slavic University’ della Repubblica del Kyrghyzstan e dell’Università di Macerata, del ‘Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Marco Polo’, della Provincia Picena ‘San Giacomo della Marca dei Frati Minori’, della Città di Venezia, della Regione Marche, del Comune di Tolentino e della diocesi di Macerata, a Tolentino, nelle Marche si è svolto il convegno di studi internazionali, ‘Appunti di viaggio: Marco Polo ed i Francescani in Oriente’, organizzato dal ‘Comitato per le celebrazioni in memoria del beato Tommaso da Tolentino’ e da ‘BAP – Biblioteca Archivio Pinacoteca’ (Biblioteca storico-francescana e picena ‘S. Giacomo della Marca’), con il sostegno del dal Sermit odv (Servizio missionario Tolentino), che sostiene i missionari in Brasile, in India ed in Burundi, dell’ASSM (Azienda Specializzata Settore Multiservizi) e delle ‘Terme Santa Lucia’ di Tolentino, a cui hanno partecipato i professori Antonio Montefusco, Eugenio Burgio, Raissa de Gruttola, Samuela Simion, Giuseppe Mascherpa, Pier Giorgio Borbone, Maela Carletti, Nadezhda Romanovna Khan, Lorenzo Turchi, Alessio Mecella e Carlo Vurachi.
Al messaggio papale è seguito il video saluto del prefetto apostolico di Ulaanbaatar, in Mongolia, card. Giorgio Marengo, che ha ringraziato gli organizzatori del convegno: “Ho la grazia di trovarmi in queste terre raggiunte in antichità dal grande movimento evangelizzatore degli Ordini mendicanti, soprattutto i francescani. Per me è un onore rappresentare l’ultimo ‘anello’ di una catena di missione, di scambio culturale e di ponte tra culture, che ha visto certamente l’ordine francescano in prima linea,in particolare fra Giovanni di Pian del Carpine, che per noi in Mongolia è una figura molto conosciuta dai nostri fedeli cattolici.
E’ stata provvidenziale la visita del Santo Padre, accogliendo l’invito del presidente: erano trascorsi 777 anni dall’arrivo di fra Giovanni alla corte degli imperatori mongoli; quindi questa storia di contatti con l’Occidente, favorita dai francescani della ‘prima generazione’, ha potuto conoscere un momento di particolare intensità proprio in occasione della visita del Santo Padre. Fra Giovanni del Pian del Carpine e fra Guglielmo di Rubruck hanno contribuito in modo decisivo a far conoscere il mondo il mondo mongolo in Occidente attraverso i loro appunti di viaggio e con la storia vissuta, che hanno potuto testimoniare”.
Ed ha ricordato la presenza della Chiesa oggi in Mongolia, in ricerca delle proprie radici: “La Chiesa è configurata come una prefettura apostolica e conta un esiguo numero di fedeli, tutti locali, che in questi 32 anni, da quando sono state siglate le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Mongolia, hanno scelto di aderire alla fede cattolica.
Questa piccola comunità è molto interessata a scoprire le proprie radici: il cristianesimo, nella forma nestoriana, era ben conosciuto in questa parte di mondo (i diari di fra Giovanni e di fra Guglielmo lo testimoniano); e ci fu un altro grande francescano, che lasciò un segno della storia della Chiesa in questa parte di mondo: fra Giovanni da Montecorvino, perché fu proprio nella Cina di Kubilai Khan, che il primo vescovo di Pechino prese a cuore la componente mongola dell’Impero, che allora era consistente.
Quindi ricordiamo fra Giovanni da Montecorvino per il suo contributo alla traduzione della Bibbia in lingua mongola. Oggi collaboriamo con la Società biblica mongola, che è un’istituzione evangelica per la traduzione e la diffusione del testo biblico nelle lingue locali. Con la Società biblica mongola stiamo avviando una collaborazione, che ci porterà in pochi anni alla traduzione dei libri deuterocanonici, in modo che potremo avere in breve tempo la pienezza del testo biblico secondo il canone cattolico”.
Il convegno internazionale è stato anticipato, venerdì 18 ottobre, da un incontro con il direttore dell’Agenzia Fides, Gianni Valente, che ha raccontato il Primum Concilium Sinense, svoltosi a Shanghai nel 1924, inframmezzato da brani musicali del tenore fra Alessandro Giacomo Brustenghi, ed i saluti del vescovo della diocesi di Macerata, mons. Nazzareno Marconi, del custode del Sacro Convento di Assisi, fra Marco Moroni, ed il provinciale dei Frati Minori delle Marche, fra Simone Giampieri.
Iniziando l’incontro il direttore dell’Agenzia Fides ha raccontato la storia del Primum Concilium Sinense: “A Shanghai, il 15 maggio 1924: nella cattedrale di sant’Ignazio di Loyola su mandato del Vescovo di Roma si riuniscono vescovi, vicari generali, religiosi e sacerdoti, nati per lo più in Paesi lontani e arrivati in terra cinese come missionari.
Si riuniscono con il mandato di rilanciare la missione della Chiesa in terra cinese, per favorire e accompagnare il fiorire di una Chiesa autoctona, con Vescovi e sacerdoti cinesi a cui affidare la guida delle comunità locali. Questa è la loro missione. Ma tra i 42 vescovi presenti, che guidano le comunità cattoliche in Cina, nessuno è cinese. Sono francesi, italiani, statunitensi, olandesi e di altre nazioni occidentali”.
Però tra la Cina e la Chiesa, nei secoli, è sempre esistito un ‘filo rosso’: “Mi sembra di poter dire che il filo rosso degli incontri positivi tra Cina e cristianesimo, unisce le esperienze dell’Antica Chiesa d’Oriente, dei viaggiatori francescani e poi dei gesuiti. Quel filo rosso più volte interrotto, si è sempre riannodato. Poteva essersi spezzato per sempre dopo il passaggio del colonialismo. Il cristianesimo poteva essere per sempre bollato in Cina come manifestazione religiosa di civiltà ostili. Invece questo filo rosso intermittente, che coinvolge anche i viaggiatori francescani del Trecento, è tornato a riannodarsi anche grazie al Concilio di Shanghai”.
Nel giorno successivo il convegno storico è stato aperto dal prof. Antonio Montefusco, docente all’Università francese della Lorena, che ha raccontato i viaggi di Guglielmo di Rubruk e di Odorico da Pordenone: “Il libro di Marco Polo possiede una componente che permette di porlo accanto alla fascinosa letteratura di viaggio che era un tratto distintivo dell’impegno di scrittura dei missionari francescani.
Pur dando un impatto potente sulla cartografia e sulle programmazioni geografiche, esso ha tratti comuni con gli scritti dei missionari francescani del sec. XIII, quando l’azione missionaria dei Francescani nello spazio mongolico si è dimostrata molto ampia. Hanno avuto notevole diffusione la Historia Mongalorum, redatta negli anni 1245-47, dall’arcivescovo umbro Giovanni da Pian del Carpine (1182-1252) e l’Itinerarium del francescano fiammingo Guglielmo di Rubruck (1220-93). Vanno menzionati i beati francescani Tommaso da Tolentino (1260-1321) e Odorico da Pordenone (1286-1331), Giovanni da Montecorvino (1247-1328), arcivescovo di Pechino dal 1307 alla morte, avvenuta nel 1328, Giovanni de’ Marignolli (ca. 1290-1359).
Il viaggio di Guglielmo di Rubruck ha inizio nel 1253. Per due anni il frate fiammingo percorre i territori dell’Asia Centrale, attraversa la regione del Volga e raggiunge Qara Qorum, la centrale del potere mongolo del khan Sartaq. Sulla via del ritorno il monaco si ferma in Terrasanta dove, nel 1255, scrive l’Itinerarium: un resoconto ufficiale del viaggio in forma di lettera che possiede indubbie qualità narrative”.
Anche la narrazione di Odorico da Pordenone descrive il viaggio in Oriente con molta dovizia di particolari: “Odorico da Pordenone, al ritorno dal suo viaggio in Oriente, iniziato nel 1318 con la compagnia di fra’ Giacomo d’Irlanda, e completato con la permanenza a Pechino, avvenuta attorno agli anni 1323-26, ebbe modo di dettare a Padova, nel 1330, al confratello Guglielmo da Solagna, la ‘Relatio de mirabilibus orientalium Tatarorum’. Questo racconto, pur restato a lungo in forma manoscritta, fu tradotto in varie lingue vernacolari e divenne una delle più importanti fonti medievali per la conoscenza dell’Estremo Oriente”.
Un punto di vista interessante, emerso nel convegno, riguardante il dialogo interreligioso è stato offerto dalla prof.ssa Nadezhda Romanovna Khan, docente al ‘Kyrgyz-Russian Slavic University’ della Repubblica del Kyrghyzstan, che ha spiegato la sua presenza nel convegno sui francescani in Oriente: “Sono stata invitata come ospite speciale per questo convegno di studi, presentando la mia relazione su un progetto del dialogo interreligioso. In precedenza p. Lorenzo Turchi ed il prof. Piergiorgio Borbone sono stati ospitati dalla mia Università ed ora sono venuta io in questa bel teatro ‘Vaccaj’ per una conferenza. Il Kyrghyzstan è uno Stato dell’Asia centrale, che è stato anche una tappa del viaggio di Marco Polo”.
In quale modo la conoscenza può trasformarsi in un dialogo interculturale?
“Il primo passo di un dialogo è la conoscenza, che si basa sullo studio e sull’educazione. Senza la conoscenza non può esserci alcun dialogo. Io studio il fattore degli estremismi ed è lampante la corrispondenza tra conoscenza e dialogo: senza conoscenza non esiste dialogo”.
Al termine a tutti i relatori è stata donata dal dott. Antonio Mercuri un’incisione raffigurante frate Tommaso da Tolentino, realizzata dall’artista Ferdinando Piras.
(Tratto da Aci Stampa)
Fabrizio Venturi: per la quarta edizione del Festival della Canzone Cristiana in attesa del messaggio di papa Francesco
Preparativi in corso per la quarta Edizione del Sanremo Cristian Music Festival 2024. La canzone cristiana si sta affermando nel mercato discografico italiano grazie al contributo del Festival della Canzone Cristiana ideato e diretto dal cantautore e Direttore artistico Fabrizio Venturi.
“Il Festival della Canzone Cristiana è un trampolino di lancio per chi canta canzoni di ispirazione cristiana, un genere che, pian piano, si sta affermando e riscuotendo successo tra i giovani. La quarta edizione vedrà la partecipazione di nuove promesse della musica e della canzone cristiana che avranno la possibilità di farsi conoscere dal grande pubblico.
Daremo molta visibilità ai partecipanti e creeremo un canale televisivo tematico per consentire una maggiore presenza della musica cristiana sui media, nonché delle star della canzone cristiana italiana ed internazionale”, ha dichiarato Fabrizio Venturi, il quale ha aggiunto:
“La quarta edizione del Festival della Canzone Cristiana rappresenta la consacrazione della Christian Music nel mondo musicale italiano. Noi abbiamo abbattuto quello che poteva essere un pregiudizio sulla Christian Music, fondato sul fatto che esistessero differenze rispetto ad altri generi, ma così non è proprio in quanto la Christian Music è uguale e paragonabile alla musica che si ascolta quotidianamente in radio, con la sola differenza che, nei suoi testi, invece di parlare di una donna, di un calciatore, di un ciclista o di altri temi, si parla di Dio.
Anche Renato Zero, dopo la prima edizione del Festival della Canzone Cristiana Sanremo 2022, ad aprile, esordisce, per la prima volta nella sua carriera, con un album che racchiude 19 brani di musica cristiana, intitolato ‘Atto di fede’. Il grande successo raggiunto dal Festival della Canzone Cristiana ha spalancato le porte a molti artisti della Christian music italiana, dando voce, per la prima volta, a questo genere musicale anche in Italia, che è diventata la prima vetrina della musica cristiana, un vero e proprio Festival Cristian Music non inquinato dalla partecipazione di artisti appartenenti ad altri generi, come avviene, invece, in altri eventi similari. Il Festival ha avuto un’evoluzione positiva sia per la qualità delle canzoni, sia per la bravura degli interpreti. Anche per questa edizione avremo voci di rilievo e canzoni di prestigio”.
Le iscrizioni, come per le passate edizioni, dovranno pervenire, entro il 20 dicembre 2024, alla Segreteria del Festival info@sanremofestivaldellacanzonecristiana.it, attenendosi scrupolosamente al regolamento, che i candidati trovano già online sul sito del Festival: www.sanremofestivaldellacanzonecristiana.it.
Il Festival della Canzone Cristiana si svolgerà a Sanremo dal 13 al 15 febbraio 2025, negli stessi giorni in cui si svolge il Festival della Canzone Italiana. Le finali saranno trasmesse da una emittente televisiva nazionale. Radio Mater sarà la radio ufficiale del Festival. Si tratta di un Festival nel Festival, di una staffetta musicale. L’intento e lo spirito sono gli stessi delle precedenti edizioni, ossia realizzare un connubio creativo tra la canzone e la fede e tra la canzone e la lode a Dio. E’ stato concluso anche un accordo con un network radiofonico italiano.
Ad affiancare Venturi ci sarà un grande nome della TV nazionale, del quale, allo stato attuale, gli organizzatori non svelano il nome: “Tra gli ospiti d’onore della kermesse musicale cristiana vi saranno grandi star della Cristian Music internazionale e della TV nazionale. Si riconferma la presenza del super ospite londinese Noel Robinson, un artista famoso a livello internazionale, icona della Musica Cristiana, che riempie gli stadi di tutto il mondo. Per quanto riguarda gli altri ospiti ci riserviamo di rendere noti i nomi nei successivi comunicati”, ha aggiunto Venturi, il quale ha sottolineato:
“Tutto ciò che il Festival della Canzone Cristiana ha annunciato di fare lo ha sempre fatto: l’Euro Cristian Music Festival a Torino, la Nazionale Italiana Cantanti Cristian Music, la creazione della sua emittente televisiva, la missione di pace a Kiev in Ucraina e altre rilevanti iniziative inerenti il suo messaggio di pace e la sua missione evangelizzatrice”.
Sarà un grande Festival, all’insegna della nuova evangelizzazione, condotta attraverso la forma espressiva più potente che Dio ci ha donato, ossia la musica, che non conosce né barriere, né limiti. È proprio questo che desideriamo far sapere alla stampa, sottolineando che il nostro sarà un autentico messaggio cristiano, una lode a Dio, una preghiera profondamente vissuta. Il nostro unico intento è diffondere messaggi di pace, di amore e di condivisione, non di chiusura e di scontro. Il messaggio che vogliamo diffondere è quello di papa Francesco, che esorta ad essere fautori della fratellanza umana, che, come fa la musica, ‘abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali’.
Tale messaggio sorregge il nostro impegno proprio in quanto esso è finalizzato alla realizzazione della pace e della convivenza comune, pilastri ineludibili per la missione civilizzatrice, che la religione cattolica e tutte le religioni, il cui Dio è unico, devono prefiggersi mediante progetti concreti e mediante un dialogo fervente con tutte le realtà presenti nel contesto umano.
Alla luce del progetto umanitario della realizzazione della fratellanza umana, che la Chiesa Cattolica si prefigge, richiamando non solo tutte le religioni, ma anche tutti coloro che operano in ogni ambito della vita umana a farsi artefici e promotori della cultura della fratellanza umana, abbiamo voluto anche noi, in veste di fautori di una cultura musicale improntata ai valori della fede cristiana, contribuire a diffondere il messaggio della fratellanza umana.
Sant’Agostino affermava che chi canta prega due volte, rimarcando la forza spirituale della canzone. Siamo convinti anche noi che cantare, elevando una lode a Dio, possa essere il modo più rassicurante per affrontare il disagio e lo smarrimento scaturito sia dal deterioramento dell’ecosistema, sia dalla crisi del sistema economico mondiale, che ha provocato nuove forme di povertà, alle quali si aggiunge la povertà morale, di cui sono espressione le guerre in corso. La musica non vi è dubbio che possa rivestire un ruolo educativo e trasformativo in una società, come quella attuale, che sta smarrendo i suoi ineludibili valori umani. Di tale ruolo sono fermamente convinto e, per tale motivazione, ho deciso di realizzare il Festival della Canzone Cristiana”.
Papa Francesco chiede una Chiesa in ‘movimento’
“In questo crocevia che è il Belgio, voi siete una Chiesa ‘in movimento’. Infatti, da tempo state cercando di trasformare la presenza delle parrocchie sul territorio, di dare un forte impulso alla formazione dei laici; soprattutto vi adoperate per essere Comunità vicina alla gente, che accompagna le persone e testimonia con gesti di misericordia”: così papa Francesco ha iniziato l’incontro con religiosi, religiose, sacerdoti, vescovi e seminaristi nel santuario di Koekelberg, che è il quinto santuario più grande del mondo, Koekelberg, cuore pulsante della devozione popolare belga, dopo aver incontrato nella parrocchia di St. Giles, che produce anche una birra, dieci rifugiati e senza tetto che sono aiutati dalla parrocchia.
Al termine delle domande dei religiosi e religiose il papa si è soffermato su tre parole (evangelizzazione, gioia, misericordia), di cui l’evangelizzazione è l’asse portante: “La prima strada da percorrere è l’evangelizzazione. I cambiamenti della nostra epoca e la crisi della fede che sperimentiamo in Occidente ci hanno spinto a ritornare all’essenziale, cioè al Vangelo, perché a tutti venga nuovamente annunciata la buona notizia che Gesù ha portato nel mondo, facendone risplendere tutta la bellezza”.
Però la crisi è necessaria: “La crisi (ogni crisi) è un tempo che ci è offerto per scuoterci, per interrogarci e per cambiare. E’ un’occasione preziosa (nel linguaggio biblico si dice kairòs, occasione speciale) come è successo ad Abramo, a Mosè e ai profeti. Quando sperimentiamo la desolazione, infatti, sempre dobbiamo chiederci quale messaggio il Signore ci vuole comunicare. E cosa ci fa vedere la crisi? Siamo passati da un cristianesimo sistemato in una cornice sociale ospitale a un cristianesimo ‘di minoranza’, o meglio, di testimonianza”.
E l’evangelizzazione conduce alla gioia: “Non parliamo qui delle gioie legate a qualcosa di momentaneo, né possiamo assecondare i modelli dell’evasione e del divertimento consumistico. Si tratta di una gioia più grande, che accompagna e sostiene la vita anche nei momenti oscuri o dolorosi, e questo è un dono che viene dall’alto, da Dio”.
La gioia, di cui ha parlato il papa, è quella del Vangelo, citando il card. Ratzinger: “E’ la gioia del cuore suscitata dal Vangelo: è sapere che lungo il cammino non siamo soli e che anche nelle situazioni di povertà, di peccato, di afflizione, Dio è vicino, si prende cura di noi e non permetterà alla morte di avere l’ultima parola. Dio è vicino, vicinanza… Ed allora vorrei dirvi: che il vostro predicare, il vostro celebrare, il vostro servire e fare apostolato lasci trasparire la gioia del cuore, perché questo suscita domande e attira anche coloro che sono lontani. La gioia del cuore: non quel sorriso finto, del momento, la gioia del cuore”.
Infine la misericordia: “Il Vangelo, accolto e condiviso, ricevuto e donato, ci conduce alla gioia perché ci fa scoprire che Dio è il Padre della misericordia, che si commuove per noi, che ci rialza dalle nostre cadute, che non ritira mai il suo amore per noi. Fissiamo questo nel cuore: mai Dio ritira il suo amore per noi”.
Però la misericordia non cancella la giustizia: “Tuttavia la giustizia di Dio è superiore: chi ha sbagliato è chiamato a riparare i suoi errori, ma per guarire nel cuore ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio. Non dimenticatevi: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre; è con la sua misericordia che Dio ci giustifica, cioè ci rende giusti, perché ci dona un cuore nuovo, una vita nuova”.
Per questo occorre la guarigione del cuore: “Gesù ci mostra che Dio non si tiene a distanza dalle nostre ferite e impurità. Egli sa che tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato. Nessuno è perduto per sempre. È giusto, allora, seguire tutti i percorsi della giustizia terrena e i percorsi umani, psicologici e penali; ma la pena deve essere una medicina, deve portare alla guarigione. Bisogna aiutare le persone a rialzarsi, a ritrovare la loro strada nella vita e nella società. Soltanto una volta nella vita di tutti ci è permesso guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a rialzarsi. Solo così. Ricordiamoci: tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato, nessuno è perduto per sempre. Misericordia, sempre, sempre misericordia”.
Infine ha salutato i presenti raccontando un quadro di Magritte, ‘Atto di fede’: “E’ uno squarcio, che ci invita ad andare oltre, a volgere lo sguardo in avanti e in alto, a non chiuderci mai in noi stessi, mai in noi stessi. Questa è un’immagine che vi lascio, come simbolo di una Chiesa che non chiude mai le porte – per favore, non chiude mai le porte! –, che a tutti offre un’apertura sull’infinito, che sa guardare oltre. Questa è la Chiesa che evangelizza, vive la gioia del Vangelo, pratica la misericordia”.
(Foto: Santa Sede)
Monsignor Pighin: il cardinale Costantini antesignano del dialogo tra Santa Sede e Cina
“Di fronte specialmente ai Cinesi, ho creduto opportuno di non dover accreditare in alcun modo il sospetto che la religione cattolica apparisca come messa sotto tutela e, peggio ancora, come strumento politico al servizio delle nazioni europee”: così, nei suoi memoriali, il card. Celso Costantini ricordava un tratto qualificante della sua missione di primo delegato apostolico in Cina dal 1922 al 1933.
Negli ultimi decenni la memoria di questa figura geniale e profetica della Chiesa cattolica del secolo scorso è stata valorizzata da mons. Bruno Fabio Pighin, professore ordinario nella Facoltà di Diritto Canonico S. Pio X di Venezia e delegato episcopale per la causa di canonizzazione del cardinale. Ed un volume curato dal prof. Pighin, intitolato ‘Il Cardinale Celso Costantini e la Cina. Costruttore di un ‘ponte’ tra Oriente e Occidente’, esplora aspetti poco conosciuti del cardinale friulano.
Il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, nella prefazione al volume, aggiunge dettagli preziosi: “Quel percorso ha tracciato una direzione, sulla quale la Chiesa prosegue tutt’oggi, come avvenuto con l’Accordo provvisorio tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese riconfermato nel 2022. Tale Accordo, già auspicato da papa Benedetto nel 2007 e firmato sotto il pontificato di papa Francesco nel 2018, riguarda la nomina dei vescovi in Cina, in continuità ideale coi sei primi Vescovi cinesi, consacrati a Roma da Pio XI e dallo stesso Costantini nel 1926”.
Da mons. Pighin ci facciamo spiegare da dove nasce l’idea di pubblicare quest’opera: “L’iniziativa è stata voluta dall’associazione ‘Amici del Cardinale Celso Costantini’, promotrice dell’esposizione permanente dedicata a ‘Celso Costantini e la Cina’, inaugurata nel 2023 nel Museo diocesano di arte sacra di Pordenone, che intende custodire, valorizzare e rendere fruibili, anche per i posteri, i tesori culturali inestimabili legati all’insigne porporato pordenonese, molti dei quali provenienti dalla terra di Confucio”.
Quali sono i contenuti di questa pubblicazione?
“Il testo presenta un originale mosaico letterario, nel quale si evidenziano tre polarità che interagiscono tra loro. Anzitutto emerge la figura geniale di Celso Costantini, oggi riscoperta nei suoi vari profili di vescovo e poi cardinale, di scrittore, scultore, protagonista nell’arte sacra del secolo scorso, di diplomatico e di artefice di carità e di pace. Il secondo filone, intrecciato con il primo, illustra le gesta da lui compiute in Cina, dove rifondò la comunità cattolica con propri vescovi, valorizzò la grande civiltà cinese nella liturgia e nell’arte cristiana e sviluppò il dialogo con le autorità del più grande Stato dell’Asia. La terza dimensione attraversa l’intera pubblicazione con 150 fotografie di valore storico-artistico. In esse viene documentato il patrimonio culturale da lui lasciato e ora esposto permanentemente nel Museo diocesano di Pordenone”.
Per quale motivo il card. Celso Costantini è stato un costruttore di ‘ponte’ tra Oriente ed Occidente?
“Celso Costantini, primo delegato apostolico in Cina, ha creato una svolta ai rapporti della Chiesa cattolica con la terra di Confucio e poi, da segretario di Propaganda Fide, più in generale con l’Estremo Oriente. Ha inaugurato la ‘decolonizzazione’ religiosa trattando la Cina con tutta la dignità che meritava, su un piano di uguaglianza, riconoscendone la sua grande cultura e civiltà con la quale si mise in dialogo. Il suo impegno potrebbe essere definito oggi di carattere ‘transculturale’, nella consapevolezza che il Vangelo si ‘coniuga’ con ogni cultura e funge da veicolo anche per i rapporti socio-culturali a livello mondiale”.
Quale contributo offrì il card. Costantini al Concilio sinense?
“Il Primo Concilio Cinese tenutosi a Shanghai nel 1924 sarebbe stato semplicemente impensabile senza l’opera svolta per esso dal card. Celso Costantini. Anzitutto egli fece compiere una svolta di 180 gradi alla preparazione dell’assise, ponendo le basi della futura opera di evangelizzazione in Cina, mentre in precedenza l’impegno mirava a comporre un compendio delle disposizioni emanate negli ultimi tre secoli. Nella fase della celebrazione conciliare egli fu il grande protagonista nel condurlo a buon fine. Gli atti prodotti sono splendidi, grandiosi e originali nella loro forma e nel loro contenuto, considerati ovviamente nel loro contesto di un secolo fa. Infine il card. Costantini fu l’artefice principale della loro pronta attuazione, prima ancora che i decreti conciliari fossero revisionati dalla Santa Sede e poi pubblicati nel 1929”.
Per il card. Costantini cosa significava ‘evangelizzare’?
“Per il card. Celso Costantini ‘evangelizzare’ voleva dire l’opposto di ‘conquistare’, perché significava far risuonare la bellissima notizia portata da Gesù Cristo all’umanità. Il punto centrale stava nel favorire una relazione diretta delle persone con il Risorto, al fine di sperimentare il suo amore salvifico per ogni essere umano, chiamato alla dignità di diventare figlio di Dio”.
Il dialogo tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese ha portato all’accordo per la nomina dei vescovi cinesi: si può dire che il card. Costantini fu antesignano di questo dialogo?
“Il card. Celso Costantini fu più di un ‘antesignano’ di questo dialogo. Infatti, i rapporti tra la Repubblica Cinese e la Santa Sede non sono iniziati oggi, ma si collocano in un tracciato storico. Le piene relazioni diplomatiche tra lo Stato più grande dell’Asia e la Sede Apostolica, stabilite nel 1946, ebbero nel card. Costantini il principale protagonista. Esse furono poi congelate con l’avvento della rivoluzione maoista. Oggi si sta verificando un disgelo fra i due soggetti di diritto internazionale, il quale impone di affrontare problemi simili a quelli risolti con l’apporto determinante del card. Costantini. Si noti poi che l’accordo in vigore tra le due parti sovrane sulla nomina dei vescovi cinesi riguarda i presuli con i successori di quelli portati alla dignità episcopale dallo stesso card. Costantini”.
Cosa è stato il ‘metodo’ Costantini?
“Alcuni storici contemporanei hanno individuato nell’opera di Celso Costantini un metodo nuovo e originale a livello politico e diplomatico della Santa Sede. Detto metodo si basa sull’opportunità di muoversi verso una metà ben chiara tramite percorsi parziali ma sanificativi, ampliando gradualmente le aree condivise e utilizzando canali di dialogo non solo diplomatici, ma anche sociali e culturali. Questo è congeniale alla Santa Sede perché, a differenza degli altri soggetti di diritto internazionale territorialmente delimitati, essa gode di dimensioni planetarie nel governo della Chiesa cattolica che è universale”.
(Tratto da Aci Stampa)
Papa Francesco ha ringraziato la Commissione di Archeologia Sacra per le aperture delle Catacombe
Oggi papa Francesco ha incontrato i partecipanti alla Plenaria della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, in cui è avvenuta la presentazione dell’ideazione delle Giornate delle Catacombe, con il coinvolgimento delle nuove generazioni di studenti e studiosi di archeologia cristiana:
“In tal senso, l’ideazione delle Giornate delle Catacombe, con il coinvolgimento di famiglie e di ragazzi nei laboratori didattici; la presentazione delle diverse catacombe sia in programmi televisivi sia sui social media; l’assegnazione di Borse di studio; i cantieri annuali di ricerca archeologica in collaborazione con diverse Università; tutte queste iniziative contribuiscono a favorire la conoscenza delle catacombe e la loro frequentazione qualificata”.
Il papa ha collegato le catacombe al tema giubilare, oltre a possibili convegni di interesse storico e scientifico: “Ma è stato soprattutto il tema del prossimo Giubileo a occupare la vostra riflessione. In questo grande evento le catacombe cristiane saranno naturalmente una delle mete più significative.
Il tema del Giubileo, ‘Pellegrini di speranza’, trova, infatti, una sua singolare e suggestiva declinazione proprio nei percorsi catacombali. Lì si trovano i tanti segni del pellegrinaggio cristiano delle origini: penso, ad esempio, agli importantissimi graffiti della cosiddetta triclia delle catacombe di San Sebastiano, la Memoria Apostolorum, dove si veneravano insieme le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo”.
Infatti nelle catacombe si possono scoprire testimonianze della speranza della Resurrezione: “Scopriamo poi, in questi percorsi, i simboli e le raffigurazioni cristiane più antiche, che testimoniano la speranza cristiana. Nelle catacombe tutto parla di speranza, tutto: parla di vita oltre la morte, di liberazione dai pericoli e dalla morte stessa per opera di Dio, che in Cristo, il Pastore buono, ci chiama a partecipare alla beatitudine del Paradiso, evocata con figure di piante rigogliose, fiori, prati verdeggianti, pavoni e colombe, pecorelle al pascolo… Tutto parla di speranza e di vita!”
Quindi il ‘pellegrinaggio’ nelle catacombe è un itinerario esperienziale della Resurrezione: “Il pellegrinaggio nelle catacombe si configura, pertanto, come un itinerario in cui fare esperienza del senso dell’attesa e della speranza cristiana; ci ricorda che siamo tutti pellegrini, in cammino verso la meta dell’incontro con Dio, che in Cristo Risorto ci chiama a condividere la sua beatitudine e la sua pace. Le prime generazioni cristiane comunicano ed esprimono questa fede attraverso le parole augurali e le preghiere che continuamente ritornano negli epitaffi tracciati sulle tombe dei loro cari: Vivas in pace – Vivas in Deo, Vivas in Christo!”
E la speranza cristiana è testimoniata dai martiri: “La speranza cristiana viene testimoniata soprattutto dai Martiri, le cui memorie costellano i percorsi catacombali. Per questo mi rallegro vivamente con voi per la proposta di evidenziare, in vista del Giubileo, le tombe dei Martiri, proponendole ai pellegrini come tappe significative dei percorsi di visita. Sostare davanti ad esse ci fa confrontare con l’esempio coraggioso di questi cristiani, sempre attuale, e ci invita a pregare per tanti fratelli che oggi subiscono persecuzione per la fede in Cristo”.
Infine ha ringraziato la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra per aver aperto altri luoghi catacombali per le visite: “Propizia e opportuna appare, pertanto, la decisione di ampliare il numero dei siti catacombali accessibili ai pellegrini, per permettere a un maggior numero di visitarli e di rafforzarsi così nella fede e nella speranza…
Vi ringrazio per il vostro servizio e vi esorto a portarlo avanti sempre con competenza e passione. E’ un servizio alla memoria e al futuro; un servizio alle radici e all’evangelizzazione. Perché il messaggio delle catacombe parla a tutti, ai pellegrini e anche ai visitatori lontani da un’esperienza di fede”.
(Foto: Santa Sede)
Il presepe? Si può fare anche per Pasqua, l’idea in parrocchia a Tolentino
Lunedì 25 marzo, ad inizio della Settimana Santa, nella parrocchia dello ‘Spirito Santo’ di Tolentino, nella diocesi di Macerata, è stato realizzato, idea e progetto del parroco don Vitantonio Zecchino, un ‘presepe pasquale’ (visitabile fino a domenica 2 giugno), che rappresenta Gerusalemme durante i giorni della Passione di Cristo con i luoghi ricostruiti con dovizia di particolari:
“L’opera è un aiuto ed un invito a rivivere il mistero della Morte e Resurrezione di Cristo, cuore della fede cristiana, immergendosi nella Gerusalemme di Gesù dall’Ultima Cena con gli apostoli sino alla Resurrezione”. Al presepe hanno lavorato, per due mesi, alcuni volontari delle parrocchie della città provenienti da entrambe le unità pastorali di Tolentino: “E’ stata un’esperienza magnifica che apre la strada ad un cammino comune di evangelizzazione, soprattutto per i nostri giovani”.
Perché un ‘presepe’ a Pasqua?
“La tradizione del Presepe Pasquale viene da lontano: oggi è presente in modo particolare nel Nord e nel Sud Italia, al Centro non molto”.
Allora quale è la storia del Presepe Pasquale?
“La tradizione del presepe pasquale risale a molto tempo fa. Il presepe della passione era diffuso nei secoli XVIII e XIX, prima di essere quasi completamente dimenticato, nell’Europa centrale e occidentale. Solo gradualmente gli scultori del legno iniziarono a dedicarsi di nuovo a questo difficile momento, creando presepi della passione, che sono raffigurati nelle chiese, mostrando le scene di sofferenza di Gesù”.
Come è nata l’idea?
“L’idea è stata quella di ricostruire la Gerusalemme ai tempi di Gesù portando così i visitatori nei luoghi reali teatro della Passione, ma non solo: i medesimi luoghi (soprattutto il Tempio) sono scenari descritti sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, come anche il Cenacolo, testimone di tanti eventi inerenti la vita degli apostoli e della prima comunità cristiana”.
Quali sono state le fonti?
“Per la realizzazione siamo andati a ricercare notizie e indicazioni storico/archeologiche disponibili in rete incrociando le varie fonti. E’ importante sapere che dal punto di vista archeologico la veridicità dei luoghi ritrovati non è la stessa per tutti i siti: il Cenacolo, per esempio, è sicuramente quello dell’Ultima Cena e della Pentecoste, mentre non c’è certezza assoluta riguardo al litostroto (pretorio), luogo della flagellazione e della condanna di Gesù che potrebbe essere avvenuta presso la fortezza Antonia (sede della coorte romana), il palazzo di Erode (che di solito ospitava il governatore romano) o il palazzo degli Asmonei (dinastia discendente dai Maccabei).
A prescindere da questo, gli edifici ed i luoghi rappresentati nel presepe sono realizzati seguendo in modo minuzioso le ricostruzioni archeologiche ad oggi disponibili, come per il Golgota che all’epoca era una collinetta appena fuori le mura di Gerusalemme, una cava in disuso utilizzata come discarica (l’unica struttura non realizzata per motivi di tempo è la casa di Caifa)”.
Quale importanza riveste nel cristianesimo un presepe pasquale?
“Nel Cristianesimo la funzione del presepe pasquale può essere quella di ‘raccordo’ tra le Scritture ed i luoghi teatro degli avvenimenti descritti, ovviamente se realizzato rispettando le fonti disponibili. Molto spesso ascoltando la Parola di Dio, letta nella Bibbia, le persone fanno molta fatica a ‘calarsi’ fisicamente e storicamente nei luoghi descritti, aspetto questo fondamentale per comprendere che la storia della Salvezza è una storia concreta fatta di luoghi e persone concrete, realmente esistiti, perché Dio opera nella storia concreta delle persone, i fatti della storia di ciascuno di noi sono Parola di Dio per noi. Leggere, per esempio, della presentazione di Gesù al Tempio conoscendo il Tempio, com’era costruito, quali erano gli spazi e come erano utilizzati, aiuta sicuramente a non vivere quell’evento come un racconto, ma bensì come un fatto storico, reale, come l’Ultima Cena o la Pentecoste. Conoscere e vivere i luoghi reali della vita di Gesù aiuta sicuramente ad entrare molto più in profondità nelle Scritture e nel Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo”.
Questa realizzazione può essere un mezzo per evangelizzare?
“Il presepe pasquale può certamente essere un mezzo di evangelizzazione, anche e soprattutto per i bambini, che restano ammaliati davanti al presepe (è bellissimo ammirare il loro sguardo sbalordito), quasi increduli. E’ un grande aiuto anche per l’evangelizzazione dei giovani, che forse più di altri fanno tanta fatica a ‘calarsi’ nella Parola di Dio, la sentono distante da loro, come se ascoltassero un racconto tra le tante storie di fantasia che guardano nei film o leggono nei libri.
E’ invece fondamentale che possano toccare con mano i fatti della storia della Salvezza, conoscere Gesù per quello che è, il Figlio di Dio fatto uomo, un uomo concreto come noi, come loro, che ha dato la Sua vita per amore nostro in totale obbedienza al Padre, versando il Suo sangue perché noi fossimo liberati dal peso del peccato, perché potessimo essere davvero felici nella nostra vita”.
(Tratto da Aci Stampa)
Papa Francesco invita a leggere il tempo favorevole
Questa mattina papa Francesco ha ricevuto al Palazzo Apostolico i partecipanti alla plenaria del Dicastero per l’Evangelizzazione – Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo ed ha soffermato il discorso, letto da mons. Ciampanelli, sulla ‘spiritualità della misericordia’, come contenuto fondamentale nell’opera di evangelizzazione con un particolare pensiero alle Chiese locali:
“Il primo pensiero va alla condizione in cui versano diverse Chiese locali dove il secolarismo dei decenni passati ha creato enormi difficoltà: dalla perdita del senso di appartenenza alla comunità cristiana, all’indifferenza per quanto concerne la fede e i suoi contenuti. Sono problemi seri, con cui tanti fratelli ogni giorno devono confrontarsi, ma non bisogna perdersi d’animo”.
Nonostante il secolarismo, il papa ha invitato a ‘leggere’ bene questo tempo ‘favorevole’: “Il secolarismo è stato studiato e si sono scritte valanghe di pagine in proposito. Conosciamo gli effetti negativi che ha prodotto, ma questo è il tempo favorevole per comprendere quale risposta efficace siamo chiamati a dare alle giovani generazioni perché possano recuperare il senso della vita”.
Il centro della riflessione papale è la libertà: “Il richiamo all’autonomia della persona, avanzato come una delle pretese del secolarismo, non può essere teorizzato come indipendenza da Dio, perché è proprio Dio che garantisce la libertà all’agire personale.
E riguardo alla nuova cultura digitale, che presenta tanti aspetti interessanti per il progresso dell’umanità (pensiamo alla medicina e alla salvaguardia del creato), essa porta con sé anche una visione dell’uomo che appare problematica se riferita all’esigenza di verità che alberga in ogni persona, unita all’esigenza di libertà nei rapporti interpersonali e sociali”.
Quindi occorre recuperare la trasmissione della fede: “A tale scopo è urgente recuperare un’efficace relazione con le famiglie e con i centri di formazione. La fede nel Signore risorto, che è il cuore dell’evangelizzazione, per essere trasmessa richiede un’esperienza significativa vissuta in famiglia e nella comunità cristiana come incontro con Gesù Cristo che cambia la vita. Senza questo incontro, reale ed esistenziale, si sarà sempre sottoposti alla tentazione di fare della fede una teoria e non una testimonianza di vita”.
In questa trasmissione di fede fondamentale è la catechesi attraverso il nuovo Direttorio, elaborato nel 2020: “Esso è uno strumento valido e può essere efficace, non solo per il rinnovamento della metodologia catechistica, ma direi soprattutto per il coinvolgimento della comunità cristiana nel suo insieme. In questa missione, un ruolo specifico è affidato a coloro che hanno ricevuto e riceveranno il ministero di Catechista, per essere rafforzati nel loro impegno al servizio dell’evangelizzazione”.
E’ stato un invito ai vescovi per accompagnare sempre più al ministero di catechista: “Auspico che i Vescovi sappiano alimentare e accompagnare le vocazioni a tale ministero, soprattutto tra i giovani, per consentire che sia ridotto il divario tra le generazioni e la trasmissione della fede non appaia come un compito affidato solo alle persone anziane.
In questo senso, vi incoraggio a trovare le forme perché il Catechismo della Chiesa Cattolica possa continuare ad essere conosciuto, studiato, valorizzato, così che se ne traggano le risposte alle nuove esigenze che si manifestano con il passare dei decenni”.
Inoltre nell’evangelizzazione è necessaria la ‘spiritualità della misericordia’: “La misericordia di Dio non viene mai meno e noi siamo chiamati a testimoniarla e a farla, per così dire, circolare nelle vene del corpo della Chiesa. Dio è misericordia: questo messaggio perenne è stato rilanciato con forza e modalità rinnovate da san Giovanni Paolo II per la Chiesa e l’umanità all’inizio del terzo millennio. La pastorale dei Santuari, che è una vostra competenza, richiede di essere impregnata di misericordia, perché quanti giungono in quei luoghi vi possano trovare delle oasi di pace e serenità”.
Fondamentali sono i ‘Missionari della misericordia’ per il sacramento della Riconciliazione: “Ministri di Dio che non solo attende ma va incontro, va in cerca, perché è Padre misericordioso, non padrone, è buon Pastore, non mercenario, ed è pieno di gioia quando può accogliere una persona che ritorna, oppure la ritrova mentre va errando nei suoi labirinti.
Quando l’evangelizzazione è compiuta con l’unzione e lo stile della misericordia trova maggior ascolto, e il cuore si apre con più disponibilità alla conversione. Si è toccati, infatti, in ciò di cui sentiamo di avere più bisogno, cioè l’amore puro, gratuito, che è sorgente di vita nuova”.
Eppoi ha chiesto di prepararsi al Giubileo, che invita a vivere la speranza: “Tra qualche settimana renderò pubblica la Lettera Apostolica per la sua indizione ufficiale: auspico che quelle pagine possano aiutare molti a riflettere e soprattutto a vivere concretamente la speranza.
Questa virtù teologale è stata vista poeticamente come la ‘sorella più piccola’ in mezzo alle altre due, fede e carità, ma senza la quale queste due non vanno avanti, non esprimono al meglio sé stesse. Il popolo santo di Dio ne ha tanto bisogno!”
Però nel frattempo ha invitato a non dimenticare la speranza attraverso l’intensificazione della preghiera: “E non dimentichiamo che questo anno che precede il Giubileo è dedicato alla preghiera. Abbiamo bisogno di riscoprire la preghiera come esperienza di stare alla presenza del Signore, di sentirci compresi, accolti e amati da Lui.
Come ci ha insegnato Gesù, non si tratta di moltiplicare le nostre parole quanto, piuttosto, di dare spazio al silenzio per ascoltare la sua Parola e accoglierla nella nostra vita. Incominciamo noi, fratelli e sorelle, a pregare di più, a pregare meglio, alla scuola di Maria e dei santi e delle sante”.
(Foto: Santa Sede)
San Bonaventura: contemplare Dio nella creazione
In occasione del 750° anniversario della morte di san Bonaventura, che ricorre il prossimo 15 luglio, è stata pubblicata sul sito dell’ordine dei frati minori la Lettera dei Ministri generali del Primo Ordine e del Terz’Ordine Regolare, in onore del frate teologo e mistico, firmata dai quattro Ministri generali: Fr. Massimo Fusarelli, Fr. Roberto Genuin, Fr. Carlos Alberto Trovarelli e Fr. Amando Trujillo Cano, per ricordare il suo amore per la Chiesa: