A Pordenone un’ala del museo diocesano dedicata al cardinale Costantini e alla Cina
Nei mesi scorsi al Museo diocesano di arte sacra di Pordenone è stata inaugurata una sezione permanente dedicata al ‘Cardinale Celso Costantini e la Cina’, che si colloca nello spazio interculturale che unisce Oriente e Occidente, un ‘unicum’ per il grande numero di opere artistiche cinesi e per il loro alto livello qualitativo. La sezione ha richiesto oltre 10 anni di lavoro, sotto la guida di mons. Bruno Fabio Pighin, esperto del card. Costantini e delle condizioni della Chiesa cattolica in Cina.
A mons. Bruno Fabio Pighin, docente ordinario di diritto canonico nella Facoltà di Diritto Canonico di Venezia e direttore scientifico della sezione ‘Il Cardinale Celso Costantini e la Cina’ nel Museo Diocesano di Arte Sacra in Pordenone, chiediamo di spiegarci l’idea di aprire un’esposizione permanente dedicata al cardinale Celso Costantini:
“La Santa Sede nel 2008 suggerì l’idea di dedicare al cardinale Celso Costantini un’esposizione permanente. A farsi carico dell’iniziativa fu la sua diocesi Concordia-Pordenone, nella quale egli era nato e della quale era stato vicario generale. Il progetto ebbe una gestazione lunga, perché si trattava di creare gli spazi espositivi idonei, che sono stati ricavati con l’ampliamento e la ristrutturazione del Museo Diocesano di Arte Sacra esistente in Pordenone dal 1995”.
Quali sono le caratteristiche delle opere che sono esposte in questa sezione?
“La nuova rassegna è imperniata su quattro cardini: sul personaggio Celso Costantini che, al culmine della sua carriera ecclesiastica, divenne cancelliere di Santa Romana Chiesa; sul protagonista nell’arte sacra del secolo XX prima del Vaticano II, concilio da lui stesso invocato fin dal 1939; sull’artefice di carità e pace, basti pensare che salvò la vita all’on. Alcide De Gasperi ed a molte altre persone nelle due guerre mondiali; infine, sulla sua ‘rivoluzione’ da lui prodotta nella Chiesa in Cina, da lui rifondata con propri vescovi e altro clero indigeno”.
Perché si ‘appassionò’ del popolo cinese?
“Mons. Costantini, che fu il primo vescovo a Fiume (ora in Croazia) dove aveva fronteggiato Gabriele D’Annunzio, scongiurando un bagno di sangue alla città martoriata, fu scelto da papa Pio XI per una missione difficilissima, tenuta segreta fino al suo arrivo in Cina nel 1922: là fu inviato in qualità di primo Delegato apostolico a Pechino. Nel 1924 a Shanghai egli presiedette, come legato del Papa, il Primo Concilio Cinese (finora unico) che diede una svolta all’attività missionaria nel Paese più popolato del mondo.
In detto Concilio venne approvata, non senza resistenze da parte dei missionari occidentali, la sua strategia: liberare le missioni dall’abbraccio mortale delle potenze coloniali (Francia in particolare); promuovere il clero indigeno a tutti i livelli; far entrare la linfa del Vangelo nelle ‘vene’ della società cinese, mediante un’opera di inculturazione cristiana”.
Quanto ha influito nella sua missione il beato Odorico da Pordenone?
“Il beato Odorico da Pordenone, conterraneo di Celso Costantini, ma vissuto sei secoli prima del secondo, venne da lui considerato ‘suo precursore e suo protettore’. Infatti mons. Costantini tornò dalla Cina nel 1931 allo scopo di presiedere le celebrazioni dei 600 anni dalla morte del beato pordenonese. Tuttavia, i tempi, le condizioni e problemi che caratterizzarono le attività dei due ‘missionari in Cina’ non sono confrontabili tra loro”.
Ebbe conoscenza delle missioni del beato Tommaso da Tolentino e di p. Matteo Ricci?
“Il cardinale Costantini aveva una profonda conoscenza della storia delle missioni cattoliche, come dimostrano i tanti suoi scritti. Questo sapere venne da lui acquisito gradualmente e fu perfezionato durante i 18 anni di attività come Segretario della Sacra Congregazione della Propaganda Fide.
Egli scrisse con sentimenti di devozione e ammirazione sulle imprese del beato Tommaso da Tolentino e del gesuita padre Matteo Ricci, che però non riuscirono a compiere le gesta storiche indelebili da lui realizzate per la Chiesa in Cina”.
Quanto è stato importante il card. Costantini nel dialogo della Santa Sede con la Cina?
“La figura e l’opera di Celso Costantini sono state essenziali nel dialogo tra la Santa Sede e la Repubblica Cinese. Gli storici attuali lo riconoscono come il principale tessitore della trama che portò nel 1946 allo stabilimento delle piene relazioni diplomatiche tra le due parti.
Il Segretario di Stato di Sua Santità, il card. Pietro Parolin, ha dichiarato che Celso Costantini ‘rimane una fonte di ispirazione e un modello di estrema attualità’ per risolvere positivamente i problemi che impegnano tutt’ora il dialogo tra i due soggetti di diritto internazionale”.
Per lui quanto era importante l’opera d’arte nell’annuncio del Vangelo?
“Il Cardinale Celso Costantini fu un protagonista nell’arte sacra del suo tempo. Fu scultore apprezzato a livello nazionale, scrittore noto in materia anche all’estero, promotore di un rinnovamento a livello planetario sulla base del trinomio ‘fede-arte-culture’.
Sottolineo ‘culture’ al plurale, nel rispetto dei linguaggi propri delle varie nazioni, anzi promuovendo la sintesi tra Vangelo e il patrimonio delle varie civiltà, senza alterare il primo e senza mortificare le seconde, anche favorendo la loro valorizzazione”.
Come si snoda il percorso espositivo nel museo?
“L’itinerario si sviluppa come un ‘filo rosso’ che attraversa l’intero museo diocesano in Pordenone. Prende le mosse da alcuni pannelli esplicativi sulla vita del cardinale Costantini, i quali fanno da preludio ad una sala dedicata alle opere storico-artistiche legate all’insigne personaggio, alle imprese da lui compiute in Cina e al loro contesto storico. Il percorso giunge poi all’area del cospicuo ‘Fondo professor Antonio Bozzetto’.
Il traguardo è segnato nell’adiacente Auditorium, che nel corso dell’inaugurazione è stato intitolato al porporato pordenonese. Tale Auditorium ospita due sculture raffiguranti Celso Costantini, raffinati dipinti ed enormi drappi cinesi in raso di seta ricamati nei secoli XVIII-XIX con fili d’oro e policromi, ricchi di simboli della civiltà prosperata nella terra dei Mandarini, con la quale Costantini sviluppò un intenso dialogo interculturale e interreligioso”.
(Tratto da Aci Stampa)