Il card. Zuppi prospetta un cambio di ‘paradigma’

Il presidente della Cei ha aperto ieri il consiglio permanente dei vescovi, in programma fino a domani, traendo spunto dalla predicazione dell’apostolo Paolo a Corinto, che era divisa in più fazioni come nei nostri giorni, ma anche attenti alle vicende ecclesiali:
“Anche per noi c’è un popolo numeroso nelle nostre città, molto più di quanto misuriamo con categorie spesso vecchie, giudicando con indicatori ormai superati che non ci fanno accorgere di tanti segni importanti. Lo percepiamo dall’attenzione verso la Chiesa e i suoi ministri”.
Ad inizio della prolusione il ricordo va a papa Benedetto XVI ed a fratel Biagio Conte: “Ad esempio, la scomparsa di fratel Biagio Conte a Palermo, un giovane ricco convertitosi a missionario del Vangelo e amico dei poveri, profeticamente alternativo e vicino alla gente comune, ha suscitato in modo sorprendente attenzione attorno alla sua figura. La santità e la carità attraggono… Avere una visione larga del popolo, sapere che già c’è un popolo di Dio nascosto, non è consolatorio o illusorio, ma missione larga e dialogo rinnovato”.
Poi si è soffermato sul cammino sinodale chiedendo un ‘cambio di paradigma’: “Il Cammino sinodale sta raggiungendo il completamento della prima fase, quella dell’ascolto, e ci restituisce tante attese, desideri e un’immagine dolorosa, ma realistica delle nostre Chiese.
Queste non debbono mai dimenticare l’orizzonte largo con cui pensarsi e continuano a cercare il dialogo con i nostri compagni di strada, con quel popolo numeroso indicato all’Apostolo. San Paolo, che portò il Vangelo oltre i confini della Palestina, sino ai confini della terra ci incoraggia a non avere timore di quello che oggi chiameremmo ‘cambio di paradigma’.
Molti, soprattutto laici, esprimono il disagio per forme ecclesiali sentite come poco partecipative. Anche i nostri presbiteri ci comunicano la fatica di mantenere le attività in cui un tempo erano impegnate forze ben più cospicue…
Spesso la tentazione non è avviare percorsi ma elaborare programmi, non discernere ma aspettare la soluzione, non la ricerca ma la sicurezza. Il Cammino sinodale ci aiuterà senz’altro a trovare le risposte adeguate e necessarie, ma solo nella tensione apostolica dell’Apostolo che vuole raggiungere tutti e costruire comunità vive”.
Quindi l’orizzonte tracciato dal presidente dei vescovi è pieno di interrogativi: “La guerra è terribile, contagia nel mondo globale, provoca tante sofferenze nel mondo intero, come vediamo con la crisi alimentare che fa pagare un prezzo a popolazioni inermi e lontane, causa un riarmo preoccupante e pericolose, insieme a ricadute belliche in altre parti del mondo come la Siria o il Caucaso.
Il mondo deve porre fine a questa guerra e affrontare seriamente gli altri conflitti aperti, che sono meno sotto gli occhi di tutti, ma pure così dolorosi. Con sgomento assistiamo all’uccisione dei sogni delle giovani generazioni e sentiamo il dovere di esprimere la solidarietà verso questa gente che chiede libertà e giustizia”.
Per questo, parafrasando papa Benedetto XVI, il card. Zuppi invita ad essere una minoranza ‘creativa’: “Anche se minoranza, la Chiesa non può cercare riparo nella chiusura, come se unica via sia estraniarsi dal mondo e la distanza garantisca la salvezza dell’identità.
Non vogliamo nemmeno accettare svogliatamente di essere minoranza, in fondo con la paura di prenderci responsabilità e di essere creativi. Lo diventiamo se uniti e se pieni di Spirito, docili a questo anche per non finire catturati dalle preoccupazioni interne. Senza andare dove ci manda Gesù che ci ha chiamati per sederci con Lui, finiamo per discutere inevitabilmente su chi sia il più grande o del vittimismo di Marta.
La minoranza non è solo l’espressione di una progressiva riduzione, ma esprime una volontà autentica di vivere il Vangelo, capace di energie di bene, che si riversano sulla società intera che è sempre il suo orizzonte”.
E per quanto riguarda l’Italia il presidente dei vescovi ha ricordato la Costituzione Italiana. Il centenario della nascita di don Lorenzo Milani ed il centenario dell’omicidio di don Minzoni: “Non è difficile vedere in essa il sentire comune profondo proprio della Dottrina Sociale della Chiesa. Il valore normativo della persona motiva l’architettura dei poteri.
Desidero ricordare anche come si compie quest’anno, nel mese di agosto, il centenario dell’omicidio di don Giovanni Minzoni, arciprete di Argenta. Lo ricordiamo con rispetto e affetto, anche per dire che i sacerdoti sanno vivere e morire per il loro ministero. Lo abbiamo visto durante e dopo la seconda guerra mondiale, lo abbiamo vissuto di fronte alle minacce della mafia e della camorra”.
Quindi ha chiesto un ‘cambio culturale’ per affrontare la sfida creativa: “Questo è il nostro compito di Pastori: un compito che riguarda la formazione della coscienza ad una ecologia integrale, che guarda all’ambiente ma soprattutto alle persone che in questo ambiente vivono. Si tratta di raccogliere la sfida di un cambio anche culturale in atto nel nostro Paese.
Questo non riguarda solo i giovani, ma soprattutto gli adulti e gli educatori in genere. Da questo punto di vista, l’ampia rete delle scuole cattoliche dovrebbe essere percepita come un’alleata e non come una avversaria della scuola pubblica, anche creando sinergie, collaborazioni e progettualità comuni per la crescita del sistema scolastico ed educativo.
In questo contesto, è importante ricordare anche il ruolo degli Insegnanti di religione cattolica, che hanno l’occasione straordinaria di intercettare le domande di senso dei ragazzi in età scolare e offrire loro chiavi di lettura importanti per tutta la loro vita”.
E la vita non si affronta eliminandola: “Accogliere è parola decisiva nella nostra visione della vita orientata al futuro. Siamo tante volte intervenuti sulla questione dei migranti e dei rifugiati. Si tratta di comprendere con responsabilità e umanesimo un fenomeno che è una realtà del nostro mondo globale, da non gestire con paura e come un’emergenza, ma come un’opportunità.
Tale problematica richiama la centralità della scuola, spazio decisivo d’integrazione nella cultura e nella lingua italiana, ma anche la necessità di maggiori flussi regolari di ingresso, di corridoi umanitari e ricongiungimenti familiari. Soprattutto è importante come accogliamo: non facciamo vivere umiliazione, tempi lunghi di attesa, viaggi infiniti, anticamere senza senso, marginalizzazione”.
Ha concluso l’intervento con l’invito a predicare il Vangelo: “L’annuncio del kerygma, di Gesù morto e risorto, continua a passare dalla testimonianza personale, da uno stile di vita coerente con il Vangelo. Si può anche non essere accettati, ma almeno si diventa un punto interrogativo e un indice rivolto verso l’alto. Tutti cercano sempre le risposte ai grandi interrogativi della vita”.
(Foto: Cei)