Il papa visita un centro di carità e racconta la storia di san Giovanni di Dio

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Mentre Lisbona si prepara alla veglia conclusiva della GMG questa mattina papa Francesco ha partecipato all’incontro con i rappresentanti di alcuni centri di assistenza e carità nel Centro parrocchiale di Serafina dei Padri Missionari della Consolata, salutando un bambino su una sedia a rotelle e pronunciando un breve discorso, dopo l’ascolto delle testimonianze:

“E’ bello essere qui insieme nel contesto della Giornata Mondiale della Gioventù, mentre guardiamo alla Vergine che si alza per andare ad aiutare. La carità, infatti, è l’origine e la meta del cammino cristiano, e la vostra presenza, realtà concreta di ‘amore in azione’, ci aiuta a non dimenticare la rotta, il senso di quello che stiamo facendo sempre”.

E delle testimonianze ascoltate ha sottolineato alcuni aspetti: “Grazie per le vostre testimonianze, delle quali vorrei sottolineare tre aspetti: fare il bene insieme, agire concretamente e stare vicini ai più fragili. Ossia, fare il bene insieme, agire concretamente, non solo con idee, bensì concretamente, stare vicino ai più fragili”.

Per il papa la parola ‘insieme’ è importante per affrontare la malattia: “Primo: fare il bene insieme. ‘Insieme’ è la parola chiave, che è stata ripetuta tante volte negli interventi. Vivere, aiutare e amare insieme: giovani e adulti, sani e malati, insieme. João ci ha detto una cosa molto importante: che non bisogna lasciarsi ‘definire’ dalla malattia, ma farne parte viva del contributo che diamo all’insieme della comunità.

E’ vero: non dobbiamo lasciarci ‘definire’ dalla malattia o dai problemi, perché noi non siamo una malattia, non siamo o un problema: ciascuno di noi è un regalo, è un dono, un dono unico, con i suoi limiti, ma un dono, un dono prezioso e sacro per Dio, per la comunità cristiana e per la comunità umana. Allora, così come siamo, arricchiamo l’insieme e lasciamoci arricchire dall’insieme!”

La seconda parola messa in evidenza ha riguardato l’azione, come ha ricordato il parroco di quella parrocchia: “Anche questo è importante. Come ci ha ricordato don Francisco, citando san Giovanni XXIII, la Chiesa non è un museo di archeologia. Alcuni la pensano così, ma non lo è. E’ l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi come a quelle future.

La fontana serve per placare la sete delle persone che arrivano, con il peso del viaggio o della vita e sono concretezza. Concretezza, dunque, attenzione al ‘qui ed ora’, come già fate, con cura dei particolari e senso pratico, belle virtù tipiche del popolo portoghese”.

Il lamento non fa osservare cose meravigliose: “Quando non si perde tempo a lamentarsi della realtà, ma ci si preoccupa di andare incontro ai bisogni concreti, con gioia e fiducia nella Provvidenza, accadono cose meravigliose. Lo testimonia la vostra storia: dall’incontro con lo sguardo di un anziano sulla strada nasce un centro di carità ‘a tutto tondo’, come quello in cui ci troviamo; da una sfida morale e sociale, la ‘campagna per la vita’, nasce un’associazione che aiuta mamme e famiglie in attesa, bambini, ragazzi e giovani in difficoltà, perché, come ci ha raccontato Sandra, trovino un progetto di vita sicuro;

dall’esperienza della malattia nasce una comunità di sostegno a chi affronta la battaglia contro il cancro, specialmente ai bambini, affinché, come ci ha detto João, ‘l’evoluzione della cura e la migliore qualità della vita diventino per loro una realtà’. Grazie per quello che fate!”

Il terzo aspetto è stato l’invito a stare vicino alle persone ‘fragili’: “Tutti siamo fragili e bisognosi, ma lo sguardo di compassione del Vangelo ci porta a vedere le necessità di chi ha più bisogno. E a servire i poveri, i prediletti di Dio che si è fatto povero per noi: gli esclusi, gli emarginati, gli scartati, i piccoli, gli indifesi.

Sono loro il tesoro della Chiesa, sono i preferiti di Dio! E, tra di loro, ricordiamoci di non fare differenze. Per un cristiano, infatti, non ci sono preferenze di fronte a chi bussa bisognoso alla porta: connazionali o stranieri, appartenenti a un gruppo o ad un altro, giovani o anziani, simpatici o antipatici”.

Ed ha raccontato la storia di san Giovanni di Dio: “Ed, a proposito di carità, vorrei ora raccontarvi una storia, specialmente a voi bambini, che forse non la conoscete. E’ la storia, veramente accaduta, di un giovane portoghese vissuto molto tempo fa. Si chiamava Giovanni Ciudad ed abitava a Montemor-o-Novo.

Sognava una vita avventurosa e così, da ragazzo, partì da casa in cerca della felicità. La trovò dopo tanti anni e molte avventure, quando incontrò Gesù. E fu così felice della scoperta che decise di cambiare perfino il nome e di chiamarsi, da allora in poi, non più Giovanni Ciudad, ma Giovanni di Dio”.

Però la gente di quel tempo lo emarginò, credendolo pazzo: “Pensavano che fosse matto e lo chiusero in un manicomio. Ma lui non si demoralizzò, perché l’amore non si arrende, perché chi segue Gesù non perde la pace e non si piange addosso. E proprio lì, in manicomio, portando la croce, arrivò l’ispirazione di Dio.

Giovanni si rese conto di quanto i malati avessero bisogno di aiuto e, quando finalmente lo lasciarono uscire, dopo alcuni mesi, cominciò a prendersi cura di loro con altri compagni, fondando un ordine religioso: i ‘Fratelli Ospedalieri’, da cui derivò il nome ‘Fatebenefratelli’: “Che bel nome, che insegnamento importante! Aiutare gli altri è un dono per sé e fa bene a tutti. Sì, amare è un dono per tutti!”

Ed ha concluso l’incontro ribadendo che l’amore in astratto non esiste: “Non esiste amore astratto, non esiste. L’amore platonico sta in orbita, non sta nella realtà. L’amore concreto, quello che si sporca le mani.

Ognuno di noi può chiedere: l’amore che io sento per tutti quelli che stanno qui, quello che sento per gli altri, è concreto o astratto? Quando io do la mano a una persona bisognosa, ad un malato, ad un emarginato, dopo aver dato la mano, faccio subito così per non contagiarmi?”

Mentre ad inizio mattinata il papa ha confessato tre giovani a Praça do Imperio, dove sono stati allestiti 150 confessionali preparati dai detenuti del carcere di Paços de Ferreira.

A termine della mattinata papa Francesco ha pranzato nella Nunziatura Apostolica di Lisbona con Sebastião, Clara Ysabel, Joana, Luis Carlos, Beatriz, Pedro, Audrey, Hannah, Karam, Maria Magdalena: .giovani di diversa età (dai 34 ai 24 anni) e di diversa nazionalità (portoghesi, brasiliani, guineiani, filippini e anche un palestinese), secondo una tradizione che da anni si ripete in ogni GMG.

(Foto: Santa Sede)

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