‘Africa, fame di Giustizia’: la campagna Caritas in risposta alla crisi alimentare

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Da oltre un anno una drammatica crisi alimentare sta colpendo l’Africa orientale e altre regioni del continente: una crisi nata dall’effetto combinato di guerre, siccità, alluvioni, aumento dei prezzi, conseguenze durature del Covid-19, aggravata dall’impatto globale della guerra in Ucraina, come ha sostenuto la Caritas nel dossier di gennaio, intitolato ‘Africa, fame di giustizia’.

In Africa orientale si stima che siano circa 50.000.000 le persone colpite dalla crisi e in alcune aree oltre 300.000 quelle in condizioni di carestia estrema con decine di morti per fame al giorno. In Africa ci sono milioni di uomini, donne, bambini che subiscono pesantemente gli effetti di conflitti dimenticati, interessi economici e geostrategici esterni e del cambiamento climatico di cui non sono responsabili. Un’ingiustizia globale aggravata dalla disattenzione dei media e dei governi di tutto il mondo, con i piani di aiuto umanitario ampiamente sotto finanziati.

Secondo il Global Report on Food Crisis 2022 del Global Network against Food Crisis & Food Security Information Network e i suoi successivi aggiornamenti (che misurano la gravità della crisi alimentare su una scala da 1 a 5), a metà del 2022, ben 205.000.000 persone in 45 paesi erano in stato di insicurezza alimentare acuta (fase 3 o superiore), con un incremento di oltre 29.500.000 rispetto al 2021e per il 2023 si prevede un ulteriore aumento sino a 268.000.000 di persone in 53 paesi.

Ampliando lo spettro a coloro che sono toccati in varia misura dal fenomeno della fame, non solo in modo severo, secondo la Fao a fine 2021 il numero era salito a 828.000.000 persone, con un aumento di 103.000.000 nel 2020 e di 46.000.000 nel 2021: “A questo si aggiungano le almeno 3.100.000.000 di persone che (se non affette da insicurezza alimentare) non potevano permettersi una dieta definibile salutare”, si legge nel dossier della Caritas.

In questo quadro, spicca una situazione particolarmente allarmante in molti paesi dell’Africa sub-sahariana. Infatti secondo la Caritas, prendendo a riferimento le persone in condizioni di insicurezza alimentare acuta, a metà 2022 la situazione è la seguente: 268.000.000 di persone nel mondo soffriranno di insicurezza alimentare acuta in Africa Centrale e del Sud ed oltre 43.000.000 persone in 12 Paesi; in Africa Orientale, circa 55.000.000 persone in 8 paesi di cui oltre 300.000 in condizioni di carestia estrema in Africa Occidentale e Sahel, circa 41.000.000 persone in 14 Paesi.

Nel 2022 la situazione in molte aree dell’Africa Sub-sahariana si è aggravata in modo significativo. In particolare la carenza di piogge per più stagioni consecutive rappresenta un evento straordinario che ha messo in ginocchio le comunità agropastorali del Corno d’Africa e parte del Sahel che hanno visto morire milioni di capi di bestiame da cui dipende il loro sostentamento. La crisi energetica mondiale e l’inflazione dei prezzi del cibo hanno avuto un potente effetto moltiplicatore su una situazione climatica di estrema difficoltà e su contesti colpiti da varie situazioni di conflitto.

Dal 2014 al 2021 la popolazione africana affetta da insicurezza alimentare acuta è passata dal 16,7% al 23,4%, e da quella moderata dal 27,8% al 34,4%. La situazione più grave al mondo è in Africa Orientale, dipendente per la quasi totalità del suo fabbisogno cerealicolo dall’estero. 1/3 del consumo di cereali è composto da grano, e l’84% dei cereali è importato, di cui 90% da Russia (72%) e Ucraina (18%), con punte del 100% per la Somalia, e del 93% del Sudan.

Oltre alla pessima congiuntura mondiale e l’aumento dei prezzi, le principali cause della catastrofe in corso sono la severa siccità, la peggiore degli ultimi 40 anni (5 stagioni consecutive di piogge perse e probabile sesta) in Etiopia, Kenya e Somalia, le alluvioni in Sud Sudan, i conflitti e la fragilità politica che persistono in Etiopia, Somalia, Sud Sudan.

L’Africa Occidentale e il Sahel, seppur in modo meno grave grazie a condizioni di siccità meno persistenti, è il secondo polo della crisi. Nel 2021, 30.400.000 persone in 16 Paesi erano in condizioni di crisi alimentare, 4,6 nell’area del Liptako-Gourma tra Burkina Faso, Mali e Niger, teatro di violenti conflitti armati dal 2019.

In Nigeria i 12.900.000 in fase 3 o superiore nel 2021 aumenteranno a 19.500.000 a metà anno. Le cause di crisi in questa regione sono conflitto e insicurezza sempre peggiori in alcune aree, erraticità climatica crescente con inondazioni o siccità, sfollamenti e le conseguenze protratte della pandemia. La riduzione della produzione di cereali è rilevante negli ultimi 5 anni: Burkina Faso -10%, Mali -15%, Niger -39%.

Per quanto attiene le migrazioni, vi sono oggi 7.600.000 fra sfollati (6.000.000) e richiedenti asilo (1.600.000), 60% dei quali in Burkina Faso e Nigeria, esposti a penurie e scarsa disponibilità di cibo, acqua e servizi.

Rispetto all’Africa Orientale, è inferiore la dipendenza da Russia e Ucraina per fertilizzanti, carburante e cereali, con punte tuttavia importanti (il Burkina Faso dipende per il 55% da Russia e Ucraina per il grano). Ma il trend dei prezzi globali ha un impatto egualmente significativo. Solo il 46% del fabbisogno di fertilizzanti è soddisfatto in Africa Occidentale per il 2022.

Un caso di particolare complessità è poi quello della Repubblica Democratica del Congo che vive da decenni in molte sue regioni (Nord e Sud Kivu, e Ituri) una situazione di cronico conflitto (di gran lunga la prima causa della sua crisi alimentare), esodi di popolazione e interruzioni d’attività produttive.

Infatti con 25.400.000 persone in crisi alimentare l’Africa (secondo continente per estensione e terzo per popolazione) aveva nello scorso anno il 25% del suo popolo in grave crisi alimentare, a cui sono da aggiungersi ulteriori 47.800.000 in condizioni di scarsità di cibo, ovverossia 2/3 della popolazione che non ha accesso all’alimentazione in modo sicuro e adeguato.

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