Don Lorenzo Milani nel racconto di Mario Lancisi

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Sabato 27 maggio a Barbiana si è svolta l’apertura ufficiale del centenario della nascita di don Lorenzo Milani (Firenze, 27 maggio 1923-Firenze, 26 giugno 1967), con la partecipazione del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. In tale occasione Mario Lancisi ha pubblicato ‘Don Milani. Vita di un profeta disobbediente’, la prima biografia ragionata e aggiornata del sacerdote fiorentino.

Tra i più esperti biografi di don Milani, Mario Lancisi traccia il ritratto, attingendo a nuove lettere, scritti e testimonianze (tra le quali spiccano quelle esclusive di Adele Corradi, insegnante a fianco del sacerdote negli anni più avvincenti della Scuola di Barbiana, e di Francuccio Gesualdi, suo allievo), ma tenendo conto soprattutto della piena ‘riabilitazione’ di papa Francesco.

Nato in una ricca famiglia fiorentina di origini ebraiche, il giovane Lorenzo trascorre un’infanzia privilegiata e un’adolescenza da ‘signorino’, finché a 20 anni una ricerca di senso mai sopita lo spinge ad avvicinarsi al cristianesimo e, poi, alla conversione: diventerà prete.

Il suo approccio passionale alla vita e alla missione gli inimicherà tanto le gerarchie ecclesiastiche quanto lo Stato, che lo accuserà di apologia di reato. Esiliato a Barbiana seppe trasformarlo nel laboratorio di un progetto educativo che ancora oggi fa scuola. Da qui, e fino alla morte prematura, la sua voce non cesserà di risuonare forte contro le ingiustizie e le ineguaglianze dell’Italia del dopoguerra.

Emerge in questo vivido profilo l’immagine di un prete e di un maestro fuori dal comune, forse di un grande santo. Sicuramente di un profeta religioso e civile. E disobbediente. Uno che per rovesciare il mondo antico, gli egoismi individuali e sociali, le logiche del potere disobbedì mosso da una radicale obbedienza al Vangelo.

Il filo rosso del libro di Mario Lancisi è quello di un profeta religioso e civile che ha marcato profondamente la storia del ‘900. Si articola in otto parti abbracciano tutti i momenti della vita di Don Lorenzo Milani dal 1923 al 1967, l’anno in cui muore di tumore.

Ripercorre anche le principali opere: ‘Esperienze Pastorali’, libro fondamentale nell’Italia di fine anni ‘50, ma anche divisivo; ‘L’obbedienza non è più una virtù’, con la Lettera ai cappellani militari e la ‘Lettera ai giudici’, inserite nel testo milaniano nel contesto dell’impegno dei cattolici fiorentini in favore della pace e del disarmo; infine, ‘Lettera a una professoressa’. La parte finale del volume, dedicata al cristiano del futuro, va dalla sua morte alla visita di papa Francesco a Barbiana, il 20 giugno 2017.

All’autore chiediamo di raccontarci la vita di don Lorenzo Milani: “In effetti don Milani era ubbidientissimo a Dio ed ‘attaccato’ alla Chiesa; ma proprio in nome di Dio era critico, quindi anche disubbidiente, nei confronti degli avvenimenti non coincidenti con il Vangelo, sia quelle che riguardasse la società civile che quelle della Chiesa. Era una disubbidienza evangelica”.

Quanto don Milani è stato importante nella vita di un bocciato?

“E’ stato importante, in quanto con ‘Lettera alla professoressa’ mi ha indicato un percorso e mi ha dato autostima e speranza”.

Nel 2017 in visita nei luoghi milaniani papa Francesco ha detto che egli ‘ha ridato la parola ai poveri’: in quale modo?

“Nel modo più evangelico che si possa concepire attraverso la ricchezza della conoscenza della parola e della cultura. Di questa conoscenza proveniente dalla sua famiglia offriva ai poveri la parola”.

Don Milani amava scrivere ‘senza belletto’: cosa significa?

“E’ una caratteristica dei profeti. Don Milani non era un intellettuale. Quello che diceva lo viveva nella fedeltà al Vangelo”.

Per quale motivo don Lorenzo aveva a cuore gli studenti?

“Arrivando a Calenzano nel 1947 capì subito che c’era un grande muro che separava i fedeli dalla conoscenza del Vangelo; questo muro era rappresentato dall’ignoranza del linguaggio. Ripeteva che non si può diventare santi senza essere uomini. Per don Milani la parola era propedeutica alla Parola”.

Accanto alla ‘Lettera ad una professoressa’ ci sono le ‘Esperienze pastorali’: quanto sono importanti per la Chiesa di oggi?

“Sono importanti non tanto per il messaggio, ma per il fine missionario, che esse esprimono nella ricerca degli ‘ultimi’ e delle loro condizioni sociali. E’ un libro che rappresenta un cammino per la Chiesa di oggi, tantoché il card. Betori ha detto che è un libro da leggere per riflettere?

Ed infine la lettera ai cappellani militari: quanto era importa per don Milani la libertà di coscienza?

“Era importante non tanto l’obiezione in se stessa, quanto il dovere civile e religioso di saper disobbedire agli ordini che entrano in conflitto con i principi del Vangelo. Lui diceva che come occorreva disobbedire al comandante che impartisce l’ordine di lanciare la bomba atomica, allo stesso modo si doveva avere il coraggio di disobbedire a leggi ‘ingiuste’, anche accettando le conseguenze che tale disobbedienza comporta. Quindi è un valore importante, in quanto attende al primato della responsabilità personale e della coscienza”. 

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