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A Gaza un bambino su due è gravemente malnutrito a causa del blocco totale degli aiuti umanitari

Alcuni giorni fa IPC (Integrated Food Security Phase Classification, in italiano si traduce Classificazione Integrata delle Fasi di Sicurezza Alimentare), la scala standardizzata che analizza la sicurezza alimentare a livello globale, ha lanciato un nuovo, gravissimo allarme: tutta la Striscia di Gaza è ora classificata al livello 4 della scala IPC su 5, indicando una situazione di emergenza alimentare diffusa, con rischio di morte per la popolazione.

Questo segna un peggioramento drammatico rispetto alle precedenti analisi, quando il 93% di Gaza era già stato classificato almeno al livello di crisi (livello 3 o superiore). Il collasso è arrivato dopo oltre due mesi di assedio totale, durante il quale nessun aiuto umanitario ha potuto entrare: niente cibo, acqua, assistenza medica o altri beni essenziali per la sopravvivenza.

La situazione è più difficile per i bambini tra i 6 mesi e i 5 anni di età: attualmente si registrano oltre 70.000 casi di malnutrizione acuta, dei quali oltre 14.000 di malnutrizione acuta grave. Inoltre, si stima che oltre 18.000 donne in stato di gravidanza e allattamento avranno bisogno di accedere a delle cure mediche entro aprile 2026 per prevenire problemi di salute irreversibili e potenzialmente letali tanto per le madri stesse quanto per i bambini.

“Oggi lavoro come consulente per l’allattamento con Azione Contro la Fame e ogni consulenza conferma le mie peggiori paure: non c’è fine a questa crisi. La situazione sta diventando sempre più catastrofica e la carenza acuta di aiuti e assistenza è sempre più allarmante. Soprattutto per le donne in stato di gravidanza e allattamento, che affrontano un doppio rischio: oltre alla stanchezza del corpo, sono chiamate ad affrontare una fame estrema, una privazione prolungata e una grave mancanza di tutti i beni essenziali per la salute e la nutrizione”, ha raccontato un membro dello staff di Azione Contro la Fame a Gaza.

Azione Contro la Fame, nel mese di aprile, ha condotto una valutazione in tre governatorati della Striscia, intervistando i tutori di oltre 1.000 bambini sotto i 5 anni. Il risultato è allarmante: tutti i bambini risultano in condizione di insicurezza alimentare, e uno su due è affetto da insicurezza alimentare moderata o grave. Sempre ad aprile, il numero di bambini ammessi ai programmi mensili di trattamento per malnutrizione acuta ha superato l’intero numero registrato nel primo trimestre 2025.

“L’unica cosa che al momento impedisce una carestia tra i Palestinesi è l’assistenza umanitaria” ha spiegato Natalia Anguera, Responsabile delle Operazioni per il Medio Oriente di Azione Contro la Fame. “I nostri team a Gaza hanno distribuito gli ultimi pacchi alimentari secchi rimasti, con scorte sufficienti solo per una cucina comunitaria. Molte altre organizzazioni hanno esaurito le proprie risorse già da settimane”.

Le scorte alimentari stanno terminando: dall’inizio dell’assedio, oltre 177 cucine comunitarie e panifici sono stati costretti a chiudere. Nel frattempo, il costo della farina di grano è aumentato di oltre il 3.000% da febbraio 2025, arrivando a costare tra i 235 e i 520 dollari statunitensi per 25 chilogrammi in tutta Gaza. Secondo le proiezioni IPC, 250.000 persone si trovano già in condizioni di fame estrema, e questo numero è destinato a raddoppiare se non si permette l’ingresso degli aiuti umanitari.

Azione Contro la Fame ribadisce le sue richieste a tutte le parti coinvolte nel conflitto: riaprire immediatamente e incondizionatamente tutti i valichi di frontiera, garantire un cessate il fuoco immediato e permanente, il rilascio di tutti gli ostaggi e la protezione dei civili e delle infrastrutture civili. Bloccare l’ingresso del cibo porterà alla carestia. La soluzione appare inequivocabile: occorre agire presto e permettere l’accesso agli alimenti.

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Agevolazioni fiscali: tutte le donazioni effettuate ad Azione contro la Fame godono dei benefici fiscali previsti per le erogazioni liberali in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale. Nel mese di marzo ti invieremo il riepilogo delle donazioni da te effettuate nell’anno fiscale precedente.

Due anni dal conflitto in Sudan: oltre 12.000.000 di donne a rischio di violenza

Dopo due anni di conflitto armato, il Sudan sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. Nel 2024 è stato dichiarato lo stato di carestia per la prima volta in sette anni e 26.000.000 di persone affrontano quotidianamente livelli acuti di insicurezza alimentare. Numerosi casi di stupro e violenze ai danni di donne e ragazze sono stati denunciati, mentre il conflitto ostacola l’accesso alle cure mediche e al supporto psicosociale necessario per assisterle. Circa 12.000.000 donne e ragazze restano a rischio di violenza.

Dopo diversi sfollamenti forzati causati dalla guerra, Nahla (nome di finzione per proteggerne l’identità), madre di dieci figli, è stata costretta a fabbricare mattoni nel campo profughi di Eldaba, nel Darfur Centrale, per sostenere la propria famiglia. La sua giornata inizia alle ore 6:00 del mattino, quando esce per lavorare, e termina alle 22:00, al rientro dai suoi bambini.

La famiglia affronta gravi carenze alimentari: dieci figli condividono un unico piatto, mancano vestiti e non esiste un luogo dove dormire con dignità. Eppure, ogni forma di precarietà appare preferibile ai pericoli che una donna deve affrontare in tempo di guerra.

Il conflitto ha aggravato anche le violenze di genere: si stima che 12.000.000 di donne e ragazze in Sudan necessitino di supporto contro la violenza sessuale e di genere. Numerosi episodi di stupro sono stati denunciati pubblicamente, mentre la guerra continua a limitare drasticamente l’accesso ai servizi medici e psicosociali per le vittime. In questo clima di insicurezza, molte donne scelgono di abbandonare le proprie case nella speranza di un futuro più sicuro: solo nel 2024, hanno rappresentato oltre la metà dei rifugiati sudanesi.

A due anni dallo scoppio del conflitto, oltre 30.000.000di persone in Sudan necessitano di assistenza umanitaria e 26 milioni vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare. Nell’agosto 2024, il Comitato di Revisione della Carestia (FRC) del sistema IPC ha confermato che la situazione nel campo di Zamzam, nel Darfur Settentrionale, ha superato la soglia della carestia. La valutazione, convalidata dalle Nazioni Unite, rappresenta la prima dichiarazione formale di carestia in oltre sette anni.

Le organizzazioni umanitarie, come Azione Contro la Fame, incontrano crescenti difficoltà nell’accesso alle persone in stato di bisogno: “E’ diventato per noi molto difficile operare in Sudan. Ogni giorno è sempre peggio, ma continueremo a lavorare per migliorare la situazione”, afferma Paloma Martin de Miguel, Direttrice regionale di Azione contro la Fame per l’Africa. “Impedire che gli aiuti alimentari raggiungano la popolazione e attaccare infrastrutture e mezzi di produzione e distribuzione alimentare rappresentano una violazione diretta della Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.

Azione Contro la Fame, presente in Sudan dal 2018, ha intensificato i propri sforzi sin dall’inizio del conflitto per rispondere a una crisi umanitaria senza precedenti. Tra aprile 2023 e dicembre 2024, il nostro team ha supportato circa 820.000 persone con forniture sanitarie e nutrizionali in 15 località, tra cui Nilo Blu, Darfur Centrale, Mar Rosso, Kordofan Meridionale e Nilo Bianco. Le attività legate alla sicurezza e alla protezione hanno garantito assistenza a circa 12.000 persone colpite da violenza di genere, offrendo misure di protezione rafforzate e supporto diretto.

Azione Contro la Fame sollecita l’adozione immediata delle seguenti misure: l’adozione, da parte di tutte le parti in conflitto, di misure urgenti per fermare la crisi umanitaria in Sudan, astenendosi da attacchi, saccheggi e danni alle infrastrutture essenziali per la sicurezza delle comunità, come mercati, campi coltivati, pascoli e ospedali;

l’attivazione di meccanismi efficaci per garantire responsabilità per le violazioni dei diritti umani, in particolare quelle commesse ai danni di donne e ragazze, e il rafforzamento delle misure di protezione per prevenire nuovi episodi di violenza; obilitazione urgente di aiuti da parte della comunità internazionale e degli attori umanitari, data la gravità della situazione che richiede una risposta immediata.

In occasione di questo tragico anniversario, Azione Contro la Fame, in collaborazione con DAUD, presenta un ciclo di illustrazioni dal titolo “La donna che piange”, una storia immaginaria di Samira, ispirata alle esperienze reali di milioni di sudanesi che affrontano quotidianamente, con resilienza e coraggio, gli orrori della guerra.

DAUD è un artista e illustratore spagnolo con sede a Dakar. Vede nell’illustrazione uno strumento di trasformazione sociale. Il suo lavoro nasce da una prospettiva umanistica, maturata nel rappresentare e dare voce ai contesti dimenticati del mondo. Le sue opere spaziano tra media, campagne di advocacy, comunicazione per ONG e CSR, manifesti urbani, murales, workshop, mostre e progetti che valorizzano la creatività e il talento di bambini e giovani.

Come contribuire: Bonifico bancario IBAN: IT98 W030 6909 6061 0000 0103 078 – CF: 97690300153; Conto corrente postale 1021764194 – Causale: Donazione spontanea; Online www.azionecontrolafame.it; Aziende – Contattare Licia Casamassima: lcasamassima@azionecontrolafame.it. Tutte le donazioni godono dei benefici fiscali previsti per le ONLUS. A marzo sarà inviato un riepilogo delle donazioni effettuate nell’anno fiscale.

‘Azione Contro la Fame’ è un’organizzazione umanitaria internazionale impegnata a garantire a ogni persona il diritto a una vita libera dalla fame. Specialisti da 46 anni, prevedie fame e malnutrizione, ne curiamo gli effetti e ne preveniamo le cause. L’ong è in prima linea in 56 paesi del mondo per salvare la vita dei bambini malnutriti e rafforzare la resilienza delle famiglie con cibo, acqua, salute e formazione. Guida con determinazione la lotta globale contro la fame, introducendo innovazioni che promuovono il progresso, lavorando in collaborazione con le comunità locali e mobilitando persone e governi per realizzare un cambiamento sostenibile. Ogni anno aiuta 21.000.000 persone.

(Foto: Azione contro la Fame)

‘Africa, fame di Giustizia’: la campagna Caritas in risposta alla crisi alimentare

Da oltre un anno una drammatica crisi alimentare sta colpendo l’Africa orientale e altre regioni del continente: una crisi nata dall’effetto combinato di guerre, siccità, alluvioni, aumento dei prezzi, conseguenze durature del Covid-19, aggravata dall’impatto globale della guerra in Ucraina, come ha sostenuto la Caritas nel dossier di gennaio, intitolato ‘Africa, fame di giustizia’.

P. Alex Zanotelli: rompiamo il silenzio sull’Africa

Nella scorsa settimana si è tenuta nella cattedrale di Maputo, capitale del Mozambico, la conferenza del presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi, in occasione del 30^ anniversario dell’accordo generale di pace per il Paese africano:

L’Africa in crisi anche per la guerra in Ucraina, 38 paese ad un passo dalla carestia

Nelle scorse settimane a Tolentino il Servizio Missionario locale (Ser.Mi.T) ha invitato due missionari che hanno raccontato l’Africa a quasi 60 anni dalla nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana: l’allarme lanciato dal capo del Programma alimentare mondiale (World Food Program), David Beasley, alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un appello disperato: “La mancata apertura dei porti nella regione di Odessa sarà una dichiarazione di guerra alla sicurezza alimentare globale e si tradurrà in carestia, destabilizzazione e migrazione di massa in tutto il mondo”.

P. Mussie Zerai racconta la situazione nel Tigray

“Sono particolarmente vicino alla popolazione della regione del Tigray, in Etiopia, colpita da una grave crisi umanitaria che espone i più poveri alla carestia. C’è oggi la carestia, c’è la fame lì. Preghiamo insieme affinché cessino immediatamente le violenze, sia garantita a tutti l’assistenza alimentare e sanitaria, e si ripristini al più presto l’armonia sociale”: così al termine della recita dell’Angelus di domenica 13 giugno papa Francesco ha ricordato la terribile situazione nel Tigray.

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