Sonríe cada día, Vive cada instante. 61° viaggio di solidarietà e speranza in Colombia. Il refettorio per bambini di strada del barrio Esmeralda

Foto di gruppo
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.05.2024 – Vik van Brantegem] – Il 3 maggio abbiamo iniziamo il racconto del 61° viaggio di solidarietà e speranza in Colombia di Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami, dal tema Sonríe cada día, Vive cada instante. Nel suo primo report ha raccontato che la data del 3 maggio ha un significato particolare nella sua vita [QUI]. Nel secondo report, che abbiamo pubblicato ieri [QUI], Don Gigi ha riferito delle tre nuove valigie che porta nel cuore: la benedizione del Vescovo Francesco durante la corsa nella natura di Bergamo prima della partenza, la lettera di Blanca che ha letto venerdì 3 maggio 2024 durante la cerimonia di inaugurazione del refettorio dei bambini del quartiere Esmeralda a Bogotà (di cui parla nel suo terzo report che segue) e il caffè che prenderà con Nicola al suo ritorno.

Report 61/3 – Esmeralda

Questa mattina 4 maggio, mi sono svegliato alle 06.00 senza voce: mai capitato in tutti questi anni ed alla Messa delle 07.00 per cui vi erano 60 persone (che diversità dall’Italia) la gente si meravigliava. Finita la Messa, uno stuolo di simpatiche “pie donne” in sacrestia hanno tenuto un consulto medico sulla mia tosse e la cura è stata la seguente: gargarismi con acqua calda, sale e limone orribile. E poi miele caldo con limone da bere lentamente. Mi sono sottoposto con grande allegria a questa medicina alternativa, attendendo le tre pastiglie dalla farmacia che Padre Giorgio era andato a prendere. Meno male che per scrivere non si deve parlare.

Nel barrio di Bogotà chiamato Esmeralda, ieri 3 maggio abbiamo inaugurato il refettorio per bambini di strada. In diversi Paesi dell’America Latina le periferie delle città sono caratterizzate da zone dove vivono gli “invasori”. Gente povera e spesso senza molti scrupoli, che cerca dalle campagne un lavoro in città e quando lo trova si “insedia”, diciamo meglio invade il terreno pubblico e ci costruiscono baracche dove abitano.

In Perù, ad esempio, conosco molto bene Villa San Roman, un quartiere povero dove vive Olinda alla periferia di Juliaca sulle Ande, dove la maggioranza della popolazione vive illegalmente. Da questo fatto di illegalità ne proviene che questi quartieri poveri non hanno sistemi fognari, elettricità, strade asfaltate e l’igiene è pessima.

Esmeralda è il nome di questa realtà povera, che è costituita da invasori. La Chiesa Cattolica cerca di essere presente con un diacono ed un sacerdote, che abita in una parrocchia non distante, per celebrare i sacramenti e fare la catechesi. Con questo pensiero la diocesi ha comperato un piccolo pezzo di terreno per una presenza “concreta” più tangibile. Su quel pezzo di terra in mezzo alla miseria si è costruito un piccolo edificio di due piani. Al piano superiore si è costruita la cappella per la Messa domenicale ed i gruppi di catechesi, mentre al piano inferiore è stato chiesto a noi di realizzare un refettorio per i ragazzi.

La situazione dei ragazzi in questi quartieri spesso è tragica, perché mancano di tutto e soprattutto di una alimentazione basica. Per le strade di Esmeralda i piccolini giocano in mezzo a pericolosi, sporchi, ammalati cani randagi, e a mezzogiorno non hanno nulla da mangiare. La Caritas diocesana di Bogotà ha così iniziato a servire dei pasti caldi, ma occorreva un luogo in cui riscaldare il cibo e servire i pasti caldi. E così lo scorso anno a maggio 2023 la nostra Fondazione ha accolto con entusiasmo la richiesta scritta dall’Arcivescovo metropolita di Bogotà e Primate, il Cardinale Luis José Rueda Aparicio, ed ha finanziato i lavori. Ne è risultato un bellissimo refettorio pieno di bambini e di mamme. Oltre ad essere un refettorio, diviene così anche luogo di socializzazione. Ed ecco il racconto dell’inaugurazione di ieri, 3 maggio.

La cerimonia è fissata per le 14.30, orario in cui i bambini terminano la scuola. Padre Jorge guida la macchina e con noi c’è anche Adriana, la sua sorella. Lasciamo la metropoli di circa due milioni di abitanti e iniziamo a salire. Bogotà è a 2.600 m.s.l.m ed il verde comincia a farsi vedere, prima in maniera modesta poi sempre più prepotente ed il suo incanto ti prende il cuore. Zone completamente verdi di prati ed alberi si alternano a speroni di roccia grigia bellissima. La strada da asfaltata diventa sterrata e la baraccopoli appare ai nostri occhi: sono tutte abitazioni in lamiera, qualche edificio in mattoni riscattato alla legalità. Il fuoristrada di Jorge si inerpica per le viuzze e piano piano giungiamo ad uno spiazzo che ben conosco.

Vi è gente del luogo, alcuni sacerdoti tra i quali il rappresentante del Cardinale che incontreremo lunedì. Vi sono i catechisti ed il diacono. Con molta sorpresa c’è anche una rete televisiva conosciuta a livello nazionale. Appena giunto, la giornalista mi pone alcune domande sulla nostra Fondazione e sull’ opera che abbiamo costruito. Poi mi salutano i catechisti, i preti ed i ragazzi. Per l’occasione è stato approntato un programma che prevede la benedizione dei locali ed alcuni discorsi.

In questi viaggi mi sembra di essere ormai preparato a queste inaugurazioni: solo in questo anno, infatti, abbiamo inaugurato una grande infermeria in un pessimo carcere messicano ed un grande impianto di irrigazione in Kenya. Ma, invece, sembra sempre la prima volta, come il 3 maggio 2014 a Salvador de Baja dove inaugurammo una cucina. Dopo dieci anni, come dicevo in un precedente report, siamo passati dalla cucina al refettorio: abbiamo cucinato molto, penso con soddisfazione.

Padre Jorge mi sta vicino e mi indica le diverse parti della cerimonia religiosa della benedizione e di quella laica con i diversi discorsi. Mi emoziono e nel cuore formulo una preghiera di ringraziamento a Dio: “Signore, in questi anni mi concedi una singolare fortuna di girare per il mondo incontrando i posti peggiori dove la Fondazione realizza opere di speranza, ti chiedo Gesù di aiutarmi a leggere bene tutte queste situazioni, di meditarle nel mio cuore e se è secondo la tua volontà, che possiamo ancora continuare a fare del bene nel mondo della miseria ed aiutami a trasformare per me e per tutti quella miseria in luoghi di calvario dove la tua presenza è più forte ed appassionata di quella in splendide e vuote case piene di ricchezza e vuote di Dio. Papa Francesco ci dice che i poveri sono la carne di Gesù: oggi dunque sono qui con te”.

Una grande gioia mi prende il cuore. Entro nel “nostro refettorio”. È bellissimo: mura fresche di pittura, grandi tavoli in metallo con panche sulle quali sono seduti i bambini ed i loro genitori, e poi il luogo della cucina, dei bagni e nascosta da un grande panno bianco immagino ci sia la nostra targa da scoprire. La bella sala da pranzo si accende di sorrisi.

Sono tre i momenti di cui vi voglio raccontare: la benedizione, lo scoprimento della lapide ed infine il taglio del nastro. Normalmente non faccio io questi tre gesti, ma Padre Jorge è categorico e non posso disobbedire.

Ha inizio la preghiera: i ragazzi ed i catechisti con il diacono leggono i brani della liturgia della parola e dopo una mia breve preghiera benedico con l’acqua santa il locale. Mentre faccio questo gesto di “consacrazione” a Dio di questi ambienti, mi venite in mente tutti voi ed i vostri sforzi per giungere alla cifra da inviare. Qualcuno di voi ha rinunciato ad un bel vestito che si voleva comperare. Da Vigolo il nostro Faustino ci ha regalato una mensilità della sua magra pensione, Lucia ha avuto un aumento di stipendio e ci ha dato una generosa offerta per festeggiare. Vi è tra di noi, chi ha rinunciato ad una cena, ad una breve vacanza per il ponte a Natale, ad una importante partita dell’Atalanta, poi vi sono i ragazzi del catechismo di una parrocchia di Bergamo, chi ci ha regalato una piccola vincita all’enalotto. Non so se la mia commozione è più grande nel pensare ai poveri che verranno sfamati in questo locale o alla vostra splendida generosità Amici di Santina fatta di sacrifici e rinuncia.

Mentre passo tra i tavoli del refettorio penso a tutti voi e mi sembra così di benedire il vostro sacrificio e le vostre rinunce. Ora vi faccio una promessa: per caso ti sei identificato, identificata in una delle situazioni che ho descritto prima: hai dato alla nostra Fondazione qualche cosa che costa fatica e rinuncia? Bene allora sappi che mentre stai leggendo queste righe, se ti fermi un momento, ti accorgerai che Dio ti ha ricompensato sai come Lucia? Se hai avuto la sospirata promozione sul lavoro è perché Dio sapeva già cosa ne avresti fatto di quel guadagno più grande. Oppure se in questi giorni hai avuto qualcosa di piacevole, non staccare quella bella notizia dalla tua generosa offerta ma, come spesso amava dire Steve Jobs: unisci i puntini. Grazie dunque e grazie a tutti voi: io ci provo in tutti i modi a rendervi presenti con video, questo report, videochiamate, ma quando si giunge qui tutto è infinitamente più bello e sempre ti sorpassa.

Si conclude così il momento sacro di preghiera e benedizione ed inizia una cerimonia laica. Padre Jorge mi dice che devo scoprire la lapide. Mi avvicino al lenzuolo bianco e lentamente lo scopro ed appare una bellissima targa in pietra, una pietra dalle bellissime sfumature e colori. La prima parola che mi colpisce è il nome di mia mamma Santina come appare nel nostro logo. È una firma tremula di una donna mangiata dalla sofferenza, ma che sta firmando tanti capolavori nei più disparati luoghi del mondo. Poi mi appaiono i nomi di Josefina ed Humberto, la mamma ed il papà di Blanca. Erano due persone semplici che lavoravano nei campi e la figlia Blanca è una donna che lavora duramente ed in silenzio. Vedo premiati in questa targa tanti emigranti che dall’America Latina giungono in Italia per lavori che noi non vogliamo più svolgere o che disdegniamo. Non posso dimenticare qui Olinda e il lungo servizio di sette anni in casa mia: dopo di lei è giunta Blanca e sono fiero ed orgoglioso di aver avuto in casa Olinda ed oggi Blanca.

Padre Jorge con visibile emozione ci legge la lettera di Blanca, che per voi avevo tradotto l’altro giorno in aereo. La televisione colombiana riprende tutto ed alla fine della lettura vi è un grande applauso. Il tempo passa, ma nessuno di noi sembra rendersi conto. È arrivato il momento di tagliare il nastro dell’ingresso e rendere così ufficialmente in attività il nostro meraviglioso refettorio. Cerco tra i ragazzi, non voglio tagliare solo il nastro. Un ragazzetto magro viene verso di me. E se durante la benedizione dei locali avevo pensato a tutti voi che state leggendo e mentre scoprivo la bella lapide pensavo a Santina, Josefina, Humberto, Olinda e Blanca, ora tutta la mia attenzione è per loro, quei bambini, ragazzetti che riceveranno sui quei tavoli di metallo un buon pasto giornaliero. Forse questa è la parte che mi commuove di più: la convinzione che grazie a Santina ed al suo dolore, e grazie a tutti voi, oggi questi piccoli possono vivere una vita più degna.

Fuori un cane ferito e sporco passa davanti alla porta e passa oltre. Avviene in alcuni istanti e il mio cuore ritorna sulle Ande del Perù dove un branco di schifosi cani aveva aggredito a morte un piccolo della scuola materna. Guardo ai bambini presenti e sorrido con loro: da oggi Esmeralda avrà un piccolo luogo sicuro in più, dove i piccoli potranno al riparo mangiare cibo che i cani randagi non potranno loro togliere. Lentamente con il ragazzo taglio il nastro e poi lo abbraccio forte ed a lungo. Nei miei occhi c’è l’incanto di quella piccola scena di paradiso in un luogo di miseria come quello. La brava giornalista commenta la scena alla televisione e con lei ci lasciamo con l’impegno che mi farà avere la puntata della trasmissione a noi dedicata.

La festa si conclude con una merenda offerta a tutti e noi sei sacerdoti fraternamente ci mangiamo un ottimo panino e beviamo una buona aranciata.

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