Papa Francesco: Ulaanbaatar luogo di dialogo internazionale

Ritornato dal viaggio apostolico in Mongolia papa Francesco si è recato nella basilica di Santa Maria Maggiore, dove ha sostato in preghiera davanti all’icona della Vergine ‘Salus populi romani’. E, come di consueto, nel viaggio di ritorno il papa ha risposto alle domande dei giornalisti, facendo il punto della situazione:
“«’idea di visitare la Mongolia mi è venuta pensando alla piccola comunità cattolica. Io faccio questi viaggi per visitare le comunità cattoliche e anche per entrare in dialogo con la storia e la cultura dei popoli, con quella che è la mistica propria di un popolo. E’ importante che l’evangelizzazione non vada concepita come proselitismo. Il proselitismo restringe sempre. Papa Benedetto ha detto che la fede non cresce per proselitismo ma per attrazione.
L’annuncio evangelico entra in dialogo con la cultura. C’è una evangelizzazione della cultura e anche una inculturazione del Vangelo. Perché i cristiani esprimono i loro valori cristiani anche con la cultura del proprio popolo. Questo è tutto il contrario di quella che sarebbe una colonizzazione religiosa.
Per me il viaggio era conoscere questo popolo, entrare in dialogo con questo popolo, ricevere la cultura di questo popolo e accompagnare la Chiesa nel suo cammino con molto rispetto della cultura di questo popolo. E sono soddisfatto del risultato”.
Per il papa la capitale mongola, Ulaanbaatar, può diventare un luogo per il dialogo internazionale tra Europa e Asia: “Ma voi avete una cosa molto interessante, che anche favorisce questo dialogo e mi permetto di chiamarla la ‘mistica del terzo vicino’, che vi fa andare avanti in una politica del terzo vicino. Tu pensa che Ulaanbaatar è la capitale di un Paese più lontana dal mare, e possiamo dire che la vostra terra è tra due grandi potenze, la Russia e la Cina.
E per questo la vostra mistica è cercare di dialogare anche con i ‘terzi vicini’: non per disprezzo verso questi due, perché avete buoni rapporti con ambedue, ma per l’ansia di universalità, di far vedere i propri valori a tutto il mondo, e anche ricevere dagli altri i loro valori perché vi porti a dialogare.
E’ curioso che nella storia andare a cercare altre terre, tante volte si confondeva con il colonialismo, o con l’entrare per dominare, sempre. Invece voi, con questa mistica del terzo vicino avete questa filosofia di andare a cercare per dialogare. A me è piaciuta molto questa espressione del terzo vicino. E’ una vostra ricchezza”.
Non poteva mancare una domanda sulla guerra tra Ucraina e Russia e la ‘posizione’ della Chiesa: “La missione del cardinale Zuppi è una missione di pace che io ho assegnato. E lui ha fatto un piano che prevedeva di visitare Mosca, Kyiv, Stati Uniti e anche Pechino. Il cardinale Zuppi è un uomo di grande dialogo e di visione universale, lui ha nella sua storia l’esperienza del lavoro fatto in Mozambico nella ricerca della pace e per questo ho inviato lui”.
Ed i rapporti con la Cina: “I rapporti con la Cina sono molto rispettosi, molto rispettosi. Personalmente ho una grande ammirazione per il popolo cinese, i canali sono molto aperti, per la nomina dei vescovi c’è una commissione che da tempo lavora con il governo cinese e con il Vaticano, poi ci sono tanti o meglio ci sono alcuni preti cattolici o intellettuali cattolici che sono invitati spesso nelle università cinesi a tenere corsi.
Credo che dobbiamo andare avanti nell’aspetto religioso per capirci di più e che i cittadini cinesi non pensino che la Chiesa non accetta la loro cultura e i loro valori e che la Chiesa dipenda di un’altra potenza straniera. Questa strada amichevole la sta facendo bene la commissione presieduta dal cardinale Parolin: stanno facendo un bel lavoro, anche da parte cinese, i rapporti sono in cammino. Io ho un grande rispetto per il popolo cinese”.
Inoltre ha affrontato anche i rapporti con il Vietnam: “Il Vietnam è una delle esperienze di dialogo molto belle che ha fatto la Chiesa negli ultimi tempi. Direi che è come una simpatia nel dialogo. Ambedue le parti hanno avuto la buona volontà di capirsi e di cercare strade per andare avanti, ci sono stati dei problemi, ma nel Vietnam vedo che prima o poi i problemi si superano.
Poco tempo fa con il Presidente del Vietnam abbiamo parlato liberamente. Io sono molto positivo sui rapporti con il Vietnam; sono anni che si sta facendo un bel lavoro. Ricordo quattro anni fa, sono venuti in visita un gruppo di parlamentari vietnamiti: un bel dialogo con loro, molto rispettosi.
Quando una cultura si apre, c’è possibilità di dialogo, se c’è chiusura o sospetti, il dialogo è molto difficile. Con il Vietnam il dialogo è aperto, con i suoi più e i suoi meno, ma è aperto e lentamente si va avanti”.
Inoltre ha prospettato per il futuro un viaggio apostolico nel Paese, mentre ha confermato i viaggi già confermati: “Sul viaggio in Vietnam, se non andrò io, di sicuro andrà Giovanni XXIV. E’ sicuro che ci sarà, perché è una terra che merita di andare avanti, che ha la mia simpatia. Sugli altri viaggi c’è Marsiglia e poi c’è qualcuno in un Paese piccolo dell’Europa e stiamo vedendo se possiamo farlo ma, dico la verità, per me adesso fare un viaggio non è tanto facile come all’inizio, ci sono delle limitazioni nel camminare e questo limita, ma vediamo”.
Inoltre ha chiarito anche la ‘contestata’ frase nel dialogo con i giovani russi: “Mettiamo dove è stata fatta la cosa: un dialogo con i giovani russi. Ed alla fine del dialogo io ho dato un messaggio a loro, un messaggio che ripeto sempre: di farsi carico della loro eredità. Punto primo: prendete la vostra eredità. Lo stesso che dico dappertutto. Ed anche con questa visione io cerco di fare il dialogo tra nonni e nipoti: che i nipoti prendano l’eredità. Questo lo dico dappertutto e questo è stato il messaggio”.
Le parole del papa sono chiare su cultura ed imperialismo: “Ed io non pensavo all’imperialismo quando ho detto quello, ho parlato della cultura, e la trasmissione della cultura mai è imperiale, mai; è sempre dialogare, e parlavo di questo. E’ vero che ci sono degli imperialismi che vogliono imporre la loro ideologia.
Mi fermo qui: quando la cultura viene distillata e trasformata in ideologia, questo è il veleno. Si usa la cultura, ma distillata in ideologia. Questo bisogna distinguere, quando è la cultura di un popolo e quando sono le ideologie che sorgono poi per qualche filosofo, qualche politico di quel popolo. E questo lo dico per tutti, anche per la Chiesa.
Dentro la Chiesa tante volte si mettono le ideologie, che staccano la Chiesa dalla vita che viene dalla radice e va in su; staccano la Chiesa dall’influsso dello Spirito Santo. Un’ideologia è incapace di incarnarsi, è idea soltanto. Ma l’ideologia prende posto e si fa politica, di solito diventa dittatura, no? diviene incapacità di dialogo, di andare avanti con le culture.
E gli imperialismi fanno questo. L’imperialismo sempre si consolida in base a un’ideologia. Dobbiamo distinguere anche nella Chiesa tra dottrina e ideologia: la vera dottrina mai è ideologica, mai; è radicata nel santo popolo fedele di Dio; invece l’ideologia è staccata dalla realtà, staccata dal popolo…”.
Ed infine una domanda sulle periferie: “Tu con questo parli delle periferie come le baraccopoli: si deve andare avanti, andare lì e lavorare lì, come si faceva a Buenos Aires con i sacerdoti che lavoravano da queste parti: un’equipe di sacerdoti con un vescovo ausiliare alla testa e si lavora lì.
Dobbiamo essere aperti a questo, i governi devono essere aperti, tutti i governi del mondo, ma ci sono delle periferie che sono tragiche. Torno su una periferia scandalosa che si cerca di coprire: quella dei Rohingya.
I Rohingya soffrono, non sono cristiani, sono musulmani, ma soffrono perché sono stati convertiti in periferia, sono stati cacciati via. Dobbiamo vedere i diversi tipi di periferie e anche imparare che la periferia è dove la realtà umana è più evidente e meno sofisticata, ma si percepisce meglio…
Dobbiamo interloquire con le periferie e i governi devono fare la giustizia sociale vera, la vera giustizia sociale, con le diverse periferie sociali e anche con le periferie ideologiche andare ad interloquire, perché tante volte è qualche squisita periferia ideologica quella che provoca le periferie sociali. Il mondo delle periferie non è facile”.
(Foto: Vatican News)