A Natale Dio si fa concreto nella mangiatoia

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“Questa notte, che cosa dice ancora alle nostre vite? Dopo due millenni dalla nascita di Gesù, dopo molti Natali festeggiati tra addobbi e regali, dopo tanto consumismo che ha avvolto il mistero che celebriamo, c’è un rischio: sappiamo tante cose sul Natale, ma ne scordiamo il significato. E allora, come ritrovare il senso del Natale? E soprattutto, dove andare a cercarlo? Il Vangelo della nascita di Gesù sembra scritto proprio per questo: per prenderci per mano e riportarci lì dove Dio vuole. Seguiamo il Vangelo”.

Questa è la sollecitazione di papa Francesco nella celebrazione eucaristica della notte di Natale, in cui ognuno è indaffarato negli ultimi preparativi, come è avvenuto secoli fa in Palestina: “Inizia infatti con una situazione simile alla nostra: tutti sono presi e indaffarati per un importante evento da celebrare, il grande censimento, che richiedeva molti preparativi. In tal senso, il clima di allora era simile a quello che ci avvolge oggi a Natale”.

Il Vangelo racconta una storia diversa: “Ma da quello scenario mondano il racconto del Vangelo prende le distanze: ‘stacca’ presto l’immagine per andare a inquadrare un’altra realtà, su cui insiste.

Si sofferma su un piccolo oggetto, apparentemente insignificante, che menziona per ben tre volte e sul quale i protagonisti del racconto convergono: dapprima Maria, che pone Gesù ‘in una mangiatoia’; poi gli angeli, che annunciano ai pastori ‘un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia’; quindi i pastori, che trovano ‘il bambino, adagiato nella mangiatoia’”.

E’ la mangiatoia il senso del Natale, questo è l’invito del papa: “La mangiatoia: per ritrovare il senso del Natale bisogna guardare lì. Ma perché la mangiatoia è così importante? Perché è il segno, non casuale, con cui Cristo entra nella scena del mondo.

E’ il manifesto con cui si presenta, il modo in cui Dio nasce nella storia per far rinascere la storia. Che cosa ci vuole dire dunque attraverso la mangiatoia? Ci vuole dire almeno tre cose: vicinanza, povertà e concretezza”.

La mangiatoia indica vicinanza, in quanto essa è invito alla comunione: “La mangiatoia serve a portare il cibo vicino alla bocca e a consumarlo più in fretta. Essa può così simboleggiare un aspetto dell’umanità: la voracità nel consumare.

Perché, mentre gli animali nella stalla consumano cibo, gli uomini nel mondo, affamati di potere e di denaro, consumano pure i loro vicini, i loro fratelli. Quante guerre! E in quanti luoghi, ancora oggi, la dignità e la libertà vengono calpestate! E sempre le principali vittime della voracità umana sono i fragili, i deboli”.

La mangiatoia è il posto che è riservato ai poveri: “Anche in questo Natale un’umanità insaziabile di soldi, insaziabile di potere e insaziabile di piacere non fa posto, come fu per Gesù, ai più piccoli, a tanti nascituri, poveri, dimenticati.

Penso soprattutto ai bambini divorati da guerre, povertà e ingiustizia. Ma Gesù viene proprio lì, bambino nella mangiatoia dello scarto e del rifiuto. In Lui, bambino di Betlemme, c’è ogni bambino. E c’è l’invito a guardare la vita, la politica e la storia con gli occhi dei bambini”.

Dio nasce nella mangiatoia per essere vicino all’umanità: “Nella mangiatoia del rifiuto e della scomodità, Dio si accomoda: viene lì, perché lì c’è il problema dell’umanità, l’indifferenza generata dalla fretta vorace di possedere e consumare. Cristo nasce lì e in quella mangiatoia lo scopriamo vicino. Viene dove si divora il cibo per farsi nostro cibo.

Dio non è un padre che divora i suoi figli, ma il Padre che in Gesù ci fa suoi figli e ci nutre di tenerezza. Viene a toccarci il cuore e a dirci che l’unica forza che muta il corso della storia è l’amore. Non resta distante, non resta potente, ma si fa prossimo e umile; Lui, che sedeva in cielo, si lascia adagiare in una mangiatoia”.

E la mangiatoia è sinonimo di povertà, ma anche di relazioni: “Attorno a una mangiatoia, infatti, non c’è molto: sterpaglie e qualche animale e poco altro. Le persone stavano al caldo negli alberghi, non nella fredda stalla di un alloggio.

Ma Gesù nasce lì e la mangiatoia ci ricorda che non ha avuto altro intorno, se non chi gli ha voluto bene: Maria, Giuseppe e dei pastori; tutta gente povera, accomunata da affetto e stupore, non da ricchezze e grandi possibilità. La povera mangiatoia fa dunque emergere le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone”.

Ed è nella povertà che si manifesta Dio, come disse mons. Romero, anche se non è facile: “Certo, non è facile lasciare il caldo tepore della mondanità per abbracciare la bellezza spoglia della grotta di Betlemme, ma ricordiamo che non è veramente Natale senza i poveri. Senza di loro si festeggia il Natale, ma non quello di Gesù. Fratelli, sorelle, a Natale Dio è povero: rinasca la carità!”

Infine la mangiatoia è anche concretezza: “Infatti, un bimbo in una mangiatoia rappresenta una scena che colpisce, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto davvero carne. E allora su di Lui non bastano più le teorie, i bei pensieri e i pii sentimenti.

Gesù, che nasce povero, vivrà povero e morirà povero, non ha fatto tanti discorsi sulla povertà, ma l’ha vissuta fino in fondo per noi. Dalla mangiatoia alla croce, il suo amore per noi è stato tangibile, concreto: dalla nascita alla morte il figlio del falegname ha abbracciato le ruvidità del legno, le asperità della nostra esistenza. Non ci ha amato a parole, non ci ha amato per scherzo!”

Mangiatoia è Dio che si fa carne: “E dunque, non si accontenta di apparenze. Non vuole solo buoni propositi, Lui che si è fatto carne. Lui che è nato nella mangiatoia, cerca una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di chiacchiere ed esteriorità.

Lui, che si mette a nudo nella mangiatoia e si metterà a nudo sulla croce, ci chiede verità, di andare alla nuda realtà delle cose, di deporre ai piedi della mangiatoia scuse, giustificazioni e ipocrisie”.

Con la nascita Gesù mostra concretezza: “Lui, che è stato teneramente avvolto in fasce da Maria, vuole che ci rivestiamo di amore. Dio non vuole apparenza, ma concretezza. Non lasciamo passare questo Natale, fratelli e sorelle, senza fare qualcosa di buono.

Visto che è la sua festa, il suo compleanno, facciamogli regali a Lui graditi! A Natale Dio è concreto: nel suo nome facciamo rinascere un po’ di speranza in chi l’ha smarrita!”

(Foto: Santa Sede)

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