L’Instrumentum Laboris traccia una Chiesa sinodale

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“Sulla base di tutto il materiale raccolto durante la fase dell’ascolto, e in particolare dei Documenti finali delle Assemblee continentali, è stato redatto il presente Instrumentum Laboris. Con la sua pubblicazione si chiude la prima fase del Sinodo ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione’, e si apre la seconda, articolata nelle due sessioni in cui si svolgerà la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023 e ottobre 2024).

Il suo obiettivo sarà di rilanciare il processo e di incarnarlo nella vita ordinaria della Chiesa, identificando su quali linee lo Spirito ci invita a camminare con maggiore decisione come Popolo di Dio. Camminare insieme come Popolo di Dio, nella fedeltà alla missione che il Signore ha affidato alla Chiesa, è il dono e il frutto che chiediamo per la prossima Assemblea”.

Presentato nei giorni scorsi l’Instrumentum Laboris del cammino sinodale cerca di aprire ‘orizzonti di speranza’, individuando le peculiarità delle situazioni che la Chiesa vive nelle regioni del mondo: “dalle troppe guerre che insanguinano il nostro pianeta e richiedono di rinnovare l’impegno per la costruzione di una pace giusta, alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici con la conseguente priorità della cura per la casa comune; da un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianza e ‘scarto’ alla pressione omologante del colonialismo culturale che schiaccia le minoranze;

dall’esperienza di subire la persecuzione sino al martirio a un’emigrazione che svuota progressivamente le comunità minacciandone la stessa sopravvivenza; dal crescente pluralismo culturale che marca ormai l’intero pianeta all’esperienza delle comunità cristiane che rappresentano minoranze sparute all’interno del Paese in cui vivono, fino a quella di fare i conti con una secolarizzazione sempre più spinta, e talora aggressiva, che sembra ritenere irrilevante l’esperienza religiosa, ma non per questo smette di avere sete della Buona Notizia del Vangelo”.

Il documento ha sottolineato la ‘cattolicità’della Chiesa: “Poi abbiamo potuto toccare con mano la cattolicità della Chiesa, che, nelle differenze di età, sesso e condizione sociale, manifesta una straordinaria ricchezza di carismi e vocazioni ecclesiali e custodisce un tesoro di varietà di lingue, culture, espressioni liturgiche e tradizioni teologiche.

Esse rappresentano il dono che ciascuna Chiesa locale offre a tutte le altre, e il dinamismo sinodale è un modo per metterle in relazione e valorizzarle senza schiacciarle nell’uniformità. Ugualmente abbiamo scoperto che, pur nella varietà dei modi in cui la sinodalità è sperimentata e compresa nelle diverse parti del mondo sulla base della comune eredità della Tradizione apostolica, ci sono interrogativi condivisi: fa parte della sfida discernere a quale livello è più opportuno affrontare ciascuno di essi.

Altrettanto condivise sono alcune tensioni. Non dobbiamo esserne spaventati, né cercare di risolverle a tutti i costi, ma impegnarci in un costante discernimento sinodale: solo in questo modo le tensioni possono diventare fonti di energia e non scadere in polarizzazioni distruttive”.

Ed ha delineato i segni caratteristici della Chiesa sinodale: “Con grande forza da tutti i continenti emerge la consapevolezza che una Chiesa sinodale si fonda sul riconoscimento della dignità comune derivante dal Battesimo, che rende coloro che lo ricevono figli e figlie di Dio, membri della sua famiglia, e quindi fratelli e sorelle in Cristo, abitati dall’unico Spirito e inviati a compiere una comune missione…

Il Battesimo crea così una vera corresponsabilità tra i membri della Chiesa, che si manifesta nella partecipazione di tutti, con i carismi di ciascuno, alla missione e all’edificazione della comunità ecclesiale. Non si può comprendere una Chiesa sinodale se non nell’orizzonte della comunione che è sempre anche missione di annunciare e incarnare il Vangelo in ogni dimensione dell’esistenza umana.

Comunione e missione si alimentano nella comune partecipazione all’Eucarestia che fa della Chiesa un corpo ‘ben compaginato e connesso’ in Cristo, in grado di camminare insieme verso il Regno”.

Per questo la Chiesa sinodale è Chiesa di ascolto: “Questa consapevolezza è frutto dell’esperienza del cammino sinodale, che è un ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto della Parola, l’ascolto degli eventi della storia e l’ascolto reciproco tra le persone e tra le comunità ecclesiali, dal livello locale a quello continentale e universale.

Per molti, la grande sorpresa è stata proprio l’esperienza di essere ascoltati dalla comunità, in alcuni casi per la prima volta, ricevendo così un riconoscimento del proprio valore che testimonia l’amore del Padre per ciascuno dei suoi figli e delle sue figlie. L’ascolto dato e ricevuto ha uno spessore teologale ed ecclesiale, e non solo funzionale, sull’esempio di come Gesù ascoltava le persone che incontrava.

Questo stile di ascolto è chiamato a segnare e trasformare tutte le relazioni che la comunità cristiana instaura tra i suoi membri, con le altre comunità di fede e con la società nel suo complesso, in particolare nei confronti di coloro la cui voce è più frequentemente ignorata”.

Quindi una Chiesa che ha il desiderio dell’umiltà: “Come Chiesa dell’ascolto, una Chiesa sinodale desidera essere umile, e sa di dover chiedere perdono e di avere molto da imparare. Alcuni documenti raccolti lungo la prima fase hanno rilevato che il cammino sinodale è necessariamente penitenziale, riconoscendo che non sempre abbiamo vissuto la dimensione sinodale costitutiva della comunità ecclesiale.

Il volto della Chiesa oggi porta i segni di gravi crisi di fiducia e di credibilità. In molti contesti, le crisi legate agli abusi sessuali, economici, di potere e di coscienza hanno spinto la Chiesa a un esigente esame di coscienza ‘perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, non cessi di rinnovare se stessa’, in un cammino di pentimento e di conversione che apre percorsi di riconciliazione, guarigione e giustizia”.

E’ una Chiesa accogliente: “Vissuta in una diversità di contesti e culture, la sinodalità si rivela una dimensione costitutiva della Chiesa fin dalle sue origini, anche se ancora in via di compimento. Anzi, essa preme per essere attuata sempre più pienamente, esprimendo una chiamata radicale alla conversione, al cambiamento, alla preghiera e all’azione che è rivolta a tutti. In questo senso, una Chiesa sinodale è aperta, accogliente e abbraccia tutti.

Non c’è confine che questo movimento dello Spirito non senta di dover oltrepassare, per attirare tutti nel suo dinamismo. La radicalità del Cristianesimo non è appannaggio di alcune vocazioni specifiche, ma è la chiamata a costruire una comunità che vive e testimonia un modo diverso di intendere la relazione tra le figlie e i figli di Dio, che incarna la verità dell’amore, che si fonda sul dono e sulla gratuità. La chiamata radicale è quindi quella di costruire insieme, sinodalmente, una Chiesa attraente e concreta: una Chiesa in uscita, in cui tutti si sentano accolti”.

La Chiesa sinodale è Chiesa che dialoga nello Spirito Santo: “Nella sua concretezza, la conversazione nello Spirito può essere descritta come una preghiera condivisa in vista di un discernimento in comune, a cui i partecipanti si preparano con la riflessione e la meditazione personale. Si faranno reciprocamente dono di una parola meditata e nutrita dalla preghiera, non di una opinione improvvisata sul momento.

La dinamica tra i partecipanti articola tre passaggi fondamentali. Il primo è dedicato alla presa di parola da parte di ciascuno, a partire dalla propria esperienza riletta nella preghiera durante il tempo della preparazione. Gli altri ascoltano con la consapevolezza che ciascuno ha un contributo prezioso da offrire, senza entrare in dibattiti o discussioni”.

Ed inoltre la Chiesa sinodale si fonda sulla preghiera: “Silenzio e preghiera aiutano a preparare il passaggio successivo, in cui ciascuno è invitato ad aprire dentro di sé uno spazio per gli altri e per l’Altro. Nuovamente ciascuno prende la parola: non per reagire e controbattere a quanto ascoltato, riaffermando la propria posizione, ma per esprimere che cosa durante l’ascolto lo ha toccato più profondamente e da che cosa si sente interpellato con più forza.

Le tracce che l’ascolto delle sorelle e dei fratelli produce nell’interiorità di ciascuno sono il linguaggio con cui lo Spirito Santo fa risuonare la propria voce: quanto più ciascuno si sarà nutrito della meditazione della Parola e dei Sacramenti, crescendo nella familiarità con il Signore, tanto più sarà capace di riconoscere il suono della Sua voce, anche grazie all’accompagnamento da parte del Magistero e della teologia. Ugualmente, quanto più i partecipanti sapranno fare attenzione a ciò che dice lo Spirito, tanto più cresceranno in un sentire condiviso e aperto alla missione”.

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